Gaviria alla Movistar, il velocista che mancava

09.01.2023
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Fernando Gaviria riparte dal Team Movistar, per un 2023 che all’alba dei suoi 28 anni vuole essere un riscatto. Maximilian Sciandri, diesse della squadra spagnola, ci spiega i motivi del suo arrivo alla Movistar. Il colombiano è il primo velocista puro che approda alla corte di Unzue.

«E’ il quinto anno che sono alla Movistar – esordisce Sciandri – e l’arrivo di Gaviria è un piccolo grande cambiamento. Non abbiamo mai avuto un velocista, si è sempre puntato sulle corse a tappe».

Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nnella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Quando vi siete accorti di aver bisogno di uno come Gaviria?

A metà della scorsa stagione, quando ci siamo ritrovati a rincorrere nella classifica del ranking UCI. Se avessimo avuto un velocista avremmo avuto più possibilità di raccogliere punti importanti, Gaviria è uno di quelli che ha la stoccata vincente. 

Come si inserirà in una squadra che ha sempre puntato sulle corse a tappe?

Fernando (Gaviria, ndr) è un velocista atipico, uno che non ha bisogno del treno che lo porta fino ai 300 metri dall’arrivo. Si adatta, la cosa fondamentale sarà portarlo all’ultimo chilometro o poco più avanti nelle posizioni di testa. 

La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
Chi saranno i suoi angeli custodi?

Abbiamo tanti corridori che possono dargli una mano: Aranburu, Erviti, Rojas… Ma anche lo stesso Cortina. Ovviamente bisogna imparare a costruire il treno o perlomeno un’intesa che permetta a Gaviria di mettersi in mostra.

Partirà dall’Argentina, corsa nella quale ha fatto bene in passato.

Sì, ha sempre fatto bene alla Vuelta a San Juan, tra il 2017 ed il 2020 ha vinto ben otto tappe. 

Partire bene fin dalle prime corse è fondamentale, per non trovarsi poi a rincorrere…

Ne abbiamo parlato anche tra membri dello staff durante il ritiro di dicembre. Quando ero in BMC al Tour Down Under arrivavamo con una squadra già competitiva con Porte, Evans o Dennis. Un corridore come Gaviria è in grado di “tirare” la squadra. Quando si parte con il piede giusto si è fatta una buona parte del lavoro…

L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
Che impressione hai avuto di Gaviria in questi primi giorni insieme?

Siamo stati in ritiro con la squadra, due settimane ad Almeria, e poi abbiamo fatto la presentazione a Madrid. Lo avevo incontrato qualche volta in giro alle gare, ma non ci eravamo mai conosciuti. Mi sembra un ragazzo estremamente serio e con una gran voglia di riscatto.

Anche perché gli ultimi due anni alla UAE Emirates non sono stati dei migliori.

Secondo me dentro stava stretto, nel senso che la UAE ha tanti corridori molto forti ed è difficile trovare il proprio spazio. Qui alla Movistar potrà avere più chance di mettersi in mostra, anche se il suo calendario non lo conosco ancora. So che staremo spesso insieme ma dobbiamo decidere bene a quali corse puntare. 

Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Si troverà in una squadra spagnola, cambierà qualcosa?

Da noi potrà avere maggiore empatia, Fernando è un ragazzo che ha una grande personalità. E’ molto carismatico ed ha creato subito un buon feeling con i nuovi compagni.

In ritiro che impressione ti ha fatto?

E’ già ad un buon punto nella preparazione, anche perché tra meno di due settimane sarà in corsa. Abbiamo fatto molte distanze e qualche lavoro specifico, come sprint e dei fuori soglia. A lui piace molto fare allenamento e distanze dietro macchina, è un po’ alla vecchia maniera.

Con Ulissi nei segreti del Tour Down Under che riparte

05.01.2023
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Dopo due anni di stop ripartirà il Tour Down Under, la prima corsa di livello WorldTour della stagione. Si tratta di una gara a tappe che ha sempre condito l’ultima metà di gennaio, che ha come cornice le strade ed i colori dell’Australia Meridionale. Regione non lontana da Wollongong teatro degli ultimi mondiali di ciclismo. 

Chi con la corsa australiana ha costruito un buon feeling è Diego Ulissi, il toscano nei suoi ormai 13 anni di carriera ha collezionato degli ottimi piazzamenti. Terzo nel 2014, quinto nel 2017, quarto nel 2018 ed infine secondo nel 2020. Quest’ultimo è il miglior risultato ottenuto da Ulissi in Australia.

L’ultimo vincitore del Tour Down Under, nel 2020, è stato Richie Porte
L’ultimo vincitore del Tour Down Under, nel 2020, è stato Richie Porte

A ruota di Ulissi

Il corridore della UAE Emirates ci porta con sé tra i ricordi e le curiosità del Tour Down Under. Una corsa che si gioca sempre sul filo dei secondi dato che il percorso non presenta grandi difficoltà altimetriche.

«Il Down Under – spiega dalla sua calda toscana Ulissi – è fondamentalmente una delle gare meglio organizzate a livello mondiale. E’ sempre stato un piacere andarci, anche se il viaggio è davvero lungo. Il clima è bellissimo, soleggiato e parecchio caldo (in Australia ora è estate, ndr). Il fuso orario è tosto da assorbire quindi è meglio andare lì il prima possibile così da adattarsi al nuovo ritmo di vita. Si tratta della prima gara WorldTour, quindi ci sono tanti punti in ballo ed un grande livello di competizione. Una corsa come il Tour Down Under si programma già dal finale della stagione precedente».

Giacomo Nizzolo, Tour Down Under 2020
Nel 2020 l’unica vittoria italiana è arrivata grazie allo sprint vincente di Giacomo Nizzolo
Giacomo Nizzolo, Tour Down Under 2020
Nel 2020 l’unica vittoria italiana è arrivata grazie allo sprint vincente di Giacomo Nizzolo

Il percorso

Fino al 2020, l’ultima volta in cui si è disputato, il Tour Down Under prevedeva sei tappe con un percorso sempre mosso. Quest’anno le tappe sono sempre sei, ma è stato aggiunto un prologo iniziale di sei chilometri che si correrà nella città di Adelaide

«Non sono presenti grandi salite lungo le varie tappe – riprende Ulissi – di conseguenza i distacchi si mantengono minimi. Diventano importanti i piazzamenti, nel 2020 sono arrivato a pari tempo con altri tre corridori (Dennis, Geschke, Van Baarle, ndr) ed ho guadagnato il secondo posto in classifica generale grazie ai piazzamenti. Questo per dire che se si vuole fare classifica al Tour Down Under bisogna arrivare preparati e correre sempre nelle prime posizioni del gruppo.

«Quest’anno, con l’aggiunta di un prologo all’inizio – continua Ulissi – che di conseguenza toglie una tappa in linea, aumenterà l’importanza degli abbuoni e dei piazzamenti. Una cronometro all’esordio, anche se di sei chilometri, è pur sempre un fattore determinante. Perdere quindici o venti secondi può escludere alcuni corridori dalla lotta per la vittoria finale».

