Pochissimi cambi nella squadra americana, che ha mantenuto pressoché inalterato il suo assetto, che nel corso degli ultimi anni l’ha resa competitiva in ogni tipologia di gara. Una formazione a forte trazione italiana, che ha naturalmente in Vincenzo Nibali il suo faro, soprattutto per il grande carisma e i risultati conseguiti in carriera dal siciliano.
Nibali ha corso il Giro d’Italia in cerca della condizione per le Olimpiadi di TokyoNibali ha corso il Giro d’Italia in cerca della condizione per le Olimpiadi di Tokyo
Lo Squalo e Tokyo
Lo Squalo ha già detto che l’obiettivo della stagione saranno le Olimpiadi, per questo sarà al Giro per fare classifica e al Tour per rifinire la condizione, probabilmente disputandone solo una parte per poi lasciare all’olandese Mollema le redini della squadra puntando alla Top 10.
L’addio di Richie Porte in tal senso può pesare, ma dall’altra parte costituisce anche una maggiore responsabilità per Giulio Ciccone, sul quale non è un mistero che si punti apertamente per un grande futuro nelle corse a tappe. E le sue prove al Giro ne sono la prova.
Giulio Ciccone, speranza italiana per i Giri, prosegue nella sua crescita graduale e di qualitàGiulio Ciccone prosegue nella sua crescita graduale e di qualità
Moschetti cresce
Un altro corridore da tenere sotto controllo è Matteo Moschetti, finora frenato da qualche infortunio di troppo ma che ha già dimostrato di essere potenzialmente uno dei più veloci dell’intero panorama professionistico.
Abbiamo parlato di corridori capaci di emergere nelle gare a tappe ma anche nelle classiche, come i curriculum di Nibali e Mollema dimostrano, ma per le corse d’un giorno non vanno dimenticati Edward Theuns e ancor di più Jasper Stuyven, come anche l’ex iridato Mads Pedersen.
In questo contesti si inseriscono i due giovani virgulti Quinn Simmons e Antonio Tiberi, estremamente promettente visti i risultati da junior.
L’ORGANICO
Nome Cognome
Nato a
Naz.
Nato il
Pro’
Julien Bernard
Nevers
Fra
17.03.1992
2016
Gianluca Brambilla
Bellano
Ita
22.08.1987
2010
Giulio Ciccone
Chieti
Ita
20.12.1994
2016
Nicola Conci
Trento
Ita
05.01.1997
2018
Koen De Kort
Gouda
Ned
08.09.1982
2005
Niklas Eg
Kibaek
Den
06.01.1995
2018
Jakob Egholm
Holbaek
Den
27.04.1998
2017
Kenny Elissonde
Lonjumeau
Fra
22.07.1991
2011
Amanuel Ghebreigzabhier
A.Abeba (ETH)
Eri
17.08.1994
2018
Alexander Kamp Egested
Koge
Den
14.12.1993
2013
Alex Kirsch
Weimerskirsch
Lux
12.06.1992
2015
Emils Liepins
Dobele
Lat
29.10.1992
2015
Juan P.Lopez Perez
Lebrija
Esp
31.07.1997
2020
Bauke Mollema
Groningen
Ned
26.11.1986
2008
Jacopo Mosca
Savigliano
Ita
29.08.1993
2017
Matteo Moschetti
Robecco s.Naviglio
Ita
14.08.1996
2019
Ryan Mullen
Birkenhead
Irl
07.08.1994
2016
Antonio Nibali
Messina
Ita
23.09.1992
2014
Vincenzo Nibali
Messina
Ita
14.11.1984
2005
Mads Pedersen
Lejre
Den
18.12.1995
2016
Charles B. Quaterman
Oxford
Gbr
06.09.1998
2017
Kiel Reijnen
Bainbridge Island
Usa
01.06.1986
2008
Michel Ries
Lussemburgo
Lux
11.03.1998
2020
Quinn Simmons
Durango
Usa
08.05.2001
2020
Mattias Skjelmose Jensen
Copenaghen
Den
26.09.2000
2020
Toms Skujins
Sigulda
Lat
15.06.1991
2016
Jasper Stuyven
Lovanio
Bel
17.04.1992
2014
Edward Theuns
Gand
Bel
30.04.1991
2014
Antonio Tiberi
Frosinone
Ita
24.06.2001
2020
DIRIGENTI
Luca Guercilena
Ita
General Manager
Steven De Jongh
Ned
Direttore Sportivo
Kim Andersen
Den
Direttore Sportivo
Adriano Baffi
Ita
Direttore Sportivo
Markel Irizar Aramburu
Esp
Direttore Sportivo
Luc Meersman
Ned
Direttore Sportivo
Yaroslav Popovich
Ukr
Direttore Sportivo
Gregory Rast
Sui
Direttore Sportivo
Paolo Slongo
Ita
Direttore Sportivo
DOTAZIONI TECNICHE
Nibali e compagni possono contare su quattro modelli Trek: la leggera Emonda , la più veloce Madone, la più comoda Domane e la SpeedConcept per le prove contro il tempo. Essere il team di riferimento di un brand come Trek ha i suoi vantaggi e i suoi oneri. Materiale sempre al top e l’assistenza nello sviluppo del prodotto sono facce della stessa medaglia. Le bici sono equipaggiate con lo Sram Red eTap AXS, ruote Bontrager e coperture Pirelli.
Dopo la presentazione del Giro Women, ecco il Giro 2025 degli uomini. Partenza dall'Albania e tappe durissime in Val d'Aosta prima del gran finale di Roma
La tappa di Treviso si è trasformata in un calvario per la Trek-Segafredo. Una disattenzione poteva essere fatale a Lopez. Mosca prende spunto e racconta
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Quante cadute nella carriera di Nibali. Alcune lo hanno coinvolto in prima persona e altre lo hanno riguardato in quanto legate ai suoi avversari. Quella di pochi giorni fa è l’ultima di una lunga serie. Lo Squalo, già operato, dopo la scivolata in allenamento che gli è costata la frattura composta del radio del polso destro, ha una placca che gli consentirà di pedalare sui rulli a breve, ma certo pensando all’imminente Giro d’Italia perde non poco.
Vincenzo Nibali (36 anni) è alla sua 17ª stagione da professionistaVincenzo Nibali (36 anni) è alla sua 17ª stagione da professionista
A favore e contro
Facciamo un breve preambolo. Spesso si è detto che Nibali abbia ottenuto le sue vittorie in virtù delle cadute di avversari importanti.
Si è sentito dire: «Ha vinto il Tour perché si sono ritirati Froome, prima, e Contador, poi». «Ha vinto il Giro del 2016 perché Kruijswijk si è schiantato addosso ad un muro di neve scendendo dal Colle dell’Agnello». E fu additato persino per il Giro (dominato) del 2013: «Lo ha conquistato perché Wiggins si è fermato». Di fronte a queste frasi, che certamente indicano fatti reali ma non concreti ai fini della corsa, urge fare un’analisi.
