Alaphilippe, il giorno dopo: il figlio e la morte del padre

29.09.2021
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«Farei vacanze più lunghe – diceva Alaphilippe – mi piace accontentare tutti, ma questa volta vorrei più tempo per me, perché ti rendi conto che un anno passa in fretta. Soprattutto, vorrei essere come prima. Ma quando hai la maglia, non è facile. Il telefono squilla sempre. Fin dal primo ritiro le richieste sono tante. Eppure, con questa pandemia, molti obblighi sono caduti nel dimenticatoio. Quello che mi ha reso più orgoglioso è aver dato felicità alle persone, ma questo mi ha tolto molta energia. Quindi se Van Aert o qualcun altro vince, gli dirò: divertiti! Divertiti!».

Al via del mondiale da Anversa, parlava già al passato come se avesse perso la maglia
Al via del mondiale da Anversa, parlava già al passato come se avesse perso la maglia

Ancora incredulo

Con queste parole alla vigilia del mondiale, Julian Alaphilippe rispondeva alla domanda su cosa avrebbe fatto qualora avesse rivinto il mondiale. E ora che la profezia si è avverata e che tutto ricomincia da capo, dal telefono che squilla alle richieste di media e sponsor, che cosa sta facendo il campione del mondo?

«Ancora non me ne rendo conto – ha detto a L’Equipeho letto i giornali il lunedì mattina ho pianto. La fatica, l’emozione. Questo sogno l’ho tenuto nella parte posteriore della mia testa, ero quasi sollevato di lasciare la maglia. Questo è molto strano…».

Maledizione ed errori

Che la maglia iridata sia un peso lo aveva detto subito, nella conferenza stampa dopo la vittoria. Eppure rendersi conto che perderla sarebbe stato quasi un sollievo lo ha sconcertato. Quasi avesse a suo modo dato una definizione della celebre maledizione della maglia iridata.

«Ho fatto di tutto – dice – per vincere. Per me e per i miei compagni, ma se l’avessi persa sarebbe stato più un sollievo che una delusione. Per un anno sono stato così desideroso di onorarla in ogni gara, che ho aggiunto pressione a me stesso, inconsciamente. E questo mi ha fatto commettere piccoli errori. Sono convinto che quella stessa tappa del Tour of Britain (persa da Van Aert a Great Orme, ndr) senza la maglia l’avrei sicuramente vinta. Ci ho pensato, ho analizzato i miei errori, le mie sconfitte».

Van Aert scricchiolava

E intanto, come nel frullare dei pensieri, la ricostruzione della corsa si intreccia con la nuova quotidianità. E il pensiero torna a quel primo scatto, seguito subito da Colbrelli, ma non da Van Aert.

«Mi ero accorto che Van Aert non sembrava brillantissimo – dice – ma non ho voluto crederci subito. Voleva fare lui il ritmo, voleva attutire gli attacchi e sul primo scatto non è rientrato così facilmente. In quel momento tutti avevano le gambe doloranti, ma io dovevo attaccare. E mi sono davvero divertito, ho corso d’istinto come quando non indossavo la maglia iridata. Non ho corso come se fosse un mondiale, dove aspetti fino all’ultimo momento. Non era il mio ruolo, volevo attaccare, provare, renderlo più duro possibile in modo che Senechal arrivasse bene allo sprint. Ma quando ho visto che eravamo agli ultimi due giri, ci ho creduto sempre di più».

Il limite del dolore

Che cosa passa per la testa di un uomo che si spinge oltre il limite del dolore? E quelle smorfie in favore di telecamera sono l’insegnamento di Voeckler (celebre per le sue facce) oppure il segno del limite alle porte?

«In quel momento ero vicino al punto di rottura, è terribile, ma è così che costruiamo le grandi vittorie. Avevo già attaccato più volte, ma nell’ultima ho messo tutto. Ho affrontato le curve il più velocemente possibile, ho cercato di prendere velocità ad ogni ripartenza, ero concentrato per essere il più efficiente, ma mi facevano male le gambe. Queste sono gare in cui deve piacere farti del male, devi essere un po’ masochista. Ho avuto dubbi fino agli ultimi due chilometri, sapevo che non erano lontani. Ma non mi sono fatto domande, ero concentrato sul mio sforzo. Ho pensato molto al mio bambino, mi ha dato molta forza ed è stato un grande momento. E’ stata un’emozione completamente diversa dall’anno scorso».

Il figlio Nino è nato il 14 giugno ed è diventato la sua ispirazione (foto Instagram)
Il figlio Nino è nato il 14 giugno ed è diventato la sua ispirazione (foto Instagram)

Le prove della vita

Il discorso si fa intimo. Questa volta la nascita del figlio, l’anno scorso la morte del padre dopo una lunga malattia. Quasi che la vita si diverta a metterlo alla prova e lui risponda ogni volta con la bici: il suo vero modo di comunicare.

«Io sono così, non mi piace parlare della mia vita privata – ammette – ma ha spesso scandito la mia carriera, con tanti alti e bassi. Ho sempre saputo riprendermi, mi sono temprato, ho sempre avuto questa rabbia dentro. Farmi male sulla bici per dare il meglio di me. La rabbia l’anno scorso l’ho presa dalla tristezza e forse quest’anno l’ho presa dalla gioia. Devi saper usare tutto questo. Avevo fame, ero motivato, ero pronto».

Evenepoel sfruttato male. Parsani la pensa come Gilbert

29.09.2021
4 min
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Serge Parsani di Belgio e di corse se ne intende. Per tanti anni è stato il diesse di grandi squadre, tra cui la mitica Mapei, fino alla Wilier Triestina di Citracca. Con lui analizziamo alcuni aspetti tattici di questo mondiale ancora effervescente.