In una corsa come il Tour Down Under bisogna sempre farsi trovare pronti, anche pochi secondi possono essere determinanti
In una corsa come il Down Under non si possono perdere nemmeno pochi secondi, bisogna correre davanti

La grande assente: Willunga

Rispetto alle edizioni prima della pandemia il Tour Down Under ha perso il suo “giudice” ovvero la salita di Willunga. Non una grande ascesa come la intendiamo noi ma comunque un bel trampolino di lancio per tentare di scavare un solco, seppur minimo, in classifica generale. Per aumentarne l’importanza la salita di Willunga era inserita nell’ultima o penultima tappa. 

«E’ sempre stata la salita più lunga del Tour Down Under – dice – che inevitabilmente decideva le sorti della classifica generale. Richie Porte è il re di quella salita (il tasmaniano dal 2014 al 2020 non è mai uscito dai primi due sul traguardo di Willunga, sei vittorie ed un secondo posto, ndr). Si tratta di un’ascesa di quattro chilometri con punte massime all’otto per cento, gli ultimi cinquecento metri sono praticamente piani, è una salita da rapportone».

La salita di Willunga è terreno di caccia del tasmaniano, per lui in 8 anni ben 6 vittorie
La salita di Willunga è terreno di caccia del tasmaniano, per lui in 8 anni ben 6 vittorie

I corridori di casa

Nelle ventidue edizioni del Tour Down Under i corridori di casa si sono aggiudicati per tredici volte la classifica finale. Un dato che evidenzia come questa corsa sia fondamentale per il movimento ciclistico del Paese. 

«E’ molto difficile equiparare lo stato di forma dei corridori australiani – conferma Ulissi – si allenano su quelle strade da mesi. In più il caldo incide, noi andiamo a fare la preparazione in Spagna ma per la maggior parte del tempo ci alleniamo al freddo. Il percorso non è difficile ma è un continuo sali e scendi, in più i corridori australiani sono spinti anche da una grande motivazione. Si tratta della gara di casa ed una delle poche che ci sono nel loro Paese, quindi hanno voglia di mettersi in mostra».

Il pubblico australiano si è sempre presentato il gran numero sulle strade della corsa
Il pubblico australiano si è sempre presentato il gran numero sulle strade della corsa

Logistica

In una corsa dall’altra parte del mondo è importante arrivare sempre con una grande organizzazione, sia per quanto riguarda gli hotel che gli spostamenti.

«In Australia ci siamo sempre trovati benissimo – conclude Ulissi – le tappe si svolgono sempre nella stessa zona intorno ad Adelaide. L’hotel dove si alloggia è sempre lo stesso, non cambia mai per tutta la durata della corsa e questo è una grande comodità. Siccome le tappe si svolgevano sempre nella zona di Adelaide gli spostamenti tra hotel e partenza o arrivo e hotel li abbiamo quasi sempre fatti in bici. E’ un bel modo per evitare stress e per aggiungere chilometri nelle gambe. Le tappe sono sempre abbastanza corte, intorno ai 150 chilometri e quindi mettere qualche ora in più non è male».

Matxin lancia la rincorsa UAE al tetto del mondo

30.12.2022
6 min
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Non si muove niente senza la benedizione di Matxin. Il UAE Team Emirates è una squadra molto strutturata. Gianetti è l’ammiraglio. Agostini opera fra logistica, marketing e comunicazione. Ma se c’è da parlare di corridori, non c’è nessuno come il basco di Basauri.

“Macho” è stato per anni capo di se stesso, nella veste di talent scout e conoscitore del ciclismo. Ha compiuto 52 anni il 20 dicembre e nella sua carriera ha portato fior di corridori in fior di squadre. Non faceva il procuratore: i team manager sapevano che, parlando con lui, al centro c’era l’atleta e non l’interesse di qualcuno che fosse interessato a venderlo. Gianetti lo ha tolto dal mercato e ha dato al team un valore aggiunto pazzesco. Nel frattempo Matxin ha continuato a tessere la rete dei contatti e nella sua scuderia si contano alcuni dei talenti più forti e meno conosciuti al mondo.

Lo abbiamo incontrato nel media day del UAE Team Emirates, quando è stato evidente che lo squadrone si sia rinforzato per reggere l’urto della Jumbo Visma.

L’arrivo di Adam Yates risponde alla necessità di rinforzare il comparto degli scalatori
L’arrivo di Adam Yates risponde alla necessità di rinforzare il comparto degli scalatori
Avete fatto le cose in grande…

Cresciamo, ci rinforziamo. Prendiamo il corridore più forte per bilanciare la squadra. Non è che prendiamo quattro corridori forti senza sapere dove metterli. Li prendiamo per metterli dove crediamo di averne bisogno. Cerchiamo di farli crescere a livello individuale, come ha dimostrato Pogacar. Con tutto il rispetto per i rivali, vogliamo diventare la squadra numero uno al mondo.

Ti ha sorpreso più che Tadej non abbia vinto il Tour o che Ayuso sia arrivato sul podio della Vuelta?

Sinceramente mi ha sorpreso più che Tadej non abbia vinto il Tour, nel senso che non mi aspettavo una sua giornata no, perché non ne aveva mai avute. Però può succedere. Come il primo anno che abbiamo vinto il Tour, quando lui ebbe una giornata super e Roglic una completamente negativa. Può accadere. Ovviamente quando viene a nostro vantaggio, sembra tutto più bello, quando accade al contrario fa male (ride, ndr). Ma il ciclismo non è matematica. Abbiamo un corridore che fa cose normali, non straordinarie. Tadej non fa cose straordinarie: fa cose normali straordinariamente bene.

Due uomini di punta per la Vuelta: Ayuso da scoprire e Almeida leader: lo schema di Matxin era questo
Due uomini di punta per la Vuelta: Ayuso da scoprire e Almeida leader: lo schema di Matxin era questo
Invece Juan?

Rispetto ad Ayuso… Sapete l’amicizia che c’è e i passi che gli lo ha fatto fare. Lui ha sempre ascoltato i consigli, ci ha sempre creduto. Sapevo che poteva essere molto avanti, ma nel professionismo tante volte non sai dove puoi arrivare: non per il tuo livello, ma perché fai fatica a capire quello dei rivali. Per quello c’è da rispettarli sempre. Poi ovviamente ci sono le tante variabili. E’ successo che è caduto e magari poteva non fare il podio. Per questo siamo partiti con Almeida leader e con Ayuso dietro, coprendolo e non mettendogli pressione. Volevamo vedere quello che avrebbe fatto, giorno per giorno, soprattutto dopo la decima/dodicesima tappa. Il suo limite di tappe era il Giro U23, che dura 10 giorni. Non si può chiedere a un ragazzo di 19 anni nient’altro che non sia fare il meglio di se stesso.

Hai parlato di Almeida: come valuti il suo percorso?

Joao lo conosco da quando era junior e ho vissuto la sua progressione. Mi ricordo quando è andato alla Trevigiani, perché aveva bisogno di una squadra come quella, in cui ha fatto un passo di qualità vincendo due corse. Poi abbiamo capito che aveva bisogno di andare con Axel Merckx alla Hagens Berman Axeon. Quindi l’ho aiutato a passare alla Quick Step e poi qui alla UAE. Il problema è che se pure un corridore sta crescendo in modo perfetto, quando prende per 15 giorni la maglia rosa, sembra condannato a vincerla l’anno dopo. Invece Joao sta facendo i passi giusti, molto giusti. Sono veramente contento, però in questi anni ha avuto anche sfortuna.