Sulle strade italiane Wiggins si è trovato spesso ad inseguireSulle strade italiane Wiggins si è trovato spesso ad inseguire
Wiggins già staccato
Partiamo proprio dall’ultima frase. Wiggins in quel Giro d’Italia alzò bandiera bianca dopo 12 tappe, alla 13ª non partì in seguito alla caduta verso Treviso. Ma va detto che quando Sir Bradley se ne tornò in Inghilterra aveva già 2’05” di ritardo proprio dallo Squalo, in maglia rosa. Ma che le cose per lui non girassero nel modo giusto si era capito anche prima, nella crono di Saltara (8ª tappa) quando avrebbe dovuto spaccare il mondo, invece arrivò secondo dietro Dowsett e con appena 10″ di vantaggio su Nibali. Forse la caduta fu un pretesto…
Nella tappa del pavè abilità di Nibali (in giallo) nello schivare le caduteNella tappa del pavè abilità di Nibali (in giallo) nello schivare le cadute
Tour 2014, era già primo
Tour de France 2014. Saper correre in bici, districarsi sul pavè, stare davanti fa parte del ciclismo. Nibali e la sua Astana avevano preparato al meglio la temibile tappa con i settori in pavè della Roubaix. Certo, tutto deve andare bene, ma spesso la fortuna aiuta gli audaci, in questo caso i più freschi e lucidi. Inoltre, cosa da non trascurare, lo Squalo era già in giallo quel giorno in quanto aveva vinto la seconda tappa.
E Contador? Lo spagnolo cadde nel giorno della Planche de Belle Fille. In una discesa, tra pioggia e nebbia, battè schiena e ginocchio, salvo poi scoprire che era la sua tibia ad aver fatto “crack”. L’Astana dello Squalo rallentò persino il ritmo pur di verificare le condizioni di Alberto. Ma poi dovette andare.
In quelle tre settimane Nibali volò letteralmente. Vinse tre tappe e si presentò a Parigi con 7’37” sul secondo, Jean Cristophe Peraud.
Kruijswijk, finì addosso ad un muro di neve scendendo dall’Agnello al Giro 2016Kruijswijk, finì addosso ad un muro di neve scendendo dall’Agnello al Giro 2016
L’olandese e l’Agnello
Giro 2016. Uno dei più drammatici. Il siciliano non ingranava. L’olandese Kruijswijk invece tappa dopo tappa faceva la formichina e guadagnava terreno. A tre tappe dal termine vantava un qualcosa come 4’43” su Nibali. Il corridore della Nl-Jumbo però aveva smesso di essere il più brillante come nelle frazioni precedenti, inoltre non avendo una grande squadra aveva speso molto.
L’esatto opposto di Vincenzo. Le sue gambe tornarono forti proprio sul versante in salita dell’Agnello. A volte ad un campione basta poco per prendere fiducia e poter tornare a disporre di tutti i suoi cavalli. Mettiamoci poi che aveva anche una super squadra ed ecco che l’impresa si realizzò il giorno dopo verso Sant’Anna di Vinadio. Nibali sesto, rifilò oltre un minuto all’olandese e prese la maglia rosa a 24 ore dal termine del Giro.
All’ospedale di Bergamo con Tiralongo dopo la caduta al Lombardia del 2013All’ospedale di Bergamo con Tiralongo dopo la caduta al Lombardia del 2013
I “regali” di Nibali
Finita? Neanche per sogno! Perché se queste sono le “fortune” di Nibali, vogliamo parlare delle sfortune? “Giriamo la frittata”: quante volte gli avversari “hanno vinto perché Nibali è caduto”?
Mondiali di Firenze 2013 (foto in apertura). Nibali ha sulle spalle pressioni enormi, eppure nel finale è lì a giocarsi la corsa con gli altri favoriti. Solo che lui nella prima parte di gara era caduto. Era stato costretto a recuperare, sprecando energie preziose e a correre tutta la gara con evidenti segni e dolori. Quello sforzo presentò il conto nel finale e si dovette accontentare del quarto posto.
Qualche giorno dopo sempre per caduta, fu costretto a lasciare il Giro di Lombardia quando era davanti con i migliori. E un qualcosa di simile, ma senza ritiro, avvenne nella Liegi del 2015 quando fu costretto a rincorrere sulla Redoute.
Nibali fermo sul ciglio della strada a Rio 2016 (screenshot a video, foto indisponibili)Nibali fermo sul ciglio della strada a Rio 2016 (screenshot a video, foto indisponibili)
La beffa olimpica
Rio de Janeiro 2016. Dopo le critiche per essersi allenato al Tour, lo Squalo si presenta in Brasile in forma perfetta. Nonostante le pressioni enormi, un po’ come per i mondiali di tre anni prima, Vincenzo fa il suo. Corre davanti, stacca tutti in salita e si butta giù in picchiata. E cade. E’ chiaro, il discorso fatto prima per Froome vale anche per lo Squalo, ma quando si è a tutta un errore ci può stare. «Non ero lì per il secondo o terzo posto», aveva detto Nibali.
Si parlò molto di quella scivolata. Lo stesso Vincenzo ci tornò su. Disse che gli era partito l’anteriore, finì nella canalina al lato ma era ancora in piedi, fu proprio il ciglio, dove si sedette successivamente, a catapultarlo a terra. Lo toccò con il pedale destro.
Furono messe sotto accusa le ruote superleggere che lo Squalo ed altri della nazionale avevano usato per l’occasione. Ruote che comunque gli azzurri avevano provato e riprovato. Si disse che il feeling non poteva essere lo stesso rispetto al set usato abitualmente con la squadra.
Vincenzo Nibali e la sua caduta sull’Alpe d’Huez al Tour de France 2018Vincenzo Nibali e la sua caduta sull’Alpe d’Huez al Tour de France 2018
Quel Tour fa ancora male
E veniamo all’ultima cocente caduta, quella della Tour de France 2018. Nel tempio della montagna, nel “ring” degli scalatori più forti del pianeta, Nibali e gli altri big si stanno sfidando. Verso l’Alpe d’Huez, uno spettatore “tira giù” Nibali. Lui cade, e male, di schiena sulla radiolina. Fa fatica a respirare e a risalire in sella. Ma una volta in bici parte come una locomotiva e nel pieno della bagarre rientra sui migliori, riprendendogli un distacco abissale. I tifosi si fregano le mani. Ci si aspetta un super Tour da Vincenzo. Ma i sogni vengono infranti sulla linea d’arrivo.
Quando Michele Pallini, il suo massaggiatore, è costretto ad aiutarlo per farlo scendere dalla bici capisce subito che qualcosa non va. I dubbi dello stesso Pallini trovano conferma qualche ora dopo all’ospedale di Grenoble: frattura di una vertebra (che tra l’altro ha lasciato qualche strascico). Lo Squalo torna a casa.
La riabilitazione del siciliano è già iniziata (foto Instagram)La riabilitazione del siciliano è già iniziata (foto Instagram)
Verso il Giro 2021
E veniamo alla più recente caduta. Quella di qualche giorno fa in allenamento. Un’altra scivolata che di fatto complica moltissimo il cammino dello Squalo verso il Giro. Vincenzo non è più un ragazzino ed essere al 101% è fondamentale per lui per poter combattere con gente che ha anche 15 anni in meno. Questi sono giorni cruciali in vista della corsa rosa. C’è chi fa le Classiche delle Ardenne, chi il Tour of the Alps, chi il Romandia.
Si parla di corse che determinano la rifinitura di un lungo processo di lavoro, di gare che danno la cosiddetta brillantezza. Stare a casa non è il massimo. Non solo non si “cattura” quella brillantezza, ma s’interrompe bruscamente il programma di lavoro e il volume programmato. Vincenzo ha già ripreso la riabilitazione, stringendo oggetti e chiudendo “maniglie”. Per il momento si deve accontentare.
