Dal Fiandre all’Inferno, la “settimana santa” di Pasqualon

09.04.2023
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La settimana che va dal Giro delle Fiandre alla Parigi-Roubaix è detta “settimana santa” e quest’anno con la Pasqua di mezzo lo è nel vero senso della parola! Ma come vengono gestiti questi questi sette giorni che separano i due monumenti del pavè? A darci un’idea di come vadano le cose è Andrea Pasqualon.

Il corridore della Bahrain-Victorious ci ha raccontato il suo andirivieni tra Belgio e Italia. Della necessità di recuperare, ma anche di riportare su di giri il motore.

Pasqualon (classe 1988) impegnato al Fiandre di domenica scorsa. Il veneto lo ha chiuso al 36° correndo in appoggio a Mohoric e Wright
Pasqualon (classe 1988) impegnato al Fiandre di domenica scorsa. Il veneto lo ha chiuso al 36° correndo in appoggio a Mohoric e Wright
Andrea, tra Fiandre e Roubaix: come hai gestito questa settimana? Partiamo dal post gara di domenica scorsa…

Ho preso il volo per l’Italia la sera stessa dopo la corsa. Volevo tornare a casa per staccare un po’, stare in famiglia e uscire davvero in tranquillità nei giorni successivi.

Cosa hai fatto dunque il lunedì e il martedì?

Lunedì riposo totale. Ed era proprio quello che mi serviva, perché domenica scorsa è stata proprio dura, dura… Corse come il Fiandre sono super stressanti. Poi si è visto che velocità abbiamo fatto, le cadute… E i volti degli altri a fine corsa la dicevano lunga. Lunedì ho passato gran parte del tempo sul divano. Il martedì ho fatto due ore e mezza molto easy. Mi sono reso conto di essere ancora stanco, tanto che stavo vedendo un film con mia figlia e mi sono addormentato sul divano di nuovo. E questo la dice lunga.

Mercoledì?

Sono tornato in Belgio. Mi sono allenato quassù. E ho fatto un’uscita non troppo lunga con piccoli lavori di riattivazione. Sessioni di 10′-15′. Mi sono voluto allenare anche per fare il massaggio. Mi massaggia Pierluigi Marchioro e con lui, veneto come me, si parla di in dialetto, si scherza, si stacca in qualche modo. Ma nei due giorni a casa, essendo caduto, sono andato anche dall’osteopata. Per questo, ripeto, sono tornato in Belgio il mercoledì di buon ora.

Pasqualon con il massaggiatore Marchioro, conosciuto ai tempi della nazionale U23
Pasqualon con il massaggiatore Marchioro, conosciuto ai tempi della nazionale U23
Giovedì ricognizione? In questi casi avete una tabella di lavoro? Come si fa?

Esatto: ricognizione. Abbiamo provato gli ultimi 120 chilometri della Roubaix. Non c’è una tabella vera e propria ma si cerca di fare i segmenti in pavè di buon passo, ma sempre in sicurezza (si veda il caso Guazzini con il bacino rotto nella recon, ndr). E’ importante fare la ricognizione per individuare le pressioni ideali, i rapporti e per individuare le linee più sicure, capire dove c’è un po’ d’erba e dove invece si può stare sulla “schiena d’asino”. E poi io durante la ricognizione ho il compito di parlare molto con i ragazzi e di comunicare con l’ammiraglia affinché scrivano il più possibile, prendano appunti.

Un ruolo di responsabilità…

E’ molto importante conoscere ogni insidia. Poi è chiaro che in corsa non riesci a passare sulla linea migliore o che pensavi di fare, però hai idea delle condizioni che ti aspettano in quel tratto di pavè.

Quando avete fatto il briefing tecnico?

Tra venerdì e sabato soprattutto. Se ne è parlato anche prima, ma il venerdì abbiamo rivisto i filmati delle passate edizioni, c’era più relax e si parlava con tranquillità.

La recon di giovedì scorso. Momento cruciale della “settimana santa” (foto Instagram)
La recon di giovedì scorso. Momento cruciale della “settimana santa” (foto Instagram)
Andiamo avanti con la preparazione: venerdì cosa hai fatto?

Una girata tranquilla, un paio d’ore. Dal venerdì soprattutto l’obiettivo principale è diventato il recupero. Alcuni compagni hanno fatto riposo assoluto. Io lo avevo fatto lunedì e quindi una sgambata l’ho fatta.

Ieri, sabato?

Più o meno la stessa cosa. Un’oretta e mezza con pausa caffè.

Fronte alimentazione: come hai gestito questa settimana?

Nei primi due giorni post Fiandre ho fatto lo scarico di carboidrati. Quindi ne ho mangiati molti in meno, a vantaggio di proteine e verdure. Verdure che servono soprattutto per riempire la pancia, per ovviare al senso di sazietà. Poi dal mercoledì sera, anche in vista della “recon” impegnativa del giovedì abbiamo iniziato a rimangiare i carboidrati. Serve la gamba piena.

E nei giorni successivi?

I carboidrati sono andati ad aumentare, sempre di più. Mentre calavano le verdure. In particolare il sabato: tanti carboidrati sin dal mattino. Io mangio anche 500 grammi di pasta in bianco. Dopo tanti anni di riso in bianco e pollo, preferisco non utilizzare troppo i condimenti, sono diventato un po’ delicato di stomaco, diciamo così. Comunque si arriva alla mattina del via con un bel carico glicemico, perché c’è da spendere moltissimo.

Pasqualon ha ribadito l’importanza di individuare la linea migliore tra “erba” e schiena d’asino
Pasqualon ha ribadito l’importanza di individuare la linea migliore tra “erba” e schiena d’asino
E gli integratori?

Diciamo che i sali minerali ancora non si usano molto, tanto più che quassù siamo sui 10°-12°. Ho utilizzato le proteine post gara o allenamento e gli aminoacidi essenziali, sempre prima e dopo gli allenamenti. Ma va detto che ormai questi sono contenuti nelle proteine e da soli non si prendono più molto spesso.

Abbiamo parlato di preparazione e alimentazione: e i pensieri tra Fiandre e Roubaix, Andrea?

Bisogna cercare di staccare tra questi due super monumenti. Queste corse esigono una concentrazione massima, neanche paragonale ad una tappa di un grande Giro. Anche la mente deve essere libera. Ogni istante, ogni elemento come il vento, una curva, uno spartitraffico può essere decisivo. E per questo aspetto, ma in generale direi, è molto importante dormire bene e tanto.

Tu a che ora vai a dormire in queste situazioni?

Verso le 22. Passo una mezz’oretta al telefono. Ma proprio in questa settimana ho letto il libro di Sonny Colbrelli (Con il cuore nel fango, ndr), della sua Roubaix. E’ stato bello rivivere le sue emozioni, quel che ha vissuto in carriera e in quei giorni. Oggi fa un po’ effetto vederlo a bordo strada a darci le borracce. Mi sarebbe piaciuto molto lavorare anche per lui. Essere il suo gregario di lusso, tanto più che in passato siamo stati compagni di squadra. 