Almeida continua a crescere: secondo Matxin nel 2023 farà un altro passo in avanti
Almeida continua a crescere: secondo Matxin nel 2023 farà un altro passo in avanti
Quando?

Senza il Covid al Giro d’Italia 2022, sono convinto che faceva almeno terzo. Non so se di più, ma un terzo lo faceva (il portoghese si è fermato dopo la 14ª tappa quando era in quarta posizione, ndr). Poi ha preparato la Vuelta, ma è rientrato tardi per fare un buon recupero. Ha corso a Burgos, è andato in altura e nella prima settimana di corsa ha sofferto tanto. E’ andato migliorando e ha chiuso quinto. Ha avuto due momenti precisi – il Covid al Giro e la Vuelta in cui è partito con il piede sinistro – ma per il resto sono contento di come si è mosso. E’ andato al Catalogna e ha dimostrato che poteva battere i migliori al mondo, è andato nelle corse più importanti ed è stato ad altissimo livello. Sono convinto che il prossimo anno Almeida farà un altro passo in avanti.

Secondo te quei 15 giorni in maglia rosa sono diventati un peso?

No, non li ha sofferti. Era e sarà ancora il nostro leader al Giro d’Italia, senza dubbi. Ma ha vissuto quello che nel 2023 succederà probabilmente, con tutto il mio rispetto, a Juanpe Lopez. Dopo i suoi 10 giorni in maglia rosa e il decimo posto finale, se l’anno prossimo arriverà dodicesimo, sembrerà che non abbia fatto niente. Ma non è una questione matematica.

Matxin e Agostini: lo spagnolo dà qualche suggerimento sulla curvatura del portabici
Matxin e Agostini: lo spagnolo dà qualche suggerimento sulla curvatura del portabici
Cioè?

Almeida sta facendo i suoi passi in modo progressivo. Nessuno si aspettava che fosse vincente quest’anno o l’anno scorso quando è arrivato sesto, oppure due anni fa quando ha preso per 15 giorni la maglia rosa. Però va sempre in crescendo e per questo sono veramente contento. E’ professionale e rispettoso. Al UAE Tour ha tirato per Tadej come una ventola e lo stesso è arrivato quinto. Se non avesse tirato tanto il giorno in cui Tadej ha vinto, avrebbe fatto secondo o terzo al massimo. Questo significa che ha un cuore grande. E’ facilissimo lavorare con ragazzi intelligenti e svegli come Tadej e Joao. C’è un’atmosfera bellissima, la vedete anche qua. Fra loro c’è rispetto, sono intelligenti, sanno che insieme possono essere più forti che da soli. Per questo sono soddisfatto.

Nel frattempo intorno sta crescendo la squadra…

Credo che debba essere tutto bilanciato, per lo stesso motivo per cui non prendiamo corridori a caso. Se dobbiamo chiedere a ognuno il 120 per cento, dobbiamo dargli il 120 per cento. Anzi, tante volte è importante darlo prima, per poi chiederlo. Per questo anche come squadra cerchiamo di dare sempre il massimo. Possiamo farlo dando il miglior staff, il miglior materiale, i migliori alberghi, i migliori preparatori, il recupero. Dobbiamo scegliere solo quello che sia il top. Non dobbiamo solo trovare il miglior corridore del mondo, dobbiamo essere la miglior squadra al mondo per trovare il migliore al mondo. 

«Tadej – dice Matxin – non fa cose straordinarie, fa cose normali in modo straordinario»
«Tadej – dice Matxin – non fa cose straordinarie, fa cose normali in modo straordinario»
Si studiano anche gli avversari?

Sì, tanto. Due anni fa chi vinceva sempre la classifica a squadre era la Quick Step, ora su chi scommettereste? Come per i giovani. Mi chiedono tutti se il Tour sarà nuovamente una lotta fra Tadej e Vingegaard, ma voi siete convinti che non ci sarà qualcun altro? Si aspettavano Remco Evenepoel e Ayuso e adesso bisogna credere che non salterà fuori nessuno? Arriverà, ve lo garantisco. Per questo dobbiamo guardare non solo al fianco, ma al più esterno possibile. Perché nessuno va indietro, stanno arrivando da tutti i lati. Questa non è solo una competizione a livello sportivo, è la gara per diventare la migliore squadra del mondo a 360 gradi.

Covi, il coraggio di essere normale e un messaggio a Bennati

25.12.2022
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Il giorno dopo il Giro avrebbe affrontato il Fedaia. L’ultima volta che eravamo saliti lassù con una corsa era stato nel 2019 col Giro d’Italia U23. Quel giorno, Alessandro Covi affrontò la salita finale stretto nella morsa dei colombiani. Era secondo in classifica, concluse quarto, respinto dai loro attacchi. Perciò avendolo visto al villaggio di partenza, gli dicemmo convinti che il giorno dopo si sarebbe preso la rivincita. Lui ricambiò lo sguardo e allontanò il pronostico, salvo andare in fuga il giorno dopo e vincere la tappa (foto di apertura).

«Quel giorno – sorride – mi hanno rincorso e incoraggiato tutti gli italiani. Mi ricordo che quando passavo in mezzo alla folla, guardavo il computerino e mi aumentavano i watt. Sessanta in più ogni volta e non vedevo l’ora di capitare in un’altra bolla di folla per aumentare il vantaggio su quello dietro. E’ stato come in un film: da quando mi sono svegliato a quando sono andato a letto. Proprio me lo ricorderò per sempre. Non è stata la mia prima vittoria, ma forse dentro di me è stata la prima vera».

Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Abbiamo incontrato Covi a Benidorm al ritiro del UAE Team Emirates
Dice Ulissi che siete spesso in camera assieme e gli chiedi consiglio…

Mi sono sentito spesso come i neoprofessionisti di una volta. Ormai sono passato da tre anni, ma ho sempre chiesto consiglio ai più esperti e anche grazie a questo sono riuscito a raggiungere qualche risultato. Non sono come tanti giovani che arrivano e spaccano tutto, sono uno di quelli che ha bisogno di tempo. Sto migliorando ogni anno e attendo di fare un altro salto. La squadra ha fiducia in me e quindi cercherò di ripagarla.

Hai capito che corridore diventerai?

Non sarò mai un corridore per corse a tappe. Mi trovo bene nelle gare un po’ mosse e penso di essere abbastanza simile a Diego, di cui abbiamo appena parlato. Anche per questo gli chiedo più consigli possibile, perché abbiamo più o meno le stesse caratteristiche e mi potrà essere molto utile per il presente e per il futuro.

Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Ulissi è per Covi un bel riferimento per la sua esperienza e per caratteristiche simili
Come è cambiata la vita fra il primo e il terzo anno da pro’?