Allora, possiamo dire o no che allo Squalo nessuno ha regalato nulla? Voi che ne pensate: il bilancio con il destino com’è?
Altro che sole, altro che caldo, Giulio Ciccone, almeno in questi primi giorni di ritiro in altura sta trovando freddo e persino un po’ di neve. Lui però mena a testa bassa. Dalle immagini che arrivano da Sierra Nevada sembra pedali forte e bene, segno che il problema fisico al ginocchio è superato.
Ciccone in volo verso il ritiro di Sierra Nevada (foto Instagram)Ciccone in volo verso il ritiro di Sierra Nevada (foto Instagram)
Un inizio incerto
L’abruzzese dopo il ritiro alla Vuelta Catalunya proprio per quel problema al ginocchio era un po’ sparito dai radar. Quello stop fu poi più precauzionale che non necessario: la tendinite fu bloccata sul nascere e Cicco ha perso solo pochissimi giorni di allenamento, tuttavia la sua assenza era rumorosa. Di fatto la sua ultima immagine al grande pubblico italiano, quello della tv per capirci, era l’attacco verso Prati di Tivo alla Tirreno. Tra l’altro un attacco scemato così come era nato. E questo aveva destato preoccupazione.
Noi ne avevamo parlato con due esperti, Giuseppe Martinelli e Stefano Garzelli per fare un’analisi della prima parte di stagione dell’abruzzese. I due sembravano “tranquilli” e fiduciosi, che sarebbe stata solo una questione tempo.
Ciccone alla Tirreno ci ha messo grinta, ma non è bastato (26° a 17’50” da Pogacar)Ciccone alla Tirreno ci ha messo grinta, ma non è bastato (26° a 17’50” da Pogacar)
Ciccone in altura
Ebbene poche ore dopo quell’articolo ecco lo scalatore della Trek-Segafredo volare, nel vero senso della parola, verso il Sud della Spagna, verso Sierra Nevada. E questa fu subito una risposta ai dubbi di Garzelli sul perché Giulio, visto che non stava correndo, non fosse almeno in altura.
Cicco sta lavorando per il Giro, anche se il grande obiettivo di stagione è la Vuelta, che quest’anno anticipa un po’. Parte da Burgos il 14 agosto e finisce a Santiago de Compostela il 5 settembre.
«Partirò più lentamente», aveva detto Giulio ad inizio stagione e di fatto è stato questo “mantra” a farlo restare tranquillo quando i risultati non arrivavano.
«Se l’intenzione fosse stata quella di partire forte avrei avuto dei dubbi – ha dichiarato Ciccone a Ciro Scognamiglio della Gazzetta dello Sport, qualche giorno fa – Ma l’idea resta quella di fare un cammino regolare, senza strafare. Mi manca la parte del lavoro che farò adesso».
Ormai i cosiddetti “blocchi di lavoro” e l’altura sono pilastri fondamentali prima di certi impegni. E lo sono per capitani e per gregari. Il lavoro molto specifico, concertato e controllato dal preparatore, serve. E’ così. E questi passaggi obbligati oltre ad avere concreti effetti sul fisico li anche hanno nella mente del corridore, il quale si concentra, “sta sul pezzo”. Ormai sono un po’ una password per affrontare certe sfide.
Giulio (a sinistra) con Mollema, altro leader della Trek al GiroGiulio (a sinistra) con Mollema, altro leader della Trek al Giro
Quale ruolo al Giro?
Abbiamo parlato di gregari. Sia chiaro, al Giro d’Italia non è che Ciccone sarà un “portaborracce” (con tutto il rispetto per chi svolge questo ruolo), ma sarà il cosiddetto gregario di lusso, per Nibali e Mollema. Tuttavia qualche domanda bisogna porsela dopo i recenti fatti che hanno riguardato lo Squalo. Nibali sarà ancora leader? Che garanzie può dare dopo l’infortunio al polso? Il ruolo di Ciccone cambierà o sarà tardi per modificare i piani in base al programma che Larrazabal ha previsto per lui?
Ciccone però non ha dubbi: «Non parto con ambizioni di classifica generale – ha detto sempre alla Gazzetta, Giulio – in questo senso Vincenzo e Bauke offrono più garanzie. Io punto ad una tappa e punto ad arrivare al top della forma».
Tra l’altro bisogna anche considerare Mollema, l’olandese sappiamo essere un vero “mastino” e alla distanza esce sempre. Se Cicco e Nibali non ci dovessero essere, occhio a lui in casa Trek-Segafredo.
La vittoria di Sestola al Giro 2016, la prima da pro’ per CicconeLa vittoria di Sestola al Giro 2016, la prima da pro’ per Ciccone
Strategia Trek
Ma è sull’ultima parte della dichiarazione di Ciccone che bisogna ragionare: “punto ad arrivare al top della forma”. Spesso si è detto che la condizione migliore si trova strada facendo in una gara a tappe di tre settimane, specie per un giovane. Allora urge andare a rivedere il disegno della corsa rosa.
Nelle prime dieci tappe il rischio maggiore per assurdo arriva nel punto vicino casa di Ciccone, cioè l’arrivo a San Giacomo, balcone su Ascoli Piceno. Prima sì, c’è la tappa di Sestola, ma c’è da immaginare che per gli uomini di classifica quella scalata non possa incidere così tanto, visto che è molto pedalabile. Inoltre Sestola rievoca splendidi ricordi a Giulio. Proprio lì, da neoprofessionista, colse il suo primo successo.
In qualche modo il percorso potrebbe aiutarlo. E ritrovarsi con il pieno di energie nel finale.
Martinelli, riguardo a Giulio, ci aveva detto una cosa, da volpone qual è, che torna in mente sempre più prepotentemente: «La squadra potrebbe aver adottato una strategia di comunicazione volta a proteggerlo dalle pressioni». Come a dire: sotto, sotto puntano su di lui.
E con questo dubbio intrigante, aspettiamo Ciccone sulle strade del Giro. Se avesse ragione “Martino”…
Ciccone lo tirano per la manica affinché corra per la classifica. Il manager Guercilena è d'accordo, ma la generale sarà conseguenza di tappe ben fatte
Con la stagione che è ormai iniziata, nasce una riflessione su Ciccone: chi lo guida dall'ammiraglia verso Giro e Tour? La Trek-Segafredo ha il nome giusto?
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Nibali è caduto, oggi si opererà. La foto di apertura l’ha postata lo stesso Vincenzo sui suoi profili social. L’appuntamento con Josu Larrazabal l’avevamo preso prima che accadesse, per farci spiegare dal capo dei preparatori della Trek-Segafredo in che modo sia cambiata la preparazione dello Squalo da quando ha scelto di non lavorare più con Slongo. La voce del basco è rassegnata, ma insieme affiora l’esperienza di chi ne ha viste altre e ha lavorato per trovare nuovi obiettivi e soluzioni di emergenza. E’ chiaro che tutti vorremmo Nibali al via del Giro, ma è bene che qualcuno stia già pensando alle alternative possibili per arrivare comunque bene alle Olimpiadi.
«Le fratture del polso – dice – sono una cosa strana. C’è chi dopo dieci giorni era di nuovo in corsa come la Van Vleuten ai mondiali di Imola e chi è diventato matto. Ci sono tanti ossicini e non ne sapremo nulla fino all’operazione. Perciò per ora ci teniamo questo punto di domanda e in giornata ne sapremo di più. E speriamo che tutto il lavoro fatto finora non sia stato per nulla…».
