Che fine ha fatto VdP? Lo chiediamo alla stampa belga

24.02.2022
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Mathieu Van der Poel continua il suo recupero. Dopo l’infortunio alla schiena, che si era manifestato con un gonfiore ad un disco intravertebrale, che lo ha costretto a fare una pausa di riposo forzato da fine dicembre, l’olandese sta ripartendo. E sta ripartendo anche abbastanza forte, come testimoniano le foto dalla Spagna. Le news però non sono molte e quelle poche provengono quasi tutte dai social. Anche la stampa belga si interroga sulle condizioni di Mathieu.

L’olandese ha ripreso a pedalare con costanza in Spagna (foto Instagram – @bastiengason)
L’olandese ha ripreso a pedalare con costanza in Spagna (foto Instagram – @bastiengason)

Il treno riparte…

Le cose per Mathieu sembrano volgere al meglio. Gli ultimi allenamenti caricati su Strava dicono di un ragazzo che inanella qualcosa come cinque ore, 160-170 chilometri e circa 2.500 metri di dislivello per ogni file caricato. Ma soprattutto dicono di un ragazzo sorridente, come ha confermato anche la sua fidanzata, Roxanne.

Per la prima volta dopo diversi anni, VdP si è fermato per cinque settimane. Ha ripreso con alcune pedalate indoor, ben visibili sulla piattaforma Zwift il 29 gennaio. Il 2 febbraio ha fatto la prima sgambata in bici. Nel frattempo ne ha approfittato anche per fare un piccolo intervento al ginocchio: gli è stato rimosso del tessuto cicatriziale. 

Van der Poel vuole recuperare in fretta e non è un caso che abbia scelto Denia come meta anziché Benicassim, dove di solito va la sua squadra, la Apecin-Fenix. Nella zona di Denia infatti sorge l’hotel più gettonato dell’inverno ciclistico, vale a dire quello che simula la quota. Anche se, almeno all’inizio, una delle stanze “in altura” non erano destinate a Van Der Poel.

Con le prime gare di cross, Van der Poel ha capito che doveva fermarsi
Con le prime gare di cross, VdP ha capito che doveva fermarsi

News dal Belgio…

Alla luce di questo quadro, cerchiamo di capire come stanno le cose. Cosa dicono i media belga sulla questione Van der Poel.

Per farlo ci siamo rivolti ad un collega della “stampa di Bruxelles”, Guy Van Den Langenbergh, giornalista della Gazet van Antwerpen e dell’Het Nieuwsblad, una delle testate più autorevoli del Belgio. Anche se Van der Poel è olandese, la sua squadra è belga.

«Questa sosta – spiega  Van Den Langenbergh – non è del tutto una sorpresa. Dopo la caduta alle Olimpiadi Mathieu aveva già avuto quei problemi alla schiena. Era rientrato a settembre, aveva corso bene il mondiale ma già alla Roubaix non era al massimo. Altrimenti non avrebbe perso allo sprint, quantomeno non avrebbe fatto terzo. Il problema alla schiena gli ha tolto un po’ del suo spunto veloce quel giorno.

«Ha poi provato a fare il ciclocross per arrivare al mondiale, ma a quel punto è tornato a farsi sentire il dolore. Non riusciva ad allenarsi bene. Non riusciva a dare il 100% come al solito. E ancora adesso non è certo di fare le classiche. Ed è un peccato perché lui è un corridore che dà spettacolo, che attacca da lontano».

Van der Poel in allenamento in Spagna con Victor Campenaerts (foto Strava)
Van der Poel in allenamento in Spagna con Victor Campenaerts (foto Strava)

Sospetti e bluff

In molti, qui in Italia, iniziano a sospettare che lo stop di Van der Poel, e tutto sommato anche di Van Aert, sia dovuto ad un accumulo di stress e di fatica di lungo corso. Alla fine questi due fenomeni non riposavano da anni. E infatti c’è anche chi sostiene che presto anche Pidcock dovrà rallentare la sua cavalcata perpetua.

Tuttavia Van Den Langenbergh non è d’accordo su questa linea.

«Non credo si tratti di stress e di affaticamento. Conosco bene Christoph Roodhooft (uno dei tecnici  della Alpecin-Fenix, ndr) e Adrie, suo papà, e so quale sia il loro approccio scientifico.

«Anche il suo team non sapeva quando avrebbe ripreso veramente. E poi per me è anche una questione genetica: Anche Adrie soffriva di mal di schiena».

E su un eventuale “bluff” dell’olandese Guy ha le sue idee.

«Bluff? Difficile da dire, ma io non credo. La squadra, la sua famiglia non sono soliti fare certe cose. Mathieu sta mettendo i suoi allenamenti su Strava e non ha nulla da nascondere. Il mal di schiena è una cosa complessa, non svanisce così».

Lo scatto decisivo di VdP alla Strade Bianche 2021
Lo scatto decisivo di VdP alla Strade Bianche 2021

Classiche a rischio

E il futuro? Se quello a lungo termine sembra più che saldo, c’è da fare i conti con quello prossimo: in una parola con le classiche. Ce la farà Van der Poel a farsi trovare al top per i primi grandi appuntamenti della stagione?

«Van der Poel cercherà di rientrare il più presto possibile. L’ultima volta, avevo parlato con Roodhooft a Fayetteville in occasione del mondiale di cross e non avevano una data certa del suo rientro. 

«Mathieu vorrebbe esserci in queste classiche, è chiaro. Per sua fortuna non ha bisogno di molto tempo e di molte gare per essere al top».

E sulla Strade Bianche, dove Van der Poel è campione in carica: «Ah – conclude Van Den Langenbergh – di sicuro non ci sarà. Primo perché è troppo presto e poi perché è rischioso rientrare in quella gara. La Strade Bianche è una corsa molto esigente per la schiena. Sarebbe già una sorpresa vederlo ad una Tirreno-Adriatico o ad una Parigi-Nizza».

Crono, salita e volata: Pippo è già super. Merito della pista

23.02.2022
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Filippo Ganna è partito più che bene. Il campione della Ineos-Grenadiers si è mostrato subito super pimpante e non solo per le due vittorie a cronometro, ma anche per come ha corso, per l’aria in faccia che ha preso e soprattutto perché Pippo è arrivato davanti in un arrivo in “salita”, o quantomeno non proprio adatto alle sue caratteristiche, e si è persino gettato in una volata.

Pippo si è già portato a casa due crono. Qui il Prologue di Berre-l’Étang al Tour de Provence
Pippo si è già portato a casa due crono. Qui il Prologue di Berre-l’Étang al Tour de Provence

Partenza come da tradizione

Eppure il suo direttore sportivo e preparatore, Dario David Cioni, non sembra affatto stupito di questa ottima partenza del Pippo nazionale.

«Il fatto che Filippo sia andato bene non è una sorpresa – dice Cioni – ormai sono due o tre anni che facciamo bene la partenza. Il primo anno con noi aveva vinto al Provence la sua prima gara in assoluto tra i pro’. L’anno scorso aveva vinto a Besseges due tappe, la crono e una frazione in linea. Ormai è nostra abitudine lavorare bene durante l’inverno, anche perché questo ti dà poi le basi per fare una buona stagione. E provare subito a vincere qualcosa presto ti dà anche tranquillità».

«L’inverno è andato bene, senza intoppi e che fosse in buona condizione specialmente per le crono per me non è una sorpresa».

