Microfono a Tadej. «Ho una squadra forte, non solo in salita»

01.07.2022
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La conferenza stampa indetta della UAE Emirates è affollata anche via internet. Sono tantissimi i giornalisti di tutto il mondo venuti ad ascoltare Tadej Pogacar a poche ore dall’inizio del Tour de France.

Un debutto quello della Grande Boucle che, seppur privo di salite, ha caratterizzato gran parte delle domande. Come la metteranno con vento e pavé i ragazzi di Mauro Gianetti (il team manager) contro squadre che sembrano più attrezzate? Quasi ci si dimentica del resto.

Tour 2020. Verso Lavaur, ventagli e qualche caduta. Il gruppo esplode. Vince Van Aert, Pogacar incassa 1’21”
Tour 2020. Verso Lavaur, ventagli e qualche caduta. Il gruppo esplode. Vince Van Aert, Pogacar incassa 1’21”

Insidie ed entusiasmo

E proprio da qui si parte. Tutto sommato il rischio più grosso nel 2020, Pogacar lo corse proprio nei ventagli. Fu l’unico momento di difficoltà. Verso Lavaur perse 1’21”. Magari gli è rimasto un brutto ricordo, qualcosa da “vivere con tensione”.

Di contro, dalla sua c’è che ha maturato esperienze preziose proprio nelle classiche del Nord. Ma nel 2020 erano un altro Tadej e un’altra UAE Emirates.

«Come faremo?», si chiede Pogacar. «Sappiamo che è difficile, che basta un giorno storto e tutto può svanire, ma noi cercheremo di stare attenti, di correre davanti e di dare il massimo. Credo che abbiamo una squadra molto forte anche per queste tappe iniziali, tra vento, pietre, ponti sul mare…».

In molti già prima del via hanno puntato il dito sulla forza della UAE Emirates nelle prime tappe. Che poi il supporto della squadra a Pogacar è una sorta di ritornello degli anni scorsi.

E l’assenza di Trentin (positivo al covid, ndr) non fa altro che aumentare questi dubbi. Ma in squadra ci hanno lavorato e certamente su carta in salita sono più forti.

Lo sloveno, parla con tranquillità. Come sempre, sembra che tutto gli scivoli addosso. Sembra che due Tour non li abbia vinti lui.

«Non vedo l’ora di iniziare a correre. L’accoglienza di Copenhagen ieri alla presentazione delle squadre è stata unica.

«Mi sono preparato bene. Il Tour è la gara più importante dell’anno ed io sono felice di essere al via a lottare per la vittoria. Ci aspetta una bella sfida. Qualche volta sarà divertente, altre brutale. Ma noi siamo pronti e – ripete – la squadra è forte».

Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin, mentre il suo sostituto Hirschi era in viaggio
Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin. Il suo sostituto Hirschi era in viaggio

Tadej l’esperto

La cosa che colpisce è come sempre la naturalezza di questo ragazzo. Non tanto ciò che dice, semmai come… lo dice.

«Credo – riprende Tadej – di essere in una forma simile rispetto allo scorso anno, almeno i dati dicono questo. E credo che sia per questo motivo che mi sento in fiducia. La preparazione è stata buona, sono stato in quota, poi al Giro di Slovenia, poi di nuovo in quota. Presto scoprirò se questo lavoro darà i suoi frutti».

«Mi sento più sicuro perché di anno in anno acquisisco esperienza. Poi una giornata no ci può stare. Io spero di non averla mai, ma con la consapevolezza di aver svolto una buona preparazione e sapendo di avere una squadra forte attorno (concetto ribadito ancora una volta, ndr), la fiducia aumenta da sola».

La squadra fa blocco attorno al suo leader giustamente. Tuttavia il fatto che non si parli di salite, di tappe come Alpe d’Huez o Hautacam rivela che anche nel clan UAE un po’ di tensione per queste prime frazioni c’è eccome.

Giro di Slovenia dominato da Pogacar e Majka. Qui la 4ª tappa che i due si sono giocati a “cartasassoforbice”
Giro di Slovenia dominato da Pogacar e Majka. Qui la 4ª tappa che i due si sono giocati a “cartasassoforbice”

E Majka?

La UAE Emirates in conferenza stampa ha portato anche Rafal Majka. Il polacco è reduce dalla doppia, anzi, “tripla” vittoria al Giro di Slovenia, guarda caso vinto dal suo capitano. Bisogna considerare anche quella a “morra”!

«Lavoro vicino a Tadej ogni giorno – ha detto Majka – sono qui per aiutarlo soprattutto nelle tappe in salita, ma questo non significa che non lotterò al suo fianco anche in altre frazioni. Sappiamo fare un certo di lavoro anche in pianura».

Allo Slovenia Majka è stato molto vicino a Pogacar anche in salita, dimostrando una gran condizione. E quando glielo fanno notare l’esperto polacco mette le mani avanti.

«Sì, allo Slovenia sono andato forte, ma il Tour è un’altra cosa. E noi siamo tutti qui per Tadej».

Insomma, Rafal non ci pensa proprio ai suoi spazi e a fare lo sgambetto al leader sloveno, per le ambizioni personali». 

Troia, unico gregario UAE ai tricolori. E su Molano squalificato…

17.06.2022
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Dopo il Delfinato, chiuso anzitempo durante l’ottava tappa (in apertura si scalda al via di una delle tante frazioni di montagna), e prima dei campionati italiani, Oliviero Troia è a casa per recuperare le forze. Sullo sfondo si riconosce la voce del figlio Giulio, che ha compiuto un anno a marzo. In Puglia, “Olly” avrà il suo bel da fare, dovendo lavorare per Covi e Formolo. Il giorno sarà caldo e di gregari italiani in squadra non ce ne sono altri.

Quello in corso è il sesto anno al UAE Team Emirates, una squadra che dal suo arrivo ha cambiato decisamente direzione e pelle. Al punto che per un granatiere come lui non c’è stato ancora posto fra Giro e Tour, per i quali s’è scelta da un pezzo la linea degli scalatori.

