Yates “gregario” di Pogacar?Il punto tattico con Bartoli

24.02.2021
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La prima tappa di salita dell’UAE Tour ha subito lasciato verdetti importanti. Il primo: Tadej Pogacar è già in palla. Il secondo: Nibali non è andato poi così male. Il terzo: Joao Almeida è forte davvero, lasciamolo maturare. Il quarto: Chris Froome “scricchiola” in modo preoccupante. E il quinto: Adam Yates è in super forma ma è stato al tempo stesso protagonista di una tattica quantomeno discutibile. E su questo punto vogliamo insistere.

Siamo nella prima corsa WorldTour dell’anno e tutti vogliono vincere, specie nell’era del Covid in cui il senso di precarietà è alto e si cerca di prendere quel che c’è sul banco.

Il plotone all’assalto della scalata finale verso Jebel Hafeet. Ritmi subito altissimi
Gruppo sulla scalata finale verso Jebel Hafeet. Ritmi subito alti

Il forcing della Ineos

Ma torniamo alla tattica di Yates. La corsa vive sulla fuga di De Gent e Gallopin. I due, seppur in momenti diversi, vengono ripresi nella salita finale. A tirare è la Ineos-Grenadiers di Yates. Fino a quel momento l’inglese era quinto in classifica a 39” dallo sloveno.

Sotto le menate della sua squadra davanti restano in tre: Yates, Pogacar e Kuss. Lo stesso Yates accelera e restano in due: lui e Pogacar. Di “scatti” (con due virgolette grosse così) il portacolori della Ineos ne fa sei in tutto, restando sempre in testa. E così facendo agevola la vittoria di Pogacar.

Tra l’altro lo sloveno nel momento della volata è chirurgico. Sembra essere partito presto, invece ha calcolato come arrivo l’ingresso dell’ultima curva a 130 metri dalla linea finale. Si defila tre, quattro metri prima dello scatto e poi come inizia la leggera discesa si lancia. Yates a quel punto non può far altro che chiudere il gap…. e restargli dietro.

Adam Yates attacca e Pogacar resta (soffrendo) a ruota
Adam Yates attacca e Pogacar resta (soffrendo) a ruota

Yates gregario

Una tattica così non poteva passare inosservata a Michele Bartoli.

«Yates – dice il campione toscano – voleva vincere il UAE Tour e ha tirato tanto per recuperare quei 40” a Pogacar e non per vincere la tappa. Ma la sua è stata non dico una tattica suicida, ma quasi…. E’ stato poco lucido. Dal momento in cui ha capito che non lo avrebbe staccato più o quantomeno non gli avrebbe dato 40”, doveva smettere di tirare. Invece è stato il gregario perfetto di Tadej».

Yates ha portato 5-6 attacchi o, per meglio dire, accelerazioni. Spingeva forte ma restava sempre abbastanza composto. Non dava l’idea di chi stesse raschiando il barile.

«Quel tipo di scatti – riprende Bartoli – li puoi fare quando il terreno te lo consente. Sulla salita di ieri quando acceleravano andavano a più di 30 all’ora e a quella velocità a ruota si risparmia tanto. Voglio attaccare? Faccio tre scatti al massimo. Il primo vedere come sta e gli altri per provarci davvero, ma poi se non lo stacco mollo, non sto lì a finirmi.

«Se avessi corso io gli avrei chiesto collaborazione. Conoscendo la salita, e loro la conoscevano, avrei cercato di arrivare insieme fin sotto l’arrivo per poi giocarmi la tappa. Quando si attacca bisogna valutare le caratteristiche del percorso e dell’avversario. La tattica di Yates sarebbe andata bene se la salita fosse stata più dura. A quel punto lo stare a ruota avrebbe inciso molto molto meno e sarebbe diventato un testa a testa».

Nessun allenamento

Alcuni hanno vociferato che nel ciclismo tecnologico attuale Yates abbia corso con una sorta “contagiri”, come se si stesse allenando e non dovesse superare certi limiti. O che gli scatti non dovessero durare più di “X” secondi. Bartoli smonta subito questa tesi.

«Mi viene da ridere quando sento queste cose – dice il toscano – Io non ci credo. Ci sono troppe variabili. Un ritmo predefinito lo imposti magari se stai facendo un tappone in un grande Giro, ma non in una salita secca in cui cerchi la performance. In quel caso vai a sensazione».

Infine Michele chiude con un paragone che ha a dir poco del sublime.

«Tutti quegli scatti? Beh, se ne sarebbero dovuti fare un paio, ma alla morte. Non di più. Se ti devi gustare un bicchiere di buon vino non lo allunghi con l’acqua per farlo durare di più. Lo stesso vale in bici. Quel bicchiere non lo “annaffi” di scatti, altrimenti perdi la qualità. Da dove arrivano questi paragoni? Da Giancarlo Ferretti!».