In particolare lo chiamiamo a rispondere a Philippe Gilbert il quale ha criticato con la stampa Belga la gestione tattica dei suoi connazionali e l’utilizzo di Remco Evenepoel, che in pratica secondo lui, è stato il gregario di tutti. E a rincarare la dose ci ha pensato il giorno dopo anche Patrick Lefevere. Il team manager della Deceuninck-Quick Step ha detto: «Remco ha lavorato bene… per Alaphilippe».

Serge Parsani (69 anni) dopo un buon passato da pro’ è stato per quasi 30 anni sull’ammiraglia
Serge Parsani (69 anni) dopo un buon passato da pro’ è stato per quasi 30 anni sull’ammiraglia
Serge, come giudichi la tattica belga?

Io non so cosa avessero preventivato. Ma far muovere a 180 chilometri dall’arrivo uno come Remco è un suicidio. In un finale del genere che non è durissimo più compagni hai e meglio è. Specie un corridore come lui. E’ proprio quello che è mancato al Belgio. 

Però il suo attacco ha fiaccato molte squadre…

Ha lavorato da lontano okay, ma per cosa? Sì, ha eliminato Sagan e altri corridori simili… Sarebbe stato molto più utile che quell’azione l’avesse promossa negli ultimi 50-60 chilometri. La sua azione è stata più di disturbo che altro. E non ha creato un reale aiuto alla squadra.

Però non era uno dei leader designati…

Evenepoel non è un corridore qualsiasi. E’ comunque un leader e cosa ti muovi a fare? Doveva scattare più tardi e giocarsi il mondiale. Anche perché quando è andato via non è scappato con i più forti e poi tirava sempre lui. Insomma, io non mi sarei mosso così. Dici le radioline non servono? Servono eccome. Se fossi stato il cittì del Belgio lo avrei fermato subito. Anche perché cosa sarebbe successo? Al massimo avrebbero tirato altre nazionali per rincorrere i francesi e uno come lui poteva aspettare. Poi è anche vero che è facile parlare a posteriori però… resta il però.

Remco ha tirato per tantissimi chilometri in due fasi ben distinte della gara iridata
Remco ha tirato per tantissimi chilometri in due fasi ben distinte della gara iridata
Quindi tu lo vedevi leader? 

E’ un giovane forte e il finale era adatto alle sue caratteristiche. Correva a casa sua. E’ stato osannato e criticato. E’ stato gestito male in ogni senso, dovevano farlo stare più tranquillo. Bisognava parlarci e fargli fare un’azione che non penalizzasse Van Aert ma con la quale potesse cercare il risultato per sé stesso. E magari avrebbe davvero lavorato per il team così facendo.

Magari proprio perché è stato al centro di tante polemiche sul fatto che avrebbe corso per sé stesso, Remco ha voluto mostrare che poteva essere un uomo squadra ed è sconfinato in un eccesso di zelo…

La Deceuninck aveva non so quanti corridori in gara (17, era il team più rappresentato, ndr) e a quel punto doveva cercare alleanze con un Honorè, uno Stybar, un Senechal

Ma Senechal era uomo di Alaphilippe…

Okay, certo lui no, ma nel finale un corridore in più, al Belgio faceva comodo. Si sa come vanno certe cose. Ragazzi, un uomo che scatta da solo a 17 chilometri dall’arrivo non si lascia andare via. C’erano quei quattro a bagnomaria e dietro giravano senza convinzione. Gli unici che potevano stare a ruota erano i francesi.

Van Aert e gli altri hanno detto che non avevano abbastanza gambe per chiudere su Alaphilippe…

Non sono del tutto d’accordo. Colbrelli quando ha forzato gli ha mangiato 15” e se quello sforzo lo avessero fatto altri due o tre corridori sarebbero andati a chiudere. Okay, Julian ha fatto uno scatto che mi ha ricordato Saronni a Goodwood, però si poteva rientrare collaborando.

Le alleanze trasversali sono sempre attuali secondo Parsani. Qui l’abbraccio tra Stybar e Alaphilippe (compagni in Deceunink) a fine gara
Le alleanze trasversali sono sempre attuali secondo Parsani. Qui l’abbraccio tra Stybar e Alaphilippe (compagni in Deceunink) a fine gara
Gilbert ha ragione, insomma?

Sì! Io non capisco perché un ragazzino come Remco sia stato caricato di così troppe responsabilità. Solo perché sembrava che Van Aert avesse una marcia in più. 


Eppure i belgi erano “soddisfatti” della loro tattica: erano arrivati nel finale con chi volevano loro davanti: Stuyven e Van Aert…

Io il ragazzino, ripeto, lo avrei lasciato libero. Magari non gli avrei dato il completo appoggio della squadra nelle prime fasi della corsa, ma lo avrei tenuto più tranquillo.

Carta bianca a Remco: non ti sembra “pericoloso” pensando ai piani prestabiliti dalla squadra?

Ma se fa la sua corsa non disturba nessuno. Purtroppo la verità è che per me Remco ha paura di stare in gruppo. E in qualche modo cerca di “scappare”. E dovrà aspettare ancora un po’ prima di diventare un grandissimo. Deve imparare a stare davanti e a lottare nelle prime posizioni. Questo è il suo tallone d’Achille. Se guardate sta sempre all’esterno del gruppo o ha qualcuno che lo porta avanti. Non ha ancora una super dimestichezza con la bici. E in una gara importate come quella iridata stare davanti può fare la differenza. Ci sono state tante cadute e il top era stare nelle prime trenta posizioni… ma coperti.

