Conti alla Corratec per ritrovare se stesso e il lato umano del ciclismo

09.11.2022
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Valerio Conti sarà un nuovo corridore del team Corratec, squadra nata la scorsa stagione come continental che dal 2023 sarà professional. Il corridore romano è il primo nome di spicco che si accasa alla corte di Parsani, la curiosità su dove possa arrivare questo progetto è tanta. Conti arriva infatti dall’Astana, dove ha corso solamente per una stagione, quella passata.

Conti ha corso solamente una stagione con l’Astana, quella appena conclusa
Conti ha corso solamente una stagione con l’Astana, quella appena conclusa
Come stai Valerio?

Bene dai, in questi giorni sono stato in un centro di fisioterapia per curare qualche problema che ho avuto. Si tratta di una protusione alla schiena con interessamento del nervo sciatico, che mi ha condizionato per gran parte del 2022, dal Giro in poi. Ora ho risolto il problema, però la prevenzione e la cura non sono da sottovalutare quindi abbiamo fatto dei trattamenti, sblocchi ed esercizi in vista dell’inizio di stagione. 

Hai corso solamente un anno all’Astana, come mai?

Inizialmente mi sono trovato bene, però negli ultimi periodi ci sono state delle incomprensioni dal Giro d’Italia in poi. Queste hanno poi portato allo scioglimento consensuale del contratto a stagione conclusa. Ho comunque voluto onorare l’impegno preso fino in fondo.

Ora sei alla Corratec, come è nato il contatto?

E’ nato tutto a fine stagione, è una cosa proprio nuova. Insieme al mio procuratore Carera ero alla ricerca di una squadra e parlando con Parsani abbiamo avuto la sensazione che la Corratec facesse al caso mio. Mi sono confrontato con tutti i dirigenti, con Frassi parlo quasi tutti i giorni, mi ha parlato delle situazioni tecniche e mi ha spiegato il progetto. Qualche volta mi chiede qualche consiglio anche se la stagione non è iniziata. E’ una squadra che ascolta molto i corridori e le loro sensazioni.

Nei precedenti cinque anni ha vestito la maglia della UAE Emirates
Nei precedenti cinque anni ha vestito la maglia della UAE Emirates
Che cosa ti ha convinto?

L’aspetto umano in primis, senza sapere di che tipo di contratto, si tratta di una professional che sta crescendo. Volevo trovare un’ambiente con tanta umanità e umiltà. Sono molto convinti di creare un bel progetto e stanno sentendo tanti corridori. Tra gli altri anche due che hanno appena concluso dei contratti con squadre WorldTour. Ho pensato alla parte umana, volevo stare in una squadra che credesse in me e con uno spirito umile e sincero.

La Corratec è una squadra che già lo scorso anno ha fatto un calendario interessante con tante corse all’estero

Delle gare parleremo più avanti e faremo un programma. Sicuramente uno degli obiettivi sarà quello di ottenere l’invito al Giro d’Italia, non sarà facile ma lavoreremo per meritarcelo. Anche correre all’estero aiuta ed è ormai diventato importante per avere un livello alto, il livello è alto in tutte le gare ormai, quindi si ha la possibilità di creare la forma in corsa. 

Visto che è una professional non è da escludere che arriveranno dei ragazzi giovani.

Sì, il mio ruolo sarà anche quello di essere un “uomo squadra”. Mi hanno preso perché mi considerano una persona intelligente con una buona esperienza alle spalle. Potrò insegnare qualcosa ai più giovani.

Il momento migliore della sua carriera è stata la maglia rosa al Giro 2019, qui con Carboni in maglia bianca
Il momento migliore della sua carriera è stata la maglia rosa al Giro 2019, qui con Carboni in maglia bianca
Le stagioni passate non sono state semplici, dopo la maglia rosa del 2019 hai avuto delle difficoltà.

Questo è vero e non si può negare, nel 2020 complici le poche corse effettuate a causa del Covid ho fatto fatica a trovare il colpo di pedale giusto. Nel 2021 ho avuto qualche problema fisico a inizio stagione ed in più non ho avuto un gran feeling con la UAE. Dal 2019 al (quasi) 2023 il tempo è volato, l’obiettivo è di ritrovare la serenità ed il piacere di correre. 

Moralmente che anni sono stati?

Non semplici – sorride amaramente – ovviamente quando non si rende come si può si è dispiaciuti. Un atleta quando non raggiunge il cento per cento non è felice, non sono mai stato infelice ma nemmeno entusiasta. 

Tu sei passato da giovane in una WorldTour, la Lampre, forse ti è mancato il passaggio intermedio?

E’ una cosa molto soggettiva. Ora se sei un corridore di alto profilo non ti accorgi del passaggio. Al contrario, se sei uno “normale” passare in una WorldTour piuttosto che in una professional è più difficile. Non si è sempre seguiti o comunque ascoltati fino in fondo. Io in Lampre sono stato fortunato, ho potuto pedalare fin da subito. Dal punto di vista umano la Lampre era come una professional. A parte di pedalare subito, dal punto di vista umano valeva molto.

Conti ha esordito tra i professionisti alla Lampre, l’ultima squadra WT italiana
Conti ha esordito tra i professionisti alla Lampre, l’ultima squadra WT italiana
Dici che in questi anni è cambiato così tanto il mondo del ciclismo?

Già dal 2014 al 2022 il mondo del professionismo è cambiato, si va più forte perché tutti sono obbligati a fare le cose in maniera perfetta. Non è concesso sbagliare, anche perché i contratti sono di due anni, il margine per riparare è minimo se non inesistente. 

Ai nostri giovani servirebbe una WorldTour italiana?

Sì, la Lampre era una squadra italiana, con organico italiano con un clima più tranquillo e sereno. I nostri ragazzi forse sarebbero più seguiti o comunque avrebbero più possibilità di essere ascoltati. 

Scaroni: «Ora riposo, l’obiettivo 2023? Restare nel WT»

02.11.2022
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Il nostro appuntamento con Christian Scaroni consiste in una chiamata fissata intorno alle 10 del mattino. L’orario slitta leggermente a causa delle procedure aeroportuali che si prolungano. Scaroni è appena atterrato a Napoli, dove starà per poco meno di una settimana, per godersi un po’ di caldo e una meritata vacanza. Lontano dalle preoccupazioni e dalle ansie che avevano condito la sua stagione fino alla firma con l’Astana ed al debutto in Polonia

La prima corsa in maglia Astana è stato il Tour de Pologne ad inizio agosto
La prima corsa in maglia Astana è stato il Tour de Pologne ad inizio agosto
Come stanno andando queste vacanze?

Bene! Dopo l’ultima gara, la Veneto Classic corsa il 16 ottobre, ho fatto ancora qualche uscita in bici, fino al 20 ottobre più o meno. Ho sfruttato un po’ la gamba e mi sono goduto dei bei giri in tranquillità. Da lì in poi mi sono preso del tempo per stare con la mia famiglia e i miei amici, ed ora sono qui a Napoli. 

Quando ricomincerai ad allenarti?

Fino al 7 di novembre non se ne parla, dal giorno dopo si inizierà di nuovo la routine. Comincerò facendo tante attività diverse, anche per non stressare troppo la mente. Farò un po’ di palestra, qualche uscita in Mtb, corsa a piedi, la bici da corsa la prendo il meno possibile. Nelle mie zone (nel bresciano, ndr) ci sono tanti sentieri e la possibilità di svariare tra molte attività

Le due vittorie raccolte all’AIR sono state lo slancio motivazionale per tornare ad inseguire un contratto
Le due vittorie raccolte all’AIR sono state lo slancio motivazionale per tornare ad inseguire un contratto
E con la squadra?

Il primo ritiro è già programmato, il 5 dicembre saremo a Calpe, e si getteranno le basi per la nuova stagione.

Ci eravamo incontrati al tuo debutto al Tour de Pologne, com’è proseguita la stagione?