Josu Larrazabal, basco di 39 anni, è il capo dei preparatori Trek-SegafredoJosu Larrazabal, basco di 39 anni, capo dei preparatori Trek-Segafredo
Schema collaudato
E allora, nell’attesa di sapere, il discorso torna su quel lavoro fatto sul Teide e nelle settimane precedenti, con la sensazione che alla fine i cambiamenti non siano poi così epocali.
«Ma infatti – sorride Josu – alla fine cambia poco. Vincenzo è un atleta esperto e da anni segue lo stesso programma. Il Giro lo prepara con due ritiri in altura, la Tirreno e il Tour of the Alps. Sono strutture di preparazione collaudate in tanti anni. Lui ormai è uno specialista dei ritiri in quota e arrivati a questo punto, non era certo il momento di cambiare in maniera radicale».
Vincenzo sul Teide con Slongo, suo fratello Antonio e Mosca, per preparare il GiroVincenzo sul Teide con Slongo, il fratello Antonio e Mosca
Però qualcosa l’avrete pur cambiata, no?
Con le dinamiche diverse che vediamo in gara, abbiamo pensato fosse necessario aggiungere un po’ di intensità. I lavori che prima faceva nell’avvicinamento alle gare, questa volta ha iniziato a farli da prima. Io do un’occhiata a tutti i corridori del team, non mi concentro sul singolo giorno, ma sul lavoro nel medio periodo, dando uno sguardo di insieme. Quando di Nibali si occupava Slongo al 100%, facevo meno, ora lo seguo di più. Ma non gli faccio le tabelle, semmai verifico che non si facciano cambiamenti assurdi. Lui propone e io aggiusto il tiro.
Quindi è Vincenzo che decide la sua preparazione?
Al Teide c’è la linea della squadra, con un programma per tutti i ragazzi del team. Paolo è stato lì con loro, non è che adesso non si parlino più o non lavorino più insieme. Semplicemente c’è più distanza di prima.
Hai detto che non era questo il momento di cambiare: perché siamo a primavera inoltrata o per un fatto di età?
Quando hai una carriera di così tanti anni, più che l’età si valuta l’esperienza. Questi corridori hanno ripetuto per una vita lo stesso programma, sapendo di avere una strada collaudata per il Giro e una per il Tour. Prendi il modello che ti ha dato i risultati migliori, valuti l’esperienza e poi magari aggiungi una modifica in base ai percorsi di gara. Ad esempio, visto che il Giro parte con una crono, lavori di più sull’intensità, per essere pronto subito.
Se coltivi un campo sempre con la stessa coltura, la resa cala. Non è forse lo stesso con gli atleti?
Esatto, uno dei principi dell’allenamento è la variabilità dello stimolo, sennò il corpo si adatta e smette di rispondere.
Finora Nibali era in tabella verso il Giro, ora dipenderà tutto dall’intervento al polsoFinora Vincenzo era in tabella verso il Giro d’Italia
E allora perché non sostituire le due settimane sul Teide con una Volta a Catalunya?
Perché le gare non possiamo controllarle, per cui magari lavoreresti sull’intensità, trascurando però altri aspetti. Anche se è vero che gli atleti più esperti hanno bisogno soprattutto di aumentare l’intensità per raggiungere il massimo livello. Lo abbiamo visto prima con Zubeldia, poi con Mollema. Bisogna aumentare i lavori brevi e intensi, controllando però che non esagerino e per questo la corsa non sarebbe perfettamente gestibile.
Quindi scartiamo la gara?
In gara arrivi prima alla forma, ma trasformi troppo in fretta il lavoro di base che hai fatto e magari ti ritrovi con una condizione priva di grosse basi. L’allenamento è come il salto in lungo.
Che cosa vuoi dire?
Non è detto che se hai più metri per la rincorsa e aumenti la velocità, salterai necessariamente più lontano. Ognuno ha la sua rincorsa, che per noi è la preparazione, il tempo in cui lavori per ingrandire il motore crescendo in modo progressivo. Fai prima dei passi brevi, poi aumenti la falcata e alla fine anche velocità e intensità. Il salto è il momento in cui vai in gara. Perché la rincorsa sia stata azzeccata, deve esserci equilibrio tra le varie fasi.
Dall'esempio di Sagan all'esperienza di Argentin, per capire che cosa serva a un campione che ha perso il tocco. L'ambiente giusto è spesso il più scomodo
E veniamo a lui, Giulio Ciccone. Speranza (e realtà) del nostro ciclismo che però sin qui ci è apparso un po’ indietro. L’abruzzese esce da un 2020 pressoché inesistente, lasciatecelo dire, ma non per colpa sua. Anzi, era anche partito bene vincendo la prima gara a Laigueglia. Poi lo stop, la ripresa e il Covid. Della sua situazione e del suo futuro, facciamo il punto con Stefano Garzelli e Giuseppe Martinelli.
Il dottor Emilio Magni e Giulio Ciccone al Giro 2020: l’abruzzese si è fermato dopo 13 tappeEmilio Magni, Giulio Ciccone al Giro 2020 per lui finito dopo 13 tappe
Inizio lento (giustificato)
Covid che in lui ha inciso più di altri. Andare al Giro con i postumi del virus e una preparazione non adeguata non ha fatto altro che rallentarlo ulteriormente.
Ma forse proprio per questo motivo era lecito attendersi qualcosa di più in questa prima parte dell’anno. E’ vero che Giulio ha dichiarato che il suo grande obiettivo è la Vuelta, è vero che Luca Guercilena al via della Tirreno ci aveva detto che era un po’ indietro e che sarebbe andato in crescendo, ma non vedere mai un’attaccante nato come lui nel vivo della corsa un po’ ci spaventa. In più “Cicco” ha lasciato l’ultima gara a cui preso parte, il Catalunya, per un problema al ginocchio.
Insomma: che stagione dobbiamo aspettarci? Sono campanelli d’allarme o tutto sommato le cose procedono secondo programma? Un secondo posto ad inizio stagione (2ª tappa del Tour de la Provence) può farci stare tranquilli?
Stefano Garzelli (48 anni), oggi è un commentatore RaiStefano Garzelli (48 anni), oggi è un commentatore Rai
Garzelli lo attende
«Giulio – spiega Garzelli, ex maglia rosa e ora commentatore Rai – ha vinto la maglia azzurra di miglior scalatore del Giro ed anche una tappa molto dura e questo ha posto in lui grandi aspettative, però non ha ancora provato a far classifica veramente. Deve testare realmente il suo recupero, come tiene la pressione. Il fatto di avere Nibali vicino è un buon vantaggio: riflettori e attenzioni volgeranno molto più su Vincenzo che su di lui.
«Credo sia giusto avere delle aspettative su di Ciccone – riprende Garzelli – non è sopravvalutato, però deve provare a far classifica per saperlo. Come detto, deve avere la pressione addosso, fare delle crono davvero a tutta, testare il recupero, arrivare davanti anche nelle tappe veloci… Una gara di tre settimane non la vinci perché vai forte in salita, ma perché sei sempre davanti, perché ti salvi e non crolli nel giorno di crisi, che tanto c’è sempre».