A Manosque Ganna è terzo. Eccolo alle spalle di Coquard e Alaphilippe
A Manosque Ganna è terzo. Eccolo alle spalle di Coquard e Alaphilippe

Meno pista? Non scherziamo

Dopo averlo visto stanco nel post mondiale di Roubaix, Ganna si è preso il suo giusto riposo. E questo gli ha consentito di riprendere a lavorare con la mentalità giusta. Con la fame.

Dopo due anni sublimi, suggellati dai due ori iridati e quello olimpico di Tokyo, ci poteva stare un allentamento dei nervi e invece…

Forse questa sua buona partenza, anche ieri al UAE Tour è stato secondo, è data anche dal fatto che quest’anno non avendo grossi impegni in pista, se non i mondiali ma a fine stagione, Pippo ha dedicato più tempo alla strada. 

«Sul fatto che Filippo abbia fatto meno in pista non sono mica sicuro – spiega Cioni – perché forse a livello di allenamenti ha fatto più o meno gli stessi giorni sul parquet dell’anno scorso, che però era un anno olimpico.

«Siamo andati in pista a Mallorca durante il ritiro della Ineos-Grenadiers, è stato a Montichiari e in Slovenia con la nazionale, quindi secondo me il fatto che sia competitivo sin da subito è dato proprio dal fatto che ha continuato a fare la pista.

«Con Marco (Villa, ndr) più o meno ha sempre fatto i soliti lavori. Di solito fanno due giorni di carico: il primo è più basato sulla potenza massima, il secondo sulla resistenza lattacida. Fa dei lavori con Villa dentro e fuori la scia della moto a ritmo gara».

«In generale – aggiunge Cioni – lo vedo cresciuto come persona, è più convinto, ha più sicurezza e comunque ha la fortuna di avere un motore grosso così! E anche durante l’inverno è un ragazzo che non prende peso, per questo lo abbiamo ritrovato già competitivo».

Filippo Ganna a tutta in salita verso Montagne de Lure, sempre al Provence
Filippo Ganna a tutta in salita verso Montagne de Lure, sempre al Provence

Protagonista a Sanremo

Un Ganna così fa sognare. Questa è la volta buona di vederlo a pieno regime nelle classiche. Due su tutte: Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix

Con il suo picco di potenza e il suo motore potrebbe anche schiantare tutti sul Poggio o, perché no, anticipare. E la Roubaix è un pallino che gli ronza attorno già da un po’ e solo la  stanchezza, come accennato, lo ha tenuto lontano dal pavé l’anno scorso. In più ricordiamo che la Roubaix era davvero a ridosso dei mondiali su pista. Il rischio era troppo elevato.

«Penso – riprende Cioni – che per il discorso della differenza sul Poggio bisogna attendere. Bisogna vedere come si presenta la gara, come sarà la situazione tattica, il meteo… è difficile da dire adesso. Sicuramente per giocare le sue carte Pippo deve muoversi e non può aspettare la volata finale. Quindi deve essere in un gruppo già selezionato in prossimità dell’arrivo. Magari non è lui che fa l’azione, ma semplicemente la segue. 

«O al contrario può fare un’azione da lontano e prendere tutti un po’ alla sprovvista… Ma una cosa è certa: sono sicuro che sarà uno dei protagonisti».

Ganna in testa prima del Poggio. Lo scorso anno Pippo “ha preso le misure” alla Classicissima
Ganna in testa prima del Poggio. Lo scorso anno Pippo “ha preso le misure” alla Classicissima

Come Cancellara?

Un Cioni che lancia questi appelli non fa altro che alimentare il sogno. Alla fine Cancellara era un cronoman come lui ed è riuscito a mettere la Sanremo nel sacco. E come lo svizzero, anche il piemontese può puntare con decisione alla Parigi-Roubaix.

«Farà E3 Harelbeke, Gand-Wevelgem e Roubaix. La classica del pavé è sempre stata nei suoi piani questo inverno. Gli anni passati alla fine non c’era mai stata veramente. E per questo non l’ha fatta».

E anche quest’ultima frase sa di grido di battaglia, specialmente conoscendo il modus operandi della Ineos-Grendiers, che quando punta un obiettivo o progetta un grande evento lo fa con enorme criterio. Magari non lo raggiunge, ma porta i suoi atleti a lottare nelle migliori condizioni possibili. E un Pippo che lotta sul pavè…

Valigia sempre pronta. Marcellusi racconta il viavai dei corridori

20.02.2022
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Corridori come piccioni viaggiatori: vengono e vanno. Qualche giorno a casa e poi via di nuovo su qualche aereo, per qualche corsa. E’ una giostra con la quale bisogna assolutamente prendere il ritmo. E con la quale Martin Marcellusi sta prendendo le misure.

Lo stesso Alessandro Verre ieri aveva accennato a questa difficoltà di adattarsi. E due anni fa Lonardi fu tra i corridori in assoluto che gareggiò di più. Fece 60 giorni di gara nel “mutilato” 2020 del Covid e gli capitò di restare a casa per ore, più che giorni. Giusto il tempo di cambiare la valigia. E’ un dazio che spesso pagano a più caro prezzo i giovani. 

Come detto, abbiamo bussato alla porta di Martin Marcellusi, neopro’ della Bardiani-Csf-Faizané. Il laziale proprio in questi giorni è a cavallo fra due gare: il Tour of Antalya alle spalle e il Gran Camino in vista. Almeno così dovrebbe essere, visto che non è uscito benissimo dalla gara turca e potrebbe alzare bandiera bianca. Tuttavia il concetto non cambia. Anche perché Marcellusi ha già assaggiato in passato questo viavai.

Al Tour of Antalya il romano (classe 2000) ha lavorato per la squadra. Non è uscito benissimo per problemi di stomaco
Al Tour of Antalya il romano (classe 2000) ha lavorato per la squadra. Non è uscito benissimo per problemi di stomaco
Martin sei tornato il 14 febbraio dalla Turchia e il 22 dovresti ripartire per la Spagna, come gestisci questi giorni?

Devo fare due giorni di scarico, uno di riposo totale e poi riprendere con un’uscita di 3 ore con qualche lavoretto sulla forza, visto che in Turchia tra gare e sgambate non è stato possibile farne. Quindi devo fare una distanza il quinto giorno: 4 ore, 120-130 chilometri. Quindi un’uscita blanda e via.

E a livello di testa, si stacca?

Nei primi due giorni “ho spento” tutto! E mi sono concesso anche qualche “sgarro” nei pasti, ma poi mi sono rimesso subito sotto al 100 per cento, come richiede il mondo dei pro’.

Quando dici che sgarri cosa intendi?

Sono sgarri relativi. Nel senso che anziché mangiare la pasta in bianco o con il pomodoro semplice, mangio una carbonara. E se si fa una passeggiata magari ci si ferma al McDonalds. Ma ripeto si fa al massimo nei primi due giorni e quando si pedala.

Cosa fai in quei due giorni scarico?

Esco con degli amici cicloamatori che magari non vedo da 20 giorni. Si va a prendere un caffè. E’ quasi più il tempo che si passa al bar che in bici! E’ un’uscita goliardica, diciamo così.

Marcellusi si gode il sole dei borghi sulle colline ad Est di Roma in questi frangenti a casa (foto Instagram)
Marcellusi si gode il sole dei borghi sulle colline ad Est di Roma in questi frangenti a casa (foto Instagram)
E poi c’è la valigia, da fare e disfare. In Turchia quante divise hai portato?

