Aleotti alla Strade Bianche: prima, durante e dopo

08.03.2021
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Giovanni Aleotti e la Strade Bianche: prima, durante e dopo. Puoi essere stato il miglior under 23 d’Italia e aver quasi vinto il Tour de l’Avenir, ma quando attacchi il numero in una gara WorldTour così dura, ricomincia tutto da capo. Ecco come l’ha vissuta l’emiliano della Bora-Hansgrohe, guardato a vista da Oss.

Nella ricognizione del giovedì, per provare ruote e rapporti
Nella ricognizione del giovedì, per provare ruote e rapporti

Prima: le domande

Giovanni arriva a Siena, per la precisione a Monteriggioni, dopo un periodo di 20 giorni in altura a Sierra Nevada con cinque compagni, fra cui appunto Daniel Oss e Matteo Fabbro. Si sono allenati forte per qualità e quantità agli ordini di Sylwester Szmyd, cercando di essere pronti per la corsa toscana. Il debutto stagionale invece c’è stato al Tour de la Provence di metà febbraio.

«Che cosa so della Strade Bianche? Che è impegnativa – dice nella serata del giovedì – non c’è un metro di pianura e bisogna prendere gli sterrati davanti. Ho corso su queste strade una tappa del Giro U23 e arrivai 9°. Monte Sante Marie è lungo, mi sono divertito a provare il percorso. E’ stato bello. Stamattina abbiamo pedalato per 3 ore e fatto tutte le prove prova di gomme e pressioni, anche pensando alle discese, dove si dovranno seguire le traiettorie degli altri.

«Userò i copertoncini da 28 millimetri, quelli con la spalla nera. Mi sono trovato bene sia sugli strappi in asfalto, sia sullo sterrato. Quanto ai rapporti, con il 39 non sono andato affatto male, anche sulle pendenze sopra al 10 per cento. Dietro invece avrò il 30. Vediamo cosa monteranno gli altri. E’ la prima corsa importante».

Con De Marchi alla partenza, in un misto di curiosità e attesa
Con De Marchi alla partenza, in un misto di curiosità e attesa

Mattina: la calma

Aleotti si trattiene per qualche intervista dopo la firma di partenza all’interno della Fortezza Medicea di Siena. Mentre si scambia qualche parola, lo raggiunge Alessandro De Marchi, con la nuova divisa della Israel Start Up Nation.

Dice di stare bene, che la pioggia notturna porterà via un po’ di polvere dal percorso e questo è un bene. Poi si avvia verso l’ammiraglia, ci sono ancora un paio di cose da fare prima della partenza. Un’occhiata alla bici conferma la scelta dei copertoncini e dei rapporti.

Durante: il controllo

Giovanni Aleotti, dorsale 71, raggiunge il traguardo di Siena 7’48” dopo Mathieu Van der Poel. E’ stato fino all’ultimo chilometro nel gruppo di Valverde, poi ha finito il suo lavoro e si è fatto da parte.

«Ho fatto gran parte della corsa – racconta – in ottima compagnia, con Van Avermaet e Almeida. Stavo molto bene. Sante Marie si è rivelato molto impegnativo, ma l’avevo capito. Peccato che nel settore prima, quello di Asciano, Konrad abbia avuto qualche problema e ci siamo fermati per aspettarlo e quando siamo rientrati ai piedi di Sante Marie, appunto, eravamo a tutta. Come pensavo, non è stata una corsa molto polverosa. Stiamo parlando di un livello altissimo, credo si sia capito anche guardandola in televisione. Tanto che la difficoltà principale è stata quella di alimentarsi bene, avendo tanti settori di fila e sempre a tutta».

In via Santa Caterina, col suo passo, dopo aver tirato per i compagni
In via Santa Caterina, col suo passo

Dopo: la soddisfazione

Quattordicesimo il giorno dopo a Larciano, Aleotti ha dimostrato di aver ben recuperato la Strade Bianche e il suo bilancio finale lascia ottime prospettive.

«E’ stata dura, durissima – dice – ma bellissima come corsa. Sono stato fortunato, non ho mai avuto problemi, forature né cadute. Sono sempre riuscito a prendere gli strappi davanti restando accanto a Oss e Burghardt, che sono espertissimi. Sono anche contento alla fine della prestazione. Chiaramente non mi aspettavo di essere davanti coi primi, ma sono arrivato con il secondo gruppo inseguitore che alla fine si giocava la 18esima posizione con Mollema, Van Avermaet, Bardet, Valverde, Bettiol, Formolo e altri. Per cui ho tirato l’imbocco ai miei tre compagni (Konrad, Buchmann e Oss, ndr) e poi mi sono spostato all’ultimo chilometro. Fino a Piazza del Campo sono salito tranquillo. Insomma, l’ho finita e sono anche soddisfatto. Ho lo spirito giusto per affrontare la Tirreno-Adriatico».