Tanta fatica verso Prati di Tivo alla Tirreno. Giulio aveva attaccato ma si è poi staccatoVerso Prati di Tivo, alla Tirreno, Giulio aveva attaccato ma si è poi staccato
Meno impulsività
Garzelli in qualche vuole aspettare che punti davvero ad una grande corsa a tappe, prima di giudicare Ciccone. Il potenziale c’è, ma va dimostrato.
«In Italia che possono far bene nelle gare a tappe, dopo Vincenzo, ci sono lui e Masnada, ma credo che Fausto dovrà aiutare i compagni. Giulio ormai ha un’età matura per fare questa prova. L’aver vinto la maglia azzurra ti consente di staccarti in qualche tappa, di mollare mentalmente e fisicamente. La maglia rosa no. Lui deve essere meno impulsivo, forse questo potrebbe essere il suo problema maggiore».
Infine il varesino si pone qualche dubbio sul perché Ciccone, se punta a fare bene al Giro, non sia in altura come tutti gli altri, capitani e non.
E dalla voce del corridore passiamo a quella del direttore sportivo, Giuseppe Martinelli dell’Astana Premiertech.
«Ciccone è sicuramente uno di quei corridori buoni che abbiamo in Italia – dice Martinelli – Forse ci si aspettava qualcosa di più viste le sue vittorie, ma c’è chi matura prima e chi ci mette un po’ di più. Non dimentichiamo che questo ragazzo vinse una tappa al Giro “da bambino”, il che vuol dire molto. Adesso è chiamato al salto di qualità: ha l’età giusta, la squadra ideale e la vicinanza di Nibali che gli può insegnare molto».
“Martino” fa poi un’analisi molto interessante sul suo ritardo in questa stagione e in quella passata.
«Ciccone ha spesso avuto qualche inconveniente e nel ciclismo di oggi è molto, molto difficile recuperare. Non è come una volta che andavi alle corse ti mettevi a ruota e piano piano ritrovavi la forma. No, adesso devi essere pronto. E se non lo sei ti stacchi. Se il tuo cammino prevede, per esempio, Tirreno, altura, Tour of the Alps e Giro e va secondo i programmi okay, altrimenti te la porti dietro per parecchio tempo.
Ciccone re di Sestola al Giro 2016. Quest’anno ci si ritorna, che sia di buon auspicioCiccone re di Sestola al Giro 2016. Quest’anno ci si ritorna, che sia di buon auspicio
La continuità
«Cosa gli manca? Non posso rispondere con precisione perché non ho il ragazzo sottomano, né l’insieme dei suoi dati e poter vedere i suoi margini – continua Martinelli – E’ un corridore che a me è sempre piaciuto. Si butta nella mischia, non ha paura di attaccare, non sta lì ad aspettare. Ai tempi della Bardiani Cfs, con Shefer che lo conosceva bene, volavamo anche prenderlo, ma aveva già un contratto e non lo disturbammo.
«Deve forse aumentare un po’ il suo motore ma per farlo gli serve continuità. Come dicevo prima deve avere una serie di stagioni senza intoppi che gli consentano davvero di esprimersi. Altrimenti per quanto forte possa andare rischia di restare fuori dai podi già prima di partire, visto che ci sono 4-5 atleti che stanno vincendo tutto».
Il Laigueglia 2020, corso in azzurro, è stata l’ultima vittoria di CicconeIl Laigueglia 2020, corso in azzurro, è stata l’ultima vittoria di Ciccone
La pressione
Ma il fatto che alla Tirreno non sia andato benissimo, che al Catalunya si sia ritirato, non possono essere campanelli di allarme?
«Se non ha avuto un programma lineare c’è il rischio che al Giro possa brancolare un po’ nel buio – conclude “Martino” – ma potrebbe anche rientrare nel programma che la Trek-Segafredo ha deciso per lui. Magari lo hanno fatto per non mettergli addosso la pressione e che debba fare solo un assaggio di classifica. Consideriamo anche che ci sono delle strategie di comunicazione. Magari fa i primi dieci giorni e vede come va. Ma deve provare se i grandi Giri sono il suo obiettivo e non può aspettare che arrivi l’anno buono o perfetto, perché le stagioni passano».
Da parte nostra non possiamo che augurarci che Ciccone ritrovi presto la sua condizione. L’Italia ha bisogno di un corridore come lui che sa vincere… dando spettacolo.
Nel gelo della Scheldeprijs, la prima edizione per le donne, si è rivista ancheLetizia Paternoster.La portacolori della Trek-Segafredo è arrivata in Belgio giusto poche ore prima della gara, la cosiddetta corsa dei diamanti. Si gareggia infatti nei dintorni di Anversa la città di queste preziosissime pietre.
Paternoster in Belgio dal suo Trentino a ridosso della gara, subendo un bel balzo termico (foto Instagram)Paternoster in Belgio dal suo Trentino a ridosso della gara, subendo un bel balzo termico (foto Instagram)
Letizia apripista
Corsa piatta, ma davvero gelata. Vento e neve si alternano e si mischiano. Fino ad un’ora dal via neanche si sapeva se l’avessero disputata per intero. Si ipotizzava un taglio della parte in linea, poi di un giro del circuito. Invece alla fine si è portati a casa la corsa nella sua totalità. E tra le ragazze che sono riuscite a concludere la gara da pieno Inferno del Nord c’è proprio la Paternoster.
Appena dopo l’arrivo, Letizia allarga le braccia, quasi sconsolata. Come a dire ci abbiamo provato. Lei doveva tirare la volata ad Amalie Dideriksen e così ha fatto. E non è stato facile, nonostante alla fine sia uscita una corsa meno dura del previsto, con pochi ventagli e un gruppo piuttosto numeroso all’arrivo.
«Ho dato il massimo per il mio team – racconta la Paternoster, appena dopo l’arrivo – Ho fatto un buon lavoro nel finale per portare fuori la nostra capitana e sono felice di essere qua. Sto ritrovando me stessa. Durante la corsa sono anche caduta ma mi sono rialzata, ovviamente, e ho lottato fino alla fine».
La grinta non manca alla trentina. Il testa a testa della pista sa farle tirare fuori gli artigli anche su strada. E sa farla rialzare dopo una caduta (evidenti i segni sulla coscia sinistra).
Dideriksen (decima) capitana della Trek, che schierava solo quattro atleteDideriksen (decima) capitana della Trek, che schierava solo quattro atlete
Solo due corse
Per la Paternoster questa era solo la seconda corsa su strada della stagione. La prima l’aveva fatta ad inizio marzo e il fatto che sia riuscita non solo a finire la gara ma anche a rendersi utile per le compagne la dice lunga sulla sua forza. Le avversarie avevano ben altri chilometraggi di gara nelle gambe. In corsa le sue sensazioni sono state discrete.
«Sì, e poi passare dalle temperature di casa a quelle di qua si è fatto sentire. Adesso tornerò a correre in pista. La mia preparazione sta andando bene e di certo daremo il massimo anche là». Intanto lo chaperon dell’Uci la porta via in quanto sorteggiata per il controllo antidoping. Lei saluta, sorride: «Scusate, mi portano via!».