Prima era più un gioco che un lavoro e ancora adesso resta una passione. Cosa è cambiato? Qualche sacrificio in più sul mangiare e sull’allenamento. Però alla fine sono cose che ti vengono naturali, perché se poi vai alla corsa e sei indietro di condizione, fai più fatica. Quindi è meglio fare di più la vita da corridore a casa, per arrivare pronto alle corse.

Una vita tanto dura?

Alla fine è il nostro sport e sono cose che ti vengono naturali. Facciamo i training camp, in cui sei seguito da tanti esperti. Così quando torni a casa, cerchi di seguire il più possibile la linea e viene tutto da sé. Poi iniziano le corse e sei di nuovo seguito dagli esperti, quindi torni a casa per 3-4 giorni ed è tutta una ruota che gira. Quando entri in questo loop, è tutto più facile. Nei dilettanti, non ci sono tante persone dietro alla squadra e sei più libero di fare ciò che vuoi.

Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Alla vigilia dell’allenamento. Covi è del 1998 ed è pro’ dal 2020
Un po’ quello che hai consigliato a Romele?

A Romele ho detto di non bruciare le tappe fra i dilettanti. Secondo me fra i 18 e i 20 anni c’è bisogno di fare altro, anche di godersi un po’ la vita, perché sono gli anni migliori. Non devi lavorare, quindi puoi permetterti qualche svago, sempre rimanendo concentrato su quello che ti piace. Perché poi, quando passi, inizia un lavoro e devi fare tutto al 100 per cento. Io ho seguito questo percorso e non mi è mai pesato 

Finito il tempo dello svago?

C’e un tempo per ogni cosa. La cosa più faticosa forse è tenere la testa, ma dipende da come la vivi. Se lo fai in maniera tranquilla, allora non ti pesa. Se invece fai tutto all’estremo, può darsi che con gli anni ti renda conto di non aver avuto una vita. Fare questo sport per lavoro è una fortuna. Io ho trovato il mio equilibrio e per ora mi ha dato i risultati.

Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
Firmando autografi a Monaco, prima della partenza di Beking 2022
La vittoria è la conferma del buon lavoro svolto?

Nel 2021 ci ero sempre arrivato vicino e mi scocciava non aver mai gioito. Poi è arrivato il 2022 e ne ho vinte tre. Questo mi ha reso più consapevole. La vittoria al Giro è stata stupenda. Vincere una gara WorldTour è importante perché capisci che puoi ambire a successi nel livello top del ciclismo.

Avevi già vinto in Spagna…

Quelle due vittorie sono venute all’improvviso, perché non pensavo di essere in condizione. Invece forse ero nel momento di miglior condizione dell’anno e avrei potuto vincere qualunque corsa. Quando non te l’aspetti, non ti cambia più di tanto. Invece la vittoria al Giro la cercavo. E averla raggiunta mi ha fatto capire che se lavori per gli obiettivi, puoi arrivarci.

L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
L’ultimo mondiale di Covi risale al 2019 fra gli U23, qui con Dainese. La maglia iridata andò a Battistella
Che cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Un’annata in cui avrò i miei spazi. Partirò già dall’Australia e poi ripeterò il calendario dell’anno scorso, puntando a fare più vittorie nelle gare in cui avrò spazio. Spero solo di non avere intoppi di salute.

Qual è stato il giorno in cui ti sei divertito di più in bici quest’anno?

Al Lombardia, anche se ho faticato tanto. Sono stato davanti al gruppo dal primo chilometro fin sotto il Ghisallo, quindi per 200 chilometri. Ho gestito la fuga, ma non è stato stressante, perché sapevo che il mio lavoro finiva in quel punto e poi sarebbe entrata in azione la squadra. Andavo forte, quindi è stato tutto più bello. 

Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Covi racconta che il Lombardia, in fuga fino al Ghisallo, è stata la corsa in cui si è più divertito
Si è parlato di te a proposito del ciclocross.

Mi piace tanto. Seguo le gare in televisione, ho tanti amici nel cross e scherzando ci diciamo di tornare a fare qualche garetta. Però è difficile riuscire a organizzarsi. Magari prima o poi proverò a chiedere alla squadra, però solo se capirò di essere competitivo, altrimenti sarebbe inutile. Non andrei mai per fare figuracce. Ora come ora puntiamo alla strada.

Uno come te, cresciuto sul Muro di Taino e con l’amore per il cross, non avrebbe il diritto di provare il Giro delle Fiandre?

Il Tainenberg… (sorride, ndr). Il Fiandre non lo farò neanche quest’anno, però è una delle gare che mi piace di più. Anche guardandolo in televisione, mi ha sempre emozionato e spero nel futuro di poterlo fare, perché mi si addice davvero tanto. Allo stesso modo mi piacerebbe fare il mondiale, quindi proverò a cambiare qualcosa per arrivarci in buona condizione. Ci sarà gente che esce dal Tour e non sarà facile, però è uno dei miei obiettivi principali. Sono già tre anni che non vesto l’azzurro, l’ultima volta ero dilettante. Per un italiano, quella è la maglia più bella.

Sprint, salita e intensità: la rotta di Trentin per il Nord

22.12.2022
4 min
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Trentin non farà il Giro, farà di certo le classiche del Nord su cui punta forte, ma non sa ancora se farà il Tour. E’ bastato collegare i puntini per trovare rispondenze fra le parole di Matteo (foto Fizza in apertura) e quelle di Bennati sul miglior modo per arrivare al mondiale di Glasgow.

«Il Tour non è ancora in programma – spiega Trentin, che a Glasgow nel 2018 vinse il campionato europeo – dipende da un po’ di cose. Vogliamo andare con la squadra più forte possibile per tornare a vincerlo, quindi bisogna mettere tutte le cose al loro posto. Il mondiale? Dalla cartina per adesso non si capisce molto. Ma se devo ricordare il percorso degli europei, dico che era super tecnico. Destra, sinistra e una valanga di curve e rilanci. In più, fu reso ancora più tecnico dal fatto che pioveva, cosa che da quelle parti succede abbastanza spesso anche d’estate. Quella sarà una variabile molto importante. Se il percorso è simile, vedrei corridori da classiche più che velocisti, specialmente in caso di pioggia. Il giorno che vinsi io, fu un tira e molla tutto il giorno e poi si staccò quel gruppetto e andammo via. Anche perché dietro gli altri erano già cotti».

Europei di Glasgow 2018, Trentin precede Van der Poel e Van Aert. Dietro Cimolai esulta
Europei di Glasgow 2018, Trentin precede Van der Poel e Van Aert. Dietro Cimolai esulta

Fiandre con Pogacar

Incontro nel ritiro del UAE Team Emirates con l’italiano che negli ultimi cinque anni è andato più vicino a vincere un mondiale e che a Wollongong è stato il regista in corsa nella prima nazionale di Bennati. Glasgow è un punto, ma prima c’è da pensare alle classiche e alla sua voglia di vincerle, che lo scorso anno si infranse sulla strada della Parigi-Nizza, con il trauma cranico che lo costrinse a fermarsi. La vittoria a Le Samyn era stata un bel lancio, invece si fermò tutto.

