Bahrain addio, Sanchez si riprende l’Astana

30.12.2022
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In un’intervista rilasciata in Spagna poco dopo il ritiro di Valverde, Luis Leon Sanchez ha raccontato che sua moglie Laura ha fatto per lui una previsione. Dato che è sulla bici da quando aveva cinque anni, il momento del ritiro per lui potrebbe essere davvero pesante. E adesso “Luisle”, il sorriso più buono del gruppo su un fisico ogni anno più scolpito e potente, abbassando lo sguardo ammette che potrebbe essere proprio così. Sono gli ultimi giorni del ritiro di Altea, dopo le Feste si ripartirà dal Tour Down Under.

«Quando ero giovane – dice – non mi aspettavo di arrivare a questa età ed essere ancora professionista. Sai, alla fine mi piacciono troppo questo sport e questa vita, ma devo vedere il mio ruolo e devo pensare alla famiglia. Mia moglie è da sola con tre bambini, per lei non è facile. Tanti mi dicono che quando scenderò dalla bici dovrei fare il direttore sportivo. Ma i direttori sportivi passano molti giorni fuori casa e se io smetterò di correre, sarà per stare più tempo a casa. Non so se cercherò un ruolo come quello…».

San Sebastian 2012, vince Sanchez. I complimenti di Vinokourov, suo compagno nel 2006 e oggi suo datore di lavoro
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Sanchez è passato professionista nel 2004 ed è ancora qui. Vincente, gregario: qualsiasi sia stato il ruolo che gli hanno assegnato, ha saputo interpretarlo senza che qualcuno abbia potuto lagnarsene. Ha lavorato per Valverde, per Nibali e per Aru. Un metro e 86 per 74 chili, ha vinto per due volte la Clasica San Sebastian, 4 tappe al Tour, una Parigi-Nizza e il Tour Down Under. E oggi che è tornato alla Astana Qazaqstan Team dopo il breve passaggio alla Bahrain Victorious, il suo ruolo è quello di dare l’esempio e gli riesce benissimo.

Un anno di contratto e l’opzione per il secondo…

Sono fortunato ad avere l’appoggio della mia famiglia per cui quando sono in ritiro oppure in gara, la tranquillità è sapere che loro stanno bene, che i ragazzi stanno con la loro mamma. E’ la tranquillità che a volte manca al professionista e gli impedisce di fare il suo lavoro al 100 per cento.

Con Valverde (e Fuglsang) sul podio della Valenciana 2018: i due spagnoli sono cresciuti insieme
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Soffri di… longevità come il tuo amico Valverde?

Alejandro è un corridore che ho visto vicino a me per tutta la carriera. Si è fermato a 42 anni, ma lui è un grande campione che ha vinto più o meno tutto. Alla fine la sua vita è stata sempre quella di un atleta, anche quando andava in vacanza e mangiava solo riso e pollo. Io non riuscirei a fare sempre così, se non quando è necessario.

Vuoi dire che si può durare tanto senza essere attenti in modo maniacale?

Non ho detto questo. Mi prendo cura di me 365 giorni all’anno. Non mi rilasso per un mese, non me lo posso permettere. Preferisco andare in bicicletta tutti i giorni che posso, per muovermi. Cammino e gioco a tennis perché il mio corpo non si addormenti e tornare alla routine di allenamento non diventi pesante. Il fatto che gli atleti professionisti durino più a lungo ha a che fare con la loro professionalità. Ora sono di nuovo all’Astana, vedremo cosa potrò fare.

In fuga verso Sierra de la Pandera alla Vuelta 2022: Sanchez con Champoussin e Lutsenko
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Che cos’è per te questa squadra?