Essendo una corsa a tappe e valutando il clima, ho portato due completini estivi e due body. L’hotel ci lava i sacchetti e la sera stessa li riprendiamo, però se questo non dovesse accadere tu devi comunque essere pronto. Il body invece sapendo che c’erano delle tappe non lunghe e abbastanza piatte, l’ho utilizzato… ma più per una questione estetica.

E quando sei tornato a casa? Hai dato tutto a mamma!

Eh sì! Io vivo con i miei e ci ha pensato mia madre. Avevo preparato una sacca con i panni sporchi. Poi per allenarmi chiaramente uso altri completi. La Bardiani-Csf-Faizanè ci ha dato un bel po’ di materiale.

Definiamo un bel po’…

Ohi, faccio due conti al volo. Una ventina di divise fra estive ed invernali, più manicotti, gambali e “tre quarti” in quantità. Credo una decina di pezzi ciascuno. Poi tutta roba top, di Alé!

Cosa ti colpisce di questi giorni a casa? E’ più il godersi il riposo o il pensiero di ripartire?

La vita è più o meno sempre la stessa, ma il mio pensiero più grande è sul come si viaggia. Spesso sono viaggi strazianti. Per esempio proprio per tornare dalla Turchia, abbiamo lasciato l’hotel alle 9 turche (il fuso è di due ore, ndr), siamo arrivati ad Istanbul con un volo interno e lì abbiamo fatto tre ore di scalo. Poi abbiamo ripreso l’aereo e siamo atterrati a Roma. Alla fine tra una cosa e l’altra sono arrivato a casa alle 20… italiane, vale a dire alle 22 turche. In questi viaggi cerchi di non mangiare troppo. Qualche complesso, qualche pensiero c’è sempre: un po’ perché bisogna limitarsi e un po’ per una questione d’igiene. Se ci mettiamo che neanche stavo benissimo di stomaco… 

Ecco, con il fuso come ci si regola?

Nel caso della Turchia che era solo due ore avanti, all’andata non ci sono stati grandi problemi. Anziché andare a letto alle 23 ci andavo verso mezzanotte e mezzo, approfittando anche del fatto che al mattino la sveglia non era prestissimo. Al ritorno invece è stata più complicata. Faccio fatica ad arrivare alle 22. In ogni caso cerco sempre di “prendere l’orario” il prima possibile. In più non prendo pastiglie per il sonno, meglio evitare.

E per il resto a casa cosa fai?

La mia fidanzata, Cristina, è siciliana e in questi momenti cerco di passare del tempo con lei. O vado io in Sicilia, o viene lei nel Lazio. Ci piace fare delle passeggiate. Questo è il mio vero stacco.

Non solo uscite blande nei giorni a casa tra una gara e l’altra. I richiami sono indispensabili (foto Instagram)
Non solo uscite blande nei giorni a casa tra una gara e l’altra. I richiami sono indispensabili (foto Instagram)
Invece per il viaggio come ti organizzi? Libri, film…

Ah, ah, ah, rido perché proprio in quest’ultima trasferta ho perso le cuffie. E io principalmente sento la musica su Spotify, anche se ho notato che concentrandomi sui testi mi sembra che il tempo scorra più lentamente. L’alternativa alla musica è vedere i film su Netflix.

Che genere di film?

Non vorrei sembrare una femminuccia, ma mi piacciono quelli d’amore strappalacrime o il genere opposto: film d’azione, con sparatorie. Dipende dal “mood” del momento.

Riguardo ai materiali: caschi, bici… come ci si organizza?

Il casco lo portiamo noi. Come la maggior parte dei corridori, anche io lo attacco alla maniglia del bagaglio a mano (come nella foto di apertura, ndr), tanto non ci sono problemi per portarlo nella cabina dell’aereo. Per la bici ci pensa la squadra, ma a volte per questioni logistiche può capitare che una viaggi con te.

Il mondo nuovo di Verre tra campioni e staff giganti

19.02.2022
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«E’ tutto un altro mondo, tutta un’altra organizzazione nella squadra, tutto un altro modo di correre e di stare in gruppo». Alessandro Verre ci racconta il suo approccio con il circus dei professionisti e del professionismo. Un mondo che in qualche modo lo ha già rapito.

Il lucano è passato nella fila dell’Arkea-Samsic e ci racconta questi primi passi con entusiasmo. Lo stesso che aveva ai tempi della Colpack-Ballan, anche se con la sua timidezza magari non lo dava a vedere.

Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic
Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic

Gruppo più rispettoso

«Il modo di correre rispetto ai dilettanti è molto più tranquillo – spiega Verre – in gruppo c’è più rispetto. Ognuno di noi ha un ruolo assegnato prima del via e sa quello che deve fare. Tra dilettanti anche se si fa la riunione prima di partire c’è chi cerca un po’ il risultato, c’è sempre qualcuno che fa il furbo.

«E poi c’è proprio più rispetto tra avversari. Per esempio, quando c’è un ostacolo tutti lo chiamano, tutti lo segnalano. Aumenta la sicurezza e c’è una certa solidarietà in merito».

L’Arkea-Samsic ha già lasciato un po’ di spazio a Verre. E’ accaduto nella tappa del Mont Bouquet all’Etoile di Besseges, nonostante il capitano Connor Swift fosse messo bene in classifica. Eppure questa possibilità di potersi giocare le sue carte così presto non ha sorpreso del tutto Alessandro.

«Me lo aspettavo sì e no – confida Verre – In ritiro avevo visto che stavo bene, ma non sapevo quali fossero i miei limiti, specie in corsa. Però mi ero reso conto che avevo tutt’altra gamba rispetto a quando ero a casa. Lo sentivo quando si alzava il ritmo e rientravo in hotel in buone condizioni. Sarà che stando a casa da solo un po’ mi “finivo” in allenamento. In ritiro invece ci si alterna in testa, a volte si molla un po’».

Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)
Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)

Piedi per terra

Alessandro si è concentrato molto su se stesso. Ha fatto spesso il confronto con le sensazioni rispetto all’anno precedente. E queste sensazioni erano buone. Ma alla Comunitat Valenciana 1969 in cui c’erano molte squadre WorldTour la fatica si è fatta sentire.

«Eh sì – racconta Verre – è cambiata la musica con tante squadre WorldTour in gara. Però è anche vero che essendo noi una professional avevamo meno responsabilità di fare la corsa. Il lavoro spettava ad altri, tuttavia bisognava cercare di fare risultato lo stesso».

Verre ha fatto il suo. Non ha mancato le consegne dategli dal team e in gruppo ci stava benone. E questi sono segnali molto importanti. Segnali che danno fiducia al corridore e al team nei confronti del ragazzo. Magari pensando anche a convocazioni per gare più prestigiose che non erano in programma.

Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)
Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)

Voglia di Giro

In questi giorni si parla del probabile forfait dell’Arkea-Samsic al Giro d’Italia. Un Giro che piaceva moltissimo a Verre con la settima tappa che passava davanti l’uscio di casa sua. Fare il Giro nell’anno in cui diventi pro’ è un piccolo sogno. E forse un sogno dovrà rimanere.

«Quello che so su questo argomento l’ho letto dai giornali e dai siti – dice Verre – all’interno del team non ne abbiamo parlato. Se lo vorrei fare? Certo che sì! I francesi non so, loro tirano tutti a fare il Tour, ma tutti gli altri ragazzi sono certo vorrebbero facessimo il Giro. Se ci saremo o no, sinceramente non so rispondere a questa domanda».