In Polonia ero partito bene, avevo colto un bel sesto posto in una volata ristretta alla quarta tappa. Ho continuato a far bene anche nelle gare successive: Amburgo e Bretagne Classic. Sentivo che la condizione stava crescendo giorno dopo giorno, poi di ritorno dal Canada, ho fatto un tampone perché non stavo molto bene e sono risultato positivo al Covid. 

Un altro stop in una stagione già piena di fermate…

Sì, non è stato bellissimo, ma è andata così. Mi sono trovato ad inseguire nuovamente la condizione. In accordo con la squadra abbiamo preferito correre subito dopo essermi negativizzato, anche per fare volume e per abituarmi a stare in gruppo con i compagni. 

Nei boschi dietro casa Scaroni ha modo di divertirsi anche in mountain bike, un bello svago di fine stagione
Nei boschi dietro casa Scaroni ha modo di divertirsi anche in mountain bike, un bello svago di fine stagione
Anche perché ti sei trovato da una situazione di incertezza a correre nel WorldTour, com’è stato?

Oltre ad una condizione fisica non eccellente, mi sono ritrovato a correre ad un livello molto alto, com’è giusto che sia. La definirei una nuova esperienza, e posso dire di essermi difeso bene in tutte le corse. In questi 3 mesi mi importava correre, andavo a fare gare dove la squadra ne aveva più bisogno. Alla fine sono stato contento del calendario, ho fatto tutte le corse più importanti, compreso il Lombardia (nella foto di apertura). 

Ora che sei nel WorldTour vorrai dimostrare di poterci restare…

Ovviamente, sono passato professionista con la Gazprom nel 2020, e con la pandemia non ho praticamente corso. Nel 2021 ho fatto qualche gara in più e poi è arrivato il fatidico 2022. Mi è mancata la continuità, correre ti permette di alzare molto il livello. Ho 25 anni e non ho mai avuto la possibilità di fare un grande Giro, si è visto come disputare corse del genere aiuti a crescere. Basti guardare Zana che dopo il Giro d’Italia ha vinto l’AIR e il campionato italiano

Con la squadra hai già parlato?

Ho parlato un po’ con “Zazà” (Stefano Zanini, ndr) e mi ha chiesto che cosa vorrei fare. Io ho risposto che sono ancora un corridore da scoprire. Non ho idea di quale sia il mio campo, spero di trovarlo l’anno prossimo. Ora che corro in una squadra come l’Astana, sarò molto più seguito e potrò inquadrarmi meglio. Un desiderio sarebbe quello di fare il Giro d’Italia, vedremo se mi meriterò la convocazione

La Veneto Classic è stata l’ultima gara della sua travagliata stagione, conclusa però nel migliore dei modi
La Veneto Classic è stata l’ultima gara della sua travagliata stagione, conclusa però nel migliore dei modi
Passare queste vacanze con la certezza di correre la prossima stagione come ti fa sentire?

E’ bello, so cosa mi aspetta nei prossimi mesi. Nella prima metà di 2022 non avevo un programma, ora so che cosa farò già da dicembre, avrò degli obiettivi concreti. Tutto questo mi aiuterà a rimanere concentrato. Vi devo dire la verità, fare le vacanze con queste sicurezze mi fa stare bene con me stesso. Se non avessi avuto un contratto non sarei nemmeno andato in vacanza – dice ridendo, finalmente diciamo noi – ora mi godo di più l’andare in bici, ho degli stimoli che prima un po’ mi mancavano… 

Prima partivi per dimostrare di meritare una squadra, ora dove cercherai la motivazione?

Il mio obiettivo principale è dimostrare che non sono arrivato qui a caso, ho voglia di portare dei risultati alla squadra. Non sono una persona a cui piace perdere (e la stagione appena conclusa ne è una dimostrazione, ndr). Sarò a disposizione dei miei compagni quando servirà ma vorrei giocarmi le mie carte. L’Astana esce da una stagione difficile, l’obiettivo del team deve essere quello di tornare alle corse per vincere.

Vinokourov: «Toccato il fondo, ora l’Astana deve risalire»

01.11.2022
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Se si va a vedere la classifica a squadre Uci relativa al solo 2022 l’ultima delle WorldTour sarebbe l’Astana Qazaqstan. Quest’anno la squadra di Alexandre Vinokourov è stata bersagliata da una dose a dir poco elevata di sfortuna.

A metterci lo zampino sono state soprattutto questioni di salute, che hanno riguardato tra l’altro i big: Moscon con il Covid e Lopez con l’infortunio alla gamba durante il Giro. Ma non solo chiaramente. E a tutto ciò si aggiunge l’addio alle corse dell’uomo simbolo, Vincenzo Nibali.

Con l’Astana Nibali ha colto i più grandi successi della sua carriera. Ed è voluto tornare nella “casa kazaka”
Con l’Astana Nibali ha colto i più grandi successi della sua carriera. Ed è voluto tornare nella “casa kazaka”

Dopo Nibali

Come si fa a ripartire? Da dove ci si rimbocca le maniche. E’ stato il team manager stesso, Vinokourov ad indicarci la via. 

«Vero abbiamo fatto una brutta stagione – spiega Vinokourov che non usa mezzi termini –  ma direi che sono stati difficili e gli ultimi due anni. Abbiamo dovuto riorganizzare sempre tutto. Abbiamo avuto molti malati, molte cadute… Sono stati i due anni peggiori e più duri della nostra storia. Ma le cose dovranno cambiare dal prossimo anno, altrimenti anche noi dovremmo porci delle domande. Abbiamo toccato il fondo, ora dobbiamo risalire. E state sicuri che a dicembre lo dirò bene a tutti i ragazzi.

«E’ veramente difficile – prosegue Vinokourov – ripartire dopo Nibali, molto difficile. Un corridore che in carriera ha vinto tantissimo. Quest’anno non ha vinto, ma ha disputato un ottimo Giro ed è stato spesso davanti nelle altre corse. Penso che poteva fare ancora un anno, ma le cose stanno così e noi dovremmo fare il massimo».

Lopez, maglia bianca al Giro 2019, tra Vinokourov e Fofonov
Lopez, maglia bianca al Giro 2019, con Vinokourov

Tocca a Lopez

Però c’è Miguel Angel Lopez che può fare bene. Noi avevamo incontrato lo scalatore colombiano al termine della stagione. Aveva appena finito la Veneto Classic, ultima corsa del 2022 e sembrava essere pronto a cogliere l’eredità di Nibali.

«Abbiamo già parlato molto con lui – dice Vinokourov – lo abbiamo fatto durante quest’anno proprio sulle responsabilità. Ogni anno che passa ne ha di più. Ma gli anni passano e deve fare qualcosa, altrimenti ci sono i giovani che arrivano.

«Non ha mai vinto un grande Giro e bisogna che il prossimo ci si concentri al massimo, soprattutto che lo faccia sin dall’inizio della stagione, per non commettere gli stessi errori di quest’anno». 

Cuore kazako

Vinokourov torna poi sulla difficile stagione della squadra. Una stagione che abbiamo visto è stata fortemente condizionata da problemi di salute.

«Lutsenko e Fedorov hanno vinto il mondiale dilettanti – va avanti il team manager – sono contento per la squadra e per la nazionale kazaka. Significa che abbiamo lavorato bene con i giovani. Fedorov ha un grande potenziale. Ha davvero un gran motore. Sa guidare anche bene, mi ha chiesto lui di prendere parte al mondiale gravel dove ha fatto quinto. Credo che potrà fare bene in futuro in corse come la Roubaix, il Fiandre… 

«Alexey invece deve chiudere i conti con la sfortuna. Non ha vinto una tappa al Tour come avrei preferito, ma alla Vuelta è stato spesso davanti. Al mondiale poteva anche fare secondo e sarebbe stata una medaglia meritata. E’ arrivato a 30 anni, è ora che vinca alcune belle classiche importanti o una Parigi-Nizza».

Garofoli (classe 2002) è tra le perle del settore giovanile dell’Astana (foto Instagram – Getty)
Garofoli (classe 2002) è tra le perle del settore giovanile dell’Astana (foto Instagram – Getty)

Quale sviluppo?