Conti e il complicato lavoro del gregario sugli sterrati

07.03.2021
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Ancora qualche riflessione sulla Strade Bianche di ieri. Una corsa così importante e scoppiettante lascia lo strascico. I protagonisti, lo abbiamo detto, sono stati tutti super campioni. Tra di loro c’era anche Tadej Pogacar. Ma se lo sloveno è andato forte il merito è anche dei suoi compagni della UAE Team Emirates. E tra chi lavora spesso dietro le quinte c’è il romano Valerio Conti.

Squadra compatta

Valerio lo pizzichiamo all’uscita dal bus poco dopo la doccia. Sta per andare in direzione di Larciano, per il Gp Industria & Commercio di quest’oggi dove correrà con la maglia della nazionale.

«E’ una corsa veramente bella dal punto di vista sportivo e paesaggistico – spiega il laziale – un arrivo fantastico in cui ha vinto il più forte. Per quanto riguarda me, purtroppo ho forato prima di Sante Marie e l’ammiraglia era molto indietro perché era caduto il nostro compagno di squadra Riabushenko. A quel punto non c’è stato più niente da fare. La gara era andata».

Conti porta davanti i capitani. Il laziale è sempre in prima fila e non si lascia intimorire
Valerio Conti porta davanti i capitani sugli sterrati

Conti consigliere

Valerio racconta del grande lavoro che richiede questa corsa per il team, per chi deve correre in supporto del capitano. Anzi, dei capitani, perché ricordiamo che c’era anche Formolo, lo scorso anno secondo alle spalle di Van Aert. Noi spesso vediamo solo il finale di corsa, ma prima ci sono 100 e passa chilometri in cui la gente non sa cosa succede. E che sono determinanti per il finale.

«Pogacar e Formolo – riprende Conti – erano i due capitani. Poi in corsa è diventato Tadej perché stava meglio. Fin quando abbiamo potuto abbiamo lavorato sodo. Ma poi da Monte Sante Marie, a prescindere dalla mia foratura, servivano le gambe. E da lì se l’è dovuta vedere da solo Tadej.

«Una gara come la Strade Bianche è molto dura perché sei sempre a tutta e così sarà sempre, perché i settori di sterrato vanno affrontati tutti davanti. C’è gente che scatta per anticipare gli ingressi. E’ tutto un rincorrersi e di conseguenza la velocità si alza. E infatti l’ordine d’arrivo è “sgretolato” peggio che in una gara in salita!».


Valerio aveva svolto un ottimo lavoro fino al momento della sua foratura, ma questa gara è piena d’insidie c’è chi fora, chi cade. A volte Pogacar lo affiancava per chiedergli qualche consiglio, per farsi riportare davanti.

«E’ capitato che Tadej mi abbia chiesto quando iniziasse questo o quel settore e come fosse. E io ho visto che l’avevo già fatta glielo spiegavo per bene. Poi per il resto si andava talmente a tutta che c’era poco tempo per parlare!».

Il gruppo lanciato sugli sterrati. In quei momenti la frenesia aumenta
Il gruppo lanciato sugli sterrati. In quei momenti la frenesia aumenta

Crossiti a nozze

Certo che quando ti chiami Conti o Pagacar, o meglio, quando non sei altissimo o non pesi 70 chili, non deve essere facile destreggiarsi in corse del genere, tra “bestioni” super potenti. Qui ci sono gli specialisti delle classiche, quelli che sono alti, hanno peso e watt da “regalare”.

«Ci vuole coraggio – dice conti – Tadej e pochi altri come lui hanno una marcia in più. Da parte nostra si cerca di dare il meglio, ma ovviamente loro sono molto più avvantaggiati. Soprattutto i ciclocrossisti. E’ molto difficile competere con loro, anche perché fanno molta meno fatica. Lo vedi dall’approccio degli sterrati, dagli ingressi in curva… Vanno a nozze. Guidano più sciolti. Poi si ritrovano sulla strada asfaltata con l’energia raddoppiata. In più per me che uscivo dall’infortunio alla clavicola non è stato facile e ogni tanto mi fa male… tipo oggi (ieri per chi legge, ndr)».

