Tosello e le differenze con le bici del 2014 per le pietre

29.06.2022
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In questi giorni abbiamo parlato spesso della quinta tappa del Tour de France, quella del pavè. L’abbiamo ricordata, l’abbiamo analizzata da un punto di vista tattico, adesso buttiamo un occhio sul punto di vista tecnico. E lo facciamo con Gabriele Tosello, storico meccanico dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram – Getty, ndr).

“Toso” c’era  anche nel 2014 e quell’anno aveva preparato la bici di Nibali. E se lo Squalo volò sulle pietre, una fetta di quel “successo” fu anche la sua.

Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014
Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014

Da Specialized a Wilier

«La differenza più grande fra quelle bici e quelle attuali è la bici stessa – commenta Tosello – almeno nel nostro caso noi usammo un telaio specifico. All’epoca avevamo Specialized e la casa americana aveva un modello chiamato proprio Roubaix. Si trattava di un telaio “più morbido”, merito principalmente degli elastomeri su forcella e carro posteriore.

«Era una bici davvero adatta a quel percorso, molto confortevole. Mentre le ruote erano le stesse che utilizzavamo nelle altre tappe».

«Adesso le cose si sono invertite. Usiamo il telaio che utilizziamo normalmente, ma con altre ruote.

«Nonostante su carta sia un po’ più rigida, la maggior parte dei ragazzi pedalerà sulla Wilier Filante (gli altri sulla Wilier 0 Srl). Abbiamo fatto dei test nel periodo delle classiche del Nord e ci siamo accorti che questa bici dava dei leggeri vantaggi in termini di comfort e quindi di guida. Test che fece, tra gli altri, anche Moscon».

Ruote importantissime

Tosello ha parlato di un’inversione di tendenza: stessa bici ma ruote diverse. Alla base di questa soluzione ci sono più motivazioni. Telai con strutture diverse nel layout costruttivo, presenza dei freni a disco e di conseguenza anche di ruote con ben altre tecnologie rispetto al 2014.

«Adesso le ruote sono un po’ più larghe – riprende Tosello – e soprattutto si possono avere con la tecnologia tubeless. Credo che sei dei nostri otto ragazzi al Tour useranno i tubeless. Gli uomini di classifica e quelli che puntano alla tappa di sicuro, mi riferisco a Moscon e Lutsenko».

«Corima per l’occasione ci ha fornito una ruota specifica, una ruota intermedia direi. Di solito noi utilizziamo i profili da 32 o 47 millimetri, la ruota che monteremo in questa tappa stile Roubaix sarà da 40 millimetri. Si tratta di una tubeless modificata.

«Queste Corima hanno raggi piatti in acciaio ma con niplles esterne al cerchio e non all’interno. I motivi di questa soluzione sono due. Quello principale è che trattandosi di un cerchio tubeless, fare troppi fori sul cerchio appunto rischia di indebolire la sua struttura e di favorire anche delle impercettibili perdite di aria. E la seconda motivazione riguarda il fatto che in questo modo la ruota è leggermente più flessibile. 

«Volendo, c’è anche una terza motivazione. Con le niplles esterne possiamo intervenire meglio sulla tensionatura e la centratura».

Con “Toso” si passa poi ad analizzare le coperture. Nel 2014 sostanzialmente cambiava solo la misura del tubolare.

«Noi usammo – riprende Toso – un tubolare di un marchio francese da 28 millimetri. Ricordo che li gonfiammo intorno ai 5 bar, quelli di Nibali appena meno: sui 4,8. Stavolta le gomme, saranno tubeless, ma sempre da 28 millimetri. Abbiamo l’opzione da 30 millimetri pronta in caso di maltempo. Ma deve essere davvero brutto, brutto!

«Per quanto riguarda le pressioni scenderemo al di sotto dei 5 bar, credo 4,5: con i tubeless si può fare, liquido e mousse te lo consentono. Con le mousse anche se fori, il cerchio non va a terra e quantomeno esci dal settore in pavè. Puoi andare avanti mentre aspetti l’ammiraglia».

Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix
Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix

Zero compromessi

Alla fine le bici attuali con queste ruote (cerchio e gomma) sono performanti sul pavé, ma rispetto al 2014 sono molto più performanti sui tratti in asfalto.

«Esatto – dice Tosello – restano comunque bici veloci. Dobbiamo considerare che sono strutture completamente diverse. C’è stata un’evoluzione continua e… poveri noi meccanici! Ormai siamo più ingegneri che meccanici!

«Pensiamo al carbonio: altri intrecci, altre fasciature e anche un altro peso. Una volta si tendeva ad irrigidire laddove si pensava che ci fossero più tensioni. Quindi si metteva più materiale nella zona della scatola del movimento centrale. Adesso si è visto che non è così. Lì si “è tolto” del materiale e lo si è tolto anche dalla zona del reggisella ed è stato inserito nel carro per esempio. Tanto ha inciso la disposizione delle fibre.

«In teoria i telai pesano meno, ma con il disco alla fine la bici pesa uguale, se non qualcosa in più rispetto al 2014. Quella Specialized Roubaix pesava 7 chili, la Wilier Filante in versione pavé ne pesa 7,2, ma è più performante: è molto più scorrevole e quel piccolo peso in più è abbondantemente recuperato così».

L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)
L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)

Comfort più importante

Essendo una tappa in pavè e non una corsa “secca” come la Roubaix, diventa fondamentale uscirne indenni.

«E’ importantissimo non avere piaghe o dolori in vista del giorno dopo – conclude Tosello – A tal proposito non cambiamo le selle, ma semmai i corridori possono scegliere pantaloncini un po’ più imbottiti.

«Prologo inoltre ci ha preparato un “nastro” speciale. Un inserto con la loro tecnologia (e materiale, ndr) CPC, che si può mettere sopra o sotto il nastro e ammorbidisce molto. Ed è anche antiscivolo».

Le tecnologie in generale sono cambiate tantissimo. Le bici sono più comode e più veloci. E il perno passante ha inciso molto.

«Rispetto al bloccaggio classico i ragazzi dicono di avere tutt’altre sensazioni di guida. Ruote e telaio sono un “tutt’uno”, un feeling di guida diretto. Mentre con il bloccaggio c’erano le ruote e c’era il telaio. La sensazione era di avere due pezzi distinti».