A un certo punto, dopo la fuga sull’Angliru, Mattia Cattaneo ci la creduto, poi il grande sogno si è infranto a 3,5 chilometri dall’arrivo di Puebla de Sanabria e la tappa l’ha vinta Philipsen. Quando il vento si è messo contro e dietro i rivali si sono messi a tirare. E’ partito a circa 30 chilometri dall’arrivo, mollando la compagnia della grande fuga nata dopo appena 40 chilometri nella tappa più lunga della Vuelta (230,8 chilometri), corsa con il freddo più freddo. Il percorso era tutto un su e giù, con sei salite come colline, dal nome magari poco minaccioso ma capaci di sommare un dislivello di quasi 4.000 metri.
La fuga giusta
Colpetti di tosse frammentano il discorso. Dopo la tappa c’è stato il controllo, poi s’è trattato di tornare al pullman e fare la doccia. A quel punto, con l’acqua calda che riportava la voglia di parlare, la sua ricostruzione comincia.
«Alla fine non c’era tanto freddo – dice – mentre all’inizio ci ha fatto battere i denti. Io ho l’abitudine di partire sempre davanti e dopo 40 chilometri ho cominciato a vedere scatti e controscatti e una fuga che partiva con gente come Luis Leon Sanchez, Guillaume Martin e Rojas. C’erano due Sunweb, due Mitchelton. Era una bella fuga e io comincio a sentire le sensazioni giuste. Servirebbe la quarta settimana…».
Contro il vento
Lo scatto è stato giusto. La salita è il suo terreno e l’ha gestita, senza che dietro guadagnassero chissà quanto. Poi quando la discesa si è addolcita e la strada si è allargata, sono iniziati i guai.
«Era dura con quel vento in faccia – dice – sarebbe bastato quel pizzico di fortuna di non trovarlo. Ho capito di avere i minuti contati quando sono arrivato con circa un minuto a 10 chilometri dall’arrivo. La strada si è allargata, la discesa è diminuita fino a un 2-3 per cento e il vento era teso. Dietro tiri cinquanta metri e ti sposti, davanti tiri sempre e non hai scampo. Il rammarico c’è, come ogni volta che vedi la vittoria e poi ti scappa. Ma so di aver dato tutto, per cui non c’è rimpianto…».
Urlo Philipsen
Sul traguardo Philipsen, che ha 22 anni e veste la maglia della Uae Team Emirates, ha cacciato un urlo animalesco, festeggiando per la prima tappa vinta in un grande Giro. Alle sue spalle, ugualmente sollevati ma certo meno euforici, gli uomini di classifica hanno apprezzato la neutralizzazione della tappa ai meno tre dall’arrivo: scelta della Giuria che ha permesso agli atleti di vertice di andare a letto con la stessa classifica di ieri.
«E’ fantastico – dice Philipsen – non posso descrivere quanto io sia felice per questa vittoria. Significa tanto per me. Ho aspettato il momento giusto per tutta la Vuelta e oggi è arrivato in modo proprio inatteso. Ci sono state tante squadre a controllare la corsa. La fuga era forte e ben assortita, ma ho visto il vento e posso dire che stare davanti era davvero duro. Ho cominciato a crederci chilometro dopo chilometro, ma stamattina non mi sarei mai aspettato una volata di gruppo. A me piacciono gli arrivi in leggera salita, questo era perfetto per me».
Con il passare dei giorni sembra sempre più chiaro che la Vuelta si deciderà sabato sulla Covatilla. A meno che Carapaz, non fidandosi di poter recuperare 39 secondi nel testa a testa, decida di inventarsi qualcosa.