Dalle risate “alla lavatrice”, il pre e post Roubaix di Colbrelli

08.04.2023
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La Roubaix incombe, oggi tocca alle donne! L’Inferno del Nord ha un fascino tutto suo, fatto di attese, “misteri”, volti infangati, pietre, lotte, velodromo… E tutto questo è accompagnato da un rituale. Nei due giorni precedenti, per esempio, tutte le squadre vanno in avanscoperta dei settori in pavè.

Noi questi rituali che precedono la Parigi-Roubaix, ma anche che li seguono, li abbiamo rivissuti con Sonny Colbrelli. La sua vittoria è ancora viva nelle nostre menti. Negli occhi passano ancora le immagini che lo vedono all’attacco, fino alla volata vincente contro Van der Poel e Vermeersch.

Colbrelli (classe 1990) sereno a pochi istanti dal via della sua prima ed unica Roubaix disputata in carriera
Colbrelli (classe 1990) sereno a pochi istanti dal via della sua prima ed unica Roubaix disputata in carriera
Sonny, come hai vissuto l’avvicinamento alla tua Roubaix?

In modo unico direi, pochi la vivono così. Era ottobre, era la penultima corsa della stagione e quindi c’era un clima un po’ diverso dal solito, almeno da quello che mi raccontavano. Io l’ho presa in modo molto easy, scanzonato. Ridevo coi compagni. Ho vissuto quelle ore di vigilia con la massima tranquillità. Non dico che fossi appagato dalla stagione, ma ero già soddisfatto.

Un approccio diverso dunque… Tu sei riuscito a dormire, per esempio?

Sì, sì… e poi si sapeva che avremmo disputato una Roubaix con pioggia e fango come non accadeva da anni. E questo mi piaceva. Da corridore, quando tieni particolarmente ad una corsa e per quanto dici di non pensarci, la testa finisce sempre lì, pensi a come andrà, al risultato… e riposare non è facile. E soprattutto quelli che stanno bene, già al mattino li vedi “sfiniti”, con le gambe molli. Per me invece è stato tutto diverso. Scherzavo con i compagni. Ci siamo presi in giro fino al momento del via. Questa tranquillità credo sia stata la mia arma vincente.

Quando facesti la ricognizione?

Il giovedì e il venerdì. Il giovedì facemmo i primi 150 chilometri, il venerdì gli ultimi 100.

E che impressioni hai avuto dopo quei test?

Pensavo: «Ma che cavolo ci faccio io qua!»

Il bresciano aveva prestato grande attenzione al setup della bici, affidandosi parecchio i consigli dei tecnici, visto che lui era al debutto
Il bresciano aveva prestato grande attenzione al setup della bici, affidandosi parecchio i consigli dei tecnici, visto che lui era al debutto
Ma come! E per fortuna che l’hai anche vinta…

Giuro! Io il pavè non l’avevo mai fatto. Sì, in una tappa del Tour, ma quando inizi a fare più tratti, più ravvicinati e anche più duri come la Foresta di Arenberg o il Carrefour de l’Arbre cambia tutto. Dalla tv non ci si rende conto quanto sia difficile pedalare lì sopra. Ma quella ricognizione è stata importante per me. Non avevo l’esperienza di chi aveva corso la Roubaix già 5-6 volte. E’ stata importante per capire le pressioni delle gomme e per individuare una velocità di crociera.

Velocità di crociera?

Sì, quella velocità che puoi tenere per 4′-5′ o anche di più se il settore è più lungo, una velocità costante. E l’ho capito subito. Quando ho provato l’Arenberg per la prima volta, sono entrato dentro con una velocità come se non ci fosse un domani. A metà settore ero fermo a bordo strada!

E il setup della bici quando lo avete fatto con il tuo meccanico?

Tra giovedì e venerdì, soprattutto. Il mio meccanico era Alan Dumic. Ho fatto due volte la Foresta, una volta con una pressione e una volta con un’altra. E ho deciso dopo il secondo passaggio. Alla fine ho scelto la bici che utilizzavo sempre (la Merida Reacto, ndr), ma con un manubrio tradizionale anziché integrato. Ho alzato appena la posizione delle leve per essere più comodo, poi doppio nastro con gel e basta.

L’esplosione di gioia sul traguardo. Da lì in poi Sonny è “entrato in una lavatrice”, come ha spiegato
L’esplosione di gioia sul traguardo. Da lì in poi Sonny è “entrato in una lavatrice”, come ha spiegato
Ricordi come passasti il sabato?

Con grande tranquillità. Una sgambatina leggera e poi, come ripeto, con grandi risate.

Okay, la corsa sappiamo come andata! E del post gara cosa ci dici?

E’ stato come entrare in una lavatrice! Una bolgia. Ricordo che quella notte non ho dormito. Ero in camera con Mohoric. Sono stato sul letto a cercare di rispondere ai messaggi. Solo su WhatsApp avevo 870 messaggi. Ho risposto a poco più di 400, quasi la metà. Sui social idem. Sonny, Sonny, Sonny… tutti cercavano Sonny. Non dico che non me la sono goduta, ma di certo mi sono ritrovato sballottato a destra e sinistra.

Passando a discorsi più tecnici: per esempio il “protocollo” post gara tra massaggi, alimentazione… come è stato?

E’ saltato tutto. Pensate che il primo massaggio dopo la Roubaix l’ho fatto due giorni dopo la corsa. Alla vigilia del Gran Piemonte, che era l’ultima gara dell’anno. Ricordo che il massaggiatore quando mi toccò le gambe mi disse che le fibre muscolari erano distrutte. Anche perché nei due giorni successivi non toccai la bici. Il mercoledì, alla vigilia del Gran Piemonte, feci giusto un’oretta. La corsa non andò neanche malissimo. Ma quando arrivò il momento della volata, ai 200 metri mi alzai sui pedali e mi sedetti subito. Mi dissi: «No Sonny, lascia fare. Per il tuo bene!».

La sera della vittoria di Roubaix avete festeggiato?

Sì, ma non in modo eccessivo. Restammo in hotel con i compagni, anche perché ci eravamo spostati a Charleroi in un albergo vicino all’aeroporto e in giro non c’era un granché. Dopo la cena, ci facemmo 2-3 birrette e poi tutti a letto.

Ganna, l’ultima distanza prima dell’Inferno

04.04.2023
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Oggi Ganna si è sparato l’ultima distanza prima del viaggio a Roubaix. Con lui c’era Dario Cioni, sull’ammiraglia, che lo ha fatto lavorare anche dietro macchina e gli ha fornito il supporto necessario in termini di rifornimento, simulando quasi gli schemi di gara. Alla partenza del Fiandre si è parlato parecchio dell’assenza del piemontese, soprattutto dopo l’ottima Sanremo: non gli sarebbe convenuto venire e provarci? Non gli avrebbe fatto bene anche in termini di colpo d’occhio? Così lo abbiamo chiesto a Cioni, durante la piccola porzione delle sei ore di allenamento in cui gli abbiamo fatto compagnia.