Se guardiamo ai punti Uci, si è sentita l’assenza di un velocista. E questo è un aspetto che andrà analizzato dallo staff della società. Intanto però nell’organico è ricomparso il nome di Luis Leon Sanchez, uno degli atleti la cui partenza aveva lasciato con l’amaro in bocca anche Giuseppe Martinelli.

«Luis Leon è tornato perché già l’anno scorso era brutto che fosse andato via. Purtroppo c’era una situazione difficile e non siamo riusciti a trattenerlo. Ma adesso le cose sono cambiate. Lui voleva tornare. Ha fatto come Vincenzo. Sentiva l’ambiente di questa squadra come una famiglia. Senza contare che lui ha un’esperienza enorme, anche nei grandi Giri, e può fare un ottimo lavoro per Lopez o Lutsenko.

«Non abbiamo più molto spazio per far firmare altri corridori – conclude il campione olimpico di Londra 2012 –  Pronskiy è un giovane e un buono sprinter. Siamo noi che dobbiamo fare crescere i campioni. Lui per esempio può far ancora meglio nelle classiche del Nord».

E poi si sposta alla continental. Che Martinelli stesso ci disse essere stata creata per far crescere i campioni in casa. Vinokourov conferma tutto. 

«Nella nostra continental abbiamo dei buoni corridori che possono crescere bene. Penso a Garofoli e a Lopez  Harold. E con loro anche altri ragazzi. Penso che il futuro del ciclismo passi da giovani».

Il diario di Pallini, viaggio nel Nibali mai visto

23.10.2022
8 min
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Non basterebbe un libro. E se uno l’hanno scritto su Nibali dopo il Tour, quello di Michele Pallini che racconta le stesse cose dal suo punto di vista sarebbe una lettura interessante. Così quella che voleva essere una telefonata per raccogliere gli aneddoti del massaggiatore si è trasformata nel viaggio di un’ora e mezza da sintetizzare per ragioni di spazio e perché certe cose dette in confidenza è bene non scriverle. Ma quando abbiamo chiuso, la sensazione è stata di aver appena iniziato il discorso.

Giro d’Italia 2022, Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini accanto a lui: sta per annunciare il ritiro
Giro d’Italia 2022, Nibali si dirige al Processo alla Tappa, Pallini accanto a lui: sta per annunciare il ritiro
Pallini-Nibali: dopo 14 anni, come definiresti il vostro rapporto?

Lo pensavo solo sotto il profilo professionale, invece ci ho dovuto mettere anche qualcos’altro. Nel senso che quando vivi a stretto contatto con un’altra persona, qualcosa nasce, un’amicizia un po’ più profonda. Mia moglie dice che abbiamo lo stesso carattere. Quindi anche se due segni uguali si respingono, tante volte essere simili ci ha aiutato. Siamo abbastanza taciturni, non ci piacciono le feste. Magari, vista la differenza di età, lui è un filo più festaiolo, ma tutto preso con le dovute proporzioni. Abbiamo fatto dei viaggi in cui non abbiamo parlato mai. Però a me andava bene così e a lui andava bene così.

Il successo ha cambiato le cose?

A un certo punto, Vincenzo è diventato Nibali. In quel momento, come dice Martino, ti tirano tutti per la giacchetta, nel senso che anche professionalmente si sono avvicinate tante persone e penso di aver attirato l’antipatia di qualcuno. Perché magari mi sono permesso di dargli dei consigli, anche se chiaramente Vincenzo ha sempre fatto di testa sua. Pesava quello che gli dicevo, però alla fine il dito ce lo voleva mettere. Ho sempre cercato di mettere lui al centro dell’attenzione e creare un team che lo aiutasse a dare il meglio. Il primo anno di Astana ero da solo, Slongo non c’era, il dottor Magni non c’era. E così mi sono trovato a gestire tante situazioni.

Pallini con Geoffrey Pizzorni al Tour del 2018, prima della caduta sull’Alpe d’Huez
Pallini con Geoffrey Pizzorni al Tour del 2018, prima della caduta sull’Alpe d’Huez
Cosa non facile…

In realtà Paolo nel 2013 c’era già, ma dietro le quinte. Il problema maggiore ce l’aveva lui, dato che lavorava ancora per la Liquigas. Se veniva fuori in modo troppo evidente, poteva avere dei problemi. Amadio lo voleva tenere, poi invece si trovò un accordo per il 2014 con Zani e passò con noi. A quel punto mancava una figura nello staff medico e venne fuori il nome di Emilio Magni, che si occupava anche della parte nutrizionale. Durante la tappa andavo sul bus della Liquigas e mi facevo dire cosa dovesse mangiare o la quantità. Ci mancava anche un addetto per voi giornalisti e arrivò Geoffrey Pizzorni (oggi nello stesso ruolo alla Bike Exchange, ndr).

I momenti belli coincidono con le vittorie?

Non per forza, perché quando si vince si soffre, non è tutto luccicante. Quel che pesa lavorando con un atleta come lui è il senso di responsabilità e la paura che succeda qualcosa. La responsabilità crea ansia, perciò se dovessi dire che al Tour vinto ho vissuto 21 giorni meravigliosi, sarei un bugiardo (sorride Pallini, ndr). Sei sempre con l’ansia che cada, la paura che succeda qualcosa. Lavori perché tutto vada bene, che la squadra si comporti bene. E poi succedono cose che da fuori non si vedono.

Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014
Pallini ha seguito Nibali in tutta la carriera, inclusa la vittoria del Tour 2014
Ad esempio?

Nel 2012 quando ha fatto terzo al Tour, alla partenza di una tappa pirenaica arrivò e aveva un piccolo stiramento dal giorno prima, ma di cui non mi aveva parlato. Non ci si poteva fare niente, quindi applicai un piccolo bendaggio e a quel punto Basso giocò di esperienza. Praticamente hanno tirato tutto il giorno, facendo credere che Vincenzo facesse la tappa. In realtà tiravano perché stava male e facevano il passo che poteva sopportare. Due giorni dopo c’era la cronometro che vinse Wiggins.

Che ansia…

Sono tutte preoccupazioni. Alla fine te la godi, ma non è che durante la corsa vada sempre tutto liscio. I particolari da curare sono tantissimi. Vi dico una stupidata di quando abbiamo vinto il Tour. Dopo l’arrivo, Vincenzo beve acqua gassata, ma quando andavi nel backstage delle premiazioni, non potevi portare niente che non fosse sponsorizzato da Vittel. Neppure le borracce della squadra. Per cui io riempivo le bottiglie della Vittel con l’acqua gassata e gliela portavo. Seduti qua è tutto facile, sembrano cose strane. Però in un Tour, specialmente verso la 13ª-15ª tappa, quando magari la giornata è andata male e hai fatto più fatica del solito, anche al corridore più tranquillo viene un po’ di ansia. Quindi devi fare di tutto per tenerlo tranquillo. Magari da fuori non si vede niente…

Solo stress?

Chiaramente ci sono anche i momenti belli. Penso che contento come quando ha vinto la Sanremo non l’ho mai visto. Continuava a dirmi: «Ma come ho fatto? Ho vinto la Sanremo, ma ti rendi conto?». Continuava a dirmi queste frasi. Sono cose che ti vengono d’improvviso, perché una Sanremo non ce la saremmo mai aspettata e meno ancora quella lì. Avevamo vissuto una vigilia tranquillissima, perché sapevamo di dover correre per Colbrelli. Sul bus la tensione c’era, perché la Sanremo ne crea sempre, però non era come quando sai che devi fare la corsa. Lui passa per quello tranquillo, che poi gli ultimi anni lo è sempre stato meno, ma comunque pensi che non vuoi sbagliare niente, l’alimentazione per non spegnerti troppo presto…

Champs Elysées 2014, Nibali ha vinto il Tour. Pallini lo aspetta al traguardo
Champs Elysées 2014, Nibali ha vinto il Tour. Pallini lo aspetta al traguardo
Credi che alla fine abbia sofferto il passare del tempo?

