Alla fine dell’anno scade il contratto e a settembre Ballerini compirà 29 anni. Il tempo passa, le vittorie sono arrivate, ma i sogni restano più in alto. Il suo è legato indirettamente e involontariamente al cognome che porta, quasi un’eredità ineluttabile.
«E’ arrivata l’ora di puntare in alto – dice Davide con una punta di nostalgia – sono quasi vecchio. Durante la presentazione guardavo le date di nascita degli altri ragazzi e ti rendi conto che gli anni volano. Allora bisogna puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».
La legge di Lefevere
La Soudal-Quick Step in lui ha fiducia, ma lo sapete com’è fatto Lefevere. Arriva sempre il momento in cui tira la riga e si mette a far di conto. E la sensazione, parlandone con Ballerini è che il primo a sentirsi poco soddisfatto sia proprio lui. Tanto più che andare a giocarsi le classiche del Nord in una squadra come la Soudal-Quick Step significa sottoporsi più o meno indirettamente a certi trials.
«Andare su con questa squadra – conferma – è importante. Partiamo in 8 e, di questi, almeno 6-7 si possono giocare la vittoria. Non è facile. Vista dall’esterno, capisco tanta gente che dice: “Eh, ma lì non puoi giocarti le tue carte quando vuoi”. Non è vero, bisogna saper sfruttare l’attimo. Bisogna essere in forma e ovviamente quando sei in forma la squadra lo vede e fa la gara per te».
E’ legge uguale per tutti?
La Omloop Het Nieuwsblad del 2021 l’ho vinta perché la squadra ha fatto la gara per me. Sapevano che ero in condizione, io sapevo di star bene ed ero convinto di vincerla. A 20 chilometri dalla fine ci siamo messi d’accordo tutti quanti. Io stavo bene e si è deciso di fare la gara per Ballero: per questo siamo arrivati in volata ed è andata bene. Non sempre quando sei consapevole di poter vincere una gara la vinci. Però le possibilità te le danno anche qua. Questo è poco ma sicuro. E poi c’è un’altra cosa molto importante…
Qual è?
Noi cerchiamo di arrivare al top della condizione in blocco. Quindi siamo tutti e otto competitivi. Da Tim Declercq che tira dal primo chilometro e anche gli altri che fanno i lavori che non si vedono durante la gara. Quindi sta all’onestà del corridore mettersi a disposizione se sa di non essere al 100 per cento. Come ho fatto io all’Amstel l’anno scorso. Sapevo che era la mia prima gara dopo i problemi con l’influenza e mi sono messo a disposizione. Ho fatto il mio lavoro e questo è molto importante.
Siete davvero un gruppo di amici?
Tutti quelli che corrono insieme a me li considero miei amici. Correndo insieme ai belgi, leghi molto di più. Abbiamo un feeling diverso e più tempo stiamo insieme, più il Wolfpack prende forma. Anche tutti questi ritiri servono a cementare la squadra. Dopo l’inizio di stagione, andrò ancora con la squadra per preparare le classiche. Ci saranno quei 5-6 che sanno di fare quasi tutte le classiche, quindi potevo andare in ritiro anche dove volevo io, ma ho preferito restare con loro. E’ molto importante fare gruppo.
Hai parlato del rientro all’Amstel dopo l’influenza: che cosa ti è successo nel 2022?
Sono stato spesso male. Ho iniziato al Saudi Tour e ho preso il Covid. Vabbè, può capitare. Sono andato in ritiro e ho fatto 20 giorni di clausura sul Teide. Sono tornato, ho fatto la Tirreno e subito dopo mi sono ammalato per la prima volta. Ho deciso di saltare la Sanremo e ho fatto Harelbeke. Sembrava che stessi bene, invece dopo due giorni sono ricaduto e ancora adesso non so perché. Magari non avevo recuperato bene, ho accelerato i tempi per le classiche e da lì sono rimasto fuori fino all’Amstel. Ci sono andato per mettere un po’ di ritmo nelle gambe. Ho lavorato per gli altri, la gamba c’era. La Roubaix infatti è iniziata bene, benissimo direi.
Racconta…
Sono riuscito a entrare nella fuga buona, ero nel momento giusto al posto giusto. Invece ho bucato nel punto peggiore, a metà della Foresta. Ho bucato due ruote, ho dovuto cambiarle, poi è stato tutto un rotolamento verso il basso. Diciamo così…
Dopo un’annata così storta, l’inverno è più carico di attese?
Di sicuro sono consapevole che i mezzi per far bene li ho. Devo solo credere un po’ più in me stesso. D’inverno si mette una grandissima base per quanto riguarda la stagione. Bisogna lavorare bene e non strafare. Io vado spesso in condizione velocemente. Quindi, dato che i miei obiettivi sono le classiche e non l’inizio stagione, dovrò cercare di andar forte più avanti. Anche perché se ci si arriva con una condizione che non è al 100 per cento, non è facile migliorare e tantomeno recuperare. Ogni tre giorni c’è una gara, bisogna gestire bene il calendario…
Che vuol dire essere 100 per cento alle classiche?
Vuol dire se non sei almeno al 100 per cento, se ci arrivi che sei al 90, prendi il via nella prima gara, diciamo Harelbeke, e già non recuperi bene. Essere al 100 per cento vuol dire anche recuperare perfettamente quello che spendi durante ogni gara. E non è facile farlo durante queste classiche, perché il dispendio di energie è veramente impressionante. Soprattutto ultimamente, le gare di un giorno stanno diventando una cosa folle. Andiamo sempre più forte. La fuga va via, ma magari dopo un’ora e mezza. Il livello del gruppo si è alzato.
Da cosa si capisce?
Mi è capitato di vedere il Lombardia in televisione e sul Ghisallo sono rimasti 40 corridori. Sentivo certi telecronisti dire che non stavano andando forte, quando invece non c’erano differenze perché andavano tutti forte. Il livello medio si è alzato moltissimo e per questo bisogna fare tutto al 110 per cento. Se alle classiche arrivi con la condizione ottimale, riesci a mantenere e recuperare. Se invece non sei al top, dipende da quello che ti manca. Se manca un po’ di ritmo, fai una classica e lo trovi.
Dopo le classiche farai il Giro?
Tirerò una riga dopo la Roubaix e decideremo con la squadra. Sono nella rosa dei 10 e il Giro è sempre fantastico. Mi metterò a disposizione della squadra, soprattutto con uno come Remco, che ha dimostrato di saper fare delle belle cose. E’ cresciuto molto mentalmente e crescerà ancora. Sì, ce la metterò tutta per partecipare al Giro.