Aleotti e il CT Friuli: il metodo olandese funziona anche qui

08.08.2021
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Non solo quelli della Jumbo Visma sanno lavorare con i giovani. La differenza, rispetto ad alcune realtà italiane, è che loro lo fanno avendo davanti una squadra WorldTour. Che non è poco. Però alcune delle dinamiche di cui ci ha parlato nei giorni scorsi Robbert de Groot le abbiamo viste svolgersi anche da noi. E se del Team Colpack e di come ad esempio abbia gestito Tiberi e Ayuso vi abbiamo parlato nei mesi scorsi, questa volta tiriamo in ballo uno dei talenti più belli che abbiamo in Italia e che già al primo anno di professionismo ha fatto un bel Giro d’Italia e ha vinto il Sibiu Cycling Tour: Giovanni Aleotti (in apertura secondo dietro Nizzolo al Circuito di Getxo). Ricordando il modo in cui è stato seguito al Cycling Team Friuli, le assonanze con il metodo olandese saltano agli occhi.

Un selfie dopo il tricolore del 2020 a Zola Predosa con Mattiussi, Baronti e Boscolo
Un selfie dopo il tricolore del 2020 a Zola Predosa con Mattiussi, Baronti e Boscolo

Da domani al Polonia

Giovanni è all’immediata vigilia del Giro di Polonia, che scatterà domattina e che bici.PRO vi racconterà con i servizi di Simone Carpanini, e si presta volentieri all’approfondimento.

«Il paragone ci può stare – dice – perché anche al CTF prima di prendere un corridore lo vogliono conoscere, a prescindere dai risultati. Quando andai lassù per la prima volta, non si può dire che fossi lo junior più vincente d’Italia, nemmeno il secondo. Cercavano un carattere che ben si integrasse con il loro progetto. Si accorsero di me, dai report della Sancarlese, la squadra in cui correvo, e grazie a quello che gli dissero Melloni e Donegà, che ci erano arrivati prima di me. Andai per la prima volta a Udine proprio con Donegà e parlai con Andrea Fusaz e Alessio Mattiussi. Non avevo grandi richieste, ero abbastanza uno qualunque».

Alla Jumbo parlano di conoscenza dell’ambiente familiare: i tuoi genitori incontrarono mai i dirigenti del team?

La prima volta andai da solo, ma a novembre quando si trattò di andare su per fare il posizionamento in sella, mi accompagnarono e conobbero l’ambiente. Non rimasero molto, mentre io restai su per qualche giorno in casetta.

I primi contatti li avesti con Fusaz e Mattiussi, oppure anche con Boscolo e Bressan, il diesse e il manager?

No, con Fusaz e Alessio. Boscolo e Bressan li lasciano fare, anche perché quelle prime fasi sono molto di competenza del CTF Lab. Con Renzo feci la conoscenza in un secondo momento.

Come faceste a capire che il tuo carattere si integrava con il loro progetto?

Te ne accorgi dai primi giorni di allenamento. Ci trovammo subito d’accordo, non era uno scambio di tabelle e dati, ma si crea un bel rapporto personale con gli allenatori. Come adesso alla Bora con Szmyd. C’è un bel rapporto umano e un buono scambio di feedback. Anche al CTF ci seguivano ogni giorno. Infine le trasferte per le corse cementano l’intesa.

La Jumbo cerca, così almeno dicono, corridori di carattere e con caratteristiche per brillare su tutti i terreni. Li chiamano corridori moderni.

Anche al CTF Lab cercano la completezza. Nel mio caso, andavo bene in salita ed ero veloce. Anziché spingere su una piuttosto che sull’altra, abbiamo lavorato sodo cercando di non snaturarmi, per migliorare in salita, tenendo lo spunto veloce, che mi è sempre stato utile. Ho sempre lavorato a tutto tondo, facendo corse impegnative già al primo anno, che fanno migliorare.

Un altro esempio del loro lavoro può essere Milan?

Johnny è l’esempio forse più lampante. Non so quanta pista avesse fatto prima di incontrarli e non è nemmeno facile gestire un ragazzo quando arriva al primo anno. Però lui come me si è affidato, perché ha visto un direttore e un allenatore che avevano una visione. Il primo anno magari non sei nelle condizioni di entrare nel merito delle scelte, dal secondo inizia lo scambio di idee, che ha permesso a loro di affinare la preparazione e a me di prendere coscienza dei miei mezzi. Anche Jonathan è arrivato che era molto acerbo e dopo due anni è diventato campione olimpico.

La Jumbo lavora per trovare corridori da inserire nella squadra WorldTour, quali sono gli stimoli del CT Friuli secondo te?

Lo fanno per passione, secondo me, e perché per Andrea Fusaz aver lanciato tanti atleti nel corso degli anni sia una bella soddisfazione. E’ una famiglia, si respira il clima di una famiglia. Mi piace pensare che sia così.

Cambierebbe qualcosa se ad esempi il CT Friuli diventasse il vivaio di una squadra WorldTour?

Non saprei (riflette per qualche secondo, ndr), ci sarebbero tanti fattori da valutare. Probabilmente smetterebbe di essere la piccola famiglia che ha portato al professionismo tanti di noi e che è sempre stata la sua chiave. Ci sarebbe da valutare e capire se ne vale la pena.

Milan
Andrea Fusaz, responsabile del CTF Lab, al lavoro con Milan per il posizionamento in sella
Milan
Andrea Fusaz, responsabile del CTF Lab, al lavoro con Milan per il posizionamento in sella
Che corsa vai a fare al Polonia?

La gamba c’è e ci sono tappe molto adatte. Dopo la pioggia di San Sebastian ho preso un po’ di raffreddore, spero di non aver perso troppo. Farò corsa parallela con Fabbro e poi vedremo. E di fatto, il Polonia sarà l’ultima corsa a tappe della mia prima stagione da pro’. Poi correrò a Plouay, in Vallonia e tutte le corse italiane fino al Lombardia. Il Giro è andato molto bene, la vittoria a Sibiu ci voleva. Insomma, non posso proprio lamentarmi.

E l’università?

Ecco, abbiamo trovato di cosa lamentarsi. In realtà d’estate è praticamente impossibile studiare. La sessione estiva c’era a maggio, in pieno Giro d’Italia. Vediamo se dall’autunno in avanti riuscirò a mettermi in pari.