Mentre le ragazze della gara elite erano pronte per partire da Helensburgh, a circa 30 chilometri da Wollongong, il presidente dell’UCI Lappartient ha tenuto la rituale conferenza stampa di ogni mondiale. Avrebbe potuto farlo appena due ore dopo e in sala stampa ci sarebbero stati tutti, ma in questa edizione del mondiale sembra che gli orari siano un problema solo per chi lavora.
Seduto al tavolo dei campioni, Lappartient si è sottoposto a una serie di domande, spesso slegate fra loro, alle quali ha risposto a mano libera, omettendo di soffermarsi su quelle che avrebbero potuto creare imbarazzo. In politica si fa così.
Cosa pensa del ricorso di Quintana contro la squalifica per uso del Tramadol?
Noi rimaniamo convinti della nostra linea, ma è corretto che si sia appellato. Abbiamo trovato il Tramadol in due diverse tappe e dato che il prodotto degrada molto rapidamente, abbiamo pensato che lo abbia usato più volte. Non si prevede una squalifica dell’atleta, almeno per ora. Ma viene tolto dalla classifica della corsa in cui si verifica la positività. Di certo non si tratta di una sostanza che l’organismo produce da solo. Speriamo che il TAS riconosca la nostra posizione.
Oggi si sono svolte due corse in una: quella delle under 23 e quella delle elite. Quando verranno divise?
Mi sembra già una decisione importante aver creato il titolo per le più giovani. L’idea di far disputare una corsa a sé c’è e verrà messa in pratica nel 2025. Prima non è stato possibile. Prima perché non tutte le nazioni hanno ragazze giovani a sufficienza e poi perché non tutte le città, ad esempio Zurigo 2024, sono disponibili a chiudere il centro per una gara di più.
Che cosa le sembra di questo mondiale così lontano dalla culla del ciclismo?
L’Europa è probabilmente il cuore del nostro sport, ma voglio spingere per una visione più internazionale. Per cui andremo in Africa, poi in Canada ed entro il 2030 in Asia. Qui ci stiamo trovando molto bene. L’organizzazione è piccola, ma il mio telefono non squilla tutti i giorni per segnalare dei problemi e questo significa che ognuno sa cosa fare. I negozi e i ristoranti sono tutti griffati con il logo della corsa, gli atleti sono contenti e di riflesso siamo contenti anche noi.
Come si spiega che qui, nella corsa dell’UCI, non ci sono protocolli Covid e si vive a contatto con gli atleti, mentre in Europa ci sono corse che tengono ancora tutto chiuso?
C’è un dibattito in corso fra i nostri medici e quelli delle squadre. Nonostante sia cambiato l’atteggiamento nei confronti del virus, per cui la positività non porta direttamente alla messa fuori corsa, sono loro i primi a volere un certo rigore. Non è un caso che la maggior parte dei corridori mandati a casa di recente sia risultata positiva a controlli interni.
Ieri il Guardian ha scritto un articolo su un giornalista di Cyclingtips – Iain Treloar – cui è stato rifiutato l’accredito per i mondiali. Lui sostiene che sia avvenuto per le sue critiche all’UCI.
Noi non limitiamo la libertà di stampa, qui ogni testata è gradita (Iain Treloar aveva scritto una serie di pezzi sulle presunte influenze di Igor Makarov nelle politiche dell’Uci e sulla vicinanza della stessa al vecchio presidente del Turkmenistan, accusato per violazione dei diritti umani, ndr). Il regolamento UCI per gli accrediti stampa ne prevede 3 per ogni media e Cyclingtips ha avuto 3 accrediti. Non vedo problemi.
Il sistema dei punti non piace, cambierete qualcosa?
Ci sono discussioni. Non so se esista il sistema perfetto, ma cercheremo di trovare un equilibrio migliore. Ha ragione Hinault: «Per fare punti bisogna vincere le corse». Faremo degli aggiustamenti, se necessario, ma non ci saranno stravolgimenti. E comunque saranno variazioni da introdurre entro il prossimo inverno. Poi inizierà un altro triennio e non si possono cambiare le regole durante il gioco.
Sorpreso delle critiche da parte delle squadre?
Sorpreso che si siano accorte di non essere d’accordo soltanto nel terzo dei tre anni, visto che il sistema è in vigore dal 2020. L’obiettivo è che ogni anno ci siano retrocessioni e promozioni. Gli organizzatori volevano che avvenisse tutto automaticamente, i gruppi sportivi no. Ma una cosa la dico: non si retrocede per un anno nero. Per questo si fa la somma dei tre precedenti. E se sei stato ultimo per tre anni, allora forse c’è un problema. Non vogliamo che il ciclismo sia chiuso come la NBA, lo sport vive di vittorie e sconfitte e noi dobbiamo accettarne le regole.
Non sarebbe il caso di considerare che fra 2020 e 2021 il Covid ha condizionato l’attività?
Se prendiamo il numero delle corse, vediamo che se ne è svolto il 90 per cento. Quindi il Covid ha sicuramente dato fastidio, ma non ha falsato la possibilità di fare punti. Se avessimo spostato di un anno l’entrata in vigore della regola, cosa avremmo potuto dire ad esempio alla Alpecin-Deceuninck che in questi anni si è guadagnata il WorldTour? Poteva fare ricorso e avrebbe vinto.
Trova normale che una squadra preferisca mettere tre corridori nei primi 10 piuttosto che provare a vincere?
Ripeto le parole di Hinault, dovrebbero provare a vincere. Non si fanno i punti negli ultimi mesi di tre anni, anche se le distanze sono davvero minime.
Non trova che ci sia squilibrio fra le gare?
Potrebbe sembrare. Ma credo sia giusto che chi non partecipa al Tour de France e vince una corsa di classe 1 abbia un punteggio importante. Perché magari correrà la successiva dopo una settimana, mentre chi è al Tour può fare punti per tre settimane consecutive.
Quando l’addetto stampa Christophe Marchadier ha dichiarato chiuse le domande, Lappartient ha ringraziato, si è alzato e ha risposto alle domande di alcune televisioni, fra cui la RAI con Stefano Rizzato. Poi si è infilato nel sottopasso dello stadio che accoglie il Centro Stampa, tornando alle relazioni e agli incontri di cui è indubbiamente pieno un campionato del mondo.