«Il mio periodo – dice – sarebbero state le classiche del Belgio. Anche questa è stata una stagione particolare fra Covid e cadute. In Belgio ho sempre lavorato per Trentin, dal Fiandre alla Roubaix, facendo anche il lavoro in partenza. E nei momenti giusti ci si è messa la sfortuna. Alla Roubaix ero davanti con Matteo nella Foresta di Arenberg, ma ho bucato e ho dovuto farla tutta con la ruota a terra. E quando ho cambiato la ruota, la corsa era già lontana».

Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…
Alla Roubaix era in testa con Trentin nell’Arenberg, poi ha bucato e addio sogni…

Molano provocato

Dopo le classiche, lo hanno assegnato al treno di Molano, che però al Delfinato si è fatto squalificare per aver dato una manata a Hugo Page nella sesta tappa.

«Sinceramente – ammette – non ho assistito alla scena. Quel giorno ho tirato per lo sprint e poi mi sono rialzato. Posso però dire che già due giorni prima, Page fece un’entrata su Molano facendolo quasi cadere e lui gli disse di stare attento. In televisione la provocazione non si vede, perché le immagini iniziano dal momento in cui è il nostro a reagire. Ma quel giorno sicuramente si è spaventato e il suo gesto in corsa è stato per difesa. Sono cose che non si fanno, ma anche l’altro non si è comportato da santarellino. Rischiare di cadere a 75 all’ora può rendere nervosi...».

Obiettivo contratto

Quel che manca al momento sono fortuna e fiducia, che camminano spesso a braccetto quando sai di dover rinnovare il contratto e non riesci a fare quel che vorresti.

«Il fatto di non andare al Tour – dice – poteva essere prevedibile, perché Pogacar ha bisogno di scalatori e in squadra c’è la rincorsa per partecipare. Chi va in Francia lo sa da tempo, in modo da poter impostare la preparazione. Mi è dispiaciuto non fare il Giro, questo devo ammetterlo, e spero a questo punto di poter andare alla Vuelta. Il discorso del contratto? Spero di rimanere e di poterlo rinnovare».

Nella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoria
Nella tappa di Laval alla Boucle de la Mayenne, Molano abbraccia Troia dopo la vittoria

Basta sfortuna

Per questo sarà importante dare una bella sterzata al resto della stagione. Dopo i campionati italiani, il ligure andrà perciò in altura e da lì inizierà a ragionare sul calendario, che lo vedrà in primis impegnato al Giro di Vallonia di fine luglio.

«Bisogna che gli astri si allineino nel modo giusto – dice – perché la condizione ce l’ho. Al Tro Bro Leon ero davanti, ma ho avuto problemi alla bici ai meno 20 e non sono riuscito a rientrare. Ora mi hanno affiancato a Molano e la cosa potrebbe funzionare. Perciò adesso sarà importante fare un bel lavoro agli italiani e poi avere un bel programma per la seconda metà. So quello che posso dare, mi piace quando ho il mio spazio. Serve solo che le cose girino nel verso giusto».

Francia nel mirino. Matxin svela i piani della UAE Emirates

14.06.2022
5 min
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Tra Giro d’Italia e Tour de France. Un periodo sempre particolare per i corridori e anche per i team. Con Joxean Fernandez, al secolo Matxin, andiamo a vedere cosa succede in casa UAE Emirates. La società asiatica infatti al Delfinato, senza il suo leader Tadej Pogacar è quella che si è vista meno, tra gli squadroni.

Come è stato il loro dopo Giro? Come stanno approcciando il Tour? Sono i campioni uscenti e non possono passare di certo in secondo piano.

Matxin con Almeida dopo la tappa dell’Aprica. Due sere dopo il portoghese inizierà a stare male e lascerà il Giro
Matxin con Almeida dopo la tappa dell’Aprica. Due sere dopo il portoghese inizierà a stare male e lascerà il Giro
Matxin, partiamo dal post Giro. Qualcuno ipotizzava che non avendo finito la corsa rosa, Joao sarebbe andato al Tour. E così?

Assolutamente no. Nessuno di quelli del Giro, almeno inizialmente, è stato previsto per il Tour. E vogliamo mantenere questo planning annuale. Ad inizio stagione facciamo un programma personalizzato (calendario e di conseguenza la preparazione) con i singoli ragazzi. Li ascoltiamo, sentiamo cosa gli piacerebbe fare e insieme alle esigenze della squadra tiriamo giù un programma e cerchiamo di mantenere la parola data.

Così ognuno sa cosa deve fare e farsi trovare pronto…

Esatto. Ma la realtà è che con il covid alcune cose possono variare, ma quello è un altro conto. Può succedere che un ragazzo non sia in condizione, ma di base si rispetta il programma. Così da lavorare più serenamente e con le idee chiare.

Tornando a Joao Almeida: come sta?

Piò o meno si è ripreso. Ci ha messo un po’ per negativizzarsi. Ha iniziato a pedalare, ma prima ha dovuto superare il nostro protocollo che è abbastanza stringente. Sapete con tutti i problemi di cuore che ci sono stati. Sarebbe dovuto rientrare al Giro di Svizzera, ma non è il caso di fargli fare subito sforzi del genere. Per il resto non mi preoccupo di quello che dice la gente. Nel suo programma c’erano il Giro e la Vuelta. Se poi chiaramente si fosse fermato dopo tre tappe allora qualcosa poteva cambiare. E poi non è da noi far fermare un corridore per portarlo ad un altra corsa. E’ successo, ma per ben altri motivi.

A chi ti riferisci?

A Gaviria al Romandia. Lo abbiamo fermato prima delle due tappe finali, due tapponi di montagna, per portarlo al Gp Francoforte che invece è per velocisti. Ma prima ne avevamo parlato con l’organizzatore, in segno di rispetto.

Anche Hirschi è tornato a dare grandi segnali. Sarà al Tour o meglio avere più “gregari puri” per Pogacar?
Anche Hirschi è tornato a dare grandi segnali. Sarà al Tour o meglio avere più “gregari puri” per Pogacar?
E veniamo a Pogacar: come sta Tadej?

Bene. Sta seguendo il suo percorso di avvicinamento al Tour in modo corretto. Abbiamo stretto un accordo con Livigno per i suoi ritiri in altura. Ed è tutto come previsto dal suo coach, Inigo San Millan. Correrà al Giro di Slovenia (dal 15 al 19 giugno, ndr).