Guazzini: «Io emozionata a Leuven? Sono una fan di Elisa»

29.09.2021
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Vittoria Guazzini non è certo un ragazza che nasconde le sue emozioni. Già prima di finire la sua gara, sull’arrivo di Leuven, era tra le più gasate per la vittoria di Elisa Balsamo. La “Guazz” e la Balsamo sono compagne di squadra alla Valcar e non solo in nazionale, ma il loro legame ha radici più profonde. Sono stati tanti i ritiri isieme, già nelle categorie giovanili, le gare fianco a fianco su strada e in pista (soprattutto nella Madison) che neanche la stessa Guazzini ricorda il momento preciso del loro primo incontro.

E poi se si scorre il suo profilo Instagram spesso c’è una foto o un post che inneggiano proprio alla Balsamo che vince qualche corsa.

Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini, europei pista, madison, 2020
Una scena che si è vista spesso in pista: le due amiche si abbracciano dopo una Madison
Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini, europei pista, madison, 2020
Una scena che si è vista spesso in pista: le due amiche si abbracciano dopo una Madison
E’ così Vittoria, un legame forte? 

Con Elisa ho un bel rapporto, siamo in squadra insieme ed è più di una compagna. E’ un’amica. Questa maglia se la meritava e col senno del poi posso dire che non avevo neanche troppi dubbi che ce la potesse fare. E poi l’emozione è stata forte anche per come è arrivata questa vittoria. Ognuna di noi ha svolto al meglio la propria parte e siamo riuscite a portare a termine il lavoro che avevamo pianificato.

Da quanto tempo correte insieme?

Tre anni. E ci siamo trovate subito bene. In particolare in quest’ultimo anno siamo state moltissimo insieme tra strada e pista, senza contare che avevamo lo stesso calendario di gare. Sono stata più tempo con lei che con qualsiasi altra persona. E dopo le Olimpiadi in cui è stata sfortunata questo è un bel riscatto.

E in questo lasso di tempo non avete mai avuto dei battibecchi? 

Ma sicuramente ci sono stati. Ma erano normali incomprensioni, magari su qualche gara che non era andata come doveva. Ma tutto nella norma. Nulla di che…

Balsamo e Guazzini (dietro) nella Madison agli Europei di Plovdiv 2020
Balsamo e Guazzini (dietro) nella Madison agli Europei di Plovdiv 2020
Come si spiega questa tua gioia?

Diciamo che un mondiale di per sé non ha bisogno di spiegazioni. Basta da solo a farti emozionare e a renderti felice. Come ho detto questo è stato un anno particolare e difficile, perché le Olimpiadi sì sono state una bella esperienza, ma anche una bella botta. Sono state sfortunate. E non è facile ritirarsi su.

E come ha fatto secondo te?

Con le persone giuste accanto e con le sue gambe.

E tra le persone giuste ci sei anche te?

Beh, io sono una sua fan! Elisa ha due anni più di me e già quando ero esordiente l’ho sempre vista come “la Balsamo”. E’ così da quando eravamo più piccole. La cosa bella è che nonostante tutto anche lei è sempre pronta a dare una mano quando serve. E non siamo solo noi che tiriamo per lei.

Prima hai detto che avete fatto il gioco di squadra che volevate: come avete fatto a radunarvi in così poco tempo nel finale di gara?

In realtà io dovevo stare attenta soprattutto nelle prime fasi della corsa. Dovevo badare alle olandesi e tenere le altre al riparo. Ho dato tutto prima e infatti sull’ultimo strappo duro nel circuito mi sono staccata. Stavamo quasi per rientrare, a dire il vero, ma in ogni caso saremmo rimaste in coda. E a quel punto l’importante era che le altre azzurre fossero davanti.

In quelle fasi sei riuscita a dirle una parola, un ultimo incitamento oppure è impossibile?

No, lì sei a tutta a testa bassa. C’erano le altre. L’unica cosa che mi viene in mente è che di solito quando Elisa vince io perdo gli occhiali. E non li avevo ancora persi. Così all’inizio dell’ultimo giro, me li sono messi in tasca quasi a far modo di perderli! Diciamo così…

La Guazzini davanti e la Balsamo a ruota nell’italiano di Breganze 2020. Qui vestono la maglia delle Fiamme Oro e non della Valcar
La Guazzini davanti e la Balsamo a ruota nell’italiano di Breganze 2020. Qui vestono la maglia delle Fiamme Oro e non della Valcar
Beh, anche per la scaramanzia serve lucidità! Ti abbiamo vista arrivare in parata con la Cecchini (foto in apertura) e gioivi. Come hai saputo che aveva vinto Elisa?

Mi ha chiamato proprio Elena e mi ha detto: ha vinto Elisa! Sono scoppiata di emozioni. Ho sentito freddo: brividi! Credo che ad Elena lo abbia detto un giudice in moto o in auto, di preciso non so.

Cosa “ruberesti” a lei? E cosa, secondo te, lei ruberebbe a te?

Io le ruberei il suo spunto veloce. E lei… – ci pensa un po’ la Guazzini – le mie menate in pianura. Non che Elisa non le dia, ma su quelle sono abbastanza sul pezzo!

Il prossimo anno entrambe cambierete squadra: tu alla Fdj e lei alla Trek: come sarà correre da rivali?

Eh – sospira un attimo la simpatica toscana – un po’ dispiace. Già l’altro giorno dopo il mondiale, mentre con il bus tornavamo in hotel con le altre ragazze della Valcar c’è stato un momento di nostalgia. Un momento in cui ci siamo rese conto che queste sarebbero state le ultime gare insieme. E per questo ce le dobbiamo godere al massimo. Ma non significa che il nostro rapporto d’amicizia debba cambiare.

