Roglic riparte. Primo obiettivo: essere pronto per il ritiro

25.11.2022
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S-Hertogenbosch, Service course della Jumbo-Visma. Primoz Roglic si aggira nelle varie sale della sede giallonera come se fosse di casa, ma di fatto lo è. Lo sloveno fa parte di questo team dal 2016. E ne è una colonna portante: è stato lui a portare le prime grandi vittorie.

Quel che più si nota è la sua attenzione verso i nuovi materiali, le proposte dei nuovi sponsor. Fa domande a raffica, Primoz. Vuol sapere ogni dettaglio. Dal vestiario alle bici. Disponibile, affabile… quando è alle corse è molto più concentrato. Scopriamo una versione di lui insolita, ma decisamente piacevole.

Lo sloveno (classe 1989) molto attento alle nuove dotazioni adottate dal team. Ha fatto molte domande ai tecnici
Lo sloveno (classe 1989) molto attento alle nuove dotazioni adottate dal team. Ha fatto molte domande ai tecnici

L’infortunio

Lo avevamo lasciato dopo la caduta alla Vuelta. Ancora una volta un po’ la sfortuna e un po’ il suo modo aggressivo di correre, gli avevano presentato un conto salatissimo. L’ennesimo duro colpo alla carriera di questo ragazzo che invece è coriaceo come pochi.

Più volte ha ribadito che la sconfitta del Tour 2020 è alle spalle e se si supera uno shock simile non c’è caduta che possa fermarti. E a proposito di spalle è dalla sua spalla sinistra che ripartiamo. 

«Come va? Adesso bene – racconta Roglic – Inizio ad allenarmi lentamente. Sono passate sei settimane dall’intervento. Ogni settimana va meglio, ma ci vuole del tempo. Finalmente il movimento del braccio – e imita il gesto circolare – è quasi completo».

Primoz si era lussato una spalla già al Tour de France, durante la tappa del pavé. Se l’era rimessa in sede da solo. E poi ci era di nuovo caduto sopra nel finale della 16ª tappa della Vuelta. A quel punto dopo un periodo di stop, verso metà ottobre è stato costretto all’operazione.

Però i dubbi sono tanti. E anche per questo Primoz non si sbilancia su programmi ed obiettivi. Per esempio, i medici gli hanno vietato, di correre a piedi e lui era un habituè del running nella sua preparazione. E non è escluso che dovrà rivedere anche la posizione in bici.

«Sulla posizione in bici – dice – speriamo di non dover cambiare nulla, ma per ora davvero non lo so. Mi hanno tagliato un pezzo di osso, ci hanno messo viti un po’ troppo lunghe che sono uscite dall’altra parte, ma mi dicono che così è ancora più fissa. Lo scoprirò solo quando inizierò a pedalare».

La caduta di Roglic alla Vuelta. Primoz è scortato sull’arrivo dal compagno Teunissen. Il giorno dopo non partirà
La caduta di Roglic alla Vuelta. Primoz è scortato sull’arrivo dal compagno Teunissen. Il giorno dopo non partirà

Il recupero

Per Roglic si è trattato dunque di rivedere i piani. Da quella caduta sono passati tre mesi. Tre mesi in cui ha rivisto la sua vita. Passare dal dedicare tante ore al giorno alla bici a niente non è facile. Serve anche un certo equilibrio mentale e il supporto di chi ti sta intorno. Ma in questo caso Primoz aveva la sua famiglia, i suoi amici, i suoi impegni. Anche quelli con il Comitato Olimpico sloveno, di cui di fatto è diventato testimone tramite la Fondazione Cerar gestita dallo stesso Comitato.

Nella lunga chiacchierata con lo sloveno si parla chiaramente anche della stagione che verrà. Primoz ipotizza una partenza tranquilla a marzo, complice anche il suo infortunio.

«Ho un’idea sul mio inizio di stagione – dice Roglic – ma tutto dipende da come andrà ora con la ripresa. Per me il prossimo anno è un po’ un mistero. Per ora ho ripreso a fare solo dei piccolissimi giri. La settimana prossima farò un altro controllo e vediamo se mi daranno il semaforo verde per riprendere veramente. Il mio obiettivo per adesso è potermi presentare l’11 dicembre per il ritiro».

«Ma magari tutto ciò serve a qualcosa – la prende con filosofia – magari sarò più fresco in estate. Devo essere fiducioso. Per il momento sono felice così. Non ho dolore. Non riuscivo a nuotare, non riuscivo a dormire…».

Nonostante tutto, nonostante l’operazione e i tre mesi di stop gli facciamo notare che comunque è già molto magro.

«Sono pur sempre uno sportivo – esclama Primoz – devo sempre farmi trovare pronto. E poi è anche nell’interesse della fondazione (la Primoz Roglic Fundacija, ndr) che abbiamo creato con mia moglie Laura, con la quale incoraggiamo e aiutiamo i giovani atleti a condurre stili di vita corretti. Devo essere un esempio».