«Speriamo bene per quest’anno – dice facendo scongiuri – comincerò a Mallorca e vediamo di portare a casa qualcosa di decente. Al Fiandre avrò accanto Pogacar e sarà un vantaggio, ci sarà anche Wellens. Se guardate la Quick Step, la loro forza è avere più opzioni e la possibilità di far andare la corsa come vuoi tu. Io, dalla mia parte, lavoro per migliorare su quello che effettivamente si può ancora modificare».

Pogacar e Trentin durante il sopralluogo sul percorso dell’ultimo Fiandre
Pogacar e Trentin durante il sopralluogo sul percorso dell’ultimo Fiandre

Allenamenti mirati

L’osservazione di Pozzovivo per cui ogni anno che passa costringe tutti, anche i corridori più esperti, ad alzare il proprio livello, trova ancora una conferma.

«L’esperienza in questo aiuta – dice Trentin – perché non tutti hanno bisogno delle stesse cose. Per gli scalatori contano anche i 100 grammi di differenza, io invece ho bisogno di allenamenti sempre più mirati. Ormai si vanno a cercare anche gli sforzi di 30 secondi, per le corse in cui lo strappo dura quel tempo lì. Perciò ho aggiunto cose e cambiato le tempistiche del lavoro, in base agli obiettivi. Ho ripreso a lavorare bene sulle volate, tornando a un livello degno. Ma al contempo per certe classiche devo anche migliorare un po’ in salita. Non parliamo di allenamenti troppo lunghi, non ho mai fatto miliardi di ore. In proporzione ne faccio di più nei ritiri, anche perché se esci in gruppo è più facile aumentare il tempo di lavoro».

Il 2023 sarà la terza stagione di Trentin nel team di Gianetti
Il 2023 sarà la terza stagione di Trentin nel team di Gianetti

Tempo di sciare

Da oggi la preparazione di Trentin cambierà però faccia, come avevamo raccontato anche lo scorso anno. La famiglia lascerà Monaco per trasferirsi in Val di Fiemme e la bicicletta rimarrà in cantina.

«Dalla Spagna a Madonna di Campiglio – spiega Matteo – perché Claudia (sua moglie, ndr) farà la speaker alla Coppa del mondo di sci. Poi dal 23 si comincia con il fondo. In Val di Fiemme è più freddo che in Valsugana e non avendo più compagni di allenamento, mi sembra perfetto. Una volta, quando correvano ancora Moreno Moser e Quinziato, andavo con la macchina in Val d’Adige e da lì partivamo in bici. Poi loro hanno smesso e farmi un’ora di macchina per andare ad allenarmi da solo col freddo ha smesso di sembrarmi una buona idea, così sono passato al fondo, con i rulli per far girare ogni tanto le gambe.

«L’anno scorso ho fatto 11 uscite per un totale di 450 chilometri. La capacità aerobica aumenta e per la potenza vai in palestra. Diventa un allenamento strutturato. Mi sono consultato con un allenatore di fondo e ho inserito dei lavori che fanno anche loro. Se fai 50 chilometri, sono due ore di spinta continua. La bici la riprenderò a Monaco. Ma l’anno scorso arrivai al ritiro del 3 gennaio che non la toccavo dal 17 dicembre».

Da Scarponi ad Ayuso, i 13 anni di Ulissi fra i pro’

21.12.2022
5 min
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Diego Ulissi, due volte campione del mondo juniores, due anni da U23 con 6 vittorie, professionista dal 2010 con 45 vittorie. Eppure, forse per il suo carattere schivo, di lui si parla troppo poco. Intendiamoci, non ha vinto grandi classiche né Giri, ma in questo ciclismo che non naviga nell’oro, una voce come la sua merita di essere ascoltata. Non lo aiuta probabilmente il fatto di aver barattato la ricerca di luce propria con una posizione sicura nel UAE Team Emirates, ma è certo che il suo apporto si sente e quando gli hanno lasciato spazio, le sue vittorie le ha sempre portate a casa. Anche per questo nelle tasche ha un contratto fino al 2024, che lo mette al riparo da brutte sorprese. Diego non ha mai cambiato squadra.

«Ho già 33 anni – sorride – il prossimo anno andiamo per i 34. Sembra ieri che sono passato professionista, invece inizio già il quattordicesimo anno. Sono volati, sono passati bene e questo conta. Perciò mi aspetto un anno importante, in cui ci saranno occasioni anche per me. Farò corsa a supporto dei leader, insomma, come è successo in questo ultimo anno, ma cercherò le mie occasioni».

Ulissi è del 1989 ed è passato professionista nel 2010: non ha mai cambiato squadra
Ulissi è del 1989 ed è passato professionista nel 2010: non ha mai cambiato squadra
Tra i vecchietti del gruppo, sei uno di quelli che non ha risentito per niente del lockdown, tanto da aver vinto due tappe al Giro 2020 e il Giro del Lussemburgo.

Vero, quando c’è stata la ripartenza, sono andato subito forte. Sono riuscito a vincere 5 gare, quindi non l’ho sentita più di tanto. Il problema è stato dopo con il cuore, per il quale sono stato fermo più di due mesi. Insomma, l’anno scorso sono partito un po’ in ritardo e ho dovuto rincorrere. Nonostante questo comunque, la stagione era andata bene, non avendo fatto la preparazione invernale. Invece…

Invece?

Dal ritrovarsi contenti per come era andato il 2021, questo anno ho preso il Covid due volte a inizio anno e mi ha rallentato parecchio. E’ stato così anche per tanti altri, però la prima parte è stata un po’ fiacca, la seconda decisamente meglio.

A Malemort, Ulissi vince così la terza tappa del Tour du Limousin
A Malemort, Ulissi vince così la terza tappa del Tour du Limousin
Come valuti la tua carriera finora?

Per me è gratificante essere in appoggio della squadra, essere determinante. Anche nelle ultime gare corse per Tadej (Pogacar, con lui in apertura dopo la vittoria alla Tre Valli Varesine, ndr) ho dimostrato di saper fare bene e in modo incisivo il mio lavoro. In aggiunta, ci sono tantissime corse durante la stagione in cui ci saranno occasioni anche per me. Pogacar è il numero uno al mondo, quindi il leader assoluto della squadra e ogni volta che corre è una garanzia. E poi c’è Ayuso, che sta dimostrando grandissimi numeri, nonostante sia giovanissimo. I risultati sono dalla sua.

Farai il Giro?

Probabilmente sì, tanto ormai sono indirizzato lì da tantissimi anni. Inoltre è una gara in cui ho fatto sempre bene, quindi vado più che volentieri.

Guidi e Ulissi, entrambi toscani: il diesse pisano è nel team dal 2021
Guidi e Ulissi, entrambi toscani: il diesse pisano è nel team dal 2021
Un tempo avevi in testa la Liegi.

La Liegi è sempre stata una gara che mi ha affascinato, però è una gara molto dura e non sono mai riuscito a essere tra i protagonisti. Mi dispiace perché a un certo punto bisogna capire quali sono i propri limiti, però mi sarebbe piaciuto essere tra protagonisti. Ci sono riuscito nella Freccia Vallone, in cui ho raggiunto anche il podio. Insomma, altre gare importanti. Ma la Liegi mi ha affascinato dalla prima volta che l’ho fatta.