No, ma penso che abbia capito di non essere più competitivo e questo gli ha dato un po’ di insicurezza e di conseguenza anche un po’ di ansia e di nervosismo. Eppure per capire che si è ritirato dovranno passare due o tre anni, forse quando smetterà di fare anche qualche gara in mountain bike. Sono andato lunedì a pranzo da lui e non ha fatto altro che raccontarmi della gara all’Elba, che l’aveva sottovalutata, che ha mangiato poco e ha consumato tanto… Io credo che non esista l’interruttore che spegne l’agonismo, penso che in proporzione sia stato più cosciente Fabio (Aru, ndr).

Valverde ha detto più o meno le stesse cose.

La differenza tra Vincenzo e Alejandro è che Valverde è stato un po’ più costante. Forse è meno dotato in bici, però a guardarli sono praticamente uguali e dovrebbero avere lo stesso peso o comunque una differenza minima. Invece dalle foto si vede che Alejandro è stato più attento fino all’ultimo. Se Vincenzo fosse pesato come Valverde al Lombardia, sul Civiglio non lo staccavano. Al Giro ha fatto una gran fatica, perché ci sono anche gli anni. Però a un certo punto, quando si è ritirato Lopez, gli è scattato il fatto che toccasse a lui. Un po’ di condizione c’era, abbiamo parlato con Magni e gli abbiamo detto: «Guarda che se tu arrivi alle salite con questo peso, si riesce a restare là, poi vediamo dove si arriva». E nella seconda settimana lui ha fatto un sacrificio che non faceva già da un po’ ed è riuscito a calare durante il Giro. Siamo arrivati all’inizio dell’ultima tappa di montagna con il peso di metà Tour 2014 . Nella tappa di Risoul, pensava 63 chili, al Lombardia era forse a 67. Quei 4 chili a questi livelli sono tanti per tanti motivi.

Difficile scendere?

Quando abbiamo dovuto scegliere per tornare all’Astana l’anno scorso, c’era stata l’offerta della Quick Step che gli aveva fatto una mezza proposta per affiancare Evenepoel. Io gli dissi: «Ascoltami, se mi dici che vuoi fare una stagione dedicata solo al ciclismo, perché è l’ultima e non vuoi nessuna distrazione e vivrai solo per quello, sono con te. Ma basta che tu mi dica una mezza volta che ci vuoi pensare, allora dico che è meglio di no. Perché se non sei convinto al 100 per cento, alla prima difficoltà molli tutto». E’ stato anche bravo a riconoscerlo, perché poteva pure illudersi che ce l’avrebbe fatta e poi magari pigliava la porta in faccia. Aveva già provato ad allenarsi in maniera diversa quando ha discusso con Slongo, però anche lì le cose non sono andate bene…

Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Martinelli, Nibali e Slongo. Il rapporto fra Vincenzo e il suo allenatore si è concluso nel secondo anno alla Trek
Giuseppe Martinelli, Vincenzo Nibali, Paolo Slongo, Tour de France 2014
Martinelli, Nibali e Slongo. Il rapporto fra Vincenzo e il suo allenatore si è concluso nel secondo anno alla Trek
I momenti brutti sono coincisi coi momenti difficili in corsa?

Forse sì, perché sono andati di pari passo con i problemi fisici, che creano ansia, depressione e paure. Conoscono tutti la caduta al Tour o la caduta alle Olimpiadi, ma nessuno immagina ad esempio quanto gli sia pesata la caduta al campionato italiano del 2011 in Sicilia, vinto da Visconti, dopo un Giro in cui sperava di fare molto meglio. Quello fu un colpo di cui nessuno ha mai parlato, ma che gli pesò molto.

Invece la caduta del Tour?

Il problema fu la coincidenza di un mondiale adatto a lui, cui voleva andare. Se fosse stato come quest’anno, non si sarebbe operato e quindi avrebbe avuto qualche problema in meno. L’operazione in se stessa non era tanto invasiva, ma per uno sportivo di quello spessore serviva del tempo per ritornare a un certo livello. Noi invece abbiamo dovuto stringere i tempi. Dopo 3-4 giorni siamo andati a casa. Il dottore gli aveva detto che poteva salire sui rulli dopo 5 giorni, invece lui è montato subito sulla bici e gli sembrava di non esserci mai andato in vita sua. Siamo ripartiti da lì. Con suo cugino Cosimo che lo staccava e lui che diceva: «Ma io come faccio a correre la Vuelta, se mi stacca Cosimo?». Lo dice sempre: «Tornassi indietro, non farei il mondiale e non mi opererei».

Tour 2018, la caduta sull’Alpe d’Huez: Nibali decise di operarsi alla vertebra rotta per rientrare ai mondiali di Innsbruck
Tour 2018, la sull’Alpe d’Huez: Nibali decise di operarsi alla schiena per rientrare ai mondiali di Innsbruck
Pallini come vede il Nibali dell’età matura?

Il Nibali adulto deve ancora crescere. Vincenzo è diventato adulto in bici e adesso è di nuovo bambino, perché questo è tutto un altro tipo di approccio e di lavoro. Quindi bisogna che si faccia le ossa, che cresca, che faccia le sue esperienze e dopo secondo me può anche essere un ottimo team manager. Perché ha le possibilità. Lui dice di no, però secondo me è un ottimo collante con gli sponsor e sa quello che serve all’interno di una squadra di ciclismo. E se riesce a capire quali sono le problematiche anche all’interno, le dinamiche tra staff, corridori, management e sponsor, secondo me lo può fare.

Pensi che lo massaggerai ancora?

Lo aspetto al varco, sicuramente sì. Infatti ho lasciato il lettino a casa sua. Gli ho detto di tenerlo, che può far comodo. Ne avevo una a casa sua, in una stanzina dove faceva i massaggi. Prima o poi si finirà per farlo ancora…

Uno Squalo in mtb. L’avventura di Vincenzo alla Capoliveri

23.10.2022
6 min
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Il giovedì sera di una settimana fa iniziava a girare la voce che Vincenzo Nibali fosse all’Elba. Due giorni dopo si sarebbe corsa la Capoliveri Legend Cup, una delle più belle, dure e tecniche marathon di mtb al mondo. 

Era prevedibile ritrovarsi lo Squalo, che aveva dato l’addio alle corse su strada al Giro di Lombardia, in una gara di mtb. Un po’ lo aveva detto e un po’ era nota la sua passione per la “ruote grasse”, ma non immaginavamo così presto.

La curiosità di saperne di più di questa avventura era troppa. Lo abbiamo intervistato e Nibali ha risposto con vero trasporto alle nostre (tante) domande.

Nibali con l’organizzatore Maurizio Melis alla vigilia della gara
Nibali con l’organizzatore Maurizio Melis alla vigilia della gara
Vincenzo, come è andata? Come è nata l’idea di partecipare alla Capoliveri Legend Cup?

Era da tanti anni che pensavo di fare una cosa così e finalmente si è presentata l’occasione. L’idea della Capoliveri è nata una sera, qualche mese fa, quando mi sono ritrovato in camera con Simone Velasco (per la cronaca Simone è elbano ed ex biker, ndr). Parlando, mi ha detto che gli sarebbe piaciuto farla.

Tu hai un certo feeling con la mtb…

D’inverno ci vado, ma nel corso della stagione capita poche volte. In Ticino esco spesso con Filippo Colombo (biker professionista svizzero, ndr) e Juri Zanotti: in discesa sono una roba allucinante. Loro fanno cross country e nelle marathon non sapevo bene che livello avrei trovato. Avrei voluto farla con Velasco, ma poi lui è stato convocato per la Veneto Classic.

E tu invece sei andato a Capoliveri…

Sono arrivato il venerdì con la famiglia, tra l’altro devo dire che Maurizio Melis e il suo staff mi hanno accolto alla grande. Ma non ero super preparato, pensate che ho corso con le scarpe nuove! Le avevo provate giusto una volta due giorni prima.