La Parigi-Roubaix parte in realtà da Compiegne e si snoda per 257 chilometri fino al confine con il Belgio
Il progetto Fiandre per Pippo quest’anno non si è proprio valutato?

No, perché è stato detto di puntare tutto sulla Roubaix. Il Fiandre sarebbe stato funzionale se non avesse fatto le gare prima, quindi Harelbeke, Gand e Dwars door Vlaanderen. E soprattutto, se domenica avesse corso il Fiandre, non avremmo potuto fare il blocco di lavoro che invece abbiamo concluso oggi. Abbiamo avuto tutta la settimana a disposizione, confidando nel fatto che il colpo d’occhio per certi percorsi Pippo l’abbia affinato nelle tre corse fatte in Belgio.

Intanto giovedì, dopo la Dwars door Vlaanderen, lo abbiamo visto (sui social) in ricognizione sul pavé della Roubaix.

Doveva farla il giorno dopo, poi è stata anticipata perché le previsioni per venerdì erano pessime. Non è stato l’ideale perché il giorno prima aveva corso, ma effettivamente venerdì ha diluviato tutto il giorno. E soprattutto non si trattava di fare solo alcuni settori, li ha fatti tutti. Alla fine è venuta fuori una ricognizione di cinque ore.

Giovedì scorso si sono valutati anche i materiali oppure quelli erano ormai definiti?

Aveva già provato un po’ di cose. E poi ha l’esperienza dell’anno scorso, sia della Roubaix sia della tappa del Tour, quindi non è stato un approccio al buio. La bici dovrebbe ricalcare quella che ha vinto la Roubaix lo scorso anno con Van Baarle, ma non ricordo se l’anno scorso avevano il 34, che abbiamo portato per certo al Tour. Davanti avrà la guarnitura con il 40-54 e non so se alla fine si deciderà di mettere il 42 o il 44. Il vantaggio di avere il 34 dietro è di poter tenere sempre la catena sul piatto grande. Quindi rimane più in tensione e non balla come quando è sulla guarnitura più piccola.

Il sopralluogo di Ganna su tutti i tratti di pavé si è svolto il 30 marzo (foto social Joshua Tarling)
Il sopralluogo di Ganna su tutti i tratti di pavé si è svolto il 30 marzo (foto social Joshua Tarling)
L’allenamento di oggi è l’ultimo duro prima di andare al Nord?

Ormai si parla di rifiniture. Il grosso del lavoro era stato fatto per la Tirreno e la Sanremo. Nell’ottica della Roubaix si spiega anche perché anche a Sanremo, a parte l’ottimo risultato, si era deciso di fare la gara nel finale dopo una distanza così importante.

Le sei ore di stamattina comprendevano anche dei lavori specifici?

Abbiamo fatto un lavoro importante. Non dico che sia stata una simulazione di gara, però comunque è venuto fuori un bel lavorone. Quello che in qualche modo, almeno come carico di lavoro, sarebbe stato il Fiandre.

Quando si parte per la Francia?

Io resto a casa, Filippo partirà venerdì. Era importante che lo seguissi oggi. Direi che non farà un altro sopralluogo, altrimenti dovrebbe partire giovedì, però non lo ha richiesto. Quindi oggi è stato il terzo giorno del blocco, domani recupera, giovedì farà un lavoro più corto ma brillante, mentre venerdì e sabato nulla di particolare, perché saremo a ridosso della gara.

Nel 2022 Ganna è stato costretto a inseguire per due volte, ma nell’Arenberg la sua azione è parsa molto efficace
Nel 2022 Ganna è stato costretto a inseguire per due volte, ma nell’Arenberg la sua azione è parsa molto efficace
Quest’ultimo blocco da cosa era composto?

Un classico blocco di tre giorni. Ha fatto intensità il primo giorno, domenica. Ieri ha fatto ripetute a elevata potenza e bassa cadenza (Torque). Oggi ha fatto la distanza con dei lavori, quindi comunque un blocco abbastanza importante.

Cosa ti è parso del suo adattamento al pavé durante quelle 5 ore?

A causa dell’anticipo, io non c’ero. Comunque aveva dimostrato già l’anno scorso di saper stare sul pavè. Quando ha avuto quei due incidenti meccanici, è sempre rientrato sul gruppetto davanti, che non lo ha aspettato. Invece nell’Arenberg è andato forte, quindi tendenzialmente ha dimostrato di essere un corridore che riesce ad andare su quelle strade. Si tratta di caratteristiche che hai oppure no. Come anche sul piano fisico: non ho mai visto un corridore peso piuma che vince la Roubaix, per andare forte sul pavé serve anche una certa struttura, anche se è questione di predisposizione. Il pavé del Fiandre ad esempio è un’altra cosa, basta considerare le velocità cui vanno…

Tu che ne hai viste tante, che tipo di vigilia sta vivendo Ganna?

Alla fine è un corridore che ha molta esperienza di eventi di un giorno, venendo dalla pista o dalle Olimpiadi. Rispetto ad altri colleghi è abituato a puntare su una data secca. Quello è il vantaggio di venire dalla pista rispetto a corridori che fanno i grandi Giri, che sono un evento spalmato sul lungo tempo. Qui quello che conta è la capacità di essere al top in un giorno ben preciso. E poi la buona prestazione della Sanremo ha confermato che abbiamo lavorato bene.

La scelta di montare un 34 come ingranaggio più grande permette di tenere sempre la catena sul 54
La scelta di montare un 34 come ingranaggio più grande permette di tenere sempre la catena sul 54
Sei ore tutte in Svizzera o anche in Italia?

Siamo stati un po’ in Svizzera e un po’ in Italia. Svizzera, Lago Maggiore e vallata di Domodossola: oltre 180 chilometri. Abbiamo fatto anche salite, perché in genere le strade di pianura sono più trafficate, quindi anche per stare un po’ più tranquilli si va in salita, è più facile. Quando poi Filippo fa le ripetute con la potenza giusta, va forte, quindi il traffico sarebbe un problema. Per cui sono state sei ore in cui si è recuperato lungo le discese. Si può anche fare la distanza a 30-32 all’ora, invece Filippo tiene sempre un buon ritmo.

Durante un giorno così, l’alimentazione è la stessa del giorno di gara?

Ormai anche in allenamento in queste giornate si alimentano quasi come in gara. Il discorso di avere una macchina in appoggio serve anche per questo aspetto, perché con quello che stanno mangiando ora in gara, farebbe fatica a portarsi tutto dietro. Bisogna che mangi bene anche in allenamento, per non arrivare sfinito.

Avete chiuso spingendo come in un finale di gara?

Nel finale c’era un paio di salite, quindi sicuramente non è stato un finale facile. Si parte seguendo il grande risultato, poi nella giornata puoi trovare anche quello che è uno scalino più forte. E allora chapeau a lui.

