Il Covid, l’esclusione, Pogacar: parla Trentin

04.07.2022
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«Quando ho saputo di essere positivo al Covid non sono cascato dal pero. Lo sarei stato molto più se i motivi fossero stati altri». Matteo Trentin è uno scrigno di filosofia nell’apprendere e metabolizzare la sua positività al Coronavirus e il conseguente abbandono anzitempo del Tour de France.

Il corridore della UAE Emirates doveva essere parte della squadra che avrebbe aiutato Tadej Pogacar alla conquista del terzo Tour e invece è rimasto casa. A guardare, neanche così tanto assiduamente (per ora), la Grande Boucle “dal divano”. Una volta saputo della sua positività al Covid, Matteo ha salutato tutti, ha fatto gli in bocca ai suoi compagni ed è uscito dalla chat.

«Neanche volevo disturbarli troppo. Vi assicuro che soprattutto i primi giorni sono molto frenetici e nervosi».

Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin e il suo sostituto Hirschi era in viaggio
Sul palco gli UAE erano in 7 anziché 8. Mancava Trentin e il suo sostituto Hirschi era in viaggio

Matteo a casa

Mentre parliamo con Trentin, il Tour saluta la Danimarca.

E’ arrivato in Francia con dei voli charter. I corridori si sono “riposati” e hanno tirato un primo micro-bilancio.

Un bilancio che parla di stress, cadute e di volate.

«Come dicevo – racconta Trentin – non sono stato totalmente sorpreso dal mio Covid. Alla fine sono due anni che c’è questa situazione e siamo tutti appesi ad un filo. Ci può stare.

«Da parte mia non ho mai avuto assolutamente niente: totalmente asintomatico. La cosa buona è che per fortuna, avendo corso l’italiano in Puglia, sarei dovuto arrivare un giorno dopo e quindi di fatto non ho avuto contatti con i ragazzi, non ho creato scompiglio con il Covid».

Il morale di Matteo è buono, l’ha presa bene. Certo, quando gli diciamo che il suo spirito è positivo lui ribatte, scherzando: «Non dire positivo che porta sfortuna!».

«Chiaro che non è stato bello – riprende il trentino – Ovviamente mi è dispiaciuto tantissimo, sia per me che per la squadra. Anche per me sarebbe stata una bella esperienza andare al Tour con Tadej. E’ l’uomo che ne ha vinti due e punta al terzo. D’altra, parte purtroppo è andata così. Ma le regole sono queste. E alle regole dobbiamo sottostare in tempo di Covid. Sappiamo che sparando nel mucchio dei controlli può starci».

«E poi non mi è andata male se penso agli altri corridori che hanno preso questo “long Covid”, che sembrerebbe funzionare come una mononucleosi, piò o meno».

Grande intensità nelle prime tappe del Tour, anche se nella terza frazione gli stessi corridori hanno parlato di fasi tranquille
Grande intensità nelle prime tappe del Tour, anche se nella terza frazione gli stessi corridori hanno parlato di fasi tranquille

Trentin uomo in più

In queste prime fasi di Tour, come abbiamo accennato, abbiamo visto parecchie cadute. Persino nella crono inaugurale ce ne sono state. E poi nelle prime due frazioni in linea. Il solito nervosismo. Abbiamo visto blocchi per team compatti: se cade un corridore in un determinato spicchio di gruppo cade mezza squadra. E in tutto ciò Pogacar, stando in “semi-autonomia, si è già giocato due o tre jolly. Se l’è cavata da solo.

In queste condizioni Trentin ci sarebbe stato bene. Sarebbe stato oro.

«Quale sarebbe stato il mio ruolo? Aiutare! Stare vicino a Tadej nei momenti in cui si era nel “mio campo”: pianura, tappe mosse, vento, pavè… Avrei dovuto portare gli scalatori nella posizione consona prima delle salite».

«Sin qui ho dato uno sguardo al Tour, ma non è stato uno sguardo troppo assiduo. Ho visto bene la crono. Quel giorno Pogacar ha fatto una super prova. E per “azzurrità” ho tifato Pippo Ganna. E vi dirò che tutto sommato sono anche contento che abbia preso la maglia gialla Lampaert: se lo merita ed è un gran bel corridore».

«Nelle due tappe in linea ho visto che Tadej è incappato in una transenna e se l’è cavata».

«Insomma – aggiunge dopo una breve pausa – l’ho presa con filosofia okay, ma mi serve pur sempre una settimana per riprendere a guardare il Tour con serenità!».

In primavera Matteo era andato in avanscoperta anche dei tratti di pavè che avrebbe affrontato il Tour (foto Instagram – Fizza)
In primavera Matteo era andato in avanscoperta anche dei tratti di pavè che avrebbe affrontato il Tour (foto Instagram – Fizza)

Verso il pavè

Ma adesso si va verso quello che Trentin ha chiamato “il suo campo”: pianura e pavé. Un uomo come lui sarebbe stato super importante per lo sloveno. 

«Con Pogacar abbiamo corso abbastanza poco insieme – riprende Trentin – soprattutto per calendari diversi. Io ho fatto la Parigi-Nizza e lui la Tirreno. Quest’anno ci siamo incontrati al Fiandre e lo scorso anno allo Slovenia. E anche quando siamo a casa (Monaco, ndr) non ci vediamo così tanto. Primo, perché abbiamo altri orari. Io avendo i bambini esco prima. E secondo, perché lui è col gruppo degli scalatori e fa altri lavori».

«Da un punto di vista tecnico, ero andato a vedere la tappa del pavè. E posso dire che i primi cinque settori sono veramente brutti. A meno che non li abbiano sistemati. Magari li hanno sistemati in questi mesi. Non ho un aggiornamento dell’ultimo momento».

Al termine delle frazioni, Pogacar ha ringraziato i compagni che gli erano vicino. Segno che c’era tensione
Al termine delle frazioni, Pogacar ha ringraziato i compagni che gli erano vicino. Segno che c’era tensione

Ma quali consigli?

Insomma Trentin sarebbe stato a Pogacar, come Van Aert a Roglic. L’asso delle pietre al servizio dello scalatore.

«Tadej – dice Trentin – ha dimostrato però di essere uno scalatore atipico. E lo abbiamo visto anche al Fiandre, dove si è districato egregiamente. Ovvio, le pietre della Roubaix non sono le pietre del Fiandre, sono più cattive. Senza salite diventano più veloci. E’ un po’ diverso ed essendo anche leggero rimbalzerà un po’ di più».

 

La UAE ha sostituito Matteo con Hirschi. Ma sarà più Laengen, gigante norvegese da 1,95 metri, a stargli vicino in queste prime frazioni tra vento e pavè. E lo stesso vale per Bjerg (forse un po’ troppo poco esperto). Anche se Pogacar sembra più seguire i “consigli” di Garzelli in diretta tv, cioè accodarsi alle squadre più quotate.

«Però sin qui Tadej si è difeso talmente bene su ogni terreno che si fa fatica a dargli dei consigli. Sì, magari qualche dritta sulla posizione, su come mettere le mani sul manubrio, su come pedalare… ma probabilmente non ne ha neanche bisogno».