La Capoliveri Legend Cup è una marathon durissima e tecnica: 80 chilometri, 3.000 metri di dislivello e scenari pazzeschi
La Capoliveri Legend Cup è una marathon durissima e tecnica: 80 chilometri, 3.000 metri di dislivello e scenari pazzeschi
La Legend Cup poi è una delle più tecniche…

Come detto in Ticino un po’ ci sono abituato a certi percorsi. Lì ci sono dei single track dove ha girato anche Nino Schurter e più o meno sapevo a cosa sarei andato incontro. Alla vigilia poi ho incontrato Failli e Chiarini, due ex compagni di squadra e amici, che corrono da anni in mtb e anche loro mi ha dato qualche dritta.

E come è andata?

Il giorno prima ho provato un po’ il percorso e sinceramente con tutti quei bivi, quei cambi di direzione, quegli strappi… ero un po’ spaesato. Sembrava come la prima volta che si va a fare l’Amstel Gold Race!

Ci racconti la tua gara?

Sono partito forte, perché non volevo perdere il treno dei migliori e magari portarmi un po’ avanti per prendere in testa le prime discese. Ero curioso di vedere il livello dei migliori. In più non volevo prendere la polvere… un po’ perché sono inesperto e un po’ perché volevo vedere bene. Mi sono messo in terza, quarta posizione. E comunque c’erano tanti campioni di questa specialità: da Rabensteiner (tricolore in carica, ndr) a Paez. Fino a che non ci sono stati tratti tecnici ci stavo bene, poi chiaramente in alcuni settori ho sofferto un po’. Ma non tanto per questioni di guida, quanto per l’esperienza che non avevo e poi perché loro rispetto a me erano più forti nella parte alta del corpo. Il problema qual è stato: che in salita facevo fatica, ma anche in discesa facevo la stessa fatica! 

Una “bella” novità!

Per 90′ ho fatto 170 battiti medi! E infatti negli ultimi 20 chilometri sono andato in “bambola”. Avevo un paio di gel in tasca, che ho preso. Ho sfruttato un po’ di assistenza da parte della Cicli Taddei, tra l’altro ho rivisto “Nando” Casagrande e mi ha fatto piacere. Fatto sta che uno è abituato a fare 200-250 chilometri di gara e pensa: che vuoi che siano 80 chilometri. Invece sono state 4 ore sempre a “gas spalancato”. Tra l’altro l’avevo presa un po’ così. Non avevo fatto una colazione importante. Avevo preso un po’ di fette biscottate con la marmellata, invece ci serviva un bel piatto di pasta. L’ho presa con la “tigna” giusta, ma altrettanta leggerezza.

Lo Squalo a ruota di Jury Ragnoli in uno dei passaggi simbolo: il “Muro dei campioni” con punte al 35%
Lo Squalo a ruota di Jury Ragnoli in uno dei passaggi simbolo: il “Muro dei campioni” con punte al 35%
Come l’hai “preparata” Vincenzo?

Tra il Lombardia e la Capoliveri Legend sono uscito giusto un paio di volte per un paio d’ore, più che altro per mettere a punto la bici (una Wilier Urta Slr, ndr). Una volta addirittura avevo in tasca la pompa per la forcella.

Sapevamo che sei un meccanico e un tecnico eccellente su strada, anche con la mtb?

Sì, sì ho fatto tutti i setup da me. Ho sostituito anche un cuscinetto della forcella. Ho montato poi i “salsicciotti”: uno più grande dietro e uno più piccolo davanti, perché comunque era importante che la gomma anteriore lavorasse bene, in quanto bisognava guidare. Volevo un certo feeling, altrimenti sarebbe stata troppo rigida. In più per settare il potenziometro sulla mtb ho fatto dei test e gli ho tolto un 10% di potenza per avere un dato attendibile. L’ho tarato con i pedali Garmin.

Chi ti ha dato qualche dritta tecnica?

Come detto ho fatto parecchio da solo, con Colombo però ho parlato delle gomme. Alla fine ho utilizzato delle Pirelli Scorpion Xc. Mentre le ruote le ho scelte io: le Syncros Silverton Sl, me le sono comprate per conto mio. Non me le hanno passate come immaginava qualcuno. Leonardi invece mi ha fornito la sua guarnitura Racing, in questo modo ho anche provato le pedivelle da 172,5 millimetri. 

Caspita, sei sul pezzo…

Alla fine io sono nato sulla mtb con le ruote da 26” e sono rimasto spiazzato dalle 29”, ma la mtb c’è sempre stata nei miei inverni. Durante il lockdown ci sono andato davvero tanto, in pratica ho usato solo quella. Poi quando è ripresa la stagione ovviamente ho inforcato la bici da strada.

Al netto della colazione cosa cambieresti?

Mi sono accorto che il supporto esterno di un team è fondamentale. In fondo alla discesa di Punta Pareti, per esempio, Paez ha forato e ha perso un sacco di tempo. Samparisi ha rotto il disco posteriore. Ne ho parlato con gli altri dopo l’arrivo e ognuno raccontava dei suoi guasti. A me non è successo nulla e sono stato bravo a stare attento, a guidare pulito. Io avevo dato una coppia di ruote in più a chi mi seguiva per l’assistenza, ma anche per il rifornimento bisognava organizzarsi meglio. All’ultimo ristoro – ride – mi sono fermato a prendere qualcosa .

Anche sul tecnico Nibali se l’è cavata alla grande. Da notare le due borracce, una tra l’altro da 750 ml (foto Instagram)
Anche sul tecnico Nibali se l’è cavata alla grande. Da notare le due borracce, una tra l’altro da 750 ml (foto Instagram)
Come mai ridi, Vincenzo?

Mi chiedevano: «Perché parti con due borracce?». E perché… «Perché non ho assistenza, sono da solo».

In ottica futura cambierai qualcosa? Per esempio farai più palestra per la parte alta?

Se con Ivan Santaromita andremo alla Cape Epic, come sembra, servirà di sicuro. A Capoliveri nel finale sono andato in crisi anche per questo motivo. Dovevi essere sempre attento: radici, buche, salti… ribaltarsi era un attimo. Per non farlo ho calato molto il ritmo. Sono arrivato sfinito. Su strada ogni tanto rifiati, in mtb devi essere sempre concentrato. Quattro ore complete a tutta.

Ci si chiede sempre chi siano più forti: i biker o gli stradisti? Tu cosa hai notato? Come vanno?

Eh, i watt ci sono, li hanno eccome. Come vi ho accennato ho fatto 90′ oltre 170 battiti, poi snocciolando i dati ho fatto 330 watt medi di potenza normalizzata e 280 reali. Direi che è un bell’andare. Tanto che Mazzoleni, dopo aver letto il file della corsa mi ha detto: «Caspita che numeri Vince!». Ho fatto 21 di media oraria, 3.000 metri di dislivello e bruciato oltre 4.000 calorie. E’ stata una bella avventura!

Per la cronaca, Vincenzo Nibali ha chiuso la Capoliveri Legend Cup in nona posizione a circa una dozzina di minuti da Fabian Rabensteiner. In uno dei tratti iniziali è stato anche in testa… facendo sognare gli elbani, i 1.500 biker presenti e tutti i suoi tifosi.

Lopez già guarda avanti. Pronto a prendersi l’Astana

18.10.2022
4 min
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Una vittoria al Tour of the Alps e un podio sfiorato alla Vuelta, ma anche una grossa tegola al Giro d’Italia. La stagione di Miguel Angel Lopez si archivia con qualche acuto e qualche “vuoto”, più che qualche basso.

Il colombiano dell’Astana Qazaqstan ha chiuso il suo 2022 agonistico sulle strade della Veneto Classic. A Bassano del Grappa tutto si respirava fuorché l’atmosfera da ultimo giorno di scuola, almeno fino al momento di tagliare la linea del traguardo.