Una famiglia, mi trovo troppo bene. E’ facile lavorare con loro. Se c’è qualcun problema, trovo subito la soluzione. Prendo il telefono e chiamo Martinelli, oppure Mazzoleni o Rachel, la dottoressa, o chiunque altro di cui abbia bisogno. Mi sono trovato bene sin dal primo giorno in cui ci sono arrivato, anche con Vinokourov che tanti anni fa è stato mio compagno alla Liberty Seguros. Sono contento di ritrovarlo nella sua squadra.

Infatti quando Vino fu allontanato, tu te ne andasti…

Andai via perché c’era una situazione diversa. Non c’era grande stabilità economica, tanto che partimmo in 15. Non era più la squadra di Vinokourov, ma la dirigeva una donna che si chiama Yana Seel. Era una situazione troppo diversa e alla fine, quando è finito quell’anno e Vinokourov è tornato, ha parlato anche con me. Ha detto che non era possibile rompere l’accordo con la Bahrain, per cui sono rimasto per un anno di là e ora sono di nuovo qui. Contento di esserci.

Con Landa alla Vuelta in maglia Bahrain: i due avevano già corso insieme all’Astana
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I corridori più giovani ti vedono come un punto di riferimento.

Sono contento. Lo so che non sono giovane, ormai sono quasi il più vecchio del gruppo. Per cui sono contento di essere un uomo di riferimento per loro e di poter fare qualcosa per aiutarli. Sono qua anche per questo, per riportare positività e far crescere la squadra.

TI guardi intorno e cosa vedi?

Un ciclismo diverso, come il resto del mondo. Le velocità sono più alte, sono cambiati i rapporti e anche le ruote sono più veloci. Sono dovuto cambiare anche io. Una volta i massaggiatori preparavano il riso o i cereali per dopo la gara. Ora è tutto molto diverso, anche la pasta viene pesata, i carboidrati vengono dosati e si fa tutto perché il corpo possa dare di più. Per questo i corridori giovani hanno numeri incredibili, delle velocità molto alte. Io ricordo di quando sono passato professionista e i primi due mesi andavamo in gara per prendere un po’ di ritmo. Invece adesso arriviamo al Down Under o a Mallorca o in Argentina e si va subito tutti a tutta dal primo giorno.

Al Beghelli del 2017 vince e dedica la vittoria a Scarponi, scomparso pochi mesi prima
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Non avere un grande capitano cambia qualcosa?

La squadra è diversa. In passato il nostro obiettivo è sempre stato vincere un grande Giro con Nibali, con Fabio. Ci siamo arrivati vicino con Landa, con Miguel Angel Lopez. Ora non abbiamo grandi campioni da difendere, vediamo dove arrivano Lutsenko e qualche giovane. Ma il nostro ruolo deve cambiare e un po’ anche la mentalità.

Hai parlato di Nibali e di Aru che ti ricordi di loro?

Sono stati due corridori diversi. Nibali dava la tranquillità di un uomo che ha vinto tutto. E tu accanto stavi tranquillo perché sapevi che quando lui si metteva una gara in testa, si vinceva o si andava vicini a vincerla. Fabio invece era impulsivo, un corridore con cui non era facile stare calmi. Quando ha vinto la Vuelta si è tranquillizzato un po’, ma per il resto erano due mondi completamente diversi.

Ti aspettavi che Fabio smettesse così presto?

No e neanche saprei dare una spiegazione. Alla fine è stata una decisione sua e della sua famiglia, sua e di sua moglie. Ha deciso e ne sarà felice. Io non so se ci riuscirei, ma è la mia mentalità. Io continuo perché ho voglia di farlo, mentre lui ha deciso fermarsi. E’ vero però, come dicevo, che quando smetterò probabilmente non farò il direttore sportivo per stare a casa con la mia famiglia.

Da dove cominci?

Cominciamo in Australia, mi piace cominciare presto. Vivo vicino a Murcia e sono fortunato che il tempo è buono, non piove troppo. Così riesco ad allenarmi bene per cominciare forte l’anno. E se comincio forte, magari non mi peserà essere il nonno del gruppo.