Vingegaard vuole firmare anche la maglia gialla 2023

27.11.2022
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«A volte mi sveglio e mi chiedo ancora se sto sognando o se ho davvero vinto il Tour de France. Esco e controllo la maglia gialla… ed è ancora lì. Ce l’ho a casa, è una bella sensazione». Magrissimo, sorridente, semplicissimo: Jonas Vingegaard si aggira nel Service Course della Jumbo-Visma come fosse uno qualsiasi. Si ferma a parlare con i compagni, quasi a chiedere se può inserirsi nella conversazione, passa a ritirare il suo materiale, si dedica alle interviste, autografa maglia gialle e a pois.

Tra l’altro, e fa un po’ ridere, quando arriva il momento del pranzo i panini sono finiti. Lui non trova niente e agguanta dal buffet quel paio di biscotti secchi rimasti. 

Lo tsunami del post Tour de France sembra alle spalle e lui appare sereno e disteso, con quella piega della pelle intorno alla bocca che vorrebbe farlo apparire più vecchio, ma che non ci riesce.

Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France
Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France

Vita di sempre

Come Roglic e Van Aert, anche Vingegaard ci concede un bello spazio per parlare. E si parte proprio dalla vita, quella del post Tour. Ormai la maglia gialla per lui segna un confine tipo, prima e dopo Cristo.

«Ovviamente – racconta il danese – le cose intorno a me sono diverse, ma la mia vita non è cambiata molto. Faccio ancora le stesse cose: vado in bici, vado a fare la spesa, vivo nello stesso paesino di 1.500 persone che sono sempre le stesse… E’ diverso perché ora più gente mi riconosce per esempio se vado in aeroporto.

«A casa però siamo noi: ci alziamo, facciamo colazione tranquillamente. Io vado in bicicletta mentre la mia compagna e mia figlia stanno a casa… Ogni tanto prendiamo una sorta di cargo bike che ci ha dato lo sponsor per andare in giro».

Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)
Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)

Tour e team

Vingegaard passa poi a raccontare del Tour. Di quelle tre settimane incredibili. Le insidie dell’inizio. Il dominio di Pogacar. Il suo ribaltone.

«La cosa più bella – racconta Jonas – è che abbiamo corso come team. Abbiamo cosi tanti talenti in squadra… Avevamo un obiettivo finale e tutti abbiamo rispettato il piano. Wout per esempio aveva la maglia gialla, ma ha rinunciato a difenderla per aiutarmi». Il riferimento è al giorno della tappa in pavé quando Vingegaard rimase indietro e rischiò di perdere tanti, tanti minuti. Fu Van Aert a salvarlo… e anche bene». E Van Aert tenne la sua maglia per una manciata di secondi.

«Credo che il giorno più difficile sia stato quando abbiamo perso Steven (Kruijswijk, ndr) e Primoz (Roglic, ndr). E’stato un giorno molto negativo, che ha avuto un certo peso. Ma poi dovevamo continuare a lottare, quindi il nostro piano è stato di accettare la situazione e provare a fare del nostro meglio e andare avanti. Però altri momenti duri non mi vengono in mente».

Sul ritiro di Roglic, Jonas è parso davvero dispiaciuto. Loro due hanno un ottimo rapporto e il danese spera, ed è certo, che Primoz potrà tornare a grandi livelli già dalla prossima stagione.

Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo
Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo

Verso il 2023

«Ho iniziato due settimane fa ad allenarmi – prosegue Vingegaard – ho avuto una lunga vacanza rispetto al solito. E quando sono tornato dal Giappone (per le kermesse organizzate da Aso, ndr) ho subito iniziato ad allenarmi.

«In cosa posso migliorare? Sicuramente lo sprint, per iniziare. Ma ci sono molti aspetti da migliorare ancora. Non voglio solo migliorare fisicamente, voglio migliorare in tutto. Quest’anno spesso sono stato male, vorrei migliorare anche questo. Nei materiali…».