Ha fatto bene Van Aert a non correre prima?

07.03.2021
4 min
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Dopo l’arrivo di ieri alla Strade Bianche, finito di correre e rincorrere, Van Aert è rimasto fermo per dieci minuti con il sedere sull’orizzontale e la schiena alla piazza, facendo imbufalire il tipo del servizio d’ordine che avrebbe voluto la corsia libera per far defluire i corridori. Quando poi ha ritenuto di aver messo ordine nei pensieri e ha trovato la voglia di togliersi di lì, il gigante belga si è voltato verso i giornalisti che lo aspettavano. Qualche istante prima di farlo, come in un salto indietro di qualche settimana, una battuta a denti stretti con Pidcock, che a sua volta aveva ripreso fiato e vita, li ha riportati entrambi a quando erano convinti di essere al top e Van der Poel li bastonava con i suoi attacchi devastanti anche nel cross.

Il lato A della foto di apertura. In basso a sinistra, l’autore di quella foto
Il lato A della foto di apertura. In basso a sinistra, l’autore di quella foto

Primo a cedere

Le sue parole, arrivando in Italia senza correre prima, hanno un po’ spiazzato l’ambiente: verrò per fare classifica alla Tirreno-Adriatico, per cui immaginando che possa aver lavorato su salite più lunghe del solito, magari potrebbe aver trascurato l’esplosività necessaria sugli strappi di corse come questa?

«Come ogni anno – ha detto il capitano della Jumbo Vismac’è chi comincia prima ed è più difficile fare la differenza. Io avevo la stessa condizione dello scorso anno, più o meno. In ritiro ho lavorato bene, ma mi sono accorto di non riuscire a fare la differenza. Sono stato il primo in difficoltà nel gruppo di testa e questo probabilmente perché ero alla prima corsa. Avrei avuto bisogno di correre prima? In ogni caso mi sono ripreso e ho fatto un bel finale. Alla fine andavo come quelli davanti, c’è stato un momento che sembrava di toccarli da quanto erano vicini, ma purtroppo non tutti ci hanno creduto allo stesso modo. E’ stato diverso dallo scorso anno e devo fare i complimenti a Mathieu Van der Poel e a chi è andato più forte di me».

Pidcock è rimasto a ruota per proteggere Bernal in fuga
Pidcock è rimasto a ruota per proteggere Bernal in fuga

Vento a favore

Una sua interpretazione della corsa va contro corrente rispetto a quanto hanno raccontato alcuni suoi colleghi.

«Il vento non è stato un problema – ha spiegato – tutt’altro. Ha reso la corsa più facile, almeno nella prima parte. Si stava benissimo a ruota ed è questo il solo motivo per cui ai piedi delle Sante Marie è arrivato un gruppo così numeroso. Poi la corsa è esplosa e si sono visti i valori in campo. Certo ero il vincitore uscente, per cui non avreste accettato alcun risultato al di sotto della vittoria. Però sono arrivato quarto, il primo degli inseguitori, a 30 secondi dal podio. La mia squadra ha lavorato benissimo, facendo un grande lavoro. Sono in netta crescita. C’ero nei momenti importanti e non sono sprofondato. Questo basta».

Sulla salita di Santa Caterina si è scrollato di dosso i compagni di viaggio, arrivando 4°
Sulla salita di Santa Caterina il suo ultimo scatto

Preparazione ok?

Poi Wout ha fatto il punto di cosa gli sia mancato in corsa per essere al livello dei primi tre e si è capito che con un paio di corse nelle gambe, probabilmente saremmo stati lì a raccontare un’altra storia.

«La vera accelerazione non c’è ancora – ha detto – mi è mancato il cambio di ritmo. Sono in buona forma, ovviamente volevo vincere la gara, ma oggi non è stato possibile. Ho pagato le pendenze più accentuate e gli scatti di Alaphilippe e Van der Poel proprio in quei tratti (sono gap che forse derivano dal non aver corso prima, ndr). Ma questa rimane una delle gare più belle dell’anno e l’ha vinta il migliore. Quanto a me, sono in tabella per quello che voglio fare quest’anno. Sono certo che al Nord vedremo un altro correre e parleremo in altro modo».