Bassano del Grappa. Federico Borselli, factotum dell’Astana, controlla le ferite di Lopez
Bassano del Grappa. Federico Borselli, factotum dell’Astana, controlla le ferite di Lopez

Finale in crescendo

Linea che Lopez ha superato con tagli ed escoriazioni sulla mano e ad un braccio. E’ caduto in salita in un momento chiave della corsa ad una ventina di chilometri, forse meno, dal termine.

Quando arriva al suo bus nonostante tutto ci dedica del tempo. E questo va apprezzato. Quando si cade si ha voglia solo di scappare via.

«La gamba era buona in questo finale di stagione – spiega Miguel sulla scalinata del bus – oggi pensavo di fare una buona corsa, la squadra puntava su di me. Purtroppo c’è stata questa caduta in un momento importante della corsa e ho perso una buona opportunità. Ringrazio comunque i ragazzi». 

Lopez nell’ultimo periodo è andato in crescendo. Non aveva più gareggiato dalla Vuelta. Ma dall’Emilia in poi si era rimesso in carreggiata… e anche fuori. Lui infatti, nonostante non sia certo un passista, si è voluto buttare nella mischia delle due gare gravel: il mondiale e la Serenissima.

“Superman” infatti è un eccellente biker, quando è in Colombia esce in allenamento con il pluriridato marathon Leonardo Paez. E tutto sommato visto il suo peso ridotto se l’è cavata super bene tra i passistoni alla Oss e alla Van der Poel.

Stagione altalenante

Ma se il finale è stato buono, a partire dal quarto posto della Vuelta, il resto della stagione ha lasciato diversi dubbi. E lui stesso ne è consapevole.

«La stagione – sbuffa un po’ Lopez – è andata… così. Poteva andare meglio, sia per me che per la squadra. Si poteva forse ottenere qualcosa di più. C’è stato qualche momento di vuoto. Ma possiamo solo che andare avanti».

Un primo vero vuoto Lopez lo ebbe sul Carpegna. Quella contro-prestazione portò anche ad un bella strigliata da parte di Giuseppe Martinelli che non gradì l’atteggiamento arrendevole del colombiano. Dopo aver perso, come del resto tutti quanti, qualche metro da Pogacar, lui mollò del tutto.

Al Tour of the Alps invece mostrò una buona condizione e soprattutto dava l’idea di essere sul pezzo. Ma poi ecco di nuovo un momento no: lo stop al Giro d’Italia. Miguel alzò bandiera bianca quasi subito, per un enorme contrattura. Si fermò nella prima tappa italiana, quella dell’Etna. In quel caso la squadra gli fu vicina: non poteva continuare. C’è stata dunque anche una dose di sfortuna.

Con i migliori… Miguel a ruota di Mas alla Vuelta. In salita, quando sta bene, Lopez è uno dei migliori
Con i migliori… Miguel a ruota di Mas alla Vuelta. In salita, quando sta bene, Lopez è uno dei migliori

Leader unico?

Ma come dice Lopez stesso non si può che andare avanti. E questa è anche la parola d’ordine? A fine Giro, Giuseppe Martinelli ci disse che Lopez avrebbe dovuto dire una volta per tutte se fosse stato carne o pesce. E a 28 anni è anche ora. Adesso c’è un altro cambio importante che lo pone verso un’identità definita: l’addio di Nibali.

Al netto che del mercato che farà l’Astana Qazaqstan, Lopez è il leader unico. Nessun comprimario con cui condividere il peso della squadra, le gestione dei gregari in corsa… No, sarà tutto sulle spalle e questo argomento lo accende.

«Sento la fiducia – dice Lopez – so come fare ormai per preparare i grandi Giri e anche per fare altre cose. Qui sono felice di poter continuare e per fortuna non penso che questa caduta mi crei grandi problemi per l’inverno».

«Cosa mi manca per essere più costante? Bah, non saprei. Credo di essere stato abbastanza costante durante la stagione… quando ho potuto. Alla Vuelta, per esempio, ho fatto una buona corsa dall’inizio alla fine. Sono stato sempre lì con i migliori.

«Il problema – ride – è che altri vanno più forte di me. Dobbiamo lavorare».

Nibali saluta. Vincenzo accolto dai suoi sul traguardo

09.10.2022
5 min
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Sono le 16:33 di sabato 8 ottobre 2022 Vincenzo Nibali taglia il traguardo del Giro di Lombardia e conclude la sua carriera. I suoi uomini sono tutti dietro la linea d’arrivo che lo aspettano. Camminano, confabulano e anche se non lo ammettono apertamente sono emozionati. Si chiude un ciclo. Un pezzetto di vita piena di tante emozioni.

Michele Pallini, Emilio Magni, Federico Borselli… sono tutti vicini. Allungano il collo per vederlo spuntare. «Eccolo, Eccolo…», dicono in coro e gli vanno vicino. Poi solo tanti abbracci e poche parole. Bastano gli sguardi e quelle strette di mano. C’era persino Geoffrey Pizzorni, che di Nibali è stato addetto stampa per qualche anno. Geoffrey, che è ora alla BikeExchange Jayco, ci si ritrova per caso però resta lì anche lui.

Martino emozionato

«Eh – sospirava Giuseppe Martinelli alla vigilia – ci siamo. Uno dice: “Ma lo sai dai sei mesi che lascia”. Ma intanto vai avanti e pensi sempre che siano sei mesi e invece il momento è arrivato. Ammetto che è un po’ particolare.

«Sono stati tanti anni insieme. E il fatto che Vincenzo abbia voluto finire qui la sua carriera per me conta molto. Io credo che lui sia voluto tornare all’Astana Qazaqstan perché qui si sente in famiglia. Non ha mai criticato gli altri team in cui è stato, ma qui ha detto che si sentiva a casa. Tante volte anche io lo chiamavo non da direttore sportivo, ma per sapere come andavano le cose. Quando andò via parlammo a lungo affinché io potessi seguirlo. Mi voleva con sé».

I suoi uomini

Mentre Martino racconta, Gabriele Tosello è lì che prepara la sua ultima bici. La Wilier con la verniciatura speciale che ricorda i successi di Nibali nei grandi Giri.

“Toso”, che forse è il più indaffarato di tutti, dice che solo quest’anno gli avrà montato una trentina di bici. Ha invece perso il conto di tutte le altre nel corso degli anni.

«Io – dice Tosello – so solo che anche se era alla sua ultima gara anche oggi borbottava! Aveva questa bici nuova, sella nuova, manubrio nuovo… e cambiarla a ridosso del via di una gara così importante non lo rende felicissimo. Mi diceva: “Ma le misure? Hai ricontrollato tutto?”. Ci ha fatto solo 30 chilometri. Fosse stato per lui avrebbe di sicuro usato la sella “vecchia”». 

«Il momento è arrivato, avete visto? Sono 17 anni che sono con lui – racconta il dottor Magnisolo un anno non riuscii a seguirlo, avevo ancora il contratto con la vecchia squadra, ma poi l’ho raggiunto. Diciassette anni sono un bel pezzetto di vita. L’ho visto crescere».

Chi invece è una sfinge, che le emozioni non le sbandiera al vento è Michele Pallini, il massaggiatore. Siamo quasi certi, percezione nostra, che Michele più di tutti ha sentito questo momento. Ma anche lui fino alla fine è stato “sul pezzo”. Il via vai della vigilia per i massaggi fatti tardi per i tanti impegni con gli sponsor. I soliti preparativi. 

«Emozionato? Io lo sarò da domani», cioè oggi. 

Al lato del podio, appoggiato alle transenne, c’è Alex Carera. Ha un sorriso velato di malinconia. Ricorda quando lo conobbe. «Eravamo ai mondiali di Hamilton del 2003. Lo aiutai perché aveva dei problemi con una sella, cercava dei contatti con l’azienda. Gli dissi che ero un procuratore e che magari avremmo potuto collaborare. Da lì è nato tutto. Sono passati venti anni ragazzi…».

E Vincenzo?

Beh, anche lui forse è più emozionato di quel che dà a vedere. «Se sono emozionato? Pensa che ho dormito tutto il pomeriggio!», ci aveva detto in una battuta alla vigilia.