Quando si va molto in alto poi accade che pressione e stimoli ti facciano vacillare. E’ questione di carattere e di nervi saldi, ma in questo caso sembra emergere l’uomo del Nord. Jonas è razionale e consapevole.

«Non so se sia più affamato per vincere rispetto allo scorso anno. Sono affamato in maniera diversa. C’è qualcosa di speciale. Voglio ancora fare bene e vincere corse».

«Con la mia storia, essere nervoso sarebbe stato facile. Non mi innervosisco più come prima. Mi sono detto: “Se vinco, vinco… altrimenti sarà per l’anno prossimo. E ci riproverò fino a che non vincerò”. In tal senso sono migliorato dall’inizio del 2021, anche nel gestire le aspettative. Io non ho mai avuto problemi a mantenere le aspettative degli altri, ma ho sempre avuto difficoltà nel mantenere le mie. Mettevo molta pressione su di me. Questo era il mio problema».

Ma poi ci sono anche gli altri. Pogacar magari avrà perso qualche certezza, ma è sempre Pogacar e ci ha messo poco a rimboccarsi le maniche. Guardate come ha vinto il Lombardia… Ma lui sarà ancora più aggressivo? Si dice che lo sloveno voglia lavorare ancora di più per la salita.

«Penso che sarà più motivato. Non so se più aggressivo. E’ stato già abbastanza aggressivo quest’anno!».

Giro o Tour?

Jonas ha visto i percorsi del Giro d’Italia e del Tour. La sua destinazione è scontata e anche lui ammette che con tre cronometro in Italia, la corsa francese sia più adatta alle sue caratteristiche.

«Però non abbiamo ancora pianificato cosa fare l’anno prossimo. Io vorrei tornare al Tour».

Mentre scarta l’idea di una doppietta Giro-Tour, nonostante il suo idolo da ragazzo fosse Contador, l’ultimo ad averci provato veramente. 

«Quando ho iniziato con il ciclismo mi piaceva molto Contador. Mi piaceva il suo modo di correre, di attaccare. Da lui ho preso l’ispirazione a non avere paura di attaccare. Di essere aggressivo, ma in un modo intelligente.

«E’ difficile dire se è possibile fare la doppietta in un grande Giro. Credo che se dovessi iniziare penserei più al Tour e alla Vuelta. Non è facile, ma di sicuro Giro e Tour è duro. Forse li potrei fare in futuro. Per il prossimo anno non so… magari potrei fare anche la Vuelta».

Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada
Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada

Paure

Vingegaard ha detto di aver lavorato molto anche su stesso con la gestione del nervosismo, della pressione e sta maturando velocemente. Ma poi ci sono dubbi con i quali anche i campioni devono fare i conti e Jonas lo dice apertamente.

«Certo che ci sono delle cose che mi fanno paura. Per esempio in allenamento cerco di andare più piano che nelle corse. Sto attento alle curve, ho paura di essere tamponato da una macchina. Cerco di essere sempre essere concentrato sulla strada. 

E palrando dell’incidente di Bernal, lui dice: «Guardo sempre avanti. Ovviamente sono cose possono capitare, ma sono sempre molto più prudente durante gli allenamenti».

E la paura c’è stata anche in quell’ultima curva nella crono di Rocamadour, quando finì al di fuori dell’asfalto e sfiorò la parete di roccia che c’era subito al margine. Rischiò di mandare tutto in fumo quando mancavano 2.000 metri all’impresa.

«Eh sì – ricorda Vingegaard – mi sono spaventato abbastanza. Ma non volevo andare piano. E penso che rifarei lo stesso. Ho preso la linea sbagliata e siccome la strada era sconnessa, ho fatto anche peggio. Se la strada non fosse stata sconnessa, sarei riuscito a passare facilmente.

«Dall’ammiraglia cosa mi hanno detto? Non ricordo bene, ma mi hanno detto: “Bel salvataggio!”».