Ma forse il podio di Bernal non è una sorpresa

06.03.2021
3 min
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Sul podio della Strade Bianche assieme a Van der Poel e Alaphilippe, Egan Bernal si è guardato intorno non senza sorpresa e ha avuto una bella sensazione. Certo i sogni erano altri, ma quando sei fuori dalla tua comfort zone (che nel suo caso sono le salite e le alte quote), anche i sogni devono adeguarsi. E il terzo posto a Piazza del Campo è un risultato che forse neppure il colombiano in partenza avrebbe messo in conto e che magari potrebbe indicargli altre direzioni da affiancare ai grandi Giri. Se c’è una lezione che va assolutamente appresa da Van der Poel, Van Aert e Pidcock è che si corre sempre per vincere. Qualunque sia la corsa.

Ua magia che torna tutti gli altri nellle terre di Siena
Ua magia che torna tutti gli altri nellle terre di Siena

Effetto sorpresa

Egan era arrivato in Europa parlando ancora del mal di schiena che lo affligge dallo scorso Tour. Per cui parecchi erano propensi a ritenerlo fuori dai giochi, non aspettandosi di vederlo pimpante come negli ultimi giorni. A Laigueglia prima, quando è arrivato secondo alle spalle di Mollema. E poi alla Strade Bianche che, a quanto vedremo, era un suo vecchio desiderio.

Quado gli chiediamo di avvicinarsi alla transenna, Bernal è nell’area delle televisioni in attesa del suo turno alle interviste. Ma ci vede, ci riconosce e ci raggiunge.

Bernal ha corso spesso vicino ad Alahilippe, in grande forma
Bernal ha corso spesso vicino ad Alahilippe, in grande forma
Come è andata?

Meglio di quanto mi aspettassi. Pensavo di stare lì davanti, ma non così tanto. Alla fine sono riuscito a salire sul podio con Mathieu (Van der Poel, ndr) e con il campione del mondo in una corsa di un giorno. Non sono uno specialista, quindi per me è un grandissimo risultato.

Sei stato a lungo con Pidcock, avevate un piano?

Era difficile andare via da soli, per cui il nostro obiettivo era cercare di superare insieme anche l’ultimo tratto di sterrato e poi giocarci le nostre carte, magari scattando a turno. Però alla fine ha attaccato Mathieu e dalla corsa tattica che speravamo di gestire, è diventata una corsa di gambe. Ma secondo me abbiamo giocato bene le nostre carte.

Pidcock assetato dopo l’arrivo, al termine di una prova sorprendente
Pidcock assetato dopo l’arrivo, al termine di una prova sorprendente
Sul podio c’erano due ciclocrossisti e un biker: è un caso?

Ex biker, è stato un po’ di anni fa. Però un po’ ha aiutato. La padronanza della bici in qualche modo ne guadagna.

Ti aspettavi una corsa così?

E’ una delle corse più belle. Per quanto riguarda me, erano già un po’ di anni che aspettavo di farla. Una corsa bellissima anche da dentro per noi corridori, una delle più belle. Pero anche una delle più dure. E io almeno, parlo per me, l’ho goduta.

Adesso si punta sulla Tirreno?

In realtà sono venuto qui pensando di fare bene la Strade Bianche più che la Tirreno. L’obiettivo di questo blocco di corse era la gara di oggi, la Tirreno viene come viene. Sono davvero molto soddisfatto di questo podio, davvero una bella sorpresa.

Che cosa insegna questa corsa? Che un Bernal in forma Giro potrebbe anche togliersi il gusto di andare a conoscere la Liegi. E’ la lezione dei guerrieri di questo ciclismo d’assalto, in cui in apparenza il gusto per la sfida e la capacità di prestazione fanno passare in secondo piano gli schemi di sempre.

Cassani non ha dubbi: «Una sfida fra giganti»

06.03.2021
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«Una sfida tra giganti. I favoriti erano e i favoriti sono stati», Davide Cassani commenta la Strade Bianche che si è conclusa da poco. In Piazza del Campo le ombre si allungano e mentre parliamo con il cittì delle nazionali i corridori ancora passano alla spicciolata.

Julian Alaphilippe un po’ adombrato al termine della gara
Julian Alaphilippe un po’ adombrato al termine della gara

Il cross nelle gambe di Vdp

«Ho visto un Van der Poel impressionante – spiega Cassani – Ha mostrato brillantezza, cambio di ritmo, potenza… E ha corso sempre davanti. Sembrava inesauribile. Così come Alaphilippe intendiamoci».