La base della bici di Ganna alla Roubaix di domenica prossima, giorno di Pasqua, è la Dogma F che ha vinto nel 2022 con Van Baarle
La base della bici di Ganna alla Roubaix è la Dogma F che ha vinto nel 2022 con Van Baarle
Gli olandesi scherzavano dicendo che Van Baarle è passato alla Jumbo-Visma perché Ganna punta alla Roubaix…

Credo fosse davvero una battuta. Alla fine Van Baarle ha vinto una Roubaix, non sarebbe mai stato uno per correre in appoggio. Partito lui, avremmo portato Ben Turner, ma si è rotto il radio nella caduta di domenica. Quindi penso che punteremo prevalentemente su Pippo, che sarà l’uomo più protetto, anche se normalmente non conviene partire alla Roubaix solo con una punta. La nostra punta quest’anno è Ganna.

I blocchi di lavoro, Cioni, Ganna e la Roubaix

26.03.2023
4 min
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Dopo la mega prestazione della Sanremo, gli scenari per la Campagna del Nord di Filippo Ganna assumono tutt’altro contorno. Il fenomeno della Ineos Grenadiers è in Belgio e viaggia verso la Roubaix con altre aspettative. Lui l’ha vinta tra gli U23 nel 2016. Ma l’era del “fare esperienza” è ufficialmente terminata.

E’ vero che di fatto tra impegni di pista, Covid e salvaguardia della salute, Ganna non ha corso moltissimo lassù, ma sognare è lecito. Noi vorremmo sognare anche pensando al Giro delle Fiandre, ma partiamo dalla Roubaix, che è l’obiettivo più concreto messo nel mirino. Pippo e il suo direttore sportivo e preparatore, Dario David Cioni, la stanno preparando con dovizia certosina. E lo dimostra anche la buona prestazione nella splendida sfida di Harelbeke dell’altro ieri: Ganna se l’è cavata con un decimo posto che dà fiducia.

Dario Cioni, coach e diesse della Ineos Grenadiers, segue Ganna da diversi anni ormai
Dario Cioni, coach e diesse della Ineos Grenadiers, segue Ganna da diversi anni ormai

Sanremo “inaspettata”

«Siamo in pieno periodo di corse – spiega Cioni – e l’obiettivo principale è quello di recuperare. Dopo la Sanremo si è pensato soprattutto ad una fase di recupero, anche in vista dei primi impegni in Belgio».

Prima della Tirreno e della Sanremo, parlando con lo staff della Ineos Grenadiers, erano emersi due misteriosi blocchi di lavoro che l’asso piemontese aveva fatto sotto la guida attenta di Cioni.

«Li avevamo fatti in avvicinamento alla Tirreno, ma erano già in ottica Parigi-Roubaix. Poi eravamo andati altri due giorni in pista, sempre in ottica Roubaix, ma anche pensando alla crono di Follonica. Poi è chiaro che cercando di rendere l’atleta più forte in generale, si ottengono miglioramenti non solo per la Roubaix, ma anche per la Sanremo».

Come a dire che la prestazione emersa alla Classicissima quasi non era prevista.

Ganna impegnato l’altroieri alla E3 di Harelbeke. Una grande fatica, ma anche un buon lavoro sul pavé
Ganna impegnato l’altroieri alla E3 di Harelbeke. Una grande fatica, ma anche un buon lavoro sul pavé

Due blocchi più uno

Quei due blocchi fanno sognare gli appassionati, destano curiosità. Cosa avrà fatto mai Filippo Ganna? E in effetti un pizzico di mistero resta, Cioni scopre solo parzialmente le carte.

«Quando con Pippo si parla di blocchi, si tratta di sessioni di tre giorni, con in mezzo un giorno di scarico: questa è la nostra struttura standard. Cosa facciamo? Posso dire che non sono mai blocchi uguali, cerchiamo sempre di variare lavori, intensità e durate delle ripetute. Cambiano in base agli obiettivi che si avvicinano».

Si potrebbe pensare che Ganna, passista, che lavora per la Roubaix, divori chilometri di pianura e invece non è così.

«Preferiamo lavorare in salita, tanto più che quando li abbiamo fatti eravamo in Svizzera e lì le strade più tranquille non sono certo in pianura. Abbiamo lavorato tenendo conto che nel carico di lavoro c’erano l’Algarve (prima) e la Tirreno (poi).

«Però abbiamo lavorato anche sulla velocità. Ma questa non l’abbiamo fatta su strada, bensì in pista. Sul parquet Filippo ci è andato poco prima della Tirreno. Ed è stato un terzo blocco se vogliamo, ma di due giorni anziché tre. Anche perché veniva dall’Algarve, come detto, e quindi c’era bisogno di fare un minor volume alle alte intensità».

Verso la Roubaix, dopo queste prime corse in Belgio, Pippo andrà in avanscoperta del pavè (foto Instagram)
Verso la Roubaix, dopo queste prime corse in Belgio, Pippo andrà in avanscoperta del pavè (foto Instagram)

Muri no, pavé sì

E adesso si guarda avanti. Dopo Algarve, blocchi di lavoro, Tirreno, Sanremo si tratta “solo” di recuperare. Anzi, di correre e recuperare, un po’ come ci aveva detto Davide Ballerini qualche giorno fa.

«Il grosso del lavoro ormai è stato fatto – dice Cioni – si tratta di correre e smaltire bene le fatiche. Si faranno solo dei brevi lavori che simulino in parte gli sforzi della Roubaix. Ma una corsa intera non puoi simularla: primo, perché comunque non c’è il pavè. Secondo, perché un allenamento non sarà mai una gara».

Ganna ha preso parte alla E3 Saxo Classic dell’altro ieri, sta correndo oggi la Gand-Wevelgem, poi prenderà parte alla Dwars door Vlaanderen mentre non farà il Fiandre, troppo rischioso e troppo dispendioso. Tra la “Attraverso le Fiandre” e la Roubaix ballano dieci giorni. Ci sarà tempo per un quarto blocco?

«Meglio concentrarsi su qualche sopralluogo tecnico sulle strade della Roubaix – ha chiarito Cioni – ci arriviamo come volevamo, sapendo di aver fatto un buon lavoro. E una cosa è certa: quella prestazione alla Sanremo gli dà morale. Conferma a Filippo che abbiamo lavorato bene. Anche i super campioni hanno bisogno di conferme. Se le conferme sono importanti anche per i coach? L’importante è che le abbiano gli atleti».

Con Ballan, segreti e aneddoti delle Classiche del Nord

01.02.2023
7 min
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Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi. 

«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».

Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord

Le prime esperienze

Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere. 

«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.

«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».

La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan

Tanti fenomeni

I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.

«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.

«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre  va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».

I punti di riferimento

Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.

«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».

«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.

«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».

L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)

Il regno dei belgi

Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.

«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo». 

Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due

La capacità di guida

Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare

«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.

«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano bene e che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».

«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».

Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata

Quanto conta la mente

In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta. 

