Axel Merckx

Merckx, la crisi e quei sorrisi al Giro

30.10.2020
4 min
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Axel Merckx risponde al telefono dal Canada in uno dei momenti più critici della sua carriera di manager. Il Covid ha spazzato via il ciclismo dal Nord America, facendo cancellare praticamente ogni corsa. E la Hagen Bermans Axeon, che a inizio stagione era una squadra in salute e pronta a giocare le proprie carte, adesso è ad un soffio dal chiudere i battenti per l’assenza di sponsor.

Fucina di talenti

Del team americano si è parlato più volte durante il Giro d’Italia, perché dalle sue file sono approdati al professionismo Tao Geoghegan Hart, che il Giro l’ha vinto; Joao Almeida, che lo ha comandato per due settimane; Ruben Guerreiro, che si è portato a casa la maglia dei gran premi della montagna. Tutti hanno speso parole di elogio per Axel che, da quando ha iniziato a portare avanti questo progetto oltre l’Oceano (nato negli anni di Livestrong da cui si è poi affrancato), ha smesso di essere il figlio di Eddy. Prima di loro e fra gli altri, Merckx ha mandato nel WorldTour corridori come George Bennett, Jasper Stuyven, Taylor Phinney, Neilson Powless e Mikkel Bjerg.

Tao Geoghegan Hart, crono Monreale-Palermo,, Giro d'Italia 2020
Tao Geoghegan Hart ha corso con Merckx dal 2014 al 2016
Tao Geoghegan Hart, crono Monreale-Palermo,, Giro d'Italia 2020
Tao Geoghegan Hart con Merckx dal 2014 al 2016

Colpa del Covid

Dice che avevano cominciato il 2020 super ambiziosi, poi sono sparite le corse, non si riusciva a venire in Europa. Insomma… un disastro.

«Sto ancora cercando – dice – e non dispero. E’ complicato. Ho contatti, ne vorrei di migliori. Il Covid non ha aiuta, anzi ci ha mandato al tappeto. Gli sponsor sono in difficoltà. Per questo non cerchiamo soltanto negli Stati Uniti o in Canada, ma in tutto il mondo. Del resto la squadra è affiliata negli Usa, ma abbiamo il servizio corse in Belgio e viviamo la maggior parte dell’anno in Europa. Siamo stati in Italia per il Piccolo Lombardia e il Giro U23 puntando su Quinn, ma non è andato benissimo. Ho anche pensato di legarmi a un team WorldTour, ma non tutti hanno budget per un team Development».

Il Giro, che sorpresa

A consolarlo è arrivato il Giro d’Italia, con quei tre ragazzi che hanno stupito lui per primo. Anzi, si dice stupito più di Tao e Joao che di Guerreiro, che le doti per la maglia della montagna le ha sempre avute.

«Ho seguito la corsa in tivù – dice – con tutte le complicazioni del fuso orario. E’ stato una grande sorpresa. Sapevo che sono ragazzi di talento e che sarebbero arrivati, ma come facevo a prevedere i quindici giorni in rosa di Almeida? E poi Tao… Avrei detto che avesse i numeri per una top 10, al massimo top 5. Ha talento. Vede bene la corsa, va bene a crono ed è forte in salita. Era al Giro per aiutare Thomas, ma ha giocato benissimo la sua carta. E’ stato lucidissimo e lui in questo è un esempio. Sono abbastanza sicuro che non cambierà la sua mentalità e tornerà a fare il suo lavoro. Pensa che mi ha chiamato prima di salire sul podio finale, super in fretta. L’ho trovato molto sicuro nella voce, ma posso aggiungere poco, perché per il resto della chiamata non abbiamo fatto altro che ridere…».

Joao Almeida, Giro d'Italia 2020
Joao Almeida, con Axel Merckx nel 2018 e 2019
Joao Almeida, Giro d'Italia 2020
Almeida con Merckx nel 2018 e 2019

Nessun segreto

C’è anche lui però nella loro storia ed è bello ricordarlo, soprattutto per capire come mai dal suo team siano usciti tanti corridori così forti e pronti.

«Ne faccio parte – ammette – ma sono loro ad aver fatto i sacrifici necessari. Non so se ci sia un segreto, parlerei piuttosto di metodo di lavoro. Un mix fra mentalità Usa e tradizione europea. Probabilmente non è un modello che funziona con tutti. Andando a stringere, ho bisogno di avere un buon feeling con il corridore e che lui lo abbia con i compagni. Solo così l’esperienza diventa insegnamento. Cerco il talento. Va bene guardare ai risultati, ma ci sono anche corridori di qualità che arrivano da periodi sfortunati e non hanno piazzamenti. Quel che conta è la mentalità con cui vengono e la voglia di far parte del progetto, cosa possono fare gli uni per gli altri. Da noi non sono numeri, sono persone. E credo che abbiamo fatto un buon lavoro».