Certo che nel finale a tre, con Bernal e quei due mostri sacri, la maggior parte di noi dieci euro li avrebbe scommessi sul francese. Che è un “gatto” in quanto ad agilità, velocità e anche scaltrezza tattica. Invece abbiamo visto come è andata. E Cassani non è poi così sorpreso.

«Questa Strade Bianche è stata una gran bella corsa – riprende – Una competizione in cui non puoi bluffare. Mi aspettavo una sfida tra loro due anche nel finale. Il fatto che Van der Poel abbia fatto quel numero non mi ha stupito. Lui esce dall’inverno del ciclocross. Ha una capacità di resistere all’acido lattico superiore. Era più avanti con la condizione. E’ vero che dopo il cross un po’ si è fermato, ma non è che abbia perso molto. Anzi, ha fatto della supercompensazione».

La tenacia di Van Aert, a tutta sullo strappo finale
La tenacia di Van Aert, a tutta sullo strappo finale

Dai Giri alle classiche

Un altro aspetto che sottolineiamo insieme al cittì è la presenza di due campioni delle grandi corse a tappe, in particolare i vincitori degli ultimi due Tour de France: Bernal e Pogacar. Corridori leggeri che si sono saputi adattare anche agli sterrati.

«Bernal viene dalla Mtb e Pogacar è un fenomeno. Vederli lì davanti credo sia una cosa bella. E’ un po’ come tornare indietro di tanti anni quando i vincitori della classiche erano gli stessi dei grandi Giri. E’ il ciclismo moderno…

«Anche lo stesso Van Aert mi ha colpito. E’ stato ripreso, si è staccato ma non è crollato. Anzi, nel finale ha anche rimontato ed è arrivato quarto. Segno che lui è uno che non molla mai. Ricordate quando proprio sull’ultimo strappo qualche anno fa cadde dalla fatica?».

Secondo noi, e Cassani è d’accordo, all’asso belga è mancata la brillantezza di chi era alla prima gara della stagione. Ha lavorato in altura, ha fatto la base. E il fatto che non sia crollato lo dimostra. Non aveva la risposta allo scatto.

«Tornando al ciclismo moderno noto che questi grandi campioni corrono meno frenati che in passato. Attaccano anche a 50-60 chilometri dall’arrivo, sono più arrembanti, più coraggiosi. Si controllano meno.

«Perché? Perché stanno bene, si sentono forti e quando trovano percorsi del genere perché aspettare? Ho come l’impressione che non vogliano solo vincere, ma vogliono dimostrarsi propositivi, mostrare la loro forza». Insomma amano dare spettacolo.

Davide Ballerini ha lavorato per la squadra
Davide Ballerini ha lavorato per la squadra

Cassani difende l’Italia 

E la mancanza d’italiani nel vivo della corsa è stata la nota dolente di questa splendida giornata di ciclismo. Purtroppo se non c’è Nibali c’è il vuoto o quasi.

«Ma lo sapevamo – dice Cassani – che oggi l’Italia non sarebbe stata competitiva. Moscon è infortunato. Ballerini ha lavorato per Almeida (gli ha anche dato la sua bici, ndr), Bettiol era indietro con la condizione. Bagioli non c’era».

Magari pensiamo ad un Brambilla. Non che potesse stravincere contro quei bestioni, ma Gianluca è uno che attacca, sui percorsi ondulati è molto bravo e poi era in buona condizione, aveva anche vinto…

«Ma bisogna vedere cosa gli è successo e cosa gli ha detto di fare la squadra», chiosa Cassani.

La legge di Mathieu si abbatte su Siena

06.03.2021
4 min
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Mathieu sta seduto come il direttore del giornale davanti alla redazione e i giornalisti davanti a lui con il taccuino pendono dalle sue labbra. Mezz’ora fa sulla bici, mentre schiantava con un altro scatto Alaphilippe e Bernal, probabilmente era meno composto ma il senso di potere mostrato anche in corsa era pressoché identico. Per cui quando gli chiediamo se quell’attacco prima della salita finale sia stato dettato dall’insicurezza al cospetto di quei due pesi leggeri, la sua risposta è perentoria.

«Avevano smesso di tirare – dice – volevo dare una smossa, poi Bernal ha chiuso e abbiamo continuato insieme. Ma non l’ho fatto perché mi sentissi poco sicuro in salita».