Beh è comprensibile. Tanto più che voi eravate la “piccola” squadra che faceva tremare il mondo…

Sì, un po’ di nostalgia c’è. Ma si fanno delle scelte e come ho detto adesso ci sono ancora delle belle gare da fare. E da fare al massimo, a cominciare dalla Roubaix di sabato. 

Voeckler, la tattica folle era ben ponderata. E tutti ci sono cascati

28.09.2021
3 min
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Thomas Voeckler... ha pianto, ha gioito e soprattutto ci ha creduto… alla vittoria. E’ vero, il numero è tutto di Julian Alaphilippe, ma una bella fetta del suo successo e dell’aver demolito gli avversari chilometro dopo chilometro è del tecnico francese.

T-Blanc lo ricordiamo per le sue fughe, spesso folli e per le sue smorfie. Ma il suo modo di essere attaccante dentro lo sta riportando, con intelligenza, anche da commissario. 

Thomas Voeckler è tecnico dei galletti da due anni e ha vinto due mondiali (foto Twitter)
Thomas Voeckler è tecnico dei galletti da due anni e ha vinto due mondiali (foto Twitter)

Contro l’Italia…

La tattica della sua Francia, Voekler ce l’aveva ben in mente prima del via. Dopo il Tour de Bretagne si è ritrovato un Alaphilippe che probabilmente non si aspettava neanche lui e da quel momento la sua testa ha iniziato a mulinare la “tattica pazza”, come è stata definita, ma azzeccata. Da lì ha deciso di attaccare a 180 chilometri dall’arrivo.

«Avevo nove corridori che hanno seguito le istruzioni alla lettera. Hanno avuto fiducia nelle mie scelte tattiche fatte già tre giorni prima. Erano tutti d’accordo (persino Demare si è messo a disposizione, ndr). Ho detto ai ragazzi di non correre contro il Belgio, ma soprattutto contro l’Italia e le altre nazioni come Inghilterra e Olanda. E l’ordine d’arrivo lo dimostra».

Nella testa di Voeckler c’era l’idea di chiamare l’Italia e l’Olanda al lavoro. Non solo il Belgio…
Nella testa di Voeckler c’era l’idea di chiamare l’Italia e l’Olanda al lavoro. Non solo il Belgio…

La tattica folle

«Hanno detto che la mia azione era idiota? Bene – continua Voeckler – ma scattando così da lontano abbiamo rotto i loro piani e gli abbiamo fatto perdere uomini preziosi». E lo dimostrano sia il super lavoro a cui è stato poi chiamato Evenepoel, gli azzurri che si sono persi e al fatto che Van Aert stesso abbia ammesso che è rimasto sorpreso dall’affondo nel primo giro grande.

Ed è stato un affondo vero e improvviso. Dando un’occhiata ai dati e ai tempi di percorrenza, si nota come la prima metà del primo giro grande sia stata la più veloce. E lì sono stati i vari Cosnefroy (nella foto di apertura, ndr) e Madouas a creare scompiglio. Per trovare gli stessi valori bisogna attendere la seconda metà dello stesso circuito, ma nella tornata successiva 120 chilometri dopo. Cioè al primo attacco di Alaphilippe.

Francia sul podio prima del via. Si corre per Alaphilippe (o Senechal in caso di arrivo in volata)

Un finale diverso…

«In realtà Alaphilippe non avrebbe dovuto fare tutti quegli scatti nel finale – ammette il cittì a Cyclisme Actu – Ne avrebbe dovuti fare di più Valentin Madouas, mentre Florian Sénéchal doveva attendere lo sprint. Invece Julian mi ha fatto prendere un bello spavento! Sono molto contento per lui e per tutta la squadra. È un ottimo corridore e una persona incredibile. Attaccare Van Aert e gli altri a 15 e passa chilometri dall’arrivo è il ciclismo che amo». 

E poi ha concluso con le sue solite uscite a tinte forti. «Ho 42 anni e vorrei vivere ancora un po’! Per questo, scherzando, ho detto al presidente della federazione francese che avrei lasciato. Questi ragazzi mi faranno morire prima o poi!» ha detto a France Tv.

L’esperienza iridata di Sobrero, tra Ganna, Affini e il futuro

28.09.2021
5 min
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Primo mondiale da professionista e primo con la maglia tricolore sulle spalle: la settimana iridata di Matteo Sobrero è stata una gran bella esperienza, coronata dalla medaglia di bronzo nella staffetta mista.

Il 24enne di Alba è rientrato in Italia il giorno dopo la cronostaffetta. Un volo di buon mattino e poi via in macchina verso casa, per preparare le classiche italiane che lo porteranno al termine della sua stagione con l’Astana Premier Tech. Ma prima di chiudere del tutto il capitolo iridato riviviamo con lui i giorni fiamminghi.

Grande feeling fra Matteo, Filippo ed Edoardo
Grande feeling fra Matteo, Filippo ed Edoardo
Matteo, che esperienza porti a casa di questo tuo primo mondiale da pro’?

Un bilancio più che positivo. Ho portato a casa una medaglia, cosa che non avevo mai fatto prima ai mondiali. Ma in generale è stata una bella settimana passata con Pippo ed Edoardo ed ho imparato qualcosa da loro. Senza contare che disputare una crono mondiale in Belgio con tutta quella gente è stato parecchio emozionante.

E cosa hai imparato?

Sfumature, sono cose che già facevo come prendere gli appunti nella ricognizione per esempio. Un qualcosa che comunque ho ripreso da Ganna. Piuttosto è stato bello fare la ricognizione in tre e parlarci durante e dopo. Come avrebbe girato il vento, quanto a lungo tirare, quali fossero le linee migliori…

E sul piano di tempistiche, alimentazione… anche nel pre-gara?