Nessuno meglio di lui, chiaramente, può conoscere le sue sensazioni. Covava questo ritiro già da un po’, lo ha reso pubblico durante il Giro e magari più di altri lo ha maturato, lo ha metabolizzato.

In tv ha detto che c’è stato un solo momento in cui si è reso conto davvero di concludere la carriera. Stava facendo il trolley prima di partire per il Lombardia. «Ho realizzato, mi sono fermato un attimo… ma poi ho continuato. Via, voltare pagina».

Ieri mattina a Bergamo si è goduto l’applauso della folla. La parata con Valverde tra gli applausi dei colleghi. Hanno sfilato tra due corde di canapa per recarsi in testa al gruppo. Eppure fino alla fine è stato professionale, così come Alejandro. Okay il fine carriera, ma prima c’era una corsa da fare. 

Nessuna lacrima da parte sua. Almeno non in pubblico. E’ Nibali. Lo Squalo ci ha regalato 17 anni di grande ciclismo, ci fatto saltare sul divano, ci ha fatto piangere per quella caduta di Rio, ci ha fatto sognare e qualche volta anche arrabbiare, come nel Giro 2019 quando per discutere con Roglic “regalò” la maglia rosa a Carapaz.

Ma i campioni sono questi. Baggio sbaglia un rigore nella finale dei mondiali. Coppi e Bartali pur di farsi la guerra arrivano ultimi. Tomba non partiva se la pista era rovinata. La grandezza passa anche da qui… se prima però si sono calcati i grandi podi. E Nibali li ha calcati eccome.

Un anno buttato e la vita da birraio: Gazzoli racconta

07.10.2022
6 min
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Era l’11 agosto quando due mail, una dell’UCI e una dell’Astana, annunciavano rispettivamente la positività di Michele Gazzoli al tuamminoeptano e il suo licenziamento. Il prodotto, una sostanza stimolante, era contenuto in uno spray nasale acquistato con troppa leggerezza. Gazzoli uscì dalla vicenda con un anno di squalifica per doping non intenzionale. Una sanzione che parve subito eccessiva, ma che di certo ribadì il concetto: occhi aperti quando si comprano e si assumono autonomamente farmaci. Anche perché all’Astana, il bresciano avrebbe potuto trovare la soluzione per i suoi problemi di salute.

Che fine ha fatto Gazzoli? Come ha trascorso gli ultimi due mesi? E come passa le sue giornate? Di lui parlavamo un paio di giorni fa con Rossella Di Leo, che lo ha avuto per due anni alla Colpack. E proprio da quei discorsi abbiamo scoperto del lavoro in birrificio. E qui lo abbiamo raggiunto, alla vigilia del Lombardia, in quest’autunno caldo come d’estate.

«L’errore è stato fatto – dice dopo i saluti – e alla fine c’è la legge che non ammette ignoranza, su questo sono tutti d’accordo. Io l’ho comprato a dicembre perché avevo un’influenza, del raffreddore. L’ho comprato basandomi su un altro spray. Solo che il solito non c’era e mi hanno dato l’altro vendendolo come generico. Io un po’ ingenuamente ho detto di sì, sono andato e l’ho preso. Ingenuamente perché si dice sempre state attenti, state attenti, state attenti».

Con il socio Paolo Denti, Gazzoli ha impiantato un birrificio. Il nome della birra? “La 115″
Con il socio Paolo Denti, Gazzoli ha impiantato un birrificio. Il nome della birra? “La 115″
Hanno punito la leggerezza.

Era un periodo un po’ così anche per me, erano successe cose non proprio belle nella mia vita, quindi avevo la testa tra le nuvole e l’ho preso molto ingenuamente. Cosa è successo? A febbraio avevo il Tour de la Provence e Algarve, due gare attaccate. Di solito mi facevo sempre un beauty con dentro tutto, perché avevo la mentalità da under 23 e mi portavo dietro quello che serviva. Poi nelle prime gare ho visto che c’era sempre il medico, per cui quel beauty non l’ho più portato.

Cosa conteneva?

Dell’aspirina e quello spray, che quasi neanche ricordavo di averlo. Solo che all’Algarve ho preso un po’ di raffreddore, perché ho fatto tre ore di macchina dopo la tappa. Avevo già fatto tre ore di aereo per andare in Portogallo con l’aria condizionata e quando sono arrivato lì avevo un po’ di raffreddore e non riuscivo più a dormire. Era notte, ho visto lo spray, ho preso anche un’aspirina e mi son fatto delle spruzzate. Ho scoperto dopo che quello spray è vietato durante la competizione, ma puoi usarlo fuori gara, solo che sulla scatoletta non c’era scritto niente. Ero andato nella farmacia in cui vado sempre, mi conoscono, sanno che sono un atleta. Io chiedo sempre, ma non c’era l’immagine del doping per cui mi sono fidato.

La sua prima corsa da pro’ è stato il prologo del Tour de la Provence
La sua prima corsa da pro’ è stato il prologo del Tour de la Provence
Hai detto che non c’era lo spray che usavi di solito.

Sono stato anche fregato dal fatto che dopo ogni allenamento al freddo prendo sempre il Fluimucil 600, che praticamente sono delle pastiglie per combattere un po’ il freddo e prevenire qualche malanno. Ho visto la scatola uguale e poi io so che sul prodotto per l’aerosol della stessa marca c’è il simbolo del doping, invece su quello non c’era. E’ stata tutta una fatalità, tutto un unirsi di cose per cui mi sono fidato e l’ho preso. Invece non dovevo fidarmi, è stata un’ingenuità che ho pagato a caro prezzo.

Quando l’hai saputo? 

L’ho saputo il giorno prima della Sanremo, praticamente. Mi sono fatto tutta la primavera e l’estate con questa notizia sul collo. I miei avvocati parlavano con l’UCI, si continuava a tirarla lunga, ma intanto a ogni fine gara io arrivavo e guardavo se c’era qualche mail. Sicuramente non ho mai corso con leggerezza e non ho mai avuto la testa. Non è stato facile e poi sfortuna ha voluto che in quel periodo mi sia preso anche il Covid. Mi sono anche rimesso a posto, però sapevo che prima o poi arrivava.

Volta ao Algarve, la corsa portoghese in cui arriva la positività
Volta ao Algarve, la corsa portoghese in cui arriva la positività
Ti aspettavi una reazione così netta della squadra? 

La squadra lo sapeva, tutti erano al corrente. Il fatto che poi sia scattato il licenziamento rientrava in un accordo, si sapeva ed è giusto che sia stato così.

Quindi adesso tu hai la tua data di scadenza da aspettare?

Il 10 agosto, ma un po’ prima mi guarderò attorno per cercare una squadra. Anche se spero che non ci siano problemi.

Come è stato andare in giro con questa notizia sul collo?

Sono stato molto sorpreso dalla reazione delle altre persone. Pensavo fosse vista come una cosa molto più brutta, invece ho avuto molta vicinanza da tantissimi corridori. Gran parte dei miei colleghi mi hanno scritto e mi sono stati molto vicini. Si è capito che è stata veramente una leggerezza, mentre io ho ammortizzato il colpo in questi 6-7 mesi. 

Il Polonia è stato la sua ultima corsa. Cinque giorni dopo la fine, l’arrivo della mail e la squalifica
Il Polonia è stato la sua ultima corsa. Cinque giorni dopo la fine, l’arrivo della mail e la squalifica
Come sei rimasto quando è arrivata la notizia?

Sapevo in quale giorno sarebbe uscita, il giorno e l’ora. La mia paura era la reazione delle persone, come la prendevano. Invece hanno capito l’ingenuità e forse, tra virgolette, anche l’esagerazione da parte dell’UCI. Perché comunque, come si è visto nel corso degli anni, il massimo che era stato dato per positività del genere erano stati sei mesi e addirittura un under 23 ne aveva presi quattro. Sicuramente un anno è tanto e visti i precedenti mi sarei aspettato un pochino meno, però l’UCI ha deciso così e così sarà.