Quest’anno Letizia (21 anni) aveva corso solo a Le Samyn ad inizio marzoQuest’anno Letizia (21 anni) aveva corso solo a Le Samyn ad inizio marzo
Al top a giugno
La Partenoster viene da un infortunio importante al ginocchio e prima di Natale era stata colpita dal Covid. E’ sulla via della ripresa ma ancora distante dalla forma totale. Lo sa lei stessa e lo sa il suo staff. Giorgia Bronzini, una delle diesse della Trek, ci spiega che Letizia è sicuramente sulla via del recupero, ma non è al massimo della condizione. In squadra prevedono (e sperano) che questa possa arrivare a giugno, quando ci sarà anche il campionato italiano.
«Sarebbe importante per noi – dice la Bronzini – visto che una ruota veloce come la sua fa sempre comodo, e sarebbe importante per lei tornare a fare qualche risultato».
E' il giorno in cui la Trek-Segafredo preleva dal Maglificio Santini il vestiario da gara e da allenamento. E noi ci siamo fatti spiegare proprio tutto
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La Trek-Segafredo, o meglio il suo “gruppo Giro” è in ritiro a Tenerife sulle alture del Teide. Nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico questa è una delle palestre preferite dai corridori. Clima buono, altezza importante, strade per (quasi) ogni evenienza e poche distrazioni sono gli elementi che la rendono speciale. Di questo gruppo fa parte anche Antonio Nibali e con lui cerchiamo di scoprire la “giornata in quota” del corridore.
In questa situazione la routine è ancora più marcata. I tempi sono scanditi esclusivamente da allenamenti e alimentazione.
Antonio Nibali esce da una buona Coppi e Bartali, dove ha lottato per maglia dei GpmAntonio Nibali esce da una buona Coppi e Bartali
Antonio, siete in altura: si esce subito “forte” o si osserva un periodo di adattamento?
Siamo arrivati il 29 marzo e resteremo quassù per sedici giorni. La prima uscita si fa un po’ più piano, perché ti manca il fiato, hai i battiti alti… Inoltre venivamo da alcune corse e così nelle prime sedute si va tranquilli sia per recuperare un po’ che per adattarci.
Quanto dura questo acclimatamento?
Tre giorni: due di bici e uno di riposo. Poi si inizia a fare sul serio.
A che quota siete di stanza?
A 2.110 metri.
Come si svolgono queste prime uscite?
Si fanno tre e quattro ore cercando di restare sempre in quota. E si va ad un ritmo regolare, piano, piano…
Piano, piano… quanti battiti? Che velocità fate?
Eh, il nostro piano magari sono 27 all’ora o anche più di media. Diciamo che siamo sui 140 battiti. S’imposta un passo regolare ma che al tempo stesso ti consenta di fare chilometri
Il Teide è un vulcano, uno s’immagina il classico “cono”: come fate a restare sempre in in alto? Scendete da un versante e ad una quota “X” vi rigirate, oppure avete a disposizione altre strade?
Qui c’è un altopiano. E’ un po’ vallonato ma si riesce a stare sul filo dei 2.000 metri sempre. Di pianura vera e propria però non ce n’è.
Pianura non ce n’è: ti capita mai di utilizzare i rulli allora per simularla? O per scioglierti?
Normalmente no, ma c’è chi li usa. I rulli servono per recuperare uno “sforzone” fatto nel finale di un allenamento o di una gara, ma almeno io se faccio uno sforzo massimale in allenamento poi eseguo una fase di defaticamento per smaltire l’acido lattico.
Dopo questi giorni iniziali di ambientamento s’inizia a fare sul serio.
Esatto, le uscite si allungano e i ritmi si alzano un po’. Si fanno poi anche dei lavori, soprattutto di potenziamento.
Facci un esempio di lavoro di potenziamento… E soprattutto c’è differenza tra il farlo a casa e in quota?
Essendoci meno ossigeno fai più fatica, però è anche vero che qui in particolare puoi farlo anche in modo più prolungato. Ci sono salite da un’ora e più. A casa (Nibali vive nelle Marche, ndr) dove le trovo così lunghe? Cosa facciamo: magari 5′ di Sfr e 2′ di agilità, il tutto per quattro volte. Poi fai 5′ di recupero blandissimo e riparti. Così fino a fare un’ora di Sfr.
Antonio è molto attento all’alimentazione sia in corsa che in allenamentoAntonio è molto attento all’alimentazione sia in corsa che in allenamento
A quale intensità esegui le tre fasi: Sfr, agilità e recupero?
Le Sfr sui 300 watt direi, i 2′ in agilità sui 220-230 watt a 90, anche 100 rpm, e la fase di recupero è a sensazione, comunque molto tranquilla.
Prima abbiamo accennato ai battiti, mediamente quanto si alzano rispetto alla norma?
Io ne ho 6-7 in più ma, soprattutto se si è freschi, possono essere anche 10 in più.
In questo ritiro che dura due settimane piene quante distanze fai?
Sono dodici sedute, quindi almeno tre distanze.
E quanto sono lunghe?
Circa 175 chilometri: facciamo 6 ore, con 5.000 metri di dislivello.
Caspita! E il tempo passa in fretta?
Ma sì dai, alla fine siamo un bel gruppo e tra una risata e l’altra passa bene.
Antonio a colazione nel ritiro sul Teide con la sua omeletteAntonio a colazione nel ritiro sul Teide con la sua omelette
Invece di lavori massimali non ne fai?
No, è molto difficile che capiti. Anche perché poi si scende da qui e si va a correre solitamente. E certi ritmi li raggiungi in corsa.
Capitolo alimentazione: è come a casa o c’è differenza?
In linea di massima è come a casa. Forse si mangia qualche proteina in più perché si va un po’ più sotto sforzo.
E come le assumente queste proteine: a tavola con il cibo o con gli integratori?
Dipende, ognuno fa i suoi calcoli della quantità proteica giornaliera che deve assumere e se non ci arriva fa un’aggiunta con quelle in polvere.
Giorno della distanza: cosa mangia Antonio Nibali a colazione?
Mi sveglio alle 8 e alle 8,15, giusto il tempo di andare in bagno e vestirsi, sono a colazione. Per prima cosa prendo un caffè, così mi sveglio! Poi io mangio il porridge: yogurt o latte, frutta secca, cerali e qui, che si trova molta buona, metto anche la papaya. Poi mangio un’omelette, solitamente con prosciutto e formaggio, meno spesso liscia. E se ho particolarmente fame aggiungo una fetta di pane e marmellata.
E partite alle?
Alle 9,30 massimo partiamo.
Durante la seduta cosa mangi?
I massaggiatori ci preparano dei paninetti al prosciutto o le rice cake. Di solito ci mettono anche della frutta secca come mandorle o noci. Anche se la mia preferita è quella con il cocco.
E mangi con cadenze predefinite o a sensazione?
All’incirca mangio ogni 40′, se invece l’allenamento è più easy quando ho fame. Comunque può capitare che quando ci si ferma i massaggiatori ci chiedano se vogliamo una barretta o una rice cake in più e se ne ho voglia la prendo.
Le rice cake sono ormai usatissime dai corridori anche in allenamentoLe rice cake sono ormai usatissime dai corridori anche in allenamento
Borracce: quante ne consumate? E sono con acqua o anche con altro?
Qui sul Teide fa parecchio caldo quindi se ne consumano. Normalmente sono solo con acqua, ma dopo tre ore ci sta che ce ne sia una con delle maltodestrine. Diciamo che ogni tre borracce d’acqua ce n’è una di maltodestrine.