«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».

«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».

Un viaggio curioso nei pensieri di Ganna

28.01.2023
8 min
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In vacanza dopo il mondiale su pista, Pippo Ganna era sparito dai radar. Il 2022 era iniziato a febbraio con l’Etoile de Besseges e si era chiuso il 14 ottobre con l’oro iridato nell’inseguimento individuale. Nel mezzo 67 giorni di corse su strada, il primo Tour, gli europei della crono a Monaco, i mondiali australiani, il record dell’Ora e l’argento del quartetto ugualmente ai mondiali.

Lo abbiamo ritrovato in Argentina, di buon umore, pronto per ripartire e senza più gli occhiali, spariti dopo l’intervento.

Contento di aver ripreso o si stava meglio in ferie?

Ho fatto 5 settimane e mezza di vacanza quest’anno, alla terza ero già in palestra a fare spinning per sudare, perché non riuscire a sudare non mi dava le endorfine che mi servivano, quindi ero un pochettino arrabbiato (sorride, ndr). Diciamo che siamo una categoria cui manca ogni tanto fare lo sforzo. Ti manca fare la fatica, ne hai bisogno. Magari uno da fuori pensa che sei stupido a essere in vacanza e pensi ad allenarti. Ma se mi vedo con la pancia, non riesco a guardarmi allo specchio, quindi era più uno star bene, mantenere la forma. Poi a casa ho ricominciato con i primi blocchi. Ero in ritiro con il team, facevo fatica in salita, mi staccavano e mi aspettavano in cima. Però non me ne vergogno, non era mica la prima corsa di stagione…

Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Ganna e i bambini: i piccoli tifosi argentini lo hanno cercato ogni giorno
Infatti quella la stai facendo adesso.

Siamo qua e sono felicissimo della scelta. Ho fatto anche il punto con Dario (Cioni, ndr), ero indietro di circa 32 ore rispetto all’anno passato. Ho fatto l’operazione agli occhi che ha inciso. Ho lasciato una buona settimana di allenamento, vorrà dire che entrerò in condizione una settimana dopo, ma non credo che cambierà qualcosa.

Potrebbe essere un problema per gli europei di febbraio?

No, perché quelli sono sforzi brevi e intensi che ormai ho nelle gambe. Qui ho sofferto un po’ le ore, che mi erano mancate in una settimana fra viaggio e qualche problema di stomaco. Però nei giorni scorsi, quando s’è potuto siamo tornati in bici dopo la tappa e abbiamo preso un’altra mezz’oretta in più di allenamento, che è servita e servirà per il per il futuro. Stiamo lavorando bene.

Qual è stato il giorno più bello del 2022?

Eh, quando è finito il Tour (sorride, ndr). Finalmente ero tranquillo, non dovevo più limare, finalmente potevo rilassarmi un attimo. Come debutto è stato pesante, devo essere sincero. E sapendo poi che è stato il Tour più tirato della storia, ho capito perché ero stanco, perché partivo la mattina e sapevo già di avere mal di gambe. Non è stato bello.

Subito gli europei, poi le classiche, il Giro e i mondiali: tutto in sette mesi. Hai un programma già super definito?

Fino a metà stagione sarà una corsa a tappe continua. Questi europei, l’ho detto a Marco (Villa, ndr), li farò per i punti della qualifica olimpica, quindi arriverò su per fare il quartetto, poi tornerò a casa per concentrarmi sulla strada e stare anch’io un attimo più tranquillo. Perché il 14 riparto per l’Algarve e da lì diretto in altura. Poi Tirreno, Sanremo e classiche. Di nuovo altura e Giro. Mi hanno chiesto quanti giorni sia fuori casa, forse faccio prima a dire quanti giorni ci sono (ride, ndr).

Perché ti piace così tanto la pista?

Per la fatica e la sicurezza che puoi avere in pista. Per il gruppo che si è formato. E per l’ambiente che si crea nelle competizioni. Su strada, li vedi passare: schiocco di dita ed è finita la gara. In pista, hai le 3-4 ore dove vivi la gara fino alla fine. Il bello della pista è quello, che riesci a seguire la corsa in ogni minimo particolare. Per quanto anche la televisione possa farti vedere una corsa in linea, ma non è mai come viverla dal vero.

A gusto tuo, è meglio fare quattro ore su strada o quattro ore di lavoro in pista?

Quattro ore su strada. Quattro ore su pista non le consiglio. Le ho fatte, ma non le consiglio (ridacchia, ndr).

Alcuni colleghi, ad esempio Wiggins, hanno vinto le loro Olimpiadi e poi hanno mollato la pista. A te lo hanno consigliato…

Ci sono le Olimpiadi. Poi alla fine, quando vinci le Olimpiadi, sono tutti lì. Facciano quello che vogliono, a me ormai…

Invece il mondiale come lo vedi? Tu in teoria potresti fare una marea di specialità.

In teoria, ma il calendario è troppo fitto e devi fare delle scelte, che probabilmente ricadranno sul quartetto e sulla crono. Forse il calendario del mondiale è fatto così anche per simulare una futura Olimpiade, vediamo come sarà questa formula e le scelte da fare.

La tua ambizione è la stessa in pista e su strada? 

Sì, ogni volta che metto il numero sulla schiena non lo faccio per partecipare e a 10 chilometri dall’arrivo tirare i remi in barca. Lo faccio per esserci fino al finale. In supporto per il team o se ho carta bianca, per fare la mia corsa.

La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
La Vuelta a San Juan per Ganna è stata l’occasione per recuperare ore e fare ritmo
Senti di dover guadagnare un po’ di sicurezza su strada? Ad esempio per la Roubaix?

Più che sicurezza, parlerei di esperienza. Sapere dov’è il miglior momento per attaccare, dov’è il miglior momento per andare avanti. Faremo delle ricognizioni prima della Roubaix, anche per studiare questi aspetti. Tra sfortuna e mille inghippi, devi essere bravo a reagire. Forse l’anno scorso l’ho fatto con un po’ troppa cattiveria, quindi devo essere capace anch’io a stare più tranquillo in certi frangenti e magari risparmiare, perché nel finale torna tutto. Con il team ho la massima libertà, il massimo supporto. Vedremo cosa faremo in avvicinamento anche di questa gara.

Strada e pista sono due mondi diversi oppure comunicanti?

Il mezzo è abbastanza simile, ma sono mondi completamente diversi. Credo la pista sia un po’ più leggera. L’aria che si respira non ha troppi stress, quelli li ha Villa (ride, ndr). Invece su strada è come avere un fucile puntato con un bel tabellone grosso e rosso dietro di te. Quindi appena sbagli qualcosa, sono tutti pronti a puntare il dito.

Qual è la cosa più bella che ti sei portato via dal record dell’Ora?

Forse il calore della gente. Perché non si può dire che sia stata una bella gara, soprattutto negli ultimi 15 minuti. Ricordo il mal di gambe e al sedere. Però potendo rifarla, la farei uguale e forse più forte. So cosa mi aspetta ora. Potrei magari… Non lo so, non ci penso, non voglio pensarci. 

Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
Nella tappa di ieri all’Alto del Colorado, Ganna ha aiutato Bernal poi ha preso per sé il secondo posto
La fatica ha un buon sapore?

Non la fai con piacere, ma perché sai che serve. Non so a chi piaccia far fatica, devi essere un po’ autolesionista. Più di una volta sei a fare i lavori intensi, dove devi essere veramente vicino al limite, senti le gambe che bruciano, il cuore a tutta, il fiato corto e ti viene da rialzarti. Però dici: «No, mi serve. Perché quando sarò in quella situazione in gara e soffrirò allo stesso modo, sarò pronto, sarò là». Se non lo fai in allenamento, in gara molli.

L’ultima, poi ti lasciamo andare: come lo vedi Egan?

Bene da vicino, da lontano faccio ancora un po’ fatica (ride, ndr). Dopo l’intervento agli occhi devo ancora abituarmi a un modo diverso di vedere, in bici devo prenderci la mano, ma ci vedo benissimo. Tornando a Egan, sembra felice. Lo vedo felice, è tornato se stesso un anno dopo.

Sonny cambia pelle tra ammiraglia e politica

23.01.2023
5 min
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CAMPAGNOLA – Le immagini scorrono sul maxi schermo del salone delle cerimonie del bocciodromo di Campagnola Emilia. Sono quelle finali della Roubaix 2021. Sonny Colbrelli è sul palco a ricevere il premio “Bici al chiodo” e riguarda la sua impresa. Un pittore gli regala un dipinto a mano che lo immortala mentre sta per alzare al cielo la sua Merida Reacto prima di lasciarsi andare a quell’urlo liberatorio dopo il traguardo che emoziona ancora.

Il riconoscimento ricevuto nella bassa reggiana è forzato, perché lo stesso ritiro di Colbrelli è stato forzato. Sua moglie Adelina ci dice però che adesso Sonny è meno a casa di quando correva. Alla fine lei ci è abituata. E’ felice perché sa che gli impegni che ora ha suo marito lo aiutano a non pensare al passato. Intanto lui si presta per chiacchiere, autografi e foto ammirando le sue ex maglie di Zalf, Bardiani e Bahrain Victorious. Ci prendiamo quindi da parte in un angolo Sonny e gli chiediamo come sta vivendo la sua nuova carriera.

Il nuovo ruolo di Sonny. In ammiraglia per dare un punto di vista in più ai suoi ex compagni
Il nuovo ruolo di Sonny. In ammiraglia per dare un punto di vista in più ai suoi ex compagni
Stai metabolizzando questa “bici al chiodo”?

No, è ancora difficile. Ho fatto due raduni a Calpe con la squadra e fa sempre male vedere i miei ex compagni in bici, mentre tu sei in ammiraglia. Oppure come adesso che sono ripartite le gare. Vedo le volate e chiudo gli occhi per risentire un po’ di adrenalina. Devo riuscirci pian piano e credo tuttavia che ci stia riuscendo.

Che effetto ti ha fatto essere in giro con la tua squadra non più da corridore?

E’ stranissimo. Prima arrivavo in ritiro sapendo che avrei preparato la stagione. Controllavo la nuova bici, il nuovo vestiario. Appendevo la maglia all’armadio della camera per il giorno dopo. E ne parlavo col mio compagno di stanza che solitamente era o Caruso o Mohoric. Ora invece sono in camera da solo, situazione che mi è capitata molto raramente in carriera. Adesso mi sveglio sapendo di salire in ammiraglia e sapendo che non farò più sei ore in bici. Un po’ di malinconia viene, ma poi passa.

Colbrelli sarà in corsa alle regionali politiche della Lombardia
Colbrelli sarà in corsa alle regionali politiche della Lombardia
Quando correvi ti era mai successo di pensare al tuo post carriera?

Alcune volte sì, perché un corridore bene o male sa che non durerà per sempre. Però negli ultimi anni quando andavo forte, specie nel 2021, pensavo solo a migliorare sempre di più. E quindi il fine carriera lo rimandi per forza di cose.

In cosa pensi di essere forte nel ruolo che hai adesso?

Penso di esserlo di testa o quanto meno nel senso tattico. Penso di poter dare buoni consigli o buon supporto ai ragazzi. Dopo un anno a guardare le corse in televisione o da fuori, ora vedo le cose in un’altra maniera. Rispetto a quando ero in gruppo, adesso vedo come si muove una squadra o determinati corridori.

L’urlo di Sonny. Il dipinto ricevuto da Colbrelli a Campagnola Emilia
L’urlo di Sonny. Il dipinto ricevuto da Colbrelli a Campagnola Emilia
Dal dietro le quinte, ci sono degli aspetti che prima non notavi?

Sapevo già prima del grande lavoro che faceva il nostro personale, ma forse non me ne rendevo conto totalmente. Adesso però essendo molto più insieme a loro, faccio caso a tanti altri dettagli. Vedo come lavorano i meccanici, i preparatori, i diesse. Vedo come preparano i corridori al cento per cento. Una volta di più bisogna fare i complimenti a queste persone.

Sonny Colbrelli ha pensato che potrebbe dover bacchettare i suoi ex compagni?

Fino a ieri ero con loro in camera ed oggi prendere in mano la radio per dargli degli ordini mi fa sentire a disagio. E’ un altro aspetto che mi fa strano. Infatti per questo al momento non ho intenzione di diventare diesse. Ci voglio provare, ma bisogna essere pronti, preparati e consapevoli. Ad oggi io non lo sono, ci vuole del tempo. Lo vedrò dopo che sarò stato alle prossime gare.

Colbrelli e Belletti premiati a Campagnola Emilia. Assieme alla Bardiani nel biennio 2010/11 quando Sonny era stagista
Colbrelli e Belletti premiati a Campagnola Emilia. Assieme alla Bardiani nel biennio 2010/11 quando Sonny era stagista
Sarai impegnato anche a livello politico. Questa nuova avventura a quale gara può essere paragonata?

Sarà una corsa durissima. Ho già visto gli altri candidati che hanno già iniziato la loro campagna elettorale. Io invece non ho fatto ancora nulla, anche se manca poco e dovrò cominciare. Parliamoci chiaro, io con la politica c’entro poco. Certo, devo studiare ed ascoltare le persone, ma come ho sempre detto, voglio solo portare lo sport nel mio programma. O meglio, la sicurezza per la nostra categoria. Non si può morire in bicicletta.

Che cosa intendi?

L’Italia è il primo Paese al mondo per questo tipo di morti e dobbiamo invertire la tendenza. Voglio parlare ai giovani perché sono loro il nostro futuro. Sono loro che guideranno un’auto. Cambiare la mentalità della gente è molto difficile, più di vincere una Roubaix. Penso e spero di poter portare un buon segnale.

Tafi a Ballerini: la Roubaix si vince così…

13.01.2023
6 min
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«E’ arrivata l’ora di puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello: la Roubaix. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».