Scusate, adesso mi siedo un attimo: VdP ha dato davvero tutto
Scusate, adesso mi siedo un attimo: VdP ha dato davvero tutto

Affronto lavato

Stavolta ha funzionato tutto bene, non come l’anno scorso in cui aveva pagato l’insicurezza e la poca esperienza. Era venuto a fare lo sceriffo, era tornato a casa con un 15° posto e il pubblico che applaudiva Van Aert. Oltre il danno, la beffa, doveva aver pensato. Per questo forse la Strade Bianche è diventata il suo obiettivo. Non il principale, ma di certo uno di quelli importanti.

Il primo attacco sullo sterrato spacca il gruppo. Van Aert sorpreso
Il primo attacco sullo sterrato spacca il gruppo. Van Aert sorpreso
Stavolta è andata bene.

E’ una delle corse più difficili da vincere per me, visti i grandi avversari che c’erano. Se guardate chi c’era dopo Sante Marie, capite anche il perché. Ero in mezzo a scalatori, gente che non viene mai a fare le classiche in Belgio. Un gruppo strano rispetto a quelli che frequento di solito. Per questo la corsa e la vittoria hanno tanto valore.

Il passaggio dal cross alla strada ha funzionato alla grande…

Me la sono presa comoda. Dopo il cross ho riposato una settimana. Poi sono andato a Benicasim, in Spagna, con la squadra. Dal Uae Tour siamo dovuti andare via dopo il primo giorno. E a quel punto ho individuato in Kuurne e Le Samyn le corse giuste per spingermi al limite e il risultato mi ha dato ragione.

Gli resistono soltanto Alaphilippe e Bernal
Gli resistono soltanto Alaphilippe e Bernal
E’ stato pesante andare via dagli Emirati?

Dobbiamo stare tutti attenti e a volte nemmeno basta. Il ciclismo ce la mette tutta ed è fondamentale insistere per riuscire a correre ancora.

Hai corso in modo meno spaccone questa volta, come mai?

In realtà stavo molto bene, ma ho preferito rimanere in gruppo e usare la testa, per arrivare fresco ai punti in cui si sarebbe decisa la corsa. Sapevo che per vincere avrei dovuto attaccare, questa non è una corsa che aspetti la volata.

Solo al traguardo dopo la legnata sullo strappo finale
Solo al traguardo dopo la legnata sullo strappo finale
Anche la squadra ti è stata bene accanto, ti aspettavi fossero così forti?

Mi hanno aiutato tutti ad arrivare alle fasi decisive. Sapevo che siamo forti e credo che il risveglio positivo in questo senso tutta la Alpecin-Fenix lo abbia avuto a Kuurne.

Hai vinto Amstel e Fiandre. Questa sembra una prova Monumento, pensi di poter vincere tutte le altre?

Se per altre intendi anche Liegi e Lombardia, allora forse no. La Liegi l’anno scorso non è andata male (Mathieu arrivò 6°, ndr), ma per vincerla serve che tutti i tasselli cadano nel posto giusto. Invece credo che il Lombardia sia troppo duro.

Un anno dopo lo smacco 2020, Mathieu Van der Poel sul trono di Siena
Un anno dopo lo smacco 2020, Mathieu Van der Poel sul trono di Siena
E adesso la Tirreno: per fare cosa?

Spero di trovare qualche tappa che mi si addice e di vincerla, ma non ho ancora guardato il percorso. Non credo proprio che potrò fare classifica, direi proprio di no. La Tirreno sarà un passaggio verso la Sanremo, ma non escludo di lasciare il segno.

Poi quando pensa di aver detto tutto, Mathieu scioglie la riunione. Si alza senza neanche un cenno, dice a malapena grazie e si avvia verso l’uscita. Sta lentamente iniziando a imporre su strada la legge del cross. Van Aert si è tolto il cappello, ma essendo alla prima corsa ci sta che abbia ceduto e, anzi, è andato molto forte. Da qui alle sfide di aprile, bisognerà fare i conti soprattutto con loro.

Le lacrime di Marta Cavalli: «Non sogno, è tutto vero!»

06.03.2021
3 min
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Andata a rileggervi l’intervista di Marta Cavalli di qualche settimana fa, dove dice che le viene sempre da ridere e poi guardatela adesso, dopo l’arrivo, piena di polvere e con le lacrime agli occhi. Ottava al traguardo, dopo aver lottato per il podio. Ventidue anni, nove in meno della ragazza che ha vinto. Un massaggiatore le pulisce il viso, ma le gambe sono ancora sporche come la sua Lapierre. E proprio guardando com’è ridotta la bici, pensi alla polvere che hanno respirato le ragazze. Marta intanto riprende il controllo, ma sarà duro, perché ha l’emozione che spinge per uscire. E allora capisci che il salto nel vuoto per andare in Francia, che inizialmente poggiava sull’entusiasmo e la curiosità, aveva bisogno di questo tipo di conferme. E adesso che la conferma è venuta, si può anche lasciare un po’ andare la tensione.