Ragionando dunque su quel che c’è di concreto rivedremo Verre all’Ardeche e a Laigueglia, che tra l’altro disputò anche lo scorso anno con la Colpack-Ballan.

«Andiamo per gradi comunque. Già nelle ultime gare ero un po’ affaticato, non stavo benissimo. Non ci sono ancora del tutto abituato a fare tante corse e a questa nuova vita. Ormai torno a casa tre giorni e poi riparto».

Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021
Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021

Cuoco, coach e nutrizionista

Torniamo al viaggio del neopro’. Delle sue “scoperte”. Verre riprende il discorso dell’organizzazione così curata. Racconta di quanto tutto sia ben strutturato e ogni cosa ponderata.

«La programmazione della giornata è sempre ben cadenzata e definita – dice il lucano – Il programma arriva già la sera prima e poi in corsa ognuno sa già cosa deve fare, più o meno. Anche il dopocorsa è deciso: i trasferimenti, le navette per dirigersi agli aeroporti, il cibo…

«A Besseges per la prima volta abbiamo avuto il cuoco con il camion cucina al seguito. E i nutrizionisti e i medici che ci seguivano passo passo. Siamo controllati su tutto. Cose che ero abituato a vedere in tv e che mi sono ritrovato a vivere in prima persona.

«Il nutrizionista ci fa un piano strategico personalizzato per l’intera giornata, dalla colazione al pranzo, dalla corsa al dopocorsa per il recupero, coi famosi 6 grammi di carboidrati per chilo a corridore. La mattina dopo ci pesano e ci fanno la plicometria per vedere le variazioni col passare dei giorni di gara».

A livello di alimentazione Verre fa un bel paragone. In linea di massima si gestisce nello stesso modo, ma in corsa, dice, mangia più rice cake.

«Il dopo corsa è molto simile a quel che mangiavo da under 23. Ci sono anche le caramelle gommose! La cosa con la quale stiamo ancora facendo delle prove semmai è la colazione con il porridge e l’avena, ma io sono più da pasta! Mi riempie di più e anche in corsa sento una gamba diversa, più piena.

«In squadra abbiamo la fortuna di avere a tavola anche l’olio extravergine italiano, anche se io comunque mi adatto abbastanza e non ho mai avuto problemi con il cibo e con il peso. Ho notato invece che i francesi utilizzano moltissimo il burro. Quello che per noi è pane e olio, per loro è pane e burro».

Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)
Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)

Affacciato sui campioni

Il sogno di Alessandro Verre è appena partito. Il ragazzo di Marsicovetere piano piano si sta affacciando sempre di più nel mondo dei grandi. Si tratta di acquisire sicurezza, fare e rifare, provare, sbagliare, capire. In una parola: esperienza. E a proposito di affacciarsi…

«In queste prime gare – racconta Verre – eravamo nello stesso hotel della Ineos-Grenadiers. Dalla finestra ho visto Ganna e Carapaz e mi sono detto: cavolo, sono a correre con loro. Mi sono emozionato. Poi in corsa per fortuna sono stato più tranquillo e tutto è stato più “normale”.

«Ma c’è una cosa che mi ha colpito. Un giorno, dopo che è partita la fuga, in testa al gruppo si è fatto il “barrage” e anche io sono andato davanti. Mi sono spostato su un lato e sono capitato vicino a Trentin e lui mi ha fatto: “Allora, giovane, com’è? Come ti sembra?”. “Eh – ho sospirato – è un altro mondo”, gli ho detto. E lui si è fatto una risata».

I big si prendono anche l’inizio di stagione. Il punto con Ballan

18.02.2022
6 min
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La stagione 2022 è praticamente nel pieno, anche se è solo febbraio, anche se non è ancora iniziato il WorldTour. Eppure se si va a vedere gli ordini di arrivo, e i vincitori soprattutto, c’è da stropicciarsi gli occhi: Nairo Quintana, Alejandro Valverde, Filippo Ganna, Tim Wellens, Remco Evenepoel, Alexey Lutsenko, David Gaudu… senza contare i velocisti da Fabio Jakobsen e Dylan Groenenwegen fino a Mark Cavendish. Ma per quest’ultima categoria è più “normale”.

Salvo eccezioni, le prime corse dell’anno erano appannaggio di gregari, atleti di seconda fascia, magari novellini che partivano forte proprio approfittando che i grandi erano ancora “ingolfati”. Un qualcosa di curioso. E ne parliamo con Alessandro Ballan. Con l’iridato 2008 facciamo un vero pezzo da opinionisti su questo primo scorcio di stagione… E un po’ su quello che verrà.

Alessandro, abbiamo elencato dei nomi da paura… Come mai ci sono stati vincitori di un tale calibro secondo te?

In effetti la stagione è partita alla grande. Nel ciclismo moderno non si può perdere tempo a quanto pare: chi ben comincia è a metà dell’opera. Chi invece parte in sordina poi fa fatica, mentre chi parte con il piede giusto tendenzialmente fa un’ottima stagione.

Ma non c’è il rischio di entrare in condizione troppo presto?

In parte sì, ma partire bene, vincere, significa anche essere consapevoli di aver lavorato bene durante l’inverno. E poi il morale è alto e questo ti dà tranquillità per le corse a venire. Se invece parti troppo piano c’è il rischio che ti ritrovi sempre ad inseguire, che parti sempre da una posizione di svantaggio.

E torniamo al discorso che più volte è emerso in questi ultimi mesi: si va alle corse preparati…

È il nuovo modo di correre. Ai miei tempi potevi presentarti non totalmente in condizione. La trovavi gara per gara. Questo perché c’erano dei momenti in cui andavi piano e dei momenti in cui andavi forte e soffrivi. Oggi invece si va sempre forte. E soffrire sempre fa più male che bene. I ciclisti sanno che devono partire pronti.

Alessandro, hai parlato dei tuoi tempi: quando è cambiato il vento?

Credo proprio dai miei anni. E’ in quel momento che sono arrivati i preparatori. Gli staff oggi sono tutti organizzati al massimo. Ci sono il coach, il nutrizionista, il cuoco… Anche ai miei tempi c’erano le tabelle, è vero, ma non eri controllato al 100%. Adesso quando premi lo stop sul computerino mentre rientri a casa, il preparatore sa ciò che hai fatto in modo istantaneo. E non solo vede quanto hai fatto, ma vede anche come lo hai fatto. Si accorge se sei stato seduto un’ora e mezza al bar! Valuta in tempo reale i tuoi miglioramenti. Una volta, nelle prime gare, di 200 corridori che partivano 40 erano competitivi, adesso sono 140. E questo obbliga tutti ad essere pronti.

Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Per Ballan Fausto Masnada può fare bene in classifica al Giro d’Italia
Venendo i nomi che abbiamo elencato, chi ti ha stupito?

Stupito, ma tra virgolette, è stato Valverde, nonostante abbia solo un anno meno di me. Si sa che più passano gli anni e più è difficile trovare la condizione, ma lui ci riesce sempre. Ha una determinazione incredibile. E poi devo dire che mi ha colpito Evenepoel. Remco ha dato veramente una prova di forza staccando tutti in quel modo. Ecco, loro due sono coloro che mi hanno stupito di più. E mancano gli altri big: Van Aert, Alaphilippe, Van der Poel…

Van Aert e Van der Poel devono ancora iniziare, mentre Alaphilippe ha già ripreso ma non ancora vinto (anche se ci è andato vicino)…

Intanto parliamo di tre fenomeni e loro in qualche modo si distinguono dalle persone normali. Nel caso di Alaphilippe io credo che lui non abbia vinto per un insieme di cose. Ha impostato la sua preparazione per la seconda parte delle classiche, quindi per essere al top a fine aprile, sarà al Tour de France con la maglia iridata, in più è in una squadra con talmente tanti corridori forti che può stare un po’ più tranquillo in questa fase della stagione.

