Sul traguardo dei mondiali di cross di Fayetteville, Tom Pidcock c’è passato come Superman e per fortuna non ha trovato un giudice zelante che l’ha squalificato per la posizione irregolare. Sul cross per fortuna brilla la goliardìa del fuoristrada e in America certe cose piacciono parecchio: il povero giudice lo avrebbero passato per le armi.
Campione del mondo di cross, juniores ed elite. Vincitore della Roubaix juniores e U23. Vincitore del Giro d’Italia U23. Campione olimpico di mountain bike. Primo nella Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel primo anno da pro’.
Amore cross
In nome del cross, Pidcock ha vissuto un inverno da nomade. La famiglia nel Nord del Regno Unito e la residenza ad Andorra, ha trascorso le vacanze di Natale in Belgio, raggiunto dai familiari. E la notte del 31 dicembre, è andato a letto presto, dato che l’indomani avrebbe corso a Baal.
Ma ora che la stagione su strada lo richiama all’ordine e che non tornerà in Gran Bretagna prima di ottobre, il britannico del Team Ineos Grenadiers ha iniziato a collegare i vari puntini della sua carriera.
«Ho bisogno del cross – dice – per avere obiettivi vicini e per la mia impazienza di raggiungerli rapidamente. Troverei insopportabile allenarmi tutto l’inverno pensando alla stagione su strada. Allo stesso tempo, bisogna usare la testa. I brevi sforzi del cross sono sicuramente utili in prospettiva delle classiche, perché si raggiungono intensità altissime, ma il pericolo è di fare troppo. La strada e i lavori necessari per avere la giusta base devi comunque considerarli. Serve pianificazione. Per questo mi limito a 11-12 gare di ciclocross durante il mio inverno».
Impazienza e raziocinio
L’impazienza è una molla particolare. Da un lato si sposa con la fretta di arrivare dei talenti più giovani come Evenepoel e Pogacar (lo sloveno è del 1998, Pidcock del 1999, Remco del 2000), dall’altra è evidente come nella squadra britannica facciano di tutto perché Tom non bruci le tappe.
«Almeno fino alle Olimpiadi del 2024 – dice – andrò avanti anche con la mountain bike. Voglio difendere il mio titolo a Parigi e partecipare anche alla prova su strada. La mia grande ambizione è diventare campione del mondo in tutte e tre le discipline, il che significa che c’è molto lavoro da fare! Vincere da giovani è più facile che vincere coi grandi. Durante la scorsa stagione, la prima da professionista, ho dovuto abituarmi a questa idea, sia nel cross che su strada. Ho avuto molti problemi a lottare per il secondo posto e mi è servito per fare il cambio di mentalità. Mi ci è voluto un po’ per capire che anche i migliori corridori non vincono tutto».
I Giri fra due anni
Per questo, l’asticella resta a un’altezza ragionevole. Pur avendo vinto il Giro d’Italia U23 nel 2020 con grande facilità, Pidcock sta alla larga da tentativi prematuri.
«Un giorno mi piacerebbe dedicarmi a un grande Giro – dice – e muovermi verso questo obiettivo con allenamenti in quota sul Teide, lavori sulla potenza inseriti in un simile quadro, ma per ora è presto. Non vogliamo saltare nessun passaggio nel mio processo di sviluppo. La classifica generale di un Giro può diventare un obiettivo fra due o tre stagioni, quando avrò 25 o 26 anni. Per ora punto sulle classiche, al modo di correrle in quella maniera spettacolare che sta piacendo così tanto alla gente. Ma non è escluso che pensi di tanto in tanto a corse di una settimana».