Con questo destino scritto nel nome, Davide Ballerini ha iniziato la settima stagione fra i professionisti. E come accade ogni volta che ci soffermiamo sullo strano incrocio, il ricordo di Franco torna a galla. Questa volta abbiamo bussato alla porta di Tafi, amico e anche rivale.

Ottobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con Alaphilippe
Ottobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con Alaphilippe

Il San Baronto nel mezzo

I due vivevano sulle pendici opposte del San Baronto: Casalguidi per Franco, Lamporecchio per Andrea. Quel monte è un confine naturale, con i campanilismi ciclistici contrapposti capaci di scatenare vere e proprie contese. Gli ultimi alfieri sono stati forse Visconti e Nibali, ma questa è un’altra storia.

Ballerini e Tafi furono compagni di squadra alla Mapei, in tante campagne del Nord e anche nelle due Roubaix vinte dal Ballero. Nel 1995, Tafi chiuse in 14ª posizione. Nel 1998 fu secondo, mentre terzo si piazzò Peeters, anche lui della Mapei e oggi direttore sportivo di Ballerini (foto di apertura).

Quando poi Ballerini lasciò la Mapei, fu la volta di Tafi che nel 1999 vinse la Roubaix. Mentre nel 2002, l’anno dopo il ritiro di Franco, vinse il Fiandre.

I due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in Germania
I due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in Germania
Tafi dà consigli a Ballerini su come vincere la Roubaix… Non ti sembra un po’ strano?

Abbastanza (ridacchia, ndr). Però fa tornare un po’ indietro negli anni, quando era Franco che dava consigli a me. E’ un modo strano per ricordare un grandissimo amico, con cui davvero ho condiviso periodi indimenticabili, in cui ci osservavamo l’un l’altro per capire come stessimo lavorando.

Perché la Roubaix, come forse solo la Sanremo, si attacca così tanto al cuore di certi corridori?

La Roubaix è la corsa di un giorno più bella e più impegnativa al mondo. Con tutto quello che si può dire sui sassi e il fatto che è fuori dal tempo, è la più bella. Anche Bettiol quest’anno vuole puntarci. Ha corso su quelle strade al Tour ed è tornato innamorato. Non è per tutti, servono attitudine, motivazione e voglia. Però poi è la corsa che ti può dare il timbro di campione. Se vinci la Roubaix o il Fiandre entri a far parte di un circolo piuttosto esclusivo.

Aprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresa
Aprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresa
Ballerini ha 28 anni, quanta esperienza serve per poterla vincere?

Fino allo scorso anno, avrei risposto in un modo. Poi però è arrivato Sonny Colbrelli che l’ha vinta al primo tentativo. Il ciclismo è cambiato moltissimo, sembra che gli anni passati dai miei tempi siano pochi, ma sono venti ed è cambiato il mondo. Noi parlavamo di esperienze da fare, oggi arrivano e sono subito pronti. Poi magari non dureranno allo stesso modo, ma io ho vinto il primo Monumento a 30 anni, il Lombardia. Evenepoel ha vinto la Liegi a 22, poi anche la Vuelta e il mondiale. Magari a 30 anni avrà già detto tutto, chi lo sa?! Per questo credo che anche Ballerini ormai sia pronto per puntare in alto.

Come te e Franco, avrà una bella concorrenza interna, che non è banale…

Non è affatto banale. La Mapei di allora che poi diventò Quick Step ha avuto dall’inizio la forte impronta per le classiche e grandi campioni per vincerle. Però a volte la concorrenza è meglio averla in casa che fuori, perché sai quale tattica faranno quei tuoi compagni così forti, che poi in corsa potrebbero diventare avversari.

La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)
La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)
Come si fa a essere corretti e anticipare gli altri?

La prima cosa che dovrà fare Ballerini sarà farsi trovare pronto. E poi serve programmazione, la Roubaix non si improvvisa in 15 giorni. Devi prepararla e analizzarla con tutta la squadra.

Ci ha raccontato che l’anno scorso ha bucato due volte nella Foresta: la fortuna è così predominante?

La fortuna incide con una percentuale molto alta, ma alcune volte dipende dalle situazioni. Dal meteo, perché se c’è acqua non vedi bene le buche. Si fora perché magari prendi la traiettoria sbagliata e impatti male con le pietre, ma a volte sei costretto a farlo. Quando sei in gruppo, come nell’Arenberg, non hai troppa libertà di cambiare direzione. Certo due forature nella Foresta magari dicono anche altro.

Ballerini, doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Ad esempio?

La prima può succedere per quello che ci siamo detti. La seconda potrebbe dipendere da errori dati dal nervosismo e dall’ansia di recuperare. Se buchi due volte lì dentro, sei spacciato.

Un italiano in un team belga ha gli stessi spazi?

E’ chiaro che a parità di valore, la squadra potrebbe preferire il corridore belga. Però Lefevere è un grande professionista e sa quello che deve fare: chi ha la condizione migliore ha un occhio di riguardo e la protezione di quel gruppo così forte.

Si parlava di amore per la Roubaix e proprio tu nel 2018 hai provato a correrla di nuovo 13 anni dopo il ritiro. Perché?

Nel profondo c’era il richiamo della Roubaix. Insieme era anche il modo di fare capire quanto sia cambiato il ciclismo, a partire dalle bici. Proprio le forature rispetto a una volta sono un’altra cosa. Adesso per un po’ puoi continuare, prima ti fermavi sul ciglio e aspettavi l’ammiraglia. Se era fra le prime, forse ti salvavi, altrimenti addio. Sarebbe stato bello far vedere che la fine della carriera non è la fine del ciclismo, ma si può continuare a praticarlo stando bene fino ai 50 anni e anche oltre. E lo avrei dimostrato nella corsa che ho più amato.

Si va avanti ancora a lungo, ne faremo un altro articolo: promesso. Si parla intanto del Borghetto Andrea Tafi che si è ripreso dopo le chiusure per la pandemia. Delle tre ore in bici fatte ieri all’ora di pranzo, quando c’è più caldo. Di Bettiol, cui darà altrettanti consigli e anche qualcosa di più, essendo il compagno di sua figlia Greta. E di sicurezza stradale. I campioni di prima avevano il gusto di approfondire e raramente i loro addetti stampa usavano la clessidra.

Vogliamo risentire presto l’urlo di Ballerini

09.01.2023
6 min
Salva

Alla fine dell’anno scade il contratto e a settembre Ballerini compirà 29 anni. Il tempo passa, le vittorie sono arrivate, ma i sogni restano più in alto. Il suo è legato indirettamente e involontariamente al cognome che porta, quasi un’eredità ineluttabile.

«E’ arrivata l’ora di puntare in alto – dice Davide con una punta di nostalgia – sono quasi vecchio. Durante la presentazione guardavo le date di nascita degli altri ragazzi e ti rendi conto che gli anni volano. Allora bisogna puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».