In tal senso ognuno ha un suo protocollo. Io ne ho uno che ho sviluppato negli anni, sia sul piano alimentare fatto con Erica Lombardi che su quello del riscaldamento vero e proprio. Un protocollo che parte sin dal mattino. Un qualcosa che ho imparato nel tempo è ascoltarmi. Per esempio capire se nella sgambata del mattino devo dare una “sgasata” in più o se devo restare tranquillo per essere al massimo nella gara del pomeriggio. Soprattuto l’altro giorno che dovevo stare a ruota di quei due ”animali”!

Quei due animali!

Mamma mia come andavano forte!

Sobrero tra Ganna e Affini. La differenza di “stazza” è visibile ad occhio nudo. Matteo è stato bravo a tenere le loro ruote tanto a lungo
Sobrero tra Ganna e Affini. La differenza di “stazza” è visibile ad occhio nudo. Matteo è stato bravo a tenere le loro ruote tanto a lungo
Davvero a quanto andavate nella crono mista?

Considerate che mai abbiamo avuto il vento a favore. Anzi, più di qualche volta era proprio in faccia. In queste condizioni fai fatica a fare velocità. Ma noi la facevamo lo stesso! Buttavo un occhio sul Garmin dove avevo impostato come primo dato proprio la velocità e vedevo quasi sempre 57 all’ora. Volevo tenere sott’occhio questo valore perché avevamo impostato la crono in un certo modo.

Come?

L’obiettivo era non far scendere la velocità. Magari fare tirate più brevi ma mantenere alto il ritmo e, se possibile, aumentarlo, senza strappare. E questo credo ci abbia permesso di fare il miglior tempo al cambio.

Dopo la gara mista Ganna ti ha fatto i complimenti perché con 20 chili in meno rispetto a lui stesso ed Affini sei stato con loro praticamente per tutta la gara…

Eh, lo ringrazio. E’ una cosa alla quale non fanno caso in molti, ma per me, credetemi, è stato uno sforzo bello pesante. In pianura, in una crono non si valutano i watt/chilo, ma i watt puri. Watt e aerodinamica. Io magari essendo più piccolo penetro meglio nell’aria e in tal senso spreco meno watt, ma poi devo compensare con la minore potenza. Per me è stata una preoccupazione non staccarmi all’inizio. Metti che non sei al 100%? Con due come Ganna e Affini ci metti poco a restare solo dopo pochi chilometri. Invece mi sono staccato solo negli ultimi due chilometri (su 22,1 di gara, ndr).

Un’ottima prestazione: hai visto il livello di watt espressi?

I dati precisi preferirei tenerli per me, ma posso dire che sono stati molto buoni. Ho fatto 20′ con ottimi valori. Avevamo il 58×11 e vi dico che spesso l’ho girato anche io. E, ricordo, non c’era vento a favore. In ricognizione ci siamo detti che se fosse stato a favore non sarebbe bastata neanche la corona da 60 denti e che avremmo fatto 60 di media. Io l’altro giorno ho capito subito l’andazzo. L’ho capito già nelle prime curve per uscire da Knokke. Già andavamo fortissimo e loro rilanciavano con una facilità e una potenza da far paura.

Sobrero in riscaldamento. Il suo warm-up è leggermente più lungo rispetto a quello di Ganna e Affini
Sobrero in riscaldamento. Il suo warm-up è leggermente più lungo rispetto a quello di Ganna e Affini
Una prova cosi ti apre nuove orizzonti? Ti dà consapevolezza?

Un po’ sì, ma devo dire che sono numeri che avevo già espresso in questa stagione, specie dopo il Giro d’Italia, che ho finito molto bene. Numeri che erano alla mia portata. Io ho la particolarità di riuscire ad esprimere gli stessi wattaggi sia in pianura che in salita, cosa che agli altri non riesce spesso.

Matteo, un’ultima domanda, dopo questa settimana in cui hai visto da vicino Ganna che è super curato dal punto di vista tecnico, farai dei piccoli interventi?

Sì, in vista del prossimo anno farò dei ritocchi a partire dalla posizione, perché ho capito che qualcosa posso ancora migliorare.

Beh, però sei messo bene (come si nota anche nella foto di apertura). Sei molto “chiuso” davanti…

Sì, non è male. Ma le posizioni vengono stabilite ad inizio stagione e a forza di starci, di farci degli sforzi nell’arco dell’anno ti rendi conto che puoi andare anche più là. Magari potrei abbassarmi un centimetro. Non ti spingi tanto oltre ad inizio stagione, specialmente lo scorso inverno che ho cambiato bici e materiali: sarebbe stato troppo. Chissà, avrei avuto mal di schiena, per dire… E poi vorrei il manubrio 3D, visto che lo hanno usato persino alcuni juniores… Magari è ora anche per me!

Vos, the Queen: benedizione per Elisa e commiato per Anna

27.09.2021
3 min
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Marianne Vos ha un’eleganza a suo modo regale. Mentre sabato le attenzioni della stampa si concentravano su Elisa Balsamo che l’aveva appena battuta, l’olandese aveva sul volto un sorriso composto e attento. E mentre seguiva le risposte della giovane azzurra, annuiva e ne approvava semmai le risposte. Forse davvero il suo palmares immenso le consente di vivere con distacco anche le sconfitte cocenti. Ma se ti fermi a pensare che quello di Leuven è stato il quarto mondiale perso per mano di un’azzurra, la sua calma assume contorni quasi mitologici. Marianne ha conquistato 2 ori olimpici, 3 mondiali su strada e 2 su pista, oltre ai 7 nel ciclocross (più altre 10 medaglie fra argento e bronzo).