Cos’ha Pogacar che tu non hai?

Lo vedi in allenamento che ha valori eccezionali, qualcosa fuori dalla norma. Poi la cosa che mi piace di lui è che comunque è costante per tutto l’anno. A ogni corsa che fa, parte per vincere. Quello che mi ha sorpreso sin da quando è passato è proprio la mentalità. Il voler dimostrare di essere il più forte ogni volta che mette il sedere sulla bici. Insomma questa è una grandissima forza. A volte in allenamento si fa battaglia. Non sempre, però quando ci avviciniamo alle competizioni, ogni tanto ci parte… l’embolo. Anche questo fa parte dello stile di allenamento di ora.

Al Giro del 2020, corso in ottobre, per Ulissi due tappe vinte: questa la prima, ad Agrigento
Ulissi
Al Giro del 2020, corso in ottobre, per Ulissi due tappe vinte: questa la prima, ad Agrigento
Hai parlato dei tuoi limiti, a che punto della storia hai capito che tipo di corridore saresti diventato?

Quando sono passato professionista, onestamente, non capivano tanto e io per primo che stile di corridore sarei diventato. Ho sempre avuto l’indole del finisseur, la capacità di concretizzare uno sprint ristretto, per cui mi sono sempre visto in questa direzione qui. Invece c’è stato un momento proprio all’inizio, mi pare al secondo Giro d’Italia, che ho fatto nei 20 o giù di lì (nel 2012, arrivò 21°, ndr). Quindi gli era presa questa idea strana di puntare anche alle classifiche generali. Quando però mi sono accorto che magari riuscivo a vincere anche un paio di tappe, mi sono voluto concentrare su quello piuttosto che magari fare ottavo/nono in generale. Le vittorie rimangono, insomma…

Quali sono stati i tuoi riferimenti da giovane?

Nei primi anni, ci sono stati Scarponi e Petacchi, ma anche Righi e Spezialetti. E poi Emanuele Mori, che mi ha accompagnato diciamo per tutta la carriera. Lui è stato insomma il punto di riferimento vero e proprio. Ci siamo allenati tantissimo insieme. Tutte persone cui devo tantissimo. Io poi ero uno che ha sempre ascoltato parecchio. Cercavo di capire. Insomma dalla loro esperienza, ho cercato di rubargli il mestiere.

Ulissi e Covi dividono spesso la stanza. Nella UAE per ora ci sono 4 italiani. Gli altri sono Formolo e Trentin
Ulissi e Covi dividono spesso la stanza. Nella UAE per ora ci sono 4 italiani. Gli altri sono Formolo e Trentin
Qualcuno sta cercando di rubarlo a te?

Adesso è cambiato parecchio, perché ai giovani che passano hai poco da insegnargli. Però ci sono persone, come ad esempio Covi, che mi chiede tutto e cerca di crescere anche così. Siamo spesso in camera insieme, due della vecchia scuola italiana che ancora resiste.

Romele per Natale si regala uno stage con la UAE

20.12.2022
5 min
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Nella settimana che ci porta lentamente, ma freneticamente, verso Natale siamo tutti alla ricerca degli ultimi regali. Alessandro Romele, però, ha già aperto il suo: uno stage di una settimana con la UAE Emirates. Una nuova esperienza, tanto divertimento e molti consigli da chi ha vissuto gli stessi passaggi del corridore del Team Colpack-Ballan

«Dal caldo di Benidorm sono tornato al freddo italiano – racconta il corridore di Iseo – si stava meglio là, ma tornare a casa è sempre bello. L’aria si fa pungente e il clima non perdona, per fortuna i materiali si sono evoluti e non si soffre più di tanto».

Per Romele tanti chilometri al caldo della Costa Blanca
Per Romele tanti chilometri al caldo della Costa Blanca
Come è nata l’idea di fare questo stage?

Un mix di volontà comuni, tra la Colpack e la UAE Emirates. Loro visionano tanti ragazzi e noi ci godiamo una settimana con i grandi. 

Quanto è durata la tua esperienza?

Una settimana, dal 10 al 17 dicembre. Si tratta di un progetto che permette di arricchire il corridore e la persona. Dal primo punto di vista acquisisci un metodo nuovo e ti confronti con persone di grande esperienza. Dal secondo, invece, lo stesso confronto passa dalle storie e dalle esperienze che questi corridori hanno già fatto e sulle quali ti possono consigliare e suggerire. 

In che modo si è svolta la tua settimana?

Sono arrivato sabato abbastanza tardi, così domenica per non pesare troppo sul fisico ho fatto una prima sgambata. Nei giorni a seguire si è fatta la tripletta con un bel carico di ore e di chilometri. Avevo molta libertà dalla Colpack, si erano solo raccomandati di non spingere troppo. 

Per Covi un passato nella Colpack Ballan da under 23, un triennio fondamentale per maturare
Per Covi un passato nella Colpack Ballan da under 23, un triennio fondamentale per maturare
Come si svolgeva la giornata tipo?

Si partiva abbastanza presto, intorno alle 9, così da avere più tempo per altre attività nel pomeriggio: massaggi, presentazione dei materiali e interviste. 

Eravate divisi in gruppi di lavoro?

Sì, non ero l’unico stagista presente, c’era anche un altro ragazzo e quindi noi due eravamo sempre insieme. Generalmente venivano formati quattro gruppi da 6 corridori. Ho avuto la fortuna di pedalare con un po’ tutti. 

Il giorno più particolare?

Uno degli ultimi, venerdì, quando mi sono allenato con Pogacar. Sono finito in gruppo con lui e abbiamo fatto ben quattro ore con tanti chilometri. Eravamo di più rispetto ai soliti sei, anche perché con tanti chilometri da affrontare era necessario. Ci si dava un po’ di cambi in più. 

Romele è al secondo anno con la Colpack Ballan, il 2022 è stato ricco di sfortuna, ora cerca un riscatto (foto Facebook Colpack Ballan)
Romele è al secondo anno con la Colpack Ballan (foto Facebook Colpack Ballan)
Che sensazione dà pedalare accanto a un plurivincitore del Tour de France. 

E’ bellissimo! Ed è stato anche molto, ma molto divertente. Nel fare il nostro giro la squadra ha deciso di farci fare la classica pausa bar. Majka continuava a dirmi: «Mangia, mangia che sei giovane, non devi fare diete». Una volta ripartiti, per gli ultimi quaranta chilometri, hanno deciso di simulare la gara. Ragazzi che spettacolo, si scattavano in faccia l’uno con l’altro senza risparmiarsi nulla. 

Com’è stato resistere ad uno scatto di Pogacar?

Eh, ripartire così forte dopo la pausa bar è tosta. Non so come le mie gambe abbiano resistito – dice ridendo di gusto – direi che mi sono difeso bene. Non ho sfigurato, anche se non saprei dire a che percentuale di impegno fossero.

In questi giorni con chi hai parlato di più?

Con Ulissi, Covi e Trentin

Cosa ti hanno detto?