In Piazza del Campo si recupera, si commenta e si pensa alla prossima sfida
In Piazza del Campo si recupera, si commenta e si pensa alla prossima sfida
Non ridi più?

Sto vivendo delle bellissime emozioni (ora ride, ndr). Ero tesa, perché ci tenevo e ora sono emozionata. Era la seconda corsa con la nuova squadra e loro non fanno passare giorno senza sottolineare quanto ci tenessero ad avere un’atleta italiana. Perché in queste corse ci mettiamo il cuore. Anche per loro la Strade Bianche era una corsa importante e siamo venuti per fare il miglior risultato possibile. Sono partita con più testa che gambe e alla fine sono riuscita a fare la corsa con la testa.

Una corsa dura…

Una gara tosta fino agli ultimi chilometri, che non molla mai. Ma mi sto trovando molto bene, perché ci siamo arrivate senza pressione e così i risultati arrivano meglio. Ricevere i complimenti e sentire tanta fiducia mi fa capire che credono davvero in me e mi conferma di aver trovato il posto giusto per crescere nei prossimi anni.

Eppure per un po’ ti abbiamo visto indietro.

Sono rimasta attardata nell’ultimo settore e ho dovuto fare un fuorigiri per restare con le prime. A quel punto ho avuto bisogno di tirare un po’ il fiato per riprendermi.

Dopo l’arrivo, Marta ha sfogato la sua emozione con le compagne e poi con le lacrime durante le prime interviste
Dopo l’arrivo, Marta ha sfogato la sua emozione con le compagne e poi con le prime interviste
E dopo aver recuperato, hai attaccato…

La squadra alla radio continuava a dirmi: «Go Marta, go Marta, possiamo vincere!». E a quel punto con il pochissimo che mi era rimasto, ho provato a onorare questa maglia e questa corsa.

La voce si rompe ancora, ma stavolta le lacrime restano negli occhi. La chiamano perché raggiunga le compagne. Seconda gara WorldTour alle spalle. Nona all’Het Nieuwsblad, ottava alla Strade Bianche. Il lavoro degli anni scorsi alla Valcar&Travel Service sta dando ottimi frutti. Il bello di questa emozione è che c’è ancora tanto da raccontare.

Chantal Van den Broek-Blaak: Siena ha la sua regina

06.03.2021
3 min
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Il solo lato positivo delle mascherine è la possibilità di focalizzare l’attenzione sugli occhi e in questo pomeriggio mite in Toscana, gli occhi di Chantal Van den Broek-Blaak, olandese di 31 anni, impazziscono di gioia. Da italiani, bisognerebbe avercela un po’ con lei, ma quando un’atleta confeziona così bene una vittoria, viene spontaneo batterle le mani.

«Sono felice – ammette continuando a sorridere – perché non mi aspettavo di vincere e quando una vittoria è inattesa, ti dà anche più felicità. E poi sono felice perché rimarrò per le prossime due settimane qui in Toscana, godendomi il clima e il buon cibo italiano assieme a due compagne, fra cui Elena Cecchini, fino al Trofeo Binda».

La selezione è venuta anche per il vento e le cadute
La selezione è venuta anche per il vento e le cadute

Ha corso da grande e vinto da furba. E quando ha capito che una Longo Borghini più fresca avrebbe potuto batterla, si è fidata delle raccomandazioni dell’ammiraglia.

Che cosa ti dicevano alla radio?

Di stare a ruota, perché dietro avevamo altre tre ragazze super forti. Ma avevo fiducia nelle mie gambe. Non ho mai avuto il dubbio di non arrivare.

Come hai gestito il finale con Elisa Longo Borghini?

Sapevo che Elisa avrebbe dato tutto per non farsi riprendere. Non poteva permettersi che rientrassero da dietro, perché in volata non avrebbe avuto chance. Io sapevo di avere più possibilità e che se anche non l’avessi staccata, mi sarebbe bastato entrare in testa nell’ultima curva. Ho seguito molto le sensazioni, nessun punto prestabilito. E quando ho visto la salita là davanti, sono partita.

Chantal Van den Broek-Blaak taglia da sola il traguardo a Piazza del Campo
Chantal Van den Broek-Blaak sola a Piazza del Campo
Tattica concordata con Anna Van der Breggen?