«Non ho perso la corsa a causa del treno – dice – l’ho persa quando non sono riuscita a superare Elisa. Dispiace arrivare così vicina a una grande vittoria e doversi arrendere, ma quando ho lanciato la volata, dopo le prime pedalate ho capito che non potevo tenere la sua velocità. Sapevo che il finale sarebbe stato duro e che io sarei dovuta restare in attesa fino alla fine. Ero sulla ruota giusta, ma lei è stata più giusta di me».

Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team
Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team

Balsamo predestinata

Le ragazze di classe imparano a riconoscersi, probabilmente facendo parte dello stesso club in cui si insegnano il talento e il modo migliore di educarlo. E così se grande e motivata è l’ammirazione di Elisa Balsamo per l’olandese, a Marianne non erano sfuggite le prove dell’azzurra. Lo ammette con onestà.

«Nei giorni di vigilia – racconta – ho detto a tanti che mi chiedevano di fare un nome, di stare attenti al suo. L’avevo vista molto concentrata nelle corse di avvicinamento e mi ero accorta di quanto fosse a suo agio nelle classiche, sulle stradine di qui. Soprattutto il quarto posto alla Gand e il terzo alla Freccia del Brabante su queste stesse strade. L’Italia arriva ai mondiali sempre con delle belle squadre e nel finale anche questa volta sono state in grado di fare un grande treno. Qualcosa che a me è mancato. Gli attacchi nel finale sono stati fiacchi, erano tutte stanche. Tanto che nonostante dovessi restare coperta per la volata, per riprendere Mavi Garcia ho dovuto lavorare anche io».

Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata
Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata

Saluto ad Anna

L’ultimo pensiero di sua maestà Marianne, 34 anni, è stato per Anna Van der Breggen, 31 compiuti ad aprile. L’ha vista arrivare e diventare professionista. Ha partecipato alle sue vittorie e ne ha avuto anche l’aiuto. E ora che l’iridata di Imola è a un passo dal ritiro, il saluto è sincero.

«E’ una grande campionessa, ma anche una grande persona – ha detto – ed è strano parlare come non ci fosse già più. E’ sempre stata molto concentrata e insieme rilassata, trovando il miglior equilibrio. Ha raccolto i frutti che meritava, ma non si è mai comportata come la regina del ciclismo, anche se negli ultimi anni lo è stata. Anna è sempre stata Anna e resterà ancora Anna. Abbiamo avuto una grande campionessa e un grande modello per il ciclismo, ora si trasformerà in un grande tecnico».

Sorrideva davvero e dopo l’ultima… benedizione alla connazionale, Marianne se ne è andata portando la sua eleganza fuori dalla stanza. Dopo i suoi anni bui, lei al ritiro non pensa. Del resto, se arrivi seconda al mondiale, perché non pensare di poterlo vincere ancora?

EDITORIALE / Con Argentin a Leuven, parlando al futuro

27.09.2021
5 min
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Ieri sera tardi la Muntstraaat, una delle strade di locali di Leuven, sembrava il red carpet del ciclismo. Con campioni, figure di spicco, tifosi e giornalisti alla fine di un mondiale splendido per cornice e risultati. Così dopo il passaggio di Enrico Della Casa (presidente della Uec e vicepresidente dell’Uci), di John Lelangue (tecnico della Lotto Soudal), di Czeslaw Lang (organizzatore del Giro di Polonia) e di Fabian Cancellara inseguito dai fans, è stata la volta di Moreno Argentin. Il veneziano, invitato dall’Uci al Galà dei campioni del mondo di sabato sera, si è seduto con noi e ci siamo messi a parlare al futuro.

Dal cittì ai bambini

Del futuro cittì, ad esempio: chi sarà? Chi fra i personaggi tirati in ballo ha il carisma necessario per mettere d’accordo i corridori? Si è parlato del fatto che nessun esponente della Fci fosse presente alla serata di gala (era la sera della Balsamo iridata, ma in effetti un vicepresidente poteva anche andare). E alla fine il discorso è andato sui mondiali appena conclusi e quanta gente li abbia seguiti, mentre a tratti tifosi con le bandiere sulle spalle portavano la loro allegria rumorosa verso la birra successiva.

«Si parla di un milione e mezzo di presenze – diceva Argentin – ma si vede che qui la bicicletta non è uno sport fine a se stesso, fa parte della loro cultura. I centri storici sono quasi tutti pedonali. Le vie sono piene di ciclabili. I bambini iniziano a sentirne parlare all’asilo. Le maestre gli spiegano le regole del pedalare e del traffico. Credo che con tanto pedalare spendano meno anche per la sanità, sembrano tutti in forma. Così quando crescono, seguire le corse è una cosa vicina alla loro quotidianità. Avete visto quanti giovani e quanti bambini c’erano sulle strade? Da noi invece i ciclisti sono una presenza fastidiosa. E se nelle città storiche proponi di chiudere il centro, scoppia il pandemonio. Hanno speso davvero 21 milioni di euro per questi mondiali? Una bella fetta sarà finita nelle tasche dell’Uci, ma vista la riuscita, credo siano stati soldi ben investiti».

Con il centro delle cità totalmente chiuso al traffico, sin da bambini ci si muove liberamente in bici
Con il centro delle cità totalmente chiuso al traffico, sin da bambini ci si muove liberamente in bici

Un progetto a San Donà

Strade già pulite e piene di biciclette. Programmi cicloturistici abbinati alle corse. Tifosi che inneggiavano a Van Aert dai giorni precedenti e ancora ieri sera. Perché vincere è bello. Pregustare la vittoria è il motivo per stare insieme e brindare. Ma combattere per il proprio Paese, giocarsela sino in fondo, accettare la sconfitta e scusarsi se va male, non lo puoi raccontare come una sconfitta. E mentre si ragionava su questo, Argentin ha cominciato a parlare di quel che sta facendo con il sindaco di San Donà di Piave, che casualmente è un amico comune e si chiama Andrea Cereser.