Come mai hai deciso di aprire un birrificio?

Perché durante il lockdown sono stato insieme a questo mio socio, Paolo Denti, e ci è venuto il pallino della birra. Abbiamo iniziato a produrla un po’ prima del lockdown tra di noi e la davamo di qua e di là. Poi durante il lockdown abbiamo concretizzato questo piccolo sogno, questo progetto e ci siamo detti di continuare a farla.

Subito le cose sul serio?

Abbiamo provato a produrla su grande scala. Da maggio 2021 ci siamo messi sul mercato, abbiamo aperto il nostro birrificio e produciamo la nostra birra, che è nata così.

Michele Gazzoli festeggia per la vittoria del Mondiale di Leuven da parte del compagno Baroncini
Michele Gazzoli festeggia per la vittoria del Mondiale di Leuven da parte del compagno Baroncini
Come si chiama la birra?

Si chiama La 115. E’ il numero civico del posto in cui è nata. Ora però produciamo a Manerbio, mentre il magazzino ce l’abbiamo verso Travagliato, nella zona di casa.

Quanto tempo è passato prima che risalissi in bicicletta?

Alla fine la voglia non mi è mai passata, sono sempre andato con i miei amici. Non che uscissi tutti i giorni in modo assiduo, però comunque l’ho sempre mantenuta. Anzi questo è l’unico periodo che non sono andato, perché la settimana scorsa ho preso la bronchite e sono stato anche a letto. Ma questa volta non ho preso proprio niente, non prendo più medicine. Sparate pure (dice ridendo, ndr), tanto ormai è tutta una battuta… 

Amore finito tra Quintana e Arkea: si apre la pista Astana?

06.10.2022
6 min
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Pur piena di vittorie e piazzamenti di peso, la carriera di Nairo Quintana non è andata come si pensava. L’ultimo episodio, la doppia positività al Tramadol che gli è costata la squalifica dopo il suo ottimo Tour, non ha fatto che appesantirne il finale. Dopo neanche tre mesi di incomprensioni e continui balletti, sebbene proprio durante la Grande Boucle fosse stato annunciato il prolungamento triennale del contratto, il colombiano e la Arkéa-Samsic hanno diviso le loro strade.

Al Tour di quest’anno, Quintana ha centrato il 6° posto, risultato poi cancellato per il tramadol
Al Tour di quest’anno, Quintana ha centrato il 6° posto, risultato poi cancellato per il tramadol

Formidabile a 23 anni

Nairo è un campione, uno di quelli arrivati al successo molto presto (in apertura è ai mondiali di Wollongong, chiusi al 66° posto). Aveva 23 anni quando si affacciò sul palcoscenico del Tour e mise in croce Froome, arrivando secondo. Ne aveva 24 quando vinse il Giro d’Italia. Nel 2016 ha vinto la Vuelta e fino al 2017 non c’è stato un anno in cui non sia salito sul podio di un grande Giro, sommando finora 50 vittorie. Ha ottenuto i risultati migliori con la Movistar e probabilmente avrebbe continuato a farlo se la squadra spagnola fosse stata in grado di gestire la convivenza con Valverde, Landa e Carapaz, perdendoli poi quasi tutti e ritrovandosi con un pugno di mosche.

L’approdo di Quintana alla Arkea-Samsic non è mai parsa la soluzione per lui ideale, anche se i risultati sono venuti e grazie ai suoi piazzamenti e ai punti sommati, la squadra di Emmanuel Hubert dal prossimo anno salirà nel WorldTour.

Un video su Instagram

L’annuncio lo ha dato Nairo in persona venerdì scorso, con un video pubblicato da Tunja sul suo profilo Instagram, che molti di voi avranno visto. Con il consueto sorriso gentile, il colombiano ha annunciato che non avrebbe più indossato i colori della squadra bretone, aggiungendo che avrebbe chiuso in anticipo la stagione per motivi di salute. In realtà, il pretesto è servito per mascherare il divieto di correre fatto scattare dalla squadra, una delle più convinte aderenti a MPCC (il movimento per il ciclismo credibile) per il quale il colombiano aveva dovuto rinunciare alla Vuelta, nonostante non fosse squalificato.

Da questo punto di vista, come si diceva, il matrimonio fra Arkea e Quintana era difettoso sin dall’inizio. Nairo è infatti un soggetto asmatico e nel team di Hubert non ha potuto mai usare prodotti idonei per curarsi. Ecco perché le sue vittorie sono venute nelle giornate di maltempo e la vita si faceva improvvisamente più dura con il caldo e nelle belle giornate.

E’ il 17 agosto, foto ufficiali della Vuelta. Quintana è pronto, ma l’indomani rinuncia. Chaves gli mostra solidarietà
E’ il 17 agosto, foto ufficiali della Vuelta. Quintana è pronto, ma l’indomani rinuncia. Chaves gli mostra solidarietà

Silenzio dalla Francia

«Voglio ringraziare il team Arkéa-Samsic – ha detto – per questi tre anni trascorsi tra alti e bassi, ma a cui ho potuto portare la mia esperienza e punti UCI per consentire loro di accedere al WorldTour il prossimo anno».

Da parte della squadra non sono arrivati commenti, quanto piuttosto un comunicato firmato dal team manager, nel quale si conferma la conclusione del rapporto di lavoro. Peraltro è emerso che il rinnovo triennale del contratto fosse stato annunciato ma non firmato, per cui Quintana lascerà la squadra francese senza nulla da pretendere. Da parte bretone tuttavia, non arrivano altre osservazioni.

Secondo sul Granon alle spalle di Vingegaard: il Tour 2022 di Quintana è stato molto positivo
Secondo sul Granon alle spalle di Vingegaard: il Tour 2022 di Quintana è stato molto positivo

Voci di mercato

Al momento Quintana è in attesa di una decisione del TAS, cui si è appellato contro la squalifica del Tour e di cui ai recenti mondiali ha parlato anche il presidente dell’UCI Lappartient. L’udienza è attesa per il prossimo 12 ottobre, ma anche se il Tribunale arbitrale si pronunciasse in favore dell’UCI, Quintana rimarrebbe spogliato dei piazzamenti del Tour, ma non andrebbe incontro ad altre sanzioni, per cui potrebbe in ogni caso riprendere a correre.

Per questo nei giorni scorsi si sono rincorse prima voci che lo vedrebbero nell’orbita di Ag2R-Citroen oppure dell’Astana. In realtà il team francese si è affrettato a far sapere di non aver avuto alcun contatto con Quintana o il suo agente e di non essere interessato al suo ingaggio, per cui resterebbe aperta la pista della Astana. Anche in questo caso, dopo tre anni in una professional, il trasferimento nel team kazako significherebbe per il colombiano il ritorno in una squadra WorldTour.

Quintana e Lopez sono corregionali, hanno corso entrambi alla Movistar: si ritroveranno in Astana?
Quintana e Lopez sono corregionali, hanno corso entrambi alla Movistar: si ritroveranno in Astana?

La pista Astana

L’Astana non parla, ma basta fare due conti per rendersi conto che ha ancora spazio nella sua rosa per il prossimo anno, mentre con la partenza di Quintana, l’Arkéa-Samsic ha attualmente solo 15 corridori sotto contratto e il risparmio dello stipendio di Quintana permetterà di avere più budget a disposizione.

La squadra kazaka perde Nibali e probabilmente vuole affiancare qualcuno a Lopez per i grandi Giri: l’arrivo di un altro boyacense potrebbe rinforzare il team, a patto che i due colombiani trovino il modo per andare d’accordo.

E così per ora la carriera dello scalatore con la faccia scura come cuoio è al palo, in attesa di una sentenza e di un contratto da firmare. Restano in bacheca le vittorie del Giro e della Vuelta, oltre ai due secondi posti del Tour e le altre nove corse a tappe conquistate. Ma resta soprattutto una vena malinconica per la favola che sempre più si allontana dal lieto fine.