Non dobbiamo parlare poi tanto fra noi, corriamo insieme da anni. Non è ancora un direttore sportivo, quel ruolo inizierà dall’anno prossimo. Per ora Anna è un’atleta, ma le sue parole mi motivano molto.

Vittoria inattesa, ma hai corso per vincere…

Il finale è stato molto veloce. Dovevo attaccare, tenendo il finale per le altre. Quando sono partita e ho visto arrivare Elisa, che è super forte, un po’ sono stata nervosa. Ma quando dall’ammiraglia mi hanno tranquillizzato, ho smesso di farmi problemi.

Festa grande per la Sd Worx che aveva già vinto l’Omloop Het Nieuwsblad
Festa grande per la Sd Worx che aveva già vinto l’Omloop Het Nieuwsblad
Hai vinto il mondiale 2017, un Fiandre e la Gand, ma tutti parlano di altre olandesi, come Val Vleuten, Van der Breggen e Voss: ti dà fastidio?

E’ vero che ho davanti un gruppo di ragazze fenomenali, ma è una bella cosa per il ciclismo olandese. Non credo che mi abbiano mai fatto ombra. So che posso ottenere le mie vittorie e corse come questa mi si addicono alla perfezione. Per cui gioco le mie carte e spesso seguo il mio istinto.

Longo, questo secondo posto ha un sapore diverso

06.03.2021
3 min
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Piazza del Campo è vuota come le mani quando potevi stringere la vittoria e ti resta un secondo posto, anche se Elisa Longo Borghini in apparenza non pensa questo e forse ha ragione lei. Ha attaccato. Anzi, ha risposto all’attacco di Chantal Van den Broek-Blaak e quando l’ha raggiunta, l’altra si è accovacciata a ruota e non c’è stato verso di farla passare. Elisa si è voltata almeno quattro volte, ma l’olandese non le ha dato spago, né la stessa Elisa ha rischiato di rialzarsi rimettendo in gioco il finale. Un po’ come la storia dello scorpione sul guscio della tartaruga, con il finale già scritto per questa Strade Bianche.

«Anche se a cose normali – dice Elisa ormai rinfrancata – su questo tipo di arrivo riesco a staccarla. Per questo non ha dato cambi, posso capirla. Oggi aveva davvero delle ottime gambe, l’ho vista bene. Complimenti alla Sd Worx. Sapevamo che era la squadra da battere e infatti ci ha battuto».

Sul traguardo con un altro secondo posto di cui farsi una ragione
Sul traguardo con un altro secondo posto di cui farsi una ragione

Le energie spese

Purtroppo la sensazione di qualcosa già visto ci si è attaccata addosso proprio nel momento in cui, nel tratto in asfalto in lieve discesa verso l’ultimo chilometro, il lungo rapporto pesava più sulle sue gambe che su quelle della rivale. La gestione tattica del finale continuava ad essere condizionata dalla sua grande generosità. Non c’era in corsa la miglior Longo Borghini, tuttavia, ma un’atleta in forte crescita, tuttavia lontana dal top. Il recupero fatto per rientrare sulle prime doveva esserle costato certamente qualcosa.

«Su Colle Pinzuto – dice – sono rimasta un po’ indietro, perché la mia gara doveva essere su Van der Breggen e anche lei è rimasta attardata. Ho dovuto un po’ ricucire il gap fra i meno 10 e i meno 8, quando poi mi sono ritrovata davanti e ho dovuto tirare un po’ il fiato».

Con Van Dijk dopo l’arrivo, ringraziandola per il grande lavoro svolto
Con Van Dijk dopo l’arrivo, ringraziandola per il lavoro

In forte crescita

Le sensazioni sono in crescita. Il percorso della Strade Bianche è più duro di quello dell’Omloop Het Nieuwsblad e se là il suo scatto è stato incisivo, ma alla lunga ha offerto il fianco al contrattacco della Van der Breggen, oggi il suo attacco e la capacità di portarlo avanti, ha tagliato le gambe a tutte, tranne che alla scomoda compagna di viaggio.

«Sapete – sorride – perché sono soddisfatta? Perché rispetto all’Het Nieuwsblad mi sono sentita in crescita. Non al top, però meglio. Sono in tabella per le classiche di aprile, anche se nel ciclismo tutto deve andare bene e con un po’ do fortuna. Adesso torno a casa per allenarmi, la stagione è appena cominciata».