Ha cambiato qualcosina nei suoi lavori, magari più qualità o al contrario più resistenza?

Più che altro posso dire che sta testando la nuova Colnago da crono. Ci sta uscendo molto. E poi sta curando le cose di cui ha più bisogno, quelle nelle quali sentiva di essere più carente. La nostra idea comunque è di lasciarlo in quota il più possibile, in modo tale che questa altura se la ritrova nella seconda e nella terza settimana del Tour, quando serve davvero. In tal senso fare lo Slovenia è perfetto.

La squadra per il Tour l’avete fatta?

Per il 95% anche 97% direi… è stata fatta. Tra Delfinato e Svizzera la sveleremo, aspettiamo che tutti svolgano il loro programma, come detto all’inizio. Idem le riserve.

Anche loro si allenano come se dovessero andare in Francia?

Sì, anche loro saranno pronti. Però i nomi non posso dirli. Spetta alla squadra e poi vorremmo fare un bel lancio social. Poi è chiaro che ci sono ragazzi imprescindibili come Majka e Soler, così come McNulty più o meno… Già vi ho detto molto!

Pogacar (a destra) in allenamento sulle strade di Livigno con i suoi compagni Majka e Laengen (foto Instagram)
Pogacar (a destra) in allenamento sulle strade di Livigno con i suoi compagni Majka e Laengen (foto Instagram)
Certo, Matxin, che il Richeze visto al Giro sarebbe una manna nelle tappe di pianura e del pavé di inizio Tour?

E’ stata una scelta mia: al Tour non portiamo velocisti. Non c’è Max, ma abbiamo tanti altri corridori in UAE che possono fare bene sul pavé e col vento. Penso a Trentin, a Laengen.

Si è ritirato per febbre, ma visto come stava andando al Delfinato, Ayuso al Tour sarebbe stata una bella suggestione…

No – risponde secco Matxin – per nulla! Juan ha 19 anni. E lo dico io che credo in lui da quando era un allievo di primo anno. Il mio è un no, senza ombra di dubbio. Penso alla sua carriera. Juan ha davanti a sé 15 anni e se vuol crescere e avere una carriera a lungo termine, non solo quella in relazione al contratto con la UAE, deve fare le cose con calma e sbagliare poco. Sin qui la corsa più lunga che ha fatto è stato il Giro U23 lo scorso anno. E poi non porterei mai un campione, sentite: ho detto campione, per farlo fermare al secondo giorno di riposo. E lo stesso vale per la Vuelta. Discorso diverso per il velocista.

Sei stato molto chiaro!

Guardate, portare il giovane ad un grande Giro e poi farlo fermare l’ho fatto una sola volta con Felline (il riferimento è alla Footon-Servetto del 2010, ndr). Ma all’epoca eravamo una squadra molto piccola, avevamo poche chance e neanche un programma di gare definito.

Un Covi enorme si prende il Fedaia e salva la UAE

28.05.2022
6 min
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«Forse è davvero il Karma – dice Covi sorridendo – nel 2019 quassù ebbi una bella delusione. Stavo lottando per il podio al Giro d’Italia U23 e non essendo uno scalatore, sarebbe stato un bel risultato. Invece dovetti arrendermi ai colombiani che quel giorno si presero tutto (Einer Rubio vinse la tappa, Mauricio Ardila il Giro, ndr). Oggi ancora qui sul Passo Fedaia ho provato la più grande gioia sportiva da quando corro».

Gran mal di gambe

Questo è un giorno che Alessandro non dimenticherà tanto facilmente. Nella tappa in cui Jai Hindley ha buttato giù Carapaz dalla testa della corsa, il piemontese (nato a Borgomanero, anche se vive a Taino, in provincia di Varese) del UAE Team Emirates è partito in fuga al terzo chilometro del Pordoi e ha realizzato un’impresa che in certi momenti è parsa disperata.

Lo ha fatto con la sfrontatezza che lo ha sempre accompagnato e negli ultimi mesi si sta trasformando in grande concretezza. Non ha perso una pedalata. A volte ha fatto fatica a trovare il rapporto e ce ne spiegherà il motivo. Ma soprattutto è riuscito a gestire la fatica e il mal di gambe senza dare troppo peso al ritorno di Novak, che per qualche chilometro è parso sul punto di riprenderlo.

Ai meno 3 dall’arrivo, il mal di gambe ha fatto temere a Covi che arrivassero i crampi
Ai meno 3 dall’arrivo, il mal di gambe ha fatto temere a Covi che arrivassero i crampi

«Era fondamentale essere in fuga – racconta – e già stamattina avevo pensato che se fossi riuscito a prenderla, non avrei potuto aspettare l’ultima salita. Era importante scollinare per primo dal Pordoi, fosse stato anche con 10 secondi. Poi mi sarei buttato in discesa e sarei arrivato ai piedi del Fedaia con un po’ di vantaggio. Mi sarebbe bastato un minuto, ci sono arrivato con 2’30” e un gran mal di gambe».

Sul limite dei crampi

Il Fedaia picchia sodo. Il giorno è fresco, la gente è assiepata e arroccata su un’allegria da Giro d’Italia che sa di ritorno alla normalità. Grigliata e birre, tante bici. Il popolo del ciclismo è una tribù variopinta e fantastica.

Covi ha fatto la discesa dipingendo curve con tratti d’autore. Ha mangiato. Ha mandato giù borracce. Ma quando la pendenza ha iniziato a incattivirsi, il vantaggio ha iniziato a scendere e da dietro è partito Novak come una contraddizione. Se hai Landa che lotta per la generale, perché non lo aspetti come ha fatto Kamna per Hindley?

Il gruppo giù dal Pordoi, tirato blandamente dal Team Bahrain: come hanno corso?
Il gruppo giù dal Pordoi, tirato blandamente dal Team Bahrain: come hanno corso?