Davide Ballerini è nato il 21 settembre 1994 a Cantù. E’ alto 1,83 per 77 chili
Davide Ballerini è nato il 21 settembre 1994 a Cantù. E’ alto 1,83 per 77 chili

La legge di Lefevere

La Soudal-Quick Step in lui ha fiducia, ma lo sapete com’è fatto Lefevere. Arriva sempre il momento in cui tira la riga e si mette a far di conto. E la sensazione, parlandone con Ballerini è che il primo a sentirsi poco soddisfatto sia proprio lui. Tanto più che andare a giocarsi le classiche del Nord in una squadra come la Soudal-Quick Step significa sottoporsi più o meno indirettamente a certi trials.

«Andare su con questa squadra – conferma – è importante. Partiamo in 8 e, di questi, almeno 6-7 si possono giocare la vittoria. Non è facile. Vista dall’esterno, capisco tanta gente che dice: “Eh, ma lì non puoi giocarti le tue carte quando vuoi”. Non è vero, bisogna saper sfruttare l’attimo. Bisogna essere in forma e ovviamente quando sei in forma la squadra lo vede e fa la gara per te».

Omloop Het Nieuwsblad 2021: Alaphilippe e Stybar lavorano per Ballerini. Arriva così la vittoria in volata
Omloop Het Nieuwsblad 2021: Alaphilippe e Stybar lavorano per Ballerini. Arriva così la vittoria in volata
E’ legge uguale per tutti?

La Omloop Het Nieuwsblad del 2021 l’ho vinta perché la squadra ha fatto la gara per me. Sapevano che ero in condizione, io sapevo di star bene ed ero convinto di vincerla. A 20 chilometri dalla fine ci siamo messi d’accordo tutti quanti. Io stavo bene e si è deciso di fare la gara per Ballero: per questo siamo arrivati in volata ed è andata bene. Non sempre quando sei consapevole di poter vincere una gara la vinci. Però le possibilità te le danno anche qua. Questo è poco ma sicuro. E poi c’è un’altra cosa molto importante…

Qual è?

Noi cerchiamo di arrivare al top della condizione in blocco. Quindi siamo tutti e otto competitivi. Da Tim Declercq che tira dal primo chilometro e anche gli altri che fanno i lavori che non si vedono durante la gara. Quindi sta all’onestà del corridore mettersi a disposizione se sa di non essere al 100 per cento. Come ho fatto io all’Amstel l’anno scorso. Sapevo che era la mia prima gara dopo i problemi con l’influenza e mi sono messo a disposizione. Ho fatto il mio lavoro e questo è molto importante.

Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Siete davvero un gruppo di amici?

Tutti quelli che corrono insieme a me li considero miei amici. Correndo insieme ai belgi, leghi molto di più. Abbiamo un feeling diverso e più tempo stiamo insieme, più il Wolfpack prende forma. Anche tutti questi ritiri servono a cementare la squadra. Dopo l’inizio di stagione, andrò ancora con la squadra per preparare le classiche. Ci saranno quei 5-6 che sanno di fare quasi tutte le classiche, quindi potevo andare in ritiro anche dove volevo io, ma ho preferito restare con loro. E’ molto importante fare gruppo.

Hai parlato del rientro all’Amstel dopo l’influenza: che cosa ti è successo nel 2022?

Sono stato spesso male. Ho iniziato al Saudi Tour e ho preso il Covid. Vabbè, può capitare. Sono andato in ritiro e ho fatto 20 giorni di clausura sul Teide. Sono tornato, ho fatto la Tirreno e subito dopo mi sono ammalato per la prima volta. Ho deciso di saltare la Sanremo e ho fatto Harelbeke. Sembrava che stessi bene, invece dopo due giorni sono ricaduto e ancora adesso non so perché. Magari non avevo recuperato bene, ho accelerato i tempi per le classiche e da lì sono rimasto fuori fino all’Amstel. Ci sono andato per mettere un po’ di ritmo nelle gambe. Ho lavorato per gli altri, la gamba c’era. La Roubaix infatti è iniziata bene, benissimo direi.

Dopo aver partecipato ai mondiali strada di Wollongong, eccolo a Cittadella in quelli gravel
Dopo aver partecipato ai mondiali strada di Wollongong, eccolo a Cittadella in quelli gravel
Racconta…

Sono riuscito a entrare nella fuga buona, ero nel momento giusto al posto giusto. Invece ho bucato nel punto peggiore, a metà della Foresta. Ho bucato due ruote, ho dovuto cambiarle, poi è stato tutto un rotolamento verso il basso. Diciamo così…

Dopo un’annata così storta, l’inverno è più carico di attese?

Di sicuro sono consapevole che i mezzi per far bene li ho. Devo solo credere un po’ più in me stesso. D’inverno si mette una grandissima base per quanto riguarda la stagione. Bisogna lavorare bene e non strafare. Io vado spesso in condizione velocemente. Quindi, dato che i miei obiettivi sono le classiche e non l’inizio stagione, dovrò cercare di andar forte più avanti. Anche perché se ci si arriva con una condizione che non è al 100 per cento, non è facile migliorare e tantomeno recuperare. Ogni tre giorni c’è una gara, bisogna gestire bene il calendario… 

Che vuol dire essere 100 per cento alle classiche?

Vuol dire se non sei almeno al 100 per cento, se ci arrivi che sei al 90, prendi il via nella prima gara, diciamo Harelbeke, e già non recuperi bene. Essere al 100 per cento vuol dire anche recuperare perfettamente quello che spendi durante ogni gara. E non è facile farlo durante queste classiche, perché il dispendio di energie è veramente impressionante. Soprattutto ultimamente, le gare di un giorno stanno diventando una cosa folle. Andiamo sempre più forte. La fuga va via, ma magari dopo un’ora e mezza. Il livello del gruppo si è alzato.

La Bernocchi è stata la penultima corsa del 2022 e anche la 2ª vittoria di stagione
La Bernocchi è stata la penultima corsa del 2022 e anche la 2ª vittoria di stagione
Da cosa si capisce?

Mi è capitato di vedere il Lombardia in televisione e sul Ghisallo sono rimasti 40 corridori. Sentivo certi telecronisti dire che non stavano andando forte, quando invece non c’erano differenze perché andavano tutti forte. Il livello medio si è alzato moltissimo e per questo bisogna fare tutto al 110 per cento. Se alle classiche arrivi con la condizione ottimale, riesci a mantenere e recuperare. Se invece non sei al top, dipende da quello che ti manca. Se manca un po’ di ritmo, fai una classica e lo trovi.

Dopo le classiche farai il Giro?

Tirerò una riga dopo la Roubaix e decideremo con la squadra. Sono nella rosa dei 10 e il Giro è sempre fantastico. Mi metterò a disposizione della squadra, soprattutto con uno come Remco, che ha dimostrato di saper fare delle belle cose. E’ cresciuto molto mentalmente e crescerà ancora. Sì, ce la metterò tutta per partecipare al Giro.