Ulissi mi ha dato l’impressione di essere molto serio e professionale, un corridore che ha fatto le cose per bene. Altrimenti non rimani per così tanto tempo a quel livello. Mi ha raccontato del suo primo anno da under 23, anche lui ha avuto delle difficoltà, ma la stagione successiva è riuscito a trovare il ritmo e andare forte. Ecco, direi che mi ha rincuorato vista la sfortuna che ho avuto nel 2022. 

Trentin è uno dei punti di riferimento per i giovani della UAE, qui con Ayuso al ritiro di Benidorm
Trentin è uno dei punti di riferimento per i giovani della UAE, qui con Ayuso al ritiro di Benidorm
Con Covi, anche lui in Colpack quando era under, di cosa hai parlato?

Abbiamo scoperto di avere molto in comune, il suo allenatore da junior è lo stesso che mi ha seguito quando ero al secondo anno della categoria. Anche lui mi ha raccomandato di non avere fretta. Mi ha spiegato che i primi due anni da under sono stati difficili e che il vero salto di qualità lo ha fatto al terzo. Meglio prendersi un anno in più da under 23 piuttosto che arrivare acerbo e faticare il triplo da professionista

E Trentin? Uno che con i giovani parla molto…

Anche con lui ho scoperto di avere una conoscenza in comune. Uno dei tanti osteopati che lo segue lavora anche con me. Siamo partiti da questo dettaglio per legare un po’ e parlare di tanti aspetti, anche tecnici. Lui, come Ulissi, mi ha dato l’impressione di essere un corridore davvero scrupoloso, che ha dato tanto per raggiungere tutti questi traguardi. 

Dal punto di vista dei materiali, della bici, ti han dato qualche consiglio?

Ho scambiato qualche battuta anche su questo argomento ovviamente. Dalla mia parte ho la fortuna di essere un “maniaco” della bici e quindi mi seguo molti tutorial e imparo di mio, sono uno curioso. Quando c’è stata la presentazione di Colnago, infatti, ero in prima fila, con le antenne dritte. 

La stessa opportunità che ha avuto Romele l’ha avuto anche Ayuso in precedenza
La stessa opportunità che ha avuto Romele l’ha avuto anche Ayuso in precedenza

Esperienze simili

L’interessante opportunità data da parte del team UAE a Romele è la stessa che fu data ad Ayuso quando lo spagnolo era in maglia Colpack. 

«Si tratta dello stesso progetto – racconta Gianluca Valoti – tra me e Matxin, Giannetti ed Agostini c’è un bel rapporto di amicizia e così ai ragazzi viene data questa occasione. Non è nulla di concreto o di certo, si tratta di un’esperienza per vedere come funziona il WorldTour. Lo stesso rapporto c’è anche con Bramati, infatti lo stesso Romele l’anno scorso, sempre a dicembre era andato a fare la stessa esperienza in QuickStep».

Nei sogni di Almeida c’è sempre e soltanto il Giro

17.12.2022
5 min
Salva

Almeida e la sua maglia rosa dipinsero per quindici il Giro d’Italia del 2020, prima che lo Stelvio e il successivo arrivo ai Laghi di Cancano si ponessero di mezzo come ostacoli troppo alti da scavalcare. Joao chiuse al quinto posto e chiese la rivincita per l’anno successivo, quando però la Deceuninck-Quick Step lo mise accanto ad Evenepoel, in quello che è stato il più grosso errore strategico del team di Lefevere. Il giovane non era ancora pronto ed era al rientro dopo l’incidente del Lombardia. Così il tempo perso da Almeida per aspettarlo lo relegò al sesto posto finale. Capita l’antifona, quest’anno il portoghese è passato al UAE Team Emirates, ma al posto di Evenepoel ha trovato il Covid. Si è ritirato dal Giro dopo la tappa di Lavarone. E’ rientrato ai campionati nazionali, ha conquistato il secondo posto alla Vuelta Burgos ed è andato a prendersi il sesto della Vuelta. Ma il Giro resta il Giro e, in quanto tale, ne ha fatto nuovamente il focus della stagione.

Nel pomeriggio, anche Almeida si era prestato alle interviste del media day del UAE Team Emirates
Nel pomeriggio, anche Almeida si era prestato alle interviste del media day del UAE Team Emirates

A porte chiuse

Abbiamo incontrato Joao, 24 anni compiuti ad agosto, in una stanzetta dell’hotel di Benidorm, dopo che aveva finito di sistemarsi gli occhiali. I giornalisti erano andati già tutti via e si aspettava ormai la cena, in questo ritiro che sa di rimessa in moto e team building. Con i nuovi ancora vestiti con le maglie vecchie e i vecchi a fare le prove con le maglie nuove. Quando l’UCI riscriverà questa norma, saremo tutti più felici. Anche noi che giriamo per ritiri e non possiamo pubblicare tutto quello che fotografiamo.

Parlando di lui appena un’ora prima, il suo mentore Matxin aveva detto che il ragazzo sta crescendo secondo la tabella migliore per lui. Che è sbagliato metterlo sullo stesso piano di chi è riuscito a bruciare le tappe. E che quei giorni in rosa non devono indurlo a voler saltare qualche passaggio. Proprio da lì, con lui siamo partiti.

A guidare Almeida al Giro ci sarà sicuramente anche Fabio Baldato
A guidare Almeida al Giro ci sarà sicuramente anche Fabio Baldato
Che cosa hanno rappresentato quei giorni in maglia rosa?

Qualcosa che ricorderò per il resto della carriera. Un bel record e delle belle sensazioni. In quel Giro sono cresciuto tanto come uomo e come corridore. Resta qualcosa di speciale e da allora, ma forse anche da prima, vincere il Giro è diventato il mio obiettivo. Quest’anno c’è stato il Covid e non si è vista la migliore versione di me. Ma stiamo facendo come al solito tutto quello che serve per raggiungere l’obiettivo. Se lavoriamo duro, avremo successo.

Ti senti un atleta in evoluzione?

Vedo che sto migliorando sempre. Mi difendo bene sulle montagne più alte, sono uno scalatore migliore. Quest’anno non sono andato tanto bene nelle crono, ma perché abbiamo avuto qualche ritardo con le bici, non c’era lo scenario perfetto. Nel 2023 sono certo che andrà bene.

Il Giro resta il primo obiettivo?

Decisamente. Però in qualunque corsa andremo con la squadra, l’obiettivo sarà vincere. Perciò punto a raggiungere un buono stato di forma e vedremo cosa si potrà fare anche altrove.

Come ti trovi nei panni di leader?

Mi sento bene. Certo, il primo anno ero in una nuova squadra e non è stato facile convivere con la responsabilità, perché percepivo che su di me ci fossero delle grandi attese. Poteva andare meglio se non avessi avuto il Covid, ma sono stato felice e anche la squadra. Per cui direi che sto migliorando anche in questo.

Pochi minuti all’allenamento: Almeida è molto fiducioso per il 2023
Pochi minuti all’allenamento: Almeida è molto fiducioso per il 2023
TI sei accorto che la squadra sta crescendo accanto a te?

Il team perfetto non esiste, ma la squadra sta davvero migliorando tanto. Lavoriamo duro proprio per questo. Come ho già detto, non ci sono solo io. Se vi guardate intorno, le differenze si notano a occhio nudo.