«Come l’ho gestita mentalmente? Pensavo solo al mal di gambe – dice Covi – e a dare quel che mi rimaneva e che potevo fino alla riga. Ero sul limite dei crampi. Quelli erano l’unica cosa che non doveva venire. Per questo cercavo di cambiare il rapporto per tenere il ritmo e anche se sembravo andare a vuoto, credo di essere riuscito a tenere un bel ritmo. Se fosse arrivato Novak, avrei preso fiato e l’avrei battuto allo sprint. Oggi volevo vincere».

Almeno 10 Giri davanti

E così vendetta è fatta. Avevamo parlato con Covi, Formolo e Ulissi per sapere come avrebbero reagito all’uscita di scena di Almeida, fermato dal Covid. Avevano promesso che sarebbero andati in fuga e oggi nell’azione che ha deciso la tappa c’era anche il Formolo sornione, che finché ha avuto forza, gli ha guardato le spalle.

«L’uscita di scena di Almeida – ripete – è stato un colpo durissimo. Spesso guardiamo solo alla corsa, ma il rapporto fra compagni si costruisce prima e la corsa è la parte minore. Con Almeida ho fatto un training camp in cui progettavamo di vincere il Giro oppure andare sul podio. Nei giorni in cui c’è stato, ognuno di noi ha lavorato per lui in base alle sue caratteristiche. Io non avrei mai potuto scortarlo in salita, ma lui ogni sera ci ringraziava. Quando è andato via gli ho detto: “Siamo giovani, abbiamo davanti almeno altri 10 Giri d’Italia. Ti tocca ancora tanta fatica!”. Il ciclismo sta cambiando pelle. Sono stato contento di vedere Hindley in maglia rosa, perché è un bravo ragazzo e in gruppo si comporta sempre bene».

Cappellino e ciuffo, Alessandro Covi ha portato allegria sul Giro
Cappellino e ciuffo, Alessandro Covi ha portato allegria sul Giro

Sfrontato come Pierino

Il sorriso ce l’ha stampato sul volto e col ciuffo che fuoriesce dal cappellino, ha l’espressione di un Pierino al settimo cielo, che oggi ha centrato il sogno di sempre.

Sulla salita che rese grande Pantani consegnandolo alla storia del Giro d’Italia, Alessandro Covi si è ripreso con gli interessi quel che due anni fa gli tolsero i colombiani. Nella UAE di Pogacar e delle altre star, stravedono per lui e lui oggi ha salvato il bilancio del Giro dello squadrone che non aveva ancora stretto nulla fra le mani.

I suoi 23 anni sono un ottimo biglietto da visita. Non è scalatore, ma va forte in salita: l’anno scorso è stato terzo sullo Zoncolan e oggi ha domato il Fedaia. Vince quando ci sono gli strappi. Non cerchiamo eredi di chi non c’è più o il pelo nell’uovo. Teniamoci stretti la sua leggerezza e speriamo che torni a brillare presto. Intanto godiamoci la sua vittoria come le tre degli altri italiani che finora hanno firmato tappe in questo Giro d’Italia.

Joao non c’è più, come cambiano i piani in casa UAE Emirates

27.05.2022
4 min
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Il ritiro di Joao Almeida è stato un brutto colpo per la UAE Emirates. Un fulmine a ciel sereno che in pochi, nessuno, si aspettava. Le facce di diesse e corridori ieri al via da Borgo Valsugana erano scure. 

Avevano lavorato molto per questo obiettivo e avevano anche corso in un certo modo, proprio per supportare Almeida. Meno fughe del solito e quelle centrate fatte quasi con il solo scopo di portare avanti un uomo in caso di necessità.

I tre italiani del team, “capitan” Diego Ulissi, Davide Formolo e Alessandro Covi, li abbiamo intercettati ieri al termine della frazione, in quel di Treviso.

Ulissi, immediatamente dopo l’arrivo di Treviso
Ulissi, immediatamente dopo l’arrivo di Treviso

Ulissi realista

Diego Ulissi è colui che ci è sembrato più scosso. Subito dopo l’arrivo era abbastanza contrariato. E ci sta, un po’ la stanchezza di una tappa corsa ancora a tutta e un po’ la consapevolezza che i giochi sono fatti e spazio per recuperare ce n’è davvero poco.

«Come cambia il nostro Giro? E come cambia… si cercava di far classifica con Almeida, vi lascio immaginare…

«Si cercherà di combinare qualcosa con le forze rimaste». E lui di forze ne ha spese, per Almeida ma anche per Gaviria.

Poche parole e Diego scappa via tra la folla per tornare ai bus. Ma prima di andare aggiunge che non avrà più spazio degli altri giorni per provarci.

Ormai Diego è esperto e sa che il tempo e la strada in queste ultime due frazioni, la crono neanche la consideriamo, sono pressoché nulle. Ma conoscendolo se avrà solo mezza possibilità oggi farà di tutto per essere lì davanti.

Formolo è andato spesso in fuga, ma per essere un punto d’appoggio per Almeida
Formolo è andato spesso in fuga, ma per essere un punto d’appoggio per Almeida

Parola a Formolo

Il veronese non perde il suo sorriso e il suo consueto buonumore, ma ieri anche lui a Treviso non sprizzava gioia come sempre. Una giornata non bella per la UAE Emirates, iniziata col ritiro del portoghese e conclusasi senza che Gaviria si sia giocato la volata.

«Senza Joao la speranza era di combinare qualcosa oggi (ieri, ndr) con Fernando – ha detto Davide Formolo – ma davanti sono andati davvero forte. Per il resto vivremo alla giornata e vedremo cosa fare. Abbiamo lavorato molto per lui (Almeida, ndr) e Joao aveva lavorato molto per sé. Ci credeva, si era impegnato al massimo, stava bene ed è veramente un peccato.

«Se avrò possibilità di provarci? Quella sì, ma prima servono le gambe». E oggi in tanti vorranno provare.

Covi ha aiutato Joao sul Menador. Alessandro faceva parte della fuga e si è poi messo a disposizione del capitano
Covi ha aiutato Joao sul Menador. Alessandro faceva parte della fuga e si è poi messo a disposizione del capitano

Covi, delusione e riscatto

Dai due veterani si passa poi al piccolo, ad Alessandro Covi. Se il “Puma di Taino” ancora gioisce per lo scudetto del suo Milan, non fa certo i salti di gioia per l’abbandono di Almeida.