E invece chi è “mancato” secondo te?

Mah, credo nessuno almeno per le gare a cui abbiamo assistito. Se già ci fosse stata una Strade Bianche, una gara un po’ più importante e per specialisti, e qualche protagonista fosse mancato, avremmo potuto dire qualche nome. Ma per il momento aspetterei. Piuttosto sono molto contento dei nostri “nuovi” italiani. Penso a Masnada, Covi, Lonardi, Mareczko… 

Cosa pensi invece dell’Arkea-Samsic che sembra aver rinunciato al Giro d’Italia? Per Quintana sarebbe stata un’occasione ghiotta…

Concordo, sarebbe stata una bella occasione. Il problema è che il Tour è sempre più importante e gli sponsor preferiscono che si faccia un “esimo” lì, piuttosto che un podio al Giro d’Italia. Purtroppo c’è poco da dire.

Anche Damiano Caruso sarà dirottato in Francia. E lo stesso Sonny Colbrelli…

Mi aspetto molto da Colbrelli. Viene da una stagione stupefacente e non è facile confermarsi, in più ha 32 anni, non è così scontato trovare la condizione, però Sonny ha trovato consapevolezza, quella con la “C” maiuscola, e l’ha trovata non solo per la vittoria alla Roubaix, ma per l’insieme del suo 2021. E direi che lo stesso discorso possa valere per Caruso. L’anno scorso Damiano ha avuto una grande opportunità e l’ha sfruttata. Mi dispiace sapere che debba fare il gregario da un’altra parte.

Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Covi ha iniziato alla grande la sua stagione. Per Alessandro due vittorie: Vuelta Murcia e una tappa alla Ruta del Sol (in foto)
Invece per le corse a tappe? Il “dopo Nibali” non vede terreni molto fertili, almeno per ora. Abbiamo buoni corridori, ma in prospettiva…

Fortunato, CicconeSono dei buoni nomi ma per il momento sono un po’ più piccolini. Partono per un piazzamento. Aggiungerei anche Masnada. Lui, non avendo un grande capitano in Quick Step- Alphavinyl potrebbe fare molto bene al Giro. Potrebbe cogliere un ottimo piazzamento. Sono curioso di vederlo. In Italia, l’erede di Vincenzo era Aru, ma lui ha finito prima la sua carriera. Adesso ci renderemo conto di quanto ci mancherà Nibali!

Alessandro Covi somiglia un po’ ad Alessandro Ballan?

Come struttura sì, lui è un po’ più “muscolato” rispetto a me. Ha la sparata ed è un uomo davvero interessante. In più milita in una squadra importante. Ha vicino Trentin che può aiutarlo a crescere in poco tempo. Presto lo vedremo anche a grandi vittorie. Il problema dei corridori italiani, togliendo Bettiol e Colbrelli, è che non abbiamo gente competitiva per davvero oltre i 200 chilometri. Quando si superano e si arriva ai 240 chilometri gli italiani spariscono.

In effetti, si contano sulle dita di una mano e anche meno…

Io in carriera alla fine ho vinto pochissimo, 13 gare, ma quasi tutte erano al di sopra dei 200 chilometri. Ma non perché Ballan aumentasse, ma perché calava meno degli altri. Riuscivo ad esprimermi come dopo aver fatto solo 100 chilometri.

Insomma aspettiamo Covi e Bagioli?

Sicuramente loro faranno bene, ma da qui a vincere le grandi classiche c’è una bella differenza.

Wegelius ci apre le porte della EF Education – Easy Post

18.02.2022
6 min
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Charles Wegelius è stato per tante stagioni un ottimo professionista. L’inglese ha militato a lungo in squadre italiane, come Mapei e Liquigas, e ha chiuso la carriera nel 2011 alla UnitedHealthcare. Oggi Charly, tutti lo chiamano così, è uno dei direttori sportivi della EF Education – EasyPost.

Un direttore esperto al quale chiediamo i piani del suo team. Un team che forse è un po’ meno sotto ai riflettori rispetto ad altri, ma che invece ha lavorato bene nel ciclomercato d’inverno. Ed ecco che sono arrivati giovani come Ben Healy, corridori esperti come Esteban Chaves e altri con voglia di rilanciarsi come Mark Padun. E già c’erano Rigoberto Uran, Stefan Bissegger, Hugh Carthy, Alberto Bettiol, Magnus Cort… Quest’ultimo vera rivelazione della scorsa Vuelta con tre vittorie di tappa e numeri da capogiro.

Charly, una squadra più forte di quel che possa sembrare. Cerchiamo di capire i vostri programmi. Partiamo da Rigoberto Uran…

Rigo partirà dalla Tirreno-Adriatico, la sua prima corsa della stagione. E da lì sarà un crescendo graduale per arrivare al massimo nelle classiche delle Ardenne e al Giro di Romandia. Da qui, tornerà in Colombia e inizierà a lavorare per il Tour.

Ma perché un corridore come Uran non viene al Giro? Tanto più che quest’anno c’è pochissima cronometro. Al Tour un podio è decisamente più complicato per lui…

Sì, potrebbe essere ideale questa corsa rosa per lui, ma abbiamo altri corridori dal profilo simile che possono fare ugualmente bene al Giro. Penso a Chaves e a Carthy.

Ecco, Chaves: ti avremmo chiesto proprio di lui…

C’era davvero grande entusiasmo in lui di venire a correre da noi. Ha visto l’ambiente che c’è, ha visto i modi di fare amichevoli che abbiamo e ha trovato energia in tutto ciò. Prima di venire ha parlato sicuramente anche con Uran, colombiano come lui, e questo ambiente lo mette a suo agio.

Carthy è chiamato a migliorare l’ottavo posto raggiunto al Giro d’Italia 2021
Carthy è chiamato a migliorare l’ottavo posto raggiunto al Giro d’Italia 2021
L’ambiente EF Education – Easy Post deve essere davvero particolare rispetto ad altre squadre, anche Padun ce ne ha parlato. E allora ti chiediamo: quali sono questi modi di fare?

Preferisco non parlarne in termini di paragone con le altre squadre, ma per come siamo noi. Bastano parole normali per descrivere il nostro ambiente: tranquillità, libertà, lasciare ai corridori la sicurezza di essere se stessi ed esprimersi in modo naturale. Noi partiamo dal presupposto che i corridori sono dei pro’ perché hanno del talento e hanno una grande motivazione. Non serve spingerli. Noi dobbiamo aiutarli a rimuovere gli ostacoli che non gli fanno raggiungere il top delle loro prestazioni. Non gli puntiamo il dito addosso, pensiamo che il loro lavoro lo abbiano svolto. Li trattiamo da adulti, da professionisti quali sono…

Per fare un esempio, se al mattino successivo pesano 150 grammi in più non li demonizzate. E’ così?

Usando il vostro esempio, se al mattino pesano 150 grammi in più non è perché crediamo che abbiano fatto i “monelli”, ma perché ci può essere un problema da risolvere insieme.