Poi tornate in hotel…
Facciamo una doccia e poi andiamo a mangiare. Non mangiamo molto perché è già tardi. Prendiamo del riso o della pasta. Di solito è in bianco e ci si aggiunge una scatoletta di tonno. Niente verdura. Non si mangia altro, semmai un po’ di frutta.
E a cena?
Dopo aver fatto il massaggio ed esserci riposati andiamo a cena. Ed è la classica cena dopo la distanza, ma va considerato anche che dopo questo allenamento lungo, il giorno dopo noi facciamo scarico, quindi non è abbondantissima. Si mangia un’insalata o una zuppa o una vellutata, del pollo o del salmone o una fettina di carne, verdure alla piastra e semmai della frutta o un yogurt.
L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…
Jacopo, due vittorie su due gare: una bella soddisfazione…
Decisamente! Sono stato presente a tutte e due e in entrambe sono stato parte attiva, ma non ho fatto nulla di eclatante, soprattutto a Sanremo, il merito è stato tutto di Jasper, bisogna essere onesti. Però è stato bello far parte di una vittoria storica per il team.
Raccontaci la vigilia della Sanremo…
Una vigilia classica. Il giretto il giorno prima con la squadra, i massaggi e la riunione dalla quale è emerso che Stuyven e Nibali erano i leader. Noi dovevamo metterli nelle condizioni migliori in corsa, soprattutto nel finale.
Qual era il tuo ruolo?
Dovevamo essere nel vivo della corsa. E’ chiaro che non siamo partiti con l’idea concreta di vincere la Sanremo. C’è differenza tra l’avere il leader per giocarsela e quello per vincerla, però ci hanno detto di provarci, di crederci sempre. E lui è stato bravo a cogliere l’occasione. Se fosse rimasto in gruppo cosa avrebbe fatto? Un sesto, un ottavo posto in volata? Dovevamo proteggere i capitani, portarli avanti nel finale. Io in particolare dovevo stare vicino a Vincenzo, ma alla fine è stato un gioco di squadra perché siamo sempre stati tutti insieme. Io mi sono staccato nel finale del Poggio. A quel punto in discesa, dopo due curve ho sentito alla radio che Stuyven aveva attaccato. Così, mi sono detto: aspetta, fammi ascoltare.
Fantastico, ti sei sentito la “radiocronaca”!
Sì! Sono sceso “tranquillo” tanto non sarei più rientrato, ho “portato la bici al traguardo”. Negli ultimi due chilometri ho pedalato in pratica con il dito sulla radiolina per ascoltare meglio. Vicino a me c’era Vliegen, il belga della Wanty, amico di Stuyven. Gli dico: Jasper è davanti. E lui è restato con me. Poi ho sentito gli urli e ho capito che avevamo vinto!
E 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto FiorentinoE 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto Fiorentino
Caspita, è una soddisfazione doppia per te sapendo della tua storia. Nell’estate del 2019 sei passato da una continental, la D’Amico, ad una WorldTour, la Trek-Segafredo…
Se mi avessero detto che mi sarei ritrovato qui, non ci avrei creduto. Già fare il Giro l’anno scorso con Vincenzo è stato un qualcosa d’incredibile. Così come è stato bello aspettare Jasper sul bus. Ci ha messo almeno un’ora e mezza ad arrivare…
Eh lo sappiamo, anche in conferenza stampa non arrivava mai! Che poi mentre ritornavamo verso il quartier tappa abbiamo incrociato due tuoi compagni con la bottiglia dello spumante del podio…
Sì, erano Simmons e Mullen. Loro si erano staccati e sono passati sul traguardo mentre c’era la premiazione. Così hanno preso direttamente la bottiglia di Jasper e l’hanno portata al bus.
E ne hai bevuto un goccio?
Sinceramente no! E’ stata una vittoria di squadra. Abbiamo lavorato bene questo inverno e non è stata una sorpresa ritrovarsi competitivi per queste corse. Per battere Van der Poel, Van Aert,Alaphilippe devi essere al 100% e serve anche un po’ di fortuna.
Fortuna, alla fine siete sempre lì…
Beh, diciamo che nulla deve andare storto.
E poi sei partito per Sesto Fiorentino, per la Per Sempre Alfredo. Immaginiamo una vigilia molto diversa, visti i tempi ristretti.
Parecchio diversa! Io e Conci siamo partiti poco dopo l’arrivo di Stuyven al bus. Con noi in macchina c’era Baffi. Siamo arrivati in hotel dopo le 23 e tutti già erano a letto.
E dove avete mangiato?
Abbiamo preso una cosa al volo in autostrada. Di questi tempi anche trovare un autogrill aperto non è facile. Io ho preso una piadina e Conci non ricordo, un panino mi sembra.
E la mattina dopo altra riunione lampo sul bus per la Per Sempre Alfredo. Come è andata?
Bisogna essere onesti: il livello non era quello del giorno prima.
Le corse facili non esistono…
Noi avevamo Moschetti e se non vinci certe gare meno importanti, ti dicono che “non vinci neanche quelle”.
Moschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cieloMoschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cielo
Quindi per certi aspetti c’era anche più pressione?
Ah, sì sì. Comunque era un percorso nuovo, nessuno lo conosceva o sapeva come sarebbe andata. Con quelle salite iniziali tutti hanno cercato di staccare Mareczko, il più veloce, e per noi che venivamo dalla Sanremo è stato un bene, perché alla fine si è fatto un buon passo, ma regolare. Non era un ritmo impossibile. E questo ci ha aiutato a smaltire un po’ la corsa del giorno prima. E poi anche noi non è che potevamo andare a tutta, altrimenti si sarebbe staccato Moschetti. Quindi dopo le tre salite iniziali, una volta in pianura, abbiamo preso in mano la corsa. Eravamo in sette, cinque scalatori, più Moschetti ed io, che ancora non so bene cosa sono!
E qual è stato il tuo compito?
Ho fatto l’ultimo uomo. Tra l’altro è stato tutto molto scenografico perché ai quattro chilometri dal traguardo c’è stata una caduta (in cui è rimasto coinvolto anche Mareczko, ndr), noi l’abbiamo mancata perché eravamo messi bene. Devo averlo pilotato bene. Ho lasciato Matteo ai 200 metri e ai 50 ero già con le braccia al cielo. Si è visto subito che era davanti. Aveva due bici di vantaggio.
Come si trovano le motivazioni per due gare tanto diverse e con due sforzi tanto ravvicinati?
Le mie motivazioni sono sempre alte in questo team. Il mio lavoro viene notato e sono apprezzato. Qualsiasi gara devo fare, io ci sono e do il massimo. Se poi arriva una corsa come la Coppi e Bartali nella quale magari ho qualche occasione per me, spero di coglierla, come il terzo posto nella tappa di Asti al Giro dell’anno scorso. Ma prima di tutto spero di essere un valido supporto per i leader.
Con la vittoria e il bacio di Madrid, Elisa Balsamo ha salutato la maglia iridata. La rimetterà in palio ai mondiali australiani. Un anno indimenticabile
Matteo Moschetti ha vinto a Sesto Fiorentino la corsa di Amici dedicata ad Alfredo Martini. Quello che pochi sanno è tuttavia che il milanese, che oggi ci risponde dal Belgio dove mercoledì correrà De Panne, la vera corsa ha dovuto farla per aeroporti tutta la settimana precedente. Questo racconto spiega per sommi capi che forma possa avere a volte la vita di un professionista, nonostante il tanto parlare che si fa di preparazione, alimentazione e tutto quello di cui abitualmente si scrive. L’ultimo giorno normale nella settimana di Moschetti è stato infatti il martedì, ultima tappa della Tirreno-Adriatico: il giorno della crono.
«Non avendo mire di risultato – sorride – l’ho corsa con impegno per chiudere bene la settimana, ma con lo spirito dell’ultimo giorno di scuola, quando tutti vogliono andare a casa. Per cui mi sono svegliato, ho fatto una colazione normale, neanche troppo abbondante…».
L’abbraccio con Mosca, che sabato ha aiutato Stuyven a Sanremo e domenica Moschetti in ToscanaL’abbraccio con Mosca, che sabato ha aiutato Stuyven a Sanremo
In cosa consisteva?
Avevamo due orari, quello per la colazione e quello per il pasto prima della crono. Io ho preferito fare un solo pasto 4 ore prima della partenza e ho mangiato cereali, un’omelette e una fetta di pane con la marmellata. Uno sforzo del genere, 15 minuti a tutta quindi violento, andrebbe fatto quasi a digiuno.
Dopo la crono subito a casa?
Ci hanno accompagnato in 5 ore di macchina fino a Malpensa e abbiamo dormito lì. Il giorno dopo avevamo il volo per Bruxelles, con scalo a Monaco e c’erano anche parecchi altri corridori. Per cui sveglia alle 6 e via con la valigia in aeroporto, mentre le bici erano state spedite con un mezzo via terra. Il primo volo è andato liscio, decollava intorno alle 7,30-8, e siamo arrivati a Monaco.
Da come lo racconti, adesso arriva il colpo di scena…
Lo scalo era di 30 minuti, per cui siamo arrivati, hanno preso il bagaglio ma la hostess si è accorta che il nostro tampone, fatto alla Tirreno-Adriatico, era scritto in italiano. Ha detto che ammettevano fra le altre lingue l’inglese, lo spagnolo e il tedesco, ma non l’italiano. Anche se negativo in inglese è negative e si capisce benissimo. Anche un corridore della Uae era nella stessa situazione. Ho chiamato subito il dottor Magni, ma nel tempo che lui sentiva il laboratorio, hanno chiuso il gate e scaricato i bagagli. Parlando con la squadra, abbiamo deciso di dormire a Monaco e di prendere lo stesso volo il giorno dopo.
Sul podio di Per Sempre Alfredo, Moschetti davanti ad Aristi e ZambelliSul podio, Moschetti davanti ad Aristi e Zambelli
Insomma, alla fine in Belgio ci siete arrivati?
Il giorno dopo alle 14. Ci hanno portato in hotel, abbiamo fatto 40 minuti di rulli e poi di corsa siamo andati a fare un altro tampone rapido, richiesto prima della corsa. E così si è fatto giovedì sera, il venerdì abbiamo corso.
Con le gambe belle morbide, ovviamente…
Cosa ve lo dico a fare? In più sono partiti subito a tutta con i ventagli, quindi non c’è stato nemmeno il tempo di riscaldarsi e considerato che non facevo un allenamento serio da tre giorni. Comunque siamo andati anche bene, Pedersen è arrivato secondo e la sera ci hanno portato di corsa a Bruxelles. Notte in hotel e la mattina dopo alle 11 del sabato ero di nuovo a Malpensa, dove un massaggiatore mi ha caricato e mi ha portato a Firenze.
Arrivato e subito in bici?
Mi vergogno un po’ a dirlo a questo punto, ma siamo arrivati che mancavano 20 chilometri alla fine della Sanremo e mi sono fermato a vederla. Ha vinto un compagno, Stuyven, per cui abbiamo aspettato il podio. E a quel punto si era fatto tardi, erano le 17. E d’accordo con il mio allenatore e con Paolo Slongo, che era lì come direttore sportivo, si è deciso di fare altri 40 minuti sui rulli per sudare un po’. Inserendo anche una fase bella intensa. E poi finalmente ho fatto i massaggi, che davvero mi mancavano.
E il giorno dopo hai vinto…
Chiaramente mi rendo conto che il campo dei partenti non fosse eccezionale, ma per i ragazzi delle continental quelle sono le poche occasioni per mettersi in luce, ci sono passato anche io. E quando tutti vogliono vincere, vincere non è mai facile. A livello psicologico è stato importantissimo. Qualcuno ha criticato questo andare su e giù, preferivano non corressi domenica, ma era un’occasione e ho voluto coglierla.
Nonostante il lungo stop, le capacità di Moschetti sono intatte (foto Instagram)Nonostante lo stop, le capacità di Moschetti sono intatte (foto Instagram)
Come stai adesso?
Bene, ovviamente un po’ stanco per via dei viaggi, ma sento di stare meglio che nelle settimane passate e che il lavoro di una corsa come la Tirreno-Adriatico sta dando comunque i suoi frutti. Ero già partito benino. Al Tour de la Provence avevo centrato due top 10 e alla Tirreno ho fatto una grande fatica, anche perché era la prima corsa dall’incidente fatta a quel modo e con corridori di quel livello. Adesso non posso dire di aver recuperato, ma se non altro domani non devo viaggiare e mercoledì si corre, prima di tornare ancora una volta a casa.
Ma allora tanto parlare di preparazione e alimentazione in certi casi va a farsi benedire?
Bisogna sapersi arrangiare. Sugli aerei chiaramente non si mangia, perché sono voli corti e a meno che tu non sia un vip, là dietro non ti danno neanche più la bottiglietta d’acqua. Non è facile gestirsi. Si va avanti con insalate e panini e soprattutto nei giorni prima della corsa devi saper fare con quello che trovi e che possa in qualche modo essere funzionale alle tue necessità.
Moschetti in allenamento, preparando la prima vittoria (foto Instagram)Moschetti in allenamento, preparando la prima vittoria (foto Instagram)
Ad esempio, la sera dopo la corsa in Belgio?
Ero in hotel all’aeroporto di Bruxelles, con il ristorante chiuso e il room service non era troppo adatto a uno sportivo. In quei casi mangi ciò che capita oppure vai a letto digiuno.
E dopo la vittoria di Firenze, di nuovo hotel a Malpensa?
No, questa volta sono andato a casa dei miei, così ho potuto salutarli e poi l’indomani sono partito.
Prossime corse?
Torno in Italia dopo De Panne e poi torno su per fare Scheldeprijs, che si corre tra il Fiandre e la Roubaix, se la Roubaix davvero si farà. Mi sento finalmente bene, anche se sono lontano dal mio top.
Hai più sentito Fabrizio Borra, con cui hai fatto la rieducazione?
Ci siamo sentiti a inizio stagione per fare il punto e l’altra sera dopo la vittoria gli ho mandato la foto dell’arrivo, perché ci tenevo. L’anno scorso di questi tempi ero nel suo studio per ricostruirmi e abbiamo vissuto insieme l’inizio del lockdown. Dopo la vittoria il mio pensiero è andato a lui, ai medici e a tutti quelli che mi sono stati accanto in questo periodo. E speriamo d’ora in avanti, toccando ferro, di fare interviste solo per raccontare belle vittorie e non più rieducazioni o cadute.
Leslie Zamboni lavora per la Trek e riporta a Santini le richieste degli atleti. Ruolo tecnico e diplomatico, per fare il meglio senza scontentare nessuno