«Il ritiro di Joao – racconta Covi – è stata una bella botta per tutta la UAE, non solo per noi corridori. Vedi svanire un obiettivo… svanire per un “nulla”. E la cosa brutta è che non ci puoi fare niente. Stava bene, poi nella notte da quel che ho capito, ha iniziato a non sentirsi bene e mentre stavamo salendo sul bus ci hanno detto che non sarebbe partito».

«Come cambia il nostro Giro? Eh – sospira – non è facile, perché è tutto il Giro d’Italia che abbiamo lavorato e siamo riusciti a risparmiare energie davvero poche volte. Vediamo quello che viene perché restano due tappe e sono dure. Poi ancora non ho parlato con i diesse e non so cosa faremo».

La frazione di Castelmonte si annuncia sempre più interessante. Ci sono tanti intrecci, tanti interessi. La classifica, la vittoria di tappa… per molti è l’ultima occasione di riscatto e il fatto che ieri non si sia arrivati in volata aumenta ancora la pressione. E l’aumenta ancora di più in UAE Emirates, che a conti fatti ancora non ha vinto. Se già ieri Gaviria, per esempio, avesse disputato un buono sprint…

Ma le parole stanno a zero. Tra poche ore sarà la strada a dirci come andranno le cose per Ulissi, Formolo, Covi e compagni…

Joao, ancora una difesa eroica. Ma potrebbe non bastare più

24.05.2022
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Sul Mortirolo e soprattutto sul Santa Cristina, Joao Almeida firma ancora un capolavoro, come sul Blockhaus. Per uno che non è uno scalatore, aver scollinato ad appena quattro secondi dalla maglia rosa, da Landa e da Hindley vuol dire tirare fuori il classico coniglio dal cilindro.

A cinque tappe dalla fine del Giro d’Italia, il corridore della UAE Emirates si trova in terza posizione a 44″ da Carapaz, non male. Anzi… Ma neanche benissimo: la sua posizione non è idilliaca. Quest’anno non avendo lo spazio di cui aveva beneficiato due anni fa (da semisconosciuto), non ha potuto sfruttare le tappe intermedie.

All’Aprica il portoghese incassa 14″ dai big. Il massaggiatore gli passa una borraccia con gli integratori, ma lui gli chiede l’acqua
All’Aprica il portoghese incassa 14″ dai big. Il massaggiatore gli passa una borraccia con gli integratori, ma lui gli chiede l’acqua

Sorpreso di se stesso

Però Almeida lotta. Eccome se lotta. Centellina ogni mezzo briciolo di energia. Anche sul Mortirolo, nel tratto più duro, si era leggermente sfilato, roba di centimetri. Ma come è iniziato il falsopiano si è riaccodato con una certa facilità.

All’arrivo però era provato anche lui. La prima cosa che ha chiesto è stata l’acqua. Nonostante la pioggia. Nonostante non facesse caldo come nei giorni precedenti.

In salita, ha confidato Joao ad un suo tecnico, ha sentito un po’ caldo. Neanche il tempo di mandare giù qualche sorso e di lasciar uscire dalle labbra un po’ d’acqua, per sentirne il fresco sulla bocca, che lo hanno portano via. C’era la vestizione della maglia bianca.

«Oggi – ha detto Almeida dopo l’arrivo – se devo essere sincero sono sorpreso di me stesso. Fin dalla partenza siamo andati a tutto gas. Non c’è stato un istante per respirare. Negli ultimi due Giri che ho fatto non ricordo di aver affrontato salite così impegnative e tappe tanto dure. Anche per questo sono davvero felice della mia prestazione e del mio risultato.

«Se penso alla maglia rosa? Ovviamente ci penso. Ma so che sarà un obiettivo difficilissimo perché i miei rivali sono fortissimi. Sono ancora ben messo in classifica. Non vedo l’ora di fare le prossime tappe. Devo continuare ad andare avanti e vedere fin dove arrivo. Continueremo a lottare fino alla fine».

Nella breve ma insidiosa discesa finale, sotto la pioggia, Almeida non ha rischiato nulla
Nella breve ma insidiosa discesa finale, sotto la pioggia, Almeida non ha rischiato nulla

Nessun rischio

Almeida però in volto non sembra soddisfatto, forse è solo stanchezza, visto che le sue parole sono state ben diverse.

Il distacco di Joao è un po’ aumentato scendendo verso l’Aprica, roba di nove secondi rispetto allo scollinamento. Il portoghese non è un drago in discesa, però è anche vero che aveva appena iniziato a piovere. E quando è così, sull’asfalto, specie se appena rifatto o nel sottobosco, si crea quella piccola patina che rende tutto più scivoloso. Anche Hirt e Arensman hanno avuto i loro bei problemi.

Ma gli ordini, ci hanno detto in casa UAE Emirates, erano chiari: non bisognava rischiare troppo. Meglio perdere qualche secondo più, fosse anche un secondo a curva, che mandare tutto all’aria.

L’unico piccolo rammarico che regna nel clan di Joao è l’aver messo il piede a terra quando Landa e Bilbao si sono toccati. Per un passista, regolarista come Almeida è stato uno stop dispendioso. Più dispendioso che per uno scalatore.

L’espressione del portoghese la dice lunga sulla durezza della tappa di oggi. Per queste salite aveva montato il 36×32
L’espressione del portoghese la dice lunga sulla durezza della tappa di oggi. Per queste salite aveva montato il 36×32

A sensazione

Ma quel colpisce di questo ragazzo è come sa gestirsi. Un veterano, nonostante sia un classe 1998. E abbiamo provato a parlarne direttamente con lui.

«Il Santa Cristina – ha aggiunto più tardi Joao mentre stava per rientrare in hotel – è stata davvero una salita dura e posso dire solo che l’ho fatta a tutta. Ho cercato di gestirmi al meglio, a volte guardavo il computerino, a volte no…».

«Sono sempre il primo big a staccarmi? E’ vero, è così. E’ il mio modo di andare – allarga le braccia, come a chiedersi: cosa ci posso fare? – ma bisogna soffrire. Io sto bene, le sensazioni sono buone ma ora, dopo 5.000 e passa metri di dislivello, sono stanco». E se ne va ai massaggi.