Continuiamo a sfogliare i nomi. Passiamo a Hugh Carthy. Lui lo scorso anno ha disputato un buon Giro e quest’anno ci tornerà…

Hugh ha margini notevoli. E credo anche che questi margini saranno una costante e lenta progressione nella sua carriera. Lui ha sempre fatto dei piccoli passi ogni anno. Non credo che il risultato della Vuelta 2020 (fu terzo, ndr) cambia questa sua progressione. L’anno scorso per la prima volta ha saggiato sulla sua pelle cosa vuol dire avere la responsabilità di un team sulle spalle, di svegliarsi ogni mattina da metà novembre sapendo di essere capitano al Giro. Sta imparando cosa vuol dire essere un punto di riferimento per un gruppo di persone. Vediamo come andrà passo, passo…

Cort ha scalato il Kilimangiaro durante l’inverno. Il team non solo approva tali iniziative ma le ha anche rilanciate sui social (foto Instagram)
Cort ha scalato il Kilimangiaro durante l’inverno. Il team non solo approva tali iniziative ma le ha anche rilanciate sui social (foto Instagram)
Chaves e Carthy al Giro: chi sarà il capitano?

Non scendiamo in questo dettaglio. Certamente saranno due corridori protetti, ma dire adesso, a febbraio, chi sarà il primo leader e chi il secondo oltre che è inutile, non fa parte del nostro approccio. Torniamo al discorso di prima.

Andiamo avanti, Charly: Bissegger, Cort, Valgren sono i vostri “bestioni” per le classiche?

Sì, loro fanno parte del gruppo che si dedicherà principalmente alle classiche ed è un gruppo solido. Ma non dimenticherei tra loro dei giovani elementi come Jonas Rutsch, che è cresciuto molto, e Marijn Van den Berg, o corridori esperti come Sebastian Langeveld. E’ un bel mix, come detto, è un gruppo solido.

E poi c’è Bettiol… Alberto è uno dei corridori italiani più forti. Come sta? Che inverno ha passato?

Lo vedo molto bene. Lui è un talento indiscusso. Ha avuto questo passaggio molto difficile della sua carriera e in pochi sapevano davvero cosa stesse passando. Insieme ne siamo usciti e adesso lo vedo bene. Mi sembra fiero del lavoro fatto. E’ molto unito al nostro gruppo. Abbiamo fatto di tutto per farlo tornare al top. Alberto lavora duro e soprattutto sa lavorare. E’ contento di questa squadra e noi siamo contenti di lui. Per me la EF è perfetta per lui, perché sente la fiducia.

Bettiol ha aperto la sua stagione alla Marsigliese. E a Besseges è stato secondo nella generale
Bettiol ha aperto la sua stagione alla Marsigliese. E a Besseges è stato secondo nella generale
Quale sarà il suo calendario?

Il normale approccio alle classiche. Le nuove date però lo avvantaggiano per l’Amstel Gold Race, che casca davvero bene.

Charly, cosa ti colpisce di questo ragazzo?

Sapete, lui è un vero talento. E’ un corridore un po’ alla “vecchia maniera”. Lui è favorito con le gare più lunghe che c’erano qualche anno fa. Il ciclismo moderno in tal senso un po’ lo penalizza. Si sa che oltre i 200 chilometri tanti corridori sono “eliminati”. E che dopo 220-230 chilometri c’è uno step ulteriore. Ebbene, Alberto è uno di quelli adatti alle gare più lunghe. Più ci sono i chilometri e più per lui è facile, ci sono “meno” avversari. Alberto ha questo gran motore… può pedalare tutto il giorno senza perdere tanto in termini di prestazione. E si è visto in quel famoso Fiandre cosa ha fatto, che valori aveva in quei 18 chilometri finali, per di più alla sua età (doveva compiere 26 anni, ndr). Alberto sa muoversi in corsa come pochi. In più c’è una cosa che ci dice del suo talento.

Cosa?

Nonostante sia ancora abbastanza giovane, come ho detto si sa muovere bene in certe corse, pur non essendo cresciuto in Belgio. Altri corridori ci impiegano anni. E’ vero, lassù aveva vicino il direttore sportivo Andreas Klier: ascoltarlo per radio è come avere un audiolibro! Come fare un corso accelerato di Belgio! Ma Alberto ha imparato in fretta. Ci sono tanti atleti bravi e ci sono i corridori: Bettiol è un corridore.

Le mie classiche. Trentin già aspetta Sanremo e Fiandre

17.02.2022
5 min
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Matteo Trentin è nel vivo della stagione. Lui più di altri, perché i suoi grandi obiettivi sono concentrati nella primavera e in particolare nella prima parte. Il corridore del UAE Team Emirates è uno degli italiani sui quali sono investite più responsabilità e attese da parte dei tifosi e… non solo, chiaramente. 

Ormai è un veterano del circus, aggettivo che gli possiamo affibbiare non tanto per l’età (ha 32 anni), ma per l’esperienza e il carisma di cui gode in gruppo.

Matteo Trentin (classe 1989) è alla sua 12ª stagione da pro’
Matteo Trentin (classe 1989) è alla sua 12ª stagione da pro’
Matteo sei nel clou della tua prima parte di stagione, come vivi questo periodo di avvicinamento a questi grandi obiettivi?

Ormai ci sono abituato e a livello di testa non mi agito più. Invece da un punto di vista fisico devo dire che la gamba per ora risponde abbastanza bene. Anche oggi (ieri per chi legge: Matteo è in gara alla Ruda del Sol, ndr) è andata bene, nonostante il percorso non fosse proprio per me. Diciamo solo che ci manca una “vittorietta” per il morale e per dire a me stesso che sono sulla buona strada.

I tre “monumenti” in vista per te sono Sanremo, Fiandre e Roubaix. Qual è quello che senti di più?

Quello che vivo più da vicino è la Sanremo. Sarà che abitando a Montercarlo quasi tutti i giorni si percorre il finale della Classicissima. Ormai quelle strade è come fossero le strade di casa. Poi certo, un Fiandre… è un Fiandre. La Ronde, specie con il pubblico, è una gran cosa. Ci sono davvero poche gare così. Le sensazioni che puoi avere quando passi sul Kwaremont pieno di gente sono da fuori di testa. E noi non ci siamo abituati. Non siamo in uno stadio in cui il pubblico urla tutto il tempo. Tutto ciò non succede spesso nel ciclismo.

La Sanremo la senti di più: come vivi l’approccio, la vigilia?

Tranquillissimo. Ormai la situazione è collaudata. Il mercoledì, quasi per tradizione, andiamo (a Montecarlo vivono molti pro’ che spesso escono insieme, ndr) a provare il finale… come se servisse a qualcosa! Sono circa quattro ore di uscita. Andiamo fin oltre la Cipressa e torniamo indietro. Il giovedì si parte per Milano, il venerdì la sgambata e il sabato la corsa.

Trentin all’attacco in fondo alla discesa del Poggio nella Sanremo del 2019
Trentin all’attacco in fondo alla discesa del Poggio nella Sanremo del 2019
Qual è “il tuo momento” della Sanremo?

Ah, bella domanda! Cambia sempre. Oggi la Cipressa è più “usata” per fare la corsa dura dalle squadre che hanno questo interesse. Ma poi dal Poggio in avanti ogni momento può essere quello buono. Soprattutto dal falsopiano: può andare via un gruppetto, un corridore che azzarda. Si può aspettare la volata o partire in fondo alla discesa… E oggi è sempre più difficile perché tutti vanno forte e le possibilità sono le stesse per molti più corridori.