Roglic erede di Tina Maze (ex sciatrice e campionessa olimpica) per la rappresentanza della Fondazione Cerar (foto Ziga Zivulovic)
Roglic erede di Tina Maze (ex sciatrice e campionessa olimpica) per la rappresentanza della Fondazione Cerar (foto Ziga Zivulovic)

Sui giovani

Tra i top rider Roglic è il più “vecchio”: 33 anni. Si trova a lottare con gente che ne ha dieci meno di lui, vedi Evenepoel. E come sappiamo oggi non è facile. Si tratta di ragazzi che nascono con altri criteri, altri metodi di allenamento e meglio riescono a sfruttare la freschezza e l’esplosività che il fisico consente a quell’età. Vincere insomma è sempre più difficile, anche per uno come lui.

«I ragazzi più giovani – dice Roglic – stanno arrivando, ma questo vale per tutti. Arriverà una generazione che li supererà. Io non ci penso molto a dire il vero, preferisco concentrarmi su me stesso, sulle mie cose e farle nel modo migliore. Non c’è un giovane in particolare che mi ha colpito. Oggi i giovani arrivano e vanno forte in tutti gli sport, non solo nel ciclismo».

Sul Galibier Roglic si è messo a disposizione di Vingegaard. «Un momento molto bello», ha ricordato lo sloveno
Sul Galibier Roglic si è messo a disposizione di Vingegaard. «Un momento molto bello», ha ricordato lo sloveno

Il Tour in testa

Primoz racconta che ha sempre cercato di essere il numero uno e faceva le cose al 110% per esserlo. E’ stato così quando era un saltatore con gli sci ed è lo stesso da ciclista. Ma il “problema” emerge quando si è raggiunto il top. Gli obiettivi vanno ricalibrati. Per lui il grosso del focus resta il Tour de France e non necessariamente per vedersi sul gradino più alto del podio. Anche se ammette che quando ha iniziato a pedalare sognava di correre anche il Giro. 

«Se penso che posso ancora vincere il Tour? Non vedo perché no. A fine carriera – spiega Roglic – traccerò una linea e vedrò cosa ho vinto e cosa no. Io voglio continuare ancora e voglio farlo divertendomi. Finché avrò questa scintilla dentro a spingermi andrò avanti.

«Uno dei giorni per me più belli in assoluto è stato quello del Col du Granon. E’ stato bello fare parte della squadra e di quell’azione. Condividere la doccia con i ragazzi, parlarne… Io già sapevo che i miei attacchi sul Galibier servivano solo per aiutare Jonas (Vingegaard, ndr). E alla fine il nostro piano è andato anche meglio di come di quanto probabilmente ci aspettavamo. 

«Poi è stato doloroso essere a casa mentre Jonas e i ragazzi stavano lottando e vincendo il Tour, ma io proprio non potevo andare avanti… altrimenti sarei rimasto in corsa».

Giro 2019: Roglic e Nibali iniziarono a punzecchiarsi verso Ceresole Reale. Verso Courmayuer invece Carapaz prese la maglia rosa
Giro 2019: Roglic e Nibali iniziarono a punzecchiarsi verso Ceresole Reale. Verso Courmayuer invece Carapaz prese la maglia rosa

E il Giro?

Voci di corridoio lo vogliono al via del prossimo Giro d’Italia. Già ci si prepara alla rivincita della Vuelta contro Evenepoel, invece Primoz non si espone. Il percorso con tre cronometro individuali è un invito a nozze per lui. Tra l’altro l’ultima delle crono è sul Monte Lussari, ad un passo dalla sua Slovenia, ed è una zona che conosce bene.

«Ho gareggiato e vinto da quelle parti – racconta Primoz – quando ero un saltatore con gli sci. E poi ci sciavo. Non so se sarò pronto per il Giro, bisognerà vedere come andranno le cose a partire dal controllo della prossima settimana. E dai programmi che decideremo». 

Il corridore della Jumbo-Visma quando sente parlare dei 71 chilometri contro il tempo non si sofferma solo su quelli. Fa capire apertamente che per lui vanno bene anche gli altri percorsi. Quasi si sentisse ferito nell’orgoglio e ci volesse dire: «Ehi, non sono solo un cronoman».

Se il Tour è il suo pallino, il Giro non è così da meno: sia per una vicinanza geografica con l’Italia, sia perché quest’anno si passa molto vicino casa sua e sia perché è stato il primo grande Giro che ha fatto nel 2016.

Manca dalla corsa dall’edizione del “fattaccio” con Nibali verso Courmayeur che spalancò le porte del paradiso a Carapaz. Nessuno dei due voleva tirare e l’ecuadoriano ne approfittò. Roglic fu comunque terzo. Quel podio, il primo nei grandi Giri, gli diede comunque una grande consapevolezza, tanto che in autunno vinse poi la sua prima Vuelta. Ora forse è pronto per qualcos’altro