«C’è un’area molto ampia – racconta Argentin – che prima ospitava una discarica ed è stata bonificata. Vorremmo fare una sorta di parco in cui si insegnano l’educazione stradale e l’educazione ambientale. Con dei percorsi ciclabili, delle aule e dei laboratori in cui gli insegnanti possano portare i ragazzi per fare le loro lezioni. Sto martellando Cereser da tanto tempo e sono fortunato, perché lui è appassionato della bicicletta e ci sostiene. Si tratta di vincere il bando, ma è un bel progetto. E se poi il bambino che viene dentro con la scuola, vede il percorso e le bici e se ne innamora? Se convivi con la bici sin da piccolo, quando cresci avrai un approccio diverso».

Ripartire dal futuro

Bisogna partire dai bambini, il futuro sono loro. Rcs ha avuto dei fondi dal Governo per il progetto Biciscuola, ma trattandosi di iniziative private, dipendono dalla libera iniziativa degli insegnanti e non tutti gli insegnanti hanno aderito (sarebbe meglio chiedersi quanti lo abbiano fatto). Serve qualcosa di più organico e strutturato.

E serve che la Federazione ciclistica cominci a guardare con attenzione cosa accade nei comitati provinciali. Sta a loro agire sul territorio, entrare nelle scuole, promuovere il ciclismo, mentre la sensazione è che in molti casi si tratti dei primi avamposti per la raccolta dei voti e lì si fermino. Sta alla Federazione e alla stampa. Perché è vero che le medaglie sono arrivate, ma facciamoci qualche domanda. Sono venute per l’attività capillare sul territorio o per l’opera appassionata e competente di pochi tecnici e alcuni atleti di talento? Raccontare la punta dell’iceberg non porta tanto lontano.

Oggi si riparte dalle Fiandre, il luogo in cui vivere se si è appassionati di ciclismo, e si farà nuovamente rotta sull’Italia. Porteremo negli occhi ancora per un po’ il bello di questi giorni e ben annotato sul taccuino un altro filone da seguire. Ci piacciono i campioni, è bello raccontarne le gesta e le emozioni. Ma come stiamo già facendo con gli juniores, adesso andiamo a vedere cosa c’è sotto.

Emozioni e analisi tecniche con Plebani e Bronzini

27.09.2021
4 min
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Il bagno di emozioni, di racconti e anche di analisi tecniche non si ferma più. Anche a distanza di un paio di giorni. Nel dopogara del mondiale delle donne elite, abbiamo incontrato Davide Plebani, pistard e fidanzato di Elisa Balsamo, la star del sabato di Leuven.

Davide se ne sta seduto su un muretto a bordo strada a rispondere ai messaggi. I tanti messaggi che gli sono arrivati dalle 16:35 in poi.

Davide Plebani: dopo la vittoria di Elisa il suo telefonino è stato sommerso dai messaggi
Davide Plebani: dopo la vittoria di Elisa il suo telefonino è stato sommerso dai messaggi

Il telefonino impazzito

Lui era in macchina con Davide Arzeni e alla fine sono riusciti a raggiungere il percorso per gustarsi giusto in tempo il finale di gara. Ma non erano proprio sul traguardo.

«No, ero ai 500 metri – racconta Plebani ancora “scioccato” dal trionfo – Ho fatto in tempo a vederle uscire dall’ultima curva, ma non sapevo nulla. Lo speaker continuava a nominare la Longo Borghini, ma non sapevo poi chi avesse visto. C’era una telecamera fissa vicino a me e ho provato a vedere dallo schermo di quest’ultima, ma non si vedeva bene. Poi ho sentito il boato… e all’improvviso mi sono arrivati centinaia di messaggi. Allora ho capito che aveva vinto Elisa. Mi sono buttato per terra, ho iniziato a urlare a rotolare… la gente mi guardava male!».

Sono emozioni fortissime. Soprattutto se oltre ad essere legato sentimentalmente ad una persona, come lei sei un atleta. Sai cosa fa per essere a quel livello, cosa mangia, come vive, quanto viaggia…

La Balsamo ai campionati italiani a metà settembre. E’ qui che ha ritrovato la brillantezza giusta secondo Plebani
La Balsamo ai campionati italiani a Dalmine. E’ qui che ha ritrovato la brillantezza giusta secondo Plebani

Il tanto lavoro alle spalle 

«La gente magari non si immagina che lavoro ci sia dietro – riprende Plebani – Se lo merita proprio Elisa, ma anche la nazionale. Tutta. Un mondiale inizi a prepararlo mesi e mesi prima. Anni forse. Hanno fatto ogni cosa, ogni allenamento in modo mirato. Senza contare come hanno corso.

«Ma avete visto la volata? In pratica Elisa è ripartita da ferma. Ma è stato perfetto anche questo gesto. Un gesto figlio di un’ottima preparazione. E del lavoro su pista.

«Elisa non era uscita al meglio dai Giochi. Sono stati bravi Arzeni e Salvoldi. Quindi l’hanno fatta lavorare molto sulla distanza. Ai campionati italiani su pista. La vedevo che non era lei. Era lenta. Ma quelle volate, le ripartenze… le sono servite. E infatti già all’europeo di Trento stava benissimo. Le hanno dato spunto. E la volata iridata si è vista.. Aveva questa opportunità enorme. E l’ha colta».