Passiamo ad aspetti un po’ più tecnici, Matteo. Siamo a metà febbraio e hai già otto giorni di corsa. Non sono pochi…

In passato ne ho avuti anche di più. Quando c’era il Down Under arrivavo a fine febbraio che ne avevo anche 20. Però è anche vero che col passare degli anni si va sempre più forte e per trovare la condizione bisogna fare il giusto, altrimenti si rischia di fare troppo. Le corse vanno dosate.

Sul piano della preparazione hai cambiato qualcosa?

Io cerco sempre di fare qualcosa di diverso. L’anno scorso ho lavorato molto sugli intervalli brevi, quest’anno ho fatto delle ripetute più lunghe. Tra novembre e i primi di dicembre ho fatto parecchia mountain bike e poi mi sono fatto i miei bei dieci giorni di sci di fondo. E devo dire quest’anno è andata molto meglio dell’anno scorso perché la neve era migliore. Essendo nevicato meno, era più compatta e ho potuto svolgere un lavoro molto produttivo. Successivamente in ritiro e in quel periodo ho fatto molto volume e man mano che sono arrivate le prime gare ho fatto lavori più “corti”. Da adesso in poi solo gare, niente altura, è così che voglio trovare il massimo della condizione.

Il tifo sul Kwaremont al Giro delle Fiandre: un’emozione anche per i corridori
Il tifo sul Kwaremont al Giro delle Fiandre: un’emozione anche per i corridori
Quali farai?

Adesso sto correndo alla Ruta del Sol, poi farò l’apertura in Belgio e arriverò alla Sanremo dalla Parigi-Nizza, quindi di nuovo Belgio.

E la palestra? In tanti hanno aumentato molto il lavoro “a secco”…

Io quella l’ho sempre fatta. Diciamo che sono tornato ai livelli pre-Covid, con un lavoro ben strutturato, cosa che stando a casa non si poteva fare. Ho lavorato sia sulle gambe e che sulla parte alta.

Invece sul piano tecnico, hai fatto dei cambiamenti?

No, sono cambiate solo le gomme. Siamo passati da Vittoria a Pirelli. Siamo ancora in una fase di test e di prove. Io per ora sto utilizzando dei tubeless da 25 millimetri e devo dire che le sensazioni sono buone. Non saprei dire cosa nello specifico, ma parlo del feeling di guida in generale.

Il trentino non è mai stato troppo fortunato alla Roubaix, anche l’anno scorso l’ha corsa con i postumi della caduta al mondiale (foto Instagram)
Il trentino non è mai stato troppo fortunato alla Roubaix, anche l’anno scorso l’ha corsa con i postumi della caduta al mondiale (foto Instagram)
Facciamo un passo indietro, Matteo, non ci hai parlato della Roubaix: come mai?

Perché tra tutte le classiche la Roubaix è quella che mi è sempre rimasta un po’ indigesta. Anche per questo è quella sulla quale sono meno focalizzato. Penso più all’Amstel Gold Race e sì che l’ho fatta solo tre volte. La prima neanche dovevo farla e ho bucato a mezzo giro dalla fine. Una volta mi hanno ripreso a quattro chilometri dall’arrivo, forse anche tre. 

Questa non ce l’aspettavamo. E’ anche vero che l’Amstel è particolare: è stata vinta da pseudo-velocisti, ma anche da corridori più “scalatori”…

Mi si addice abbastanza, non è una Liegi e neanche una Roubaix, ma devi saper limare, stare davanti, andare forte in salita, ma al tempo stesso essere veloce.

Classiche e Matteo Trentin: senti il “peso”, la responsabilità di essere uno dei pochissimi italiani a poter fare bene?

No, non ci penso. Penso solo a fare bene. E poi alla fine della fiera parlano i risultati.

In queste sfide c’è un compagno che hai o che vorresti avere sempre al tuo fianco?

Essendo il UAE Team Emirates un grande team, con un programma ampio c’è sempre una grande rotazione di atleti. Questo discorso riguarda più i velocisti con il loro treno. Noi dobbiamo essere bravi ad adattarci alle situazioni e ad integrarci.

Guazzini come un treno: «Il recupero? Meglio del previsto»

16.02.2022
4 min
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Vittoria Guazzini non ha ancora iniziato la sua stagione agonistica. La toscana è passata dalla squadra di Valentino Villa alla FDJ-Nouvelle Aquitaine, team WorldTour. Un salto per il quale è sicuramente pronta, ma che complice l’infortunio alla caviglia l’ha un po’ rallentata. Almeno all’inizio.

Tra i ritiri con il team e quelli con la nazionale, la Guazzini ha passato gran parte dell’inverno in Spagna (foto Instagram – T. Maheux)
Tra vari ritiri, Guazzini ha passato gran parte dell’inverno in Spagna (foto Instagram – T. Maheux)

Caviglia in ripresa

La “Guazz” è tosta e già va come un treno. Alcune voci dicevano che nel ritiro in pista, chiamando in causa molto sulla forza, era stata costretta a fare un piccolo lavoro differenziato, ma lei smentisce categoricamente.

«No, no… che differenziato – racconta Vittoria – nell’ultimo ritiro ho svolto tutto il lavoro insieme alla squadra. In quello di dicembre invece sì, avevo fatto qualcosa in meno, ma avevo ripreso davvero da poco tempo. Con il tempo sono tornata a regime.

«Certo, non sono ancora al 100%, tutte le sere metto il ghiaccio perché la caviglia è sempre un po’ calda e sento che pulsa. Eseguo sempre degli esercizi di mobilità e vado in palestra. Ma questa l’avrei fatta a prescindere dalla caviglia.

«In palestra lavoro un bel po’, ci vado almeno due volte a settimana. Facendo anche la pista per me è molto importante. Inizio con dei circuiti anche per la parte superiore del corpo, poi passo alla parte di forza: squat, stacchi, bilanciere e lavori in isometria. Anche nel ritiro in Spagna su strada sono riuscita a fare un richiamo».

Caduta alla Roubaix, Vittoria rientrerà all’Omloop Het Nieuwsblad il 26 febbraio, 117 giorni dopo l’infortunio (foto Instagram)
Caduta alla Roubaix, Vittoria rientrerà all’Omloop Het Nieuwsblad il 26 febbraio, 117 giorni dopo l’infortunio (foto Instagram)

Si riparte dal Belgio

La Guazzini però è ottimista. Alla fine riesce a spingere forte e il programma procede bene: «Direi anche meglio del previsto – riprende Vittoria – inizierò a gareggiare a fine mese, in Belgio».

Nel ciclismo moderno iniziare a fine febbraio, significa scontarsi con gente che corre quasi da un mese. La differenza potrebbe essere piuttosto netta.

«Paura del ritmo? Mah, forse chi ha iniziato alla Valenciana – dice – darà una dimostrazione di maggior ritmo, ma anche altre ragazze apriranno la loro stagione in Belgio, insomma non sarò la sola. Più che il ritmo, semmai mi preoccupa lo stare in gruppo. Dovrò ritrovare il feeling, specie dopo il trauma della caduta alla Roubaix. Ma sono certa che dopo le prime pedalate tutto tornerà come prima».

Il ritmo però è già buono. Vittoria è reduce dal ritiro in Spagna con la nazionale, dove ha svolto un ottimo volume di lavoro con le altre ragazze.

