Non solo Vincenzo Nibali, l’Astana Qazaqstan quest’anno ha visto un altro grande ritorno, quello di Miguel Angel Lopez. E il colombiano, per tutti Superman, è un corridore mica da poco. Adesso è uno degli scalatori più forti in gruppo, in grado di sfiorare il podio al Tour e di salire su quello del Giro e della Vuelta.
Di questo ritorno avvenuto, forse un po’ in sordina, parliamo con Giuseppe Martinelli, il “diesse dei diesse” in casa Astana.
“Martino”, il figliol prodigo è tornato a casa…
La verità è che Miguel non sarebbe voluto andare via. Fu una scelta economica, perché noi per il 2021 avevamo un budget ridotto e togliendo lui ci siamo “aiutati”. Ma, ripeto, non c’era l’intenzione di mandarlo via. Non a caso Miguel all’inizio aveva firmato un contratto di un solo anno con la Movistar, poi durante il Tour de France lo estese ulteriormente di una stagione.
Fino a quella scenata della Vuelta, con la telefonata a bordo strada ripresa dalla tv…
Quello fu un caso loro in Movistar, ma quando Vinokourov ha capito che c’era la possibilità di riprenderlo è partito subito visto che lì gli equilibri si erano rotti. Non so se si sarebbe potuto rimediare, ma Vino ha preso la palla al balzo: una telefonata con Giovanni Lombardi (il procuratore di Lopez, ndr) e in quattro e quattr’otto è stata cosa fatta.
Dopo questo lasso di tempo lontano da voi, è cambiato?
Devo dire di sì. L’ho visto molto motivato. Prima che lasciasse l’Astana, da noi era un po’ cullato. Era arrivato nel nostro gruppo da piccolo colombiano, uno dei tanti scoperti quasi per caso. Lo andammo a vedere Vinokourov ed io al Tour dell’Avenir, che poi vinse. Io dissi a Vinokourov di “parcheggiarlo” in qualche continental, ma lui, per fortuna, lo volle subito coi professionisti. Essendo molto giovane, è stato coccolato, riverito… Quando voleva andare a casa in Colombia gli dicevamo: vai. Invece cambiando ambiente è cresciuto. Se sia stato bravo lui o la squadra questo non lo so, ma di certo è più grande di quando è andato via.
Insomma questa esperienza alla Movistar gli ha fatto bene…
Io lo dico sempre ai miei corridori: passare tanti anni in una squadra è bello, significa che stai bene, ma serve anche fare esperienze al di fuori del proprio orticello.
E fisicamente è migliorato ancora?
I numeri Miguel ce li ha sempre avuti. La sua è stata un’escalation nella quale è andato sempre a migliorare, poi ad un certo punto si è stabilizzato. Quest’anno mi aspetto il massimo da lui. A dicembre, quando gli ho dato i suoi programmi, gli ho detto subito che sarebbe stato il capitano al Giro d’Italia. Ma gli ho detto anche che vogliamo che vinca qualcosa prima. Che non pensasse solo al Giro. Deve arrivare alla corsa rosa con qualcosa in tasca. E devo dire che è partito bene. A Murcia ha attaccato, e in questi giorni alla Ruta del Sol sta facendo bene (ha concluso terzo nella generale, ndr). Ha finito delle tappe con i crampi, questo significa che ha spinto, che ha dato tutto.
Ha capito il messaggio…
Ha capito che vogliamo il risultato “senza se e senza ma”. Al Giro avrà una squadra a disposizione. Deve arrivare alle gare con la condizione giusta per lottare, per vincere. Non è più il tempo di crescere, di stare tranquillo, di andare al Giro per vincere una tappa. No, ha 28 anni ed è arrivato il momento per lui di dimostrare se è carne o pesce.
E secondo te Lopez come l’ha presa? Come ha reagito di fronte a questa responsabilità?
Per me ha reagito bene. Come ho detto prima, mi sembra più responsabile. Nel team abbiamo gente come Nibali, Moscon, De La Cruz, ma tocca anche a lui tirare fuori le castagne dal fuoco. A volte saranno “cavoli” suoi tirarsi fuori dai momenti difficili. Credo lo abbia capito… Sa che non ci accontentiamo, sa che deve vincere.
Dici questo perché lo hai visto da come si è comportato in ritiro?
Dico questo perché adesso ha l’età giusta e tutte le potenzialità per fare il massimo. Prima c’era sempre qualcosa che lo limitava. Lui i numeri li ha davvero.
Quando dici “qualcosa che lo limitava” intendi qualche caduta di troppo, un buco preso in gruppo, qualche distrazione?
Esatto, gli errori che non fa chi vince oggi. Le corse non si vincono a caso e nulla è lasciato al caso. Se andiamo a vedere, negli ultimi tre anni chiunque abbia messo il sedere sulla sella in gara lo ha fatto per competere, non più per prepararsi come si faceva una volta.
Martino, andrete a vedere qualche tappa del Giro. Magari gli hai raccontato di qualche aneddoto col Panta sul Fedaia?
E’ sempre più difficile fare delle ricognizioni, siamo sempre in giro, tra alture, ritiri, corse. Non c’è tempo. Del Fedaia non gli ho detto nulla, per ora abbiamo degli obiettivi e al Giro ci penseremo al momento giusto.
Che programma farà Lopez?
La sua prima parte di stagione arriva fino alla Tirreno-Adriatico. Poi andrà a casa in Colombia e tornerà per il Tour of the Alps.
Ma in generale senza tanta crono ti sembra un Giro adatto a lui?
Bisogna stare attenti, altroché. Già in Ungheria ci sono tappe che sulla carta sono facili ma, come sapete bene, l’insidia è sempre dietro l’angolo. C’è chi vuole attaccare, tutti sono freschi… Sono tanti anni che sono nel ciclismo e al di là della tecnologia, lo vedo da me che tutti vanno forte. Oggi un corridore che si stacca è perché ha finito di fare il suo lavoro, perché nei giorni successivi deve svolgere altri compiti e si risparmia. Non si stacca perché non ce la fa. Se tutti andassero al 100% si andrebbe ancora più forte.
C’è un uomo di riferimento che affiancherà Lopez?
Harold Tejada. Lui è un po’ un incompiuto, ma ha i numeri per essere forte in salita. Quest’anno è importante anche per lui per capire davvero chi è. Per ora mi sembra stia andando meglio. E’ colombiano come Lopez, stargli vicino magari sarà uno stimolo anche per lui.
E invece con Nibali e con gli altri big, come si troverà Lopez?
No, no… Vanno d’accordo. Non dimentichiamo che con Vincenzo si conoscevano già. Erano entrambi in Astana. Lopez è un bravissimo ragazzo. Magari da fuori può sembrare “spigoloso”, ma in realtà è molto tranquillo.