Giorgia Bronzini si complimenta con una commossa Elisa Balsamo
Giorgia Bronzini si complimenta con una commossa Elisa Balsamo

L’analisi della Bronzini

E anche Giorgia Bronzini interviene sulla volata. L’ex iridata fa un’analisi tecnica, visto che è stata un po’ anomala. Un’analisi da ex velocista e pistard. Come ha detto Plebani: è stata quasi una partenza da fermo. Ad un tratto, dopo che si era spostata la Longo, la Balsamo non è scattata subito. Si è quasi rialzata.

«E’ stata un tira e molla. La Longo era un po’ lunga e la Balsamo non l’ha seguita. E’ stata calma, molto calma. Non si è lasciata prendere dal panico, fidandosi nettamente della Longo. Elisa, Longo Borghini intendo, si è trovata spesso in questa situazione quindi ha gestito la sua progressione in modo esemplare. La Balsamo ha creduto nella ruota che aveva davanti e ha aspettato il momento giusto. E poi chiaramente aveva le energie».

«E poi credo – riprende col sorriso la Bronzini – che Marianne abbia subito ancora una volta il fatto di avere davanti una maglia blu! Penso sia una cosa mentale perché la Vos aveva reagito già in diversi attacchi quindi la gamba ce l’aveva. Se mi ricordo una mia volata così? No perché non sono mai stata davanti alla Vos! A prescindere da questa cosa tremenda, io ho quasi sempre fatto le volate di rimonta e mai di testa».

Sorpresa? Non tanto, il profumo del bis era nell’aria

27.09.2021
4 min
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E’ notte fonda quando il telefono squilla e Davide Bramati riemerge da una cena con gli altri tecnici della Deceuninck-Quick Step. Erano anche loro a Leuven e hanno brindato alla vittoria iridata di Alaphilippe (in apertura con la compagna Marion Rousse) e alle prestazioni più che soddisfacenti del resto dei corridori. La squadra belga aveva il record dei convocati al mondiale, con 13 elementi. Al punto che nel gruppo che si è giocato la corsa, trasversalmente alle varie nazionali ma con lo stesso casco e le stesse bici, si riconoscevano Evenepoel, Bagioli, Senechal, Alaphilippe e Stybar. Ma il focus questa volta è soltanto sul francese che si è portato a casa il bis iridato in due anni.

Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021
Bis iridato: sul traguardo ha avuto la ricompensa per i tanti piazzamenti del 2021
Davide, pensavi avesse questa condizione?

Di sicuro al Tour of Britain aveva fatto vedere di avere una grande condizione, trovando però un Van Aert stellare che l’ha battuto in due scontri diretti. Secondo me però si trattava solo di trovare serenità, perché come ha detto anche lui quella maglia è un bel peso da portare.

Magari non è per caso che ha vinto indossandone un’altra…

E’ stato un grandissimo mondiale. Bello per il pubblico e bello per le medie subito alte. E lui ci ha messo sopra il tocco di classe. La Francia lo voleva e ha corso per prenderlo.

Pensavi che Julian potesse fare un numero del genere?

Visto il percorso e conoscendo le sue caratteristiche, una mezza idea mi era venuta. Magari non pensavo che si facesse fuori un giro e mezzo. Nella mia testa lo avrei visto fare come Baroncini, con un attacco sul penultimo muro. Ma Julian sa valutare gli avversari e deve essersi reso conto che erano in pochi davanti. E per evitare che lo anticipassero, è partito da solo.

Quasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di Leuven
Quasi un milione e mezzo di spettatori lungo il percorso di Leuven
Pesa più la vittoria di Leuven o quella di Imola 2020?

L’anno scorso fece un grande numero. Quest’anno dopo il campionato italiano l’ho detto ai ragazzi, avendo seguito la corsa dietro Masnada, praticamente lungo lo stesso percorso. Rivedendo le strade mi sono reso conto dell’impresa. Ma anche questa volta è stato da incorniciare, due grandissime azioni.

Credi che davvero la maglia iridata gli sia pesata?

Lo hanno sempre detto tutti. Pesa, tutti la vogliono e tutti vogliono batterti. Lui ha continuato a cercare le vittorie nel solito modo e sono venute una grandissima Freccia Vallone e il numero e la maglia gialla del Tour. Però ha speso di più e magari in alcune occasioni ha trovato qualcuno più fresco. Così, più che le vittorie ha contato i secondi posti. Bè, credo che questa volta si sia ripagato alla grande.

Dici che rischiava di sviluppare il complesso di Van Aert e Van der Poel che lo hanno spesso messo in mezzo?

Non credo. Ha vinto tre grandi corse e magari ne sarebbero bastate altre tre per avere una stagione eccezionale. Invece è arrivato per circa 25 volte fra i primi dieci. Con sei successi all’attivo, adesso parleremmo di altro.

Sul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van Aert
Sul traguardo di Great Orme al Tour of Britain, era stato battuto da un super Van Aert
Cassani lo ha paragonato al miglior Bettini…

Vero, me lo ha ricordato. Ha cercato sin da subito di fare la selezione nel tratto in pavé, poi ha attaccato sullo strappo in asfalto. Credo che a vederlo si siano divertiti davvero tutti, come succedeva con Paolo. E anche il Betto fece il bis di mondiali.

Due parole per altri tuoi ragazzi: Remco, ad esempio…

Ha fatto una bellissima corsa, stando al vento dal chilometro 20 fino al 250. Penso che chiunque nei giorni scorsi abbia detto che avrebbe corso per sé, dopo il mondiale avrà un’altra idea. Non è da tutti riuscire a fare il grande lavoro fatto da Evenepoel.

E Bagioli?

Anche Andrea ha fatto un grandissimo mondiale, dopo aver fatto un bell’europeo a Trento, sempre tirando. E’ entrato in un’azione importante, credo che ne sentiremo parlare a lungo. Anche lui ha appena 22 anni…