Joao a colloquio con Matxin, che lo porta subito all’interno per fare un debriefing della tappa
Joao a colloquio con Matxin, che lo porta subito all’interno per fare un debriefing della tappa

Tante, troppe salite

All’inizio abbiamo parlato di conigli dal cilindro. Ma anche se questi conigli iniziano a diventare tanti, potrebbero non bastare più. Verona è lontana e la cronometro finale non è lunga.

«Va bene – ci dice Matxin, super tecnico della UAE, che aspetta tutti i suoi ragazzi sulla soglia dell’hotel – dobbiamo tenere duro. Il problema è che ci sono salite. Salite e ancora salite. Volevamo essere un po’ più avanti e non è facile trovare spazio per attaccare. E sì: la crono è un po’ corta».

Però l’Almeida del 2020 era un corridore esplosivo su arrivi con strappi veloci. Era colui che a Monselice si buttava nello sprint con Ulissi, che guadagnava secondi sullo strappo di San Daniele del Friuli. Ha ancora queste caratteristiche? Maxtin non dice di no, ma neanche di sì.

«E’ molto regolare e in salita va più forte. Vediamo cosa inventarci».

La sensazione è che gli UAE Emirates da qui a Verona proveranno a ridurre il gap. E’ la loro unica chance.

Formolo nella morsa olandese: «Ma giuro che ci riprovo!»

13.05.2022
5 min
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«Non sono mai stato un vincente, ma mi piace vincere. Ieri Facebook m’ha mandato il ricordo di quando vinsi a La Spezia, sono passati sette anni. E se non fosse stato per un crampo ai meno sette dall’arrivo, magari riuscivo a rifarlo…». Formolo fa un sorriso amaro, mentre il pullman chiude le porte e si avvia verso il prossimo albergo di questo lunghissimo viaggio che è il Giro d’Italia. Terzo a due secondi sul traguardo di Potenza, nella volata che a suo modo era già stata preannunciata dai gran premi della montagna che Bouwman si è messo nel taschino con evidente superiorità. Quattro olandesi e due italiani in fuga attraverso le montagne aspre della Basilicata. Come un film, un romanzo o una barzelletta.

«Una bella opportunità – racconta a caldo il veronese del UAE Team Emirates – ma come facevamo a fregarli? C’era una sola possibilità per metterli in croce. Seguivo facilmente i loro attacchi e quando si è presentata l’occasione di tirare dritto, è arrivato invece il crampo. Ho aspettato 200-300 metri, perché passasse. Avevo addirittura paura di dovermi fermare, invece mi sono ripreso, ma ormai eravamo in cima all’ultima salita e ho capito che sarebbe stata dura. Si saliva a 35 all’ora col vento contro, difficile andare più forte».

Ultimo Giro di Nibali? Il pubblico lo saluta con un sorriso che sa di gratitudine
Ultimo Giro di Nibali? Il pubblico lo saluta con un sorriso che sa di gratitudine

Il risveglio di Dumoulin

Nel giorno che ha segnato il ritorno in alto di Tom Dumoulin, che ha così riguadagnato qualche posizione in classifica (ha recuperato 2’50”), ai due italiani della fuga (entrambi a caccia di sole e riscatto) la sfortuna ha regalato quanto è bastato per appiedarli. E se Villella è stato costretto a un inseguimento balordo dovuto a noie meccaniche, per Formolo sembrava finalmente arrivato il momento della riscossa dopo una prima parte di stagione che più iellata difficilmente sarebbe potuta essere. Invece niente…

Formolo ha provato a staccare tutti in salita, ma il vento contro ha reso tutto più difficile
Formolo ha provato a staccare tutti in salita, ma il vento contro ha reso tutto più difficile
Rammarico?

Un po’ forse sì, ma i due Jumbo Visma erano forti e simili nelle caratteristiche e soprattutto si aspettavano, era evidente. L’unico modo per staccarli era correre in accordo con Mollema, ma non ci siamo mai riusciti. Alla fine, quando siamo rimasti in tre, mi stava anche bene che rientrasse Dumoulin, perché si sarebbe messo a tirare e magari ci poteva scappare un allungo, ma non è stato possibile.

Cercavi la fuga stamattina?

Non è stato facile portarla via, ci sono voluti 70 chilometri. Per cui quando è partita, siamo andati avanti con le energie che erano rimaste. La cercavo. Ho provato anche sull’Etna, ma ero ancora troppo vicino in classifica perché mi lasciassero andare. Così ne ho approfittato per prendere un po’ di tempo e guadagnarmi la libertà di riprovare. Sulla carta mi piace quella di Napoli, domani. Ma vediamo come ci arrivo.

Se non altro adesso stai bene…

Vediamo. Dopo il Giro dei Paesi Baschi m’è venuta una tendinite al ginocchio e non mi sono allenato per una settimana. Quest’anno è cominciato tutto col cinghiale che a gennaio m’ha attraversato la strada, con tanto di frattura della mano. Sono rientrato alla Tirreno-Adriatico e sono riuscito a mettere insieme una discreta condizione per fare la Sanremo. Poi ho preso come tutti l’influenza e sono stato per una settimana a letto. Mi sono allenato tre giorni e sono andato ai Paesi Baschi, che per noi è la corsa più dura dell’anno, con salite strette e ripide. E lì m’è venuta la tendinite.

Il minimo, dopo una settimana a letto…

Eh, appunto! Quest’anno non so cosa significa allenarsi. A casa sto con la famiglia, perché sto male. E alle corse poi mi distruggo. Di sicuro, ricominciare dai Baschi non è stato molto salutare (ghigna amaramente, ndr). Però una cosa la dico…

Avanti!

Se la gamba è questa, una tappa la porto via. Sono arrivato a Budapest con una condizione migliore di quanto mi aspettassi. Il primo giorno dovevo aiutare Ulissi e ho fatto danni, tirando troppo forte. Nella crono ho spinto, per vedere la condizione e non sono andato male. Sull’Etna pensavo di più, ma non ho la gamba dei migliori in salita. Sono qui per aiutare Almeida, il nostro leader, ma all’occorrenza abbiamo le nostre carte. Io per ora posso giocarle così. E lo ripeto: se la gamba è questa, una tappa la porto via.