«Cercavamo di uscire insieme, ma poi ognuna in questo periodo della stagione aveva il suo programma da sbrigare. Però alla fine si rientrava sempre insieme. I percorsi erano quelli. E c’era sempre tanta salita! Anche se non si esce insieme per l’intero allenamento, questi ritiri sono importanti per fare gruppo».

Alla FDJ-Nouvella Aquitaine, la toscana ha ritrovato la sua ex compagna Marta Cavalli (foto Instagram – T. Maheux)
Alla FDJ-Nouvella Aquitaine, ha ritrovato Marta Cavalli (foto Instagram – T. Maheux)

Inizio tranquillo?

Nella Valcar-Travel & Service Vittoria Guazzini era una delle leader indiscusse. E al tempo stesso una gregaria di super lusso per gli sprint di Elisa Balsamo. Quali saranno i suoi ruoli e suoi obiettivi in questa stagione?

«Non so di preciso che ruolo avrò, immagino che soprattutto all’inizio dovrò aiutare la squadra. Bisognerà anche ambientarsi un po’ con le altre ragazze, tutte hanno una gran voglia di fare e tutte sono molto forti.

«Io per le volate? Velocista pura non lo sono mai stata, non è la mia caratteristica principale, poi un eventuale lavoro specifico che dovrò fare dipenderà dal team che sarà schierato, dalla tipologia della gara. Vediamo…

«Prevedo un picco di forma per le classiche di inizio stagione e quelle del Belgio. Non so neanche se resterò lassù dopo le prime corse. Ma prima di pensare a questa o a quella gara, intanto pensiamo a ripartire.

«Il sogno? Il Giro delle Fiandre, ma al momento… è proprio un sogno».

Più chilometri, palestra, crono e altura: Fortunato fa sul serio

13.02.2022
4 min
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Tra i corridori che hanno iniziato il 2022 agonistico in questo week-end, c’è anche Lorenzo Fortunato (in apertura foto Borserini). Il campioncino della Eolo–Kometa è uno dei più attesi per questa stagione. Non a caso Ivan Basso lo ha investito dei gradi di capitano della sua squadra. E’ lui l’uomo di classifica.

Proprio l’ex maglia rosa, e ora team manager della Eolo-Kometa, gli ha fatto cambiare mentalità la scorsa estate. Modi di lavorare, l’impegno nei confronti della cronometro, senso di responsabilità. E Fortunato sembra aver accolto bene tutto ciò. Dopo i successi dell’anno scorso, l’asticella per lui si alza. C’è la voglia di fare classifica al Giro e vedere dove si arriva. In ogni caso: è solo l’inizio…

Lorenzo Fortunato con Ivan Basso. Il manager varesino sa bene come si cresce in ottica grandi Giri (foto Instagram)
Lorenzo Fortunato con Ivan Basso. Il manager varesino sa bene come si cresce in ottica grandi Giri (foto Instagram)
Lorenzo, è il primo inverno da corridore importante. Come lo hai passato?

Ho lavorato con più consapevolezza e obiettivi concreti. Voglio arrivare alle corse per vincere, ma al tempo stesso ci arrivo più tranquillo.

Tranquillo? Eppure dovresti avere più pressione in teoria…

Sì, un po’ più di pressione in generale c’è, ma per ora non mi pesa. E’ voglia di fare risultato. Dico che sono più tranquillo perché se mi sono allenato così riesco a rendere di più. E poi perché è diverso allenarsi sapendo di andare forte, di esserci… anziché allenarsi per farsi trovare pronto.

Cosa intendi per “allenato così”?

Che ho lavorato più degli anni scorsi: ho fatto più chilometri, più palestra, più cronometro.

Quanto di più?

Ne parlavo con il preparatore giusto qualche giorno fa. Nei mesi fra dicembre e gennaio ho fatto 1.500 chilometri in più rispetto all’anno scorso. Una media di tre ore di allenamento in più a settimana. In pratica una seduta in più nell’arco dei sette giorni.

Per Fortunato 1.500 chilometri in più tra dicembre e gennaio rispetto all’anno scorso (foto Maurizio Borserini)
Per Fortunato 1.500 chilometri in più tra dicembre e gennaio rispetto all’anno scorso (foto Maurizio Borserini)
Cosa hai cambiato di più?

Per ora non abbiamo lavorato molto sull’esplosività, ma sulla resistenza. Alla fine io ho determinate caratteristiche ed è giusto lavorare su quelle. Se mi metto a lavorare sulle volate o sulle salite cortissime miglioro lo 0,5%, meglio battere il ferro dove è caldo. Nel mio caso quindi, meglio lavorare sulle salite, anche quelle più lunghe. E meglio lavorare a crono. Non per vincere chiaramente.

Della crono parlasti già in autunno. Hai continuato a lavorarci…

Sì, parecchio direi. Sono andato a Silverstone in Inghilterra, in galleria del vento, e abbiamo cambiato totalmente posizione. Adesso ho un manubrio fatto appositamente per me e devo dire che mi sento molto più a mio agio. Qualche miglioramento già c’è stato, adesso vediamo un po’ in gara.

Con questi manubri personalizzati migliora anche la guida?

Più che altro cambiano le velocità in pianura. Adesso ho le mani molto più vicino alla faccia, sono più chiuso. E per me che ero salito sulla bici da crono praticamente durante lo scorso Giro d’Italia… è un bel salto.

Questo ti darà una carica pazzesca, ti fa sentire un corridore con la “C” maiuscola…

Vero, ti dà una bella carica. La squadra non mi fa mancare niente. Alla fine è come se fossi in una Ineos-Grenadiers o un’Astana… Ho lo stesso trattamento dei loro leader. Ed è importante.

Hai fatto dei cambiamenti tecnici?

La maggior parte dei componenti sono gli stessi: gomme Vittoria, ruote Enve, pulegge CeramicSpeed… Mentre il gruppo è Sram. Per l’allenamento ho scelto il 52, ma a seconda dei percorsi in gara lo cambierò con il 54, rapporto che ho sempre usato lo scorso anno. L’unica cosa è che con Sram se uso il 54 ho 42 e non il 39, per questo bisognerà vedere bene i percorsi prima di scegliere le corone anteriori. Dietro, invece abbiamo fisso il 10-30.

Il bolognese è andato in galleria del vento per reimpostare la sua posizione a crono
Il bolognese è andato in galleria del vento per reimpostare la sua posizione a crono
Passiamo agli impegni, agli obiettivi. Tutta questa mole di lavoro è in ottica Giro d’Italia, immaginiamo… Ci arriverai in crescendo oppure avete previsto un picco in precedenza?

Sarà un crescendo graduale. Inizio adesso in Andalucia e poi farò delle corse in Italia, su tutte la Tirreno-Adriatico. Dopodiché, in attesa del Giro andrò in altura a Sierra Nevada. E ci resterò quasi un mese. 

Un mese! Determinatissimo…

Sì, sì… Dopo forse dovrei fare un’altra corsa prima del Giro. Ma vediamo. Tutto questo poi in attesa che sia ufficializzata la nostra presenza nella corsa rosa.

Più o meno siete gli stessi della passata stagione, ma è arrivato Diego Rosa. Lo conoscevi? Nei ritiri eravate nello stesso gruppo di lavoro?

Non lo conoscevo molto, ma sì: ci siamo allenati insieme tantissimo e abbiamo chiacchierato. Mi sono trovato bene con lui. Diego è stato in grandi squadre e gli ho chiesto tante cose. Gli ho chiesto delle corse e lui mi ha raccontato soprattutto come si gestiva nei grandi Giri.