Un Alaphilippe gigante per il bis: «Non sarò mai un robot»

26.09.2021
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Il primo scatto per provare le gambe e guardarli un po’ negli occhi. Il secondo per andare via. Alaphilippe sembra stordito, di sicuro è stanco, ma ha vinto il mondiale per il secondo anno di fila. Per questa edizione, il protocollo ha subito un rimescolamento diabolico. Il tre del podio hanno ricevuto per la prima volta maglia e medaglie sul palco piccolo dopo l’arrivo. Poi sono stati portati in auto nella Ladeuzeplein, la piazza in cui si trovava il podio grande. E da qui, esaurito il secondo ciclo di premiazioni, sono tornati alla zona mista per rispondere alle domande delle televisioni. Solo dopo sono arrivati alla conferenza stampa, avendo ancora da fare il controllo antidoping. Forse per questo quando Alaphilippe ha salutato i giornalisti, ha augurato a tutti un buon Natale…

Il primo attacco di Alaphilippe per saggiare i rivali, poi a testa bassa fino al traguardo
Il primo attacco di Alaphilippe per saggiare i rivali, poi a testa bassa fino al traguardo

Un anno faticoso

Non è stato un anno facile per lui. Quel modo spavaldo di correre, con la maglia iridata addosso si è in breve trasformato in un tiro al bersaglio. Ogni cosa è diventata più complicata. Anche perché il primo anno normale dopo quello del Covid di normale ha avuto ben poco.

«L’anno scorso ero pronto per vincere – dice – il mondiale era il mio obiettivo più grande dopo il Tour. E’ stato bello riuscirci. L’anno da campione del mondo è stato bellissimo, ma essere all’altezza della maglia è stato molto faticoso. Ho appena saputo che nessun francese l’ha mai vinta per due volte di seguito, potrò raccontarlo a mio figlio. In realtà ero rassegnato a riconsegnarla e mi sono detto che fosse il momento di concentrarsi su qualcosa di diverso

«Poi sono venuto qui. Il percorso non era adatto, ma la forma era giusta. Ho lavorato duro per essere pronto. Abbiamo fatto una bella corsa con la squadra. Senechal era concentrato sullo sprint. Io ero libero, se mi fossi sentito bene, di fare la mia corsa. Così ho deciso di attaccare. Non immaginavo che sarei arrivato da solo e di fare più di un giro al comando. E’ stata dura, ma me la sono goduta di più».

Finale duro e doloroso

Il primo scatto per provare le gambe e guardarli un po’ negli occhi. Il secondo per andare via. Dice Cassani che gli è sembrato di vedere il miglior Bettini, capace di fare 3-4 scatti prima di mollarli tutti.

«Quando mi sono trovato con Colbrelli – conferma – volevo provare le gambe, per vedere chi c’era. Ho visto che Sonny era forte, ma anche che il Belgio aveva ancora due o tre corridori. Non era necessario continuare, perché ero ancora lontano dal traguardo. Poi mi sono reso conto che Evenepoel era il solo a lavorare duro sul circuito di Overijse e ho cominciato a chiedermi come mai nessuno lo aiutasse. Vuoi vedere che Van Aert non sta bene? Ho detto però a Senechal di salvare le energie e di concentrarsi sullo sprint. E’ stato utile per me avere Florian dietro. Ognuno era concentrato sulla sua corsa. Tutti sapevano che Van Aert era uno dei più veloci e dei più forti, ma anche Colbrelli e Van der Poel facevano paura. Non ero concentrato su uno solo, ma ho provato a fare la differenza. Ho smesso di pensare e sono andato a tutta. Gli ultimi 20 chilometri sono stati davvero duri e dolorosi».

Alaphilippe sul podio con Van Baarle e Valgren: il danese ha preceduto Stuyven. Belgi beffati
Alaphilippe sul podio con Van Baarle e Valgren: il danese ha preceduto Stuyven. Belgi beffati

Con cuore e fantasia

Le domande si succedono e lui un paio di volte svia il discorso. Come quