Tra gli ospiti di Filippo Pozzato agli eventi di Ride the Dreamland, c’era anche Fabian Cancellara (in apertura con Froidevaux, vincitore della Serenissima Gravel). La locomotiva di Berna torna in campo al fianco dei giovani. Lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato la filosofia della Tudor Pro Cycling, la formazione svizzera che nel 2023 farà il suo ingresso nelle squadre di categoria professional.
Fabian ci troviamo ad una settimana dall’impresa di Ganna, che ha conquistato il record dell’Ora. Nella tua carriera spesso hai detto di volerci provare, ma non l’hai mai fatto.
Ho seguito la prova in tv. E’ stato un bel record, molto bello da vedere. Rispetto a quando avevo iniziato a pensarci io, è un po’ diverso, in quegli anni era molto diverso. Non si sapeva nemmeno quale fosse il tempo ufficiale e quali record si dovevano considerare e quali no. Anche i materiali oggi sono molto più complessi. Quella volta attorno al record dell’Ora si era creata una vera e propria bolla, così ho preferito concentrarmi sulle cose in cui sapevo di poter fare bene.
Agli eventi di Ride the Dreamland non sei solo l’ex ciclista professionista, ma sei anche il proprietario di Tudor Pro Cycling.
Sì, ci tengo a specificare che non sono team manager o allenatore, ma sono appunto il proprietario, perché cambia molto il ruolo che ricopro. Personalmente credo che il ruolo che rivesto in Tudor Pro Cycling sia giusto, considerando anche la mia motivazione per il progetto.
Raccontaci qualcosa di più su Tudor Pro Cycling.
La squadra prima si chiamava Swiss Racing Academy. Era arrivata a contare 16 giovani corridori e ad essere vicina alla sua chiusura. Non volevo che il loro sogno svanisse e così sono entrato nel team diventando un po’ il padrino, più che proprietario o presidente. Con l’aiuto del CEO della mia società abbiamo cercato fornitori di varie aziende che potessero aiutarci con la squadra e abbiamo poi proseguito a fianco del team. Il passo successivo è il salto da squadra continental a pro team nel 2023.
Cos’altro puoi dirci?
Le cose più importanti del team sono il fatto che la squadra sarà svizzera, che però, attenzione, non vuol dire che sarà chiusa agli atleti non svizzeri. Sarà svizzero il modo in cui lavoriamo, il metodo che impiegheremo. Secondo punto centrale della Tudor Pro Cycling è il lato umano, che a mio avviso è fondamentale. L’atleta alla fine è una persona, è umano come tutti. Terzo punto focale, la performance, cioè il risultato finale, la vittoria, che è sicuramente importante per la squadra. Quello che ci tengo a sottolineare è che non è importante il nome dell’atleta che abbiamo o la vittoria che conquistiamo: è come facciamo le cose che dev’essere motivo di attenzione.
Proprietario, non manager
Fabian parla della squadra con molta passione, e continua: «Il bello del team – dice – è che al suo interno, nonostante i ruoli differenti, siamo tutti uguali. E tutti allo stesso modo devono parlare e contribuire così alla crescita del gruppo. Quando abbiamo annunciato la squadra, molti sono venuti direttamente da me a chiedere di entrare a far parte della Tudor Pro Cycling, ma questo non dipende da me. Ed è per questo che ho deciso di prendere un po’ le distanze…
«Mi sembra più corretto che siano i membri dello staff a prendere questo tipo di decisioni, dato che sono loro in contatto giorno e notte con gli atleti. Credo che la Tudor Pro Cycling stia crescendo in una maniera diversa rispetto a quello che succede in tutte le altre squadre, specialmente sulla mentalità».
L’uomo al centro
Nella chiacchierata che facciamo con Fabian, quello che molto spesso ritorna nei discorsi è la centralità “dell’umano”, la volontà, e la necessità, di considerare gli atleti come persone da accompagnare nella crescita
«Stiamo lavorando molto, come ho detto, sull’aspetto umano – spiega – perché penso che nel ciclismo di oggi venga un po’ dimenticato. Tutto è diventato più materiale, gli atleti spesso sono considerati oggetti. Molti giovani vengono frettolosamente definiti inadatti, ma forse hanno ricevuto un trattamento che non gli ha permesso di esprimere il meglio di loro stessi. Sentiamo una grande responsabilità nell’accompagnare nella crescita anche chi non passerà al professionismo. Dobbiamo accettare che non tutti sono Evenepoel o Ayuso, che c’è anche chi ha bisogno di più anni e chi semplicemente non passerà professionista. Non vogliamo che i giovani crescano troppo presto, perché si vede quando c’è una mancanza. E nel mondo professionistico poi, tra contratti, stipendi e aspettative, la pressione si fa sentire. La bici è una cosa, ma la vita è un’altra ed è più importante».
Crescere con calma
La squadra rimane un punto cardine in Svizzera, come spiega Cancellara. «Lavoriamo molto bene anche con la nazionale svizzera – dice – come credo sia anche giusto. Ci aiutiamo a vicenda, perché il ciclismo è un grande insieme e così lo consideriamo noi. Dobbiamo avere la pazienza di crescere con calma e di fare le cose a modo nostro. Per il momento siamo molto contenti di come le cose stiano andando.
La squadra, così come l’azienda Tudor, ha un hashtag interessante, “Born to dare” cioè “nati per osare”. In cosa osate?
“Dare” come “daring”, l’essere audace, che per noi è un po’ la filosofia della squadra. Siamo contenti della grande azienda che abbiamo al nostro fianco, un’azienda che entrando nel ciclismo, entra in un bel mondo. Credo sia importante stimolare le aziende a scommettere sul ciclismo.
Per voi alla Serenissima Gravel è arrivata una vittoria importante con Robin Froidevaux.
Sì, siamo contenti della vittoria, anche se Robin non indossava la maglia di campione svizzero. Siamo soddisfatti perché è una vittoria meritata, considerando anche i campioni con cui ha dovuto lottare. Di fatto siamo ancora una Continental, molti pensano che siamo una squadra perfetta, già pronta, quando in realtà partiamo da zero, non abbiamo ancora i pullman per esempio. Abbiamo buoni materiali e ottimi fornitori, ma non vuol dire che siamo pronti al 100%.
Il Cancellara con cui parliamo è un Fabian soddisfatto e contento del progetto che sta accompagnando. Lo ripete più volte: «Ci vorrà pazienza, le cose vanno fatte bene» e una filosofia così non può che essere vincente. Con la Veneto Classic si è conclusa la stagione dei ragazzi della Tudor Pro Cycling che hanno già uno sguardo sul 2023, nella speranza di poter dare grande spettacolo.