Ricordate Fabrizio Bontempi? Ora lavora con i più giovani

04.05.2022
5 min
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Fabrizio Bontempi ha legato indissolubilmente la propria vita ai pedali. E’ partito da bambino ed è arrivato fino al professionismo, dove è rimasto per 10 anni, dal 1989 al 1998. Ha indossato tante maglie prestigiose: da quella della Gewiss a quella di Lampre e Mapei per dirne alcune. Per 5 volte ha preso parte al Giro d’Italia e per 3 alla Vuelta.

Appesa la bici, si è imbarcato nella carriera da direttore sportivo, chiusa nel 2020 con la UAE Emirates. Dopo aver ricevuto tanto da questo mondo, nel 2005, ha deciso di restituire qualcosa ed ha fondato la società giovanile ASD Progetto Ciclismo nel suo paese: Rodengo Saiano (Brescia).

Fabrizio Bontempi al Giro d’Italia 1993 in maglia Mapei
Fabrizio Bontempi al Giro d’Italia 1993 in maglia Mapei

Il progetto

«Dopo tanti anni trascorsi nel mondo del ciclismo – inizia a raccontare Fabrizio – mi è sembrato giusto ridare qualcosa. Il gesto più semplice ed allo stesso tempo doveroso, era quello di fare qualcosa per il movimento giovanile. La società è nata nell’inverno del 2005, ma la prima attività sportiva l’abbiamo iniziata nel 2006. Io all’epoca ero ancora diesse della Lampre, questa per me è sempre stata un’attività “secondaria”. Non è un lavoro, ma una passione. A fine 2020 ho avuto la possibilità di andare in pensione e così ho deciso di dedicarmi maggiormente a questo progetto».

Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Mondiale di Varese del 2008. In mezzo il patron Mario Galbusera
Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Mondiale di Varese del 2008. In mezzo il patron Mario Galbusera

Il motore della passione

«Passione: parola importante – riprende dopo un breve silenzio – perché è quella che tiene in piedi il movimento giovanile. Noi abbiamo 20 collaboratori sempre presenti tra gare e allenamenti: lo fanno tutti guidati dalla passione verso questo sport. Non è mai facile perché si porta via tempo al lavoro e alla famiglia. Grazie all’amministrazione comunale si è costruito un ciclodromo di 700 metri dove i ragazzi possono correre ed allenarsi. In più, questa struttura è utilizzabile da tutta la comunità: dai podisti alle handbike. Le categorie con le quali lavoriamo sono quelle dai giovanissimi agli allievi, purtroppo quest’anno non avevamo il numero per fare la squadra, ma torneremo a farla la prossima stagione».

Il ciclodromo costruito dall’amministrazione comunale di Rodengo Saiano e utilizzato anche dai ragazzi per allenarsi e correre
Il ciclodromo costruito dall’amministrazione comunale di Rodengo Saiano e utilizzato anche dai ragazzi per allenarsi e correre

Le difficoltà non mancano

Il Covid e la crisi economica hanno colpito tutto il movimento sportivo, anche se le colpe non mancano o per lo meno si potrebbe fare di più per sostenere lo sport giovanile.

«La mia impressione – dice Bontempi – che non vuole essere una critica ma un’osservazione, è che ci si curi delle esigenze del professionismo trascurando i ragazzi. Vi faccio un esempio: pre Covid avevamo, nella sola regione Lombardia, 8 gare per la categoria giovanissimi ogni domenica. Invece, domenica scorsa (primo maggio, ndr) nessuna gara e siamo dovuti andare a correre in Veneto. Non è possibile che il Comitato Regionale non pensi e non presti attenzione ad una cosa del genere, a mio avviso avrebbero dovuto agire e cercare di organizzare almeno una corsa. Anche perché noi siamo partiti alle 13 e tornati a casa alle 21, capite che se poi uno ha una famiglia, deve fare dei sacrifici per stare dietro a tutto e non è facile…».

La formazione inizia già da piccoli, i ragazzi imparano tutto, anche a pulire la bici
La formazione inizia già da piccoli, i ragazzi imparano tutto, anche a pulire la bici

L’esperienza al servizio dei giovani

L’approccio all’attività dell’ASD Progetto Ciclismo è diverso: improntato a fare conoscere ed apprendere ai ragazzi, e non solo, tutto quello che ruota intorno al mondo della bici. Alla base c’è il divertimento nel praticare questo sport.

«Tanti anni di esperienza nel professionismo – racconta con trasporto Fabrizio – mi hanno permesso di avere una visione diversa, direi più ampia. Ci sono tante sfumature e molte cose da valutare in questo sport. Come società, insieme al consiglio direttivo, si è deciso di puntare molto sulla formazione e sull’informazione, sia con i ragazzi ma anche con i genitori. Spesso proprio questi ultimi creano delle problematiche, noi cerchiamo di far passare il messaggio che innanzitutto questo è un divertimento e uno svago. E che i ragazzi devono essere lasciati liberi di fare e di sbagliare».

Scuola di ciclismo e di vita

«I corsi che organizziamo, soprattutto in inverno – riprende l’ex diesse della UAE – servono per far apprendere come si gestisce questo sport, alla base del quale c’è un meccanismo delicato. Abbiamo fatto incontri con la nutrizionista per insegnare a curare l’alimentazione, non per perdere peso ma per uno stile di vita sano. Ho chiamato con noi il medico della Bike Exchange, Carlo Guardascione, per parlare di allergie da polline e polvere, visto che sono aumentati i casi tra i ragazzi. Lasciamo loro tanto spazio, devono imparare a gestirsi. All’inizio i genitori vengono coinvolti per coordinare il tutto e perché è giusto che anche loro siano partecipi, poi crescendo, i ragazzi vogliono essere indipendenti ed è giusto anche questo».