Cosa ti pare del percorso del Giro?

L’ho visto solo su carta. C’è parecchia cronometro, ma ci sono anche montagne dure. Sarà un Giro impegnativo, ma può essere adatto a me e per questo lo studierò nei dettagli. Faremo anche nelle ricognizioni, ne stiamo parlando proprio in questi giorni. Il guaio è che appena inizieranno le corse, ci sarà sempre meno tempo per farne. Le tre crono andrò a vederle di sicuro, soprattutto la terza, quella in salita. Quel giorno si può decidere tutto. Ne sono certo, sarà un Giro esaltante.

Ayuso, il coraggio di dare forma ai sogni

16.12.2022
5 min
Salva

Ecco come è fatto uno che a 19 anni arriva terzo alla Vuelta. Ayuso siede davanti con la sicurezza scritta in faccia. Badate bene, non stiamo parlando di presupponenza, ma di calma e consapevolezza. Dovunque questa strada lo porterà, lui è certo di avere le scarpe giuste per fare i suoi passi. E per quello che abbiamo visto seguendolo negli ultimi due anni, potrebbe avere ragione.

«Il talento bisogna dimostrarlo – dice – adesso si fanno confronti fra me e Tadej (Pogacar, ndr) per il fatto che anche lui al primo anno è stato terzo alla Vuelta. Ma io non ci penso. Posso però dire, alla vigilia di un’altra stagione, che il prossimo step logico sarebbe migliorare quel risultato. Non significa che vincerò la Vuelta, ma certo lavorerò per farla al massimo».

Juan Ayuso ha conquistato il podio della Vuelta a 19 anni, dietro Evenepoel e Mas
Juan Ayuso ha conquistato il podio della Vuelta a 19 anni, dietro Evenepoel e Mas

Speranza spagnola

Un pomeriggio che volge al tramonto sulle alture alle spalle di Benidorm, i grattacieli che bucano la foschia sembrano il regno non necessariamente da fiaba di un romanzo di Tolkien. Ayuso desta curiosità. Nel ciclismo spagnolo che ha appena salutato Valverde dopo aver dovuto rinunciare a Contador, Purito Rodriguez, Sastre, Freire e Samuel Sanchez, la sua stella sta già infiammando i tifosi.

«La Vuelta – dice – mi ha mostrato al pubblico spagnolo, ma nessuno obiettivamente se lo aspettava. In quei giorni ho avuto parecchi alti e bassi, a causa del Covid. Ero strano, ma i test all’inizio erano negativi. Due giorni dopo la crono, in una tappa dura, è venuto fuori il tampone positivo. Per la squadra andare avanti ugualmente è stato un bello stress, poi però sono risalito fino alla mia condizione e ho scalato la classifica».

Juan Ayuso è passato pro’ nell’estate del 2021 e ha compiuto 20 anni una settimana dopo l’ultima Vuelta
Juan Ayuso è passato pro’ nell’estate del 2021 e ha compiuto 20 anni una settimana dopo l’ultima Vuelta

Efficienza americana

Parla un ottimo inglese, ricordo della scuola americana che ha frequentato e del tempo trascorso ad Atlanta, quando suo padre fu trasferito negli USA per lavoro.

«Ma di quel periodo – dice sorridendo – ho pochi ricordi. Solo dei flash. La casa. Il giardino. Il cane che mi rincorre. Mia sorella ha quattro anni più di me e ricorda meglio. Però dell’America ho tenuto la mentalità. Mi piacciono le cose che funzionano e per essere un atleta tutto deve filare alla perfezione».

Dove vuoi arrivare?

Sono un corridore molto ambizioso e come tale sogno di vincere il Tour. Lo vedevo a 17 anni quando vinceva Contador. Adesso sono troppo giovane per pensarci, ma credo che a 24-25 anni avrò capito come funziona la corsa e forse potrò pensare di vincerlo. Devo essere realista, so qual è il mio posto. Tadej è il migliore, io alle sue spalle devo e posso migliorare.

Nonostante a metà Vuelta abbia avuto il Covid, il livello di Ayuso è stato altissimo
Nonostante a metà Vuelta abbia avuto il Covid, il livello di Ayuso è stato altissimo
Non credi di caricarti di troppa pressione?

Più che pressione parlerei di motivazione. E’ chiaro che non potrò vincere tutte le corse cui andrò, ma siamo in una fase di ricambio. La new generation arriva, il pubblico vuole vederci vincere. Mi piaceva sentire la gente che chiamava il mio nome, che mi scriveva su Instagram, i vicini di casa che mi riconoscevano. Voglio partire bene. Fare un bello start alla Valenciana, poi Catalunya e Baschi da protagonista.

Dove credi di dover migliorare?

Le crono piatte sono un esercizio per specialisti, ma alla Vuelta mi sono piaciuto. Devo migliorare nelle tappe con grandi pendenze, ma ad esempio a Les Praeres sono andato bene. Mi sto allenando per migliorare su certe rampe. Le salite della leggenda invece mi gasano. Sentir parlare dell’Angliru mi fa drizzare i peli. Quando Contador vinse lassù la sua ultima corsa, fu incredibile.

Si temeva che calassi nella terza settimana della Vuelta.

Un po’ lo pensavo anche io, ma avevo un po’ di speranza perché sulla carta non c’erano tappe durissime. Però ogni giorno guardavo i watt che facevo e mi rendevo conto che erano tutti al massimo. Tutti i giorni full gas. Il mio primo grande Giro. La terza settimana forse non era dura, ma è stata un inferno.

I corridori UAE Emirates prendono confidenza con nuovi gruppi e misuratori di potenza. Qui Ayuso con Trentin
I corridori UAE Emirates prendono confidenza con nuovi gruppi e misuratori di potenza. Qui Ayuso con Trentin
Hai parlato di Contador…

Ho un buon rapporto con lui. Abbiamo parlato 3-4 volte. Mi ha dato tanti consigli, ogni volta che posso cerco di parlare con questi grandi campioni. La prima volta che gli ho telefonato, ero nervoso. Lo stesso quando parlai con Purito Rodriguez. Con lui mi preparai prima le cose da dire…

Dagli juniores sei andato per sei mesi alla Colpack, hai vinto il Giro d’Italia U23 e poi sei passato pro’.

E’ stato il passo più azzeccato. Potevo essere anche il miglior junior al mondo, ma non sarei stato in grado di passare subito. Andare alla Colpack mi ha dato fiducia ed esperienza che non avrei trovato nei primi sei mesi di WorldTour. Correre fra gli U23 ti prepara al top, ti insegna diversi modi per vincere, come funziona il grande gruppo. Ogni volta che leggo di uno junior che passa professionista, penso che avrebbe fatto meglio a fare un passaggio fra gli under 23.

Che cosa c’è da imparare per vincere?

Oggi abbiamo tutte le informazioni possibili. Potenza, dati fisici. Sappiamo quanto consumiamo e cosa dobbiamo integrare. In corsa però serve esperienza e quella si costruisce correndo. Il preparatore, il dottore, il nutrizionista, tutto giusto e necessario… Ma non ci sono loro sulla bicicletta.