Un urlo liberatorio come spesso accade. Un urlo di gioia e di rabbia al tempo stesso per Vincenzo Albanese. Qualche giorno fa, il corridore della Eolo-Kometa ha vinto al sua prima corsa da professionista. E’ successo a Limoges, capitale del Limousin francese.
E “Alba” stava correndo proprio il Tour du Limousin. Una terra di grande tradizione. E’ da quelle zone per esempio che viene Luc Leblanc, vincitore del mondiale di Agrigento del 1994. Ma quella è tutta un’altra storia.
Albanese cercava questa affermazione da un sacco di tempo. Aveva di fatto già vinto una corsa con dei pro’, era il Matteotti del 2016, ma lui era formalmente ancora un under 23. Questo successo ha un altro spessore e un altro valore.
Il suo team manager Ivan Basso ha sempre esaltato questo atleta. A volte gli ha tirato le orecchie, ma sempre a fin di bene e perché sapeva dell’enorme potenziale del suo corridore.
Vincenzo, finalmente è arrivata…
Davvero, ci voleva proprio. Dopo un anno e mezzo buono, ma fatto solo di piazzamenti e podi, sfortune, e di tutto e di più… Anche per la testa è stato importante alzare le braccia al cielo. Alla fine ero contento lo stesso di come stesse andando, ma si sa: la vittoria è la vittoria. Vanno bene i piazzamenti: questi dicono quanto si è costanti, ma vincere è un’altra cosa.
Ci sei arrivato passo dopo passo. E forse in questo caso tutto è partito dal campionato italiano. Il tricolore è stato una delusione? Zanatta quel giorno ci disse prima del via che si lavorava per te…
Non è andata bene. La squadra mi aveva dato fiducia al 110%, tanto che abbiamo gestito noi la gara sin dal primo chilometro, mostrando una grande compattezza del team. Spesso noi corriamo così: da grande squadra. E anche quel giorno non abbiamo mandato nessuno in fuga. Erano tutti per me. Quando poi nel finale sono andati via quei cinque un po’ ho dormito, ma mi aspettavo anche che con tanti corridori forti e tante squadre rimaste dietro, qualcuno facesse qualcosa. Ma forse le gambe erano quelle che erano anche dietro. Ho raccolto un ottavo posto, ma certamente non ero soddisfatto. Era stato l’ennesimo piazzamento che confermava che Albanese era sempre lì, ma non vinceva.
Dopo quella gara cosa hai fatto?
Ho staccato. E ho ripreso proprio al Limousin, a distanza di quasi due mesi. In pratica dopo l’italiano sono rimasto in Puglia, nella zona di Monopoli, Fasano, le Tremiti… una settimana con la mia fidanzata, Cassandra. Una settimana totalmente senza bici. Poi sono tornato a casa a San Marino e lì ho ripreso a pedalare. A fine luglio sono andato in altura.
Dove?
A Livigno. O meglio, prima a Livigno a 1.800 metri, e poi sono salito ancora. Mi sono spostato ai 2.700 metri dello Stelvio. In tutto ho fatto venti giorni di altura. Sono sceso. Sono stato quattro giorni a casa e sono partito per il Limousin.
Beh, non è facile vincere al rientro…
Vero, ma sin da subito ho avuto sensazioni ottime. Ma dalle sensazioni ottime alla vittoria c’è un mondo! Anche altre volte avevo avuto sensazioni simili, ma non avevo vinto. Però sentivo di stare veramente bene. Da una parte è così: quando non te lo aspetti, arriva la vittoria. Altre volte invece sei lì ad inseguirla, a pretenderla… e resti senza niente in mano.
Non te lo aspettavi quindi?
No, sapevo di stare bene, ma non avevo aspettative. Tanto più dopo l’altura. Non avevo mai vinto, figuriamoci al rientro dopo due mesi senza gare nelle gambe. Tutto sembrava andasse come sempre. Anche nei primi giorni stavo bene, mi piazzavo, ero tra i primi 8-15 corridori… E bisogna considerare che il livello era alto. In Coppa di Francia si corre col coltello fra i denti, per le squadre francesi quelle sono tutte gare importanti. C’erano squadre WorldTour con corridori che uscivano dal Tour o altre gare di primo livello. Senza dimenticare i “nostri”, Ulissi, Trentin. E vincere quando ci sono corridori di questo calibro… non è cosa da poco.
Hai vinto al rientro. In montagna hai svolto un lavoro particolare o hai fatto un’altura “standard”?
Nel complesso direi standard: poca intensità nella prima parte, ma ho lavorato anche sull’esplosività nella seconda.
Tipo?
Facevo diverse ripetute forti tra i 2′ e i 5′. Le ho fatte a bassa quota e nell’ultima settimana. Poi una volta sceso in pianura, ho continuato a farle. Diciamo anche quel genere di sforzo sono il mio pane. E’ quello stesso spunto che mi ha permesso di anticipare il gruppo a Limoges.
Hai fatto anche dietro motore?
Prima della gara, a casa, ho fatto dietro macchina. Come sempre del resto.
Con chi lo fai, per curiosità?
Allora, per fare dietro moto ho degli amici esperti nella zona di Reggello, vicino Firenze. Mentre il dietro macchina lo faccio con Cassandra.
Dai, forte questa cosa! E come se la cava la tua fidanzata?
Beh, diciamo che strappa un po’, ha il “piede pesante”, però quelle sue accelerate mi hanno hanno dato brillantezza di sicuro!
Rispetto al peso come sei messo?
Bene – risponde deciso Albanese – adesso sono nel peso forma. Anzi, al Limousin ero anche sotto i 70 chili, 69-68. Non ero mai stato così magro. Ma quest’anno devo dire che non ho avuto problemi in tal senso e non ne ho avuti sin dall’inizio della stagione. Ci ho lavorato già dall’inverno. Poi di questo periodo è più facile perdere quel paio di chili tra caldo e corse.
Il mondiale è per corridori veloci e finisseur come te: ci pensi?
Sinceramente un po’ sì: ci penso. E’ da gennaio che do il massimo e dall’alto dovranno fare le proprie scelte. Se andrò in Australia sarò onorato e felice, altrimenti proseguirò la stagione con il mio team andando a caccia di un’altra vittoria.
E in quali gare?
Ormai riprenderò a settembre in Repubblica Ceca al Tour of South Bohemia. Poi farò le gare del calendario italiano come il Giro di Toscana, la Coppa Sabatini, il Pantani e, appunto, speriamo il mondiale. Se non dovessi fare il mondiale ci sarà la Cro Race in Croazia e quindi tutte le altre classiche italiane di ottobre.
La Coppa Sabatini: la gara di Peccioli è perfetta per le tue caratteristiche: ondulata con un arrivo su uno strappo non eccessivamente duro…
La Coppa Sabatini è bellissima. E’ una delle mie corse preferite. E poi è vicino a casa e da buon toscano ci tengo a fare bene.