Sono previsti anche dei giorni di allenamento su pista per diversificare il lavoro
Sono previsti anche dei giorni di allenamento su pista per diversificare il lavoro

Multidisciplina? Parliamone…

«Gli allenamenti sono importanti per i giovani, e sono anche difficili da organizzare, bisogna sempre variare per mantenerli attenti. Io ho una visione diversa della multidisciplinarietà intesa come attività invernale (ciclocross o MTB, ndr) non mi piace molto. Non parlo di valenza tecnica, semplicemente non trovo utile obbligare un ragazzo a stare in bici 365 giorni su 365. Lo stacco invernale serve per fare altri sport come il nuoto e per svagarsi, ricordiamoci che hanno 16 anni, è anche giusto che escano con gli amici. Devono aver voglia di pedalare, se li obblighi a stare in sella anche a novembre e dicembre poi a marzo non hanno più voglia di allenarsi».

Ulissi nostra guida nei segreti della Freccia

20.04.2022
5 min
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Il Martin’s Rentmeesterij hotel si incontra 300 metri dopo il castello dei misteri di Bilzen, ricavato nella Grand Commandery in cui il… fantasma di Lord Bielsen – al secolo Squire Armand Roelants du Vivier, che lottò da solo tutta la vita per mantenere intatta l’enorme proprietà – accompagna i turisti nelle magie del castello. La nostra visita vuole essere ugualmente una guida nei misteri della Freccia Vallone che si corre domani (oggi, ndr) da Blegny al Muro d’Huy. I corridori del UAE Team Emirates sono rientrati più tardi del previsto. Il programma prevedeva un’oretta e mezza di bici alla vigilia della corsa, ma la sosta caffè è durata più del dovuto e il rientro avviene all’ora del pranzo già scoccata.

Alessandro Mazzi prepara la bici per la Freccia di Ulissi, con pignone da 32 al posteriore
Alessandro Mazzi prepara la bici per la Freccia di Ulissi, con pignone da 32 al posteriore

UAE con più frecce

Ulissi ha l’espressione paciosa di un uomo di 32 anni che si è appena svegliato, perché evidentemente l’impegno dell’uscita è stato davvero blando. Lui la Freccia la conosce bene, sempre intorno ai dieci, con l’exploit del terzo posto nel 2019. La corsa del Muro d’Huy sembra tagliata sulle sue caratteristiche e magari domani (oggi, ndr) sarebbe una delle punte della squadra, se la UAE Emirates non avesse tra le sue file un certo Tadej Pogacar.

«Terzo – ricorda – dietro Alaphilippe e Fuglsang. Sto bene anche adesso. Sono uscito dai Baschi con buone sensazioni. Abbiamo passato la Pasqua a casa, quindi siamo di buon umore. Siamo una squadra con più frecce. Siamo consapevoli di avere il corridore più forte al mondo, quindi vedremo come affrontare la corsa».

Ulissi è uscito bene dal Giro dei Paesi Baschi, con il terzo posto a Zamudio
Ulissi è uscito bene dal Giro dei Paesi Baschi, con il terzo posto a Zamudio

Non solo il Muro

Il via da Blegny, dalla miniera Patrimonio dell’Unesco. Distanza di 202,5 chilometri e 11 cotes: tre di queste sono lo stesso Muro d’Huy, che si scala la prima volta dopo 139,8 chilometri, quindi al 170,9 e poi per l’arrivo.

«Bisogna stare attenti. Una volta che si è fatto il primo passaggio sul Muro – dice Diego – si va verso altre salite. Le stesse due ogni volta (la Cote d’Ereffe e la Cote de Cherave, ndr). C’è da vedere se tira vento, comunque ci sono dei punti critici da affrontare. E poi, come abbiamo visto dalle ultime volte, le corse ormai esplodono lontano dall’arrivo. Di conseguenza ci sono tanti punti dove stare attenti. Perché quelle salite si prestano per attacchi…».

Curva al 19 per cento

Il Muro d’Huy è l’arena verticale su cui si gioca la corsa. Salita di 1,3 chilometri con pendenza media del 9,6 per cento e la famosa doppia curva al 19 per cento. Chi si scopre troppo presto, finisce col piantarsi, ma non tutti hanno l’esplosività di Alaphilippe o Valverde.

«I segreti del Muro sono pochi – sorride – se non che ci vogliono tante gambe. Soprattutto è determinante la doppia curva, sinistra-destra. Lì devi essere assolutamente in ottima posizione. Il punto dell’attacco dipende dai corridori. Negli ultimi anni hanno dominato Valverde e Alaphilippe, appunto, che hanno fatto la differenza subito dopo la doppia curva. Per cui, una volta che ti sei lasciato dietro quel punto critico, si deve stare con gli occhi aperti ai movimenti degli avversari.

«Io ho messo il 32 per i primi passaggi, che magari si fanno un po’ più tranquilli. Si spera, almeno! Invece il rapporto per il tratto finale non si guarda mai. A quel punto contano le sensazioni delle gambe. Sai che devi spingere a tutta e guardare gli avversari, sapere che rapporto spingi è l’ultima delle preoccupazioni».

Vicino a Tadej

Quel che resta da capire sono i ruoli in corsa, con Hirschi che la Freccia l’ha vinta nel 2020 e Pogacar che l’ha fatta per due volte, con il 9° posto del 2020 come miglior risultato e un bagaglio specifico ancora da costruire.

«In tutte le classiche del Nord – dice Ulissi – alla fine l’esperienza paga. Per cui è importante aver fatto il Muro d’Huy in corsa per sentirlo nelle gambe e capire dove farsi trovare nei momenti decisivi. Vediamo quali saranno le sensazioni in gara. Senza dubbio dovrò stare vicino a Tadej nel finale, però bisognerà anche vedere come saremo messi quando la corsa esploderà sul serio».

Il resto sono chiacchiere, come facendo il punto dopo tanto tempo. Lia cresce bene, dice, ma è impressionante vedere la velocità con cui Anna, la più piccola, impara ogni cosa. I corridori per le Ardenne sono arrivati nella serata del lunedì, dopo Pasqua e Pasquetta in famiglia. La Liegi di domenica sarà il giro di boa della stagione, poi alcuni faranno rotta sul Giro, mentre Pogacar e il suo gruppo si concentreranno sul Tour. Ora si parla del Muro d’Huy. La curiosità di vedere all’opera il Pogacar delle classiche, che già s’è messo in tasca il Lombardia e la Liegi, sarà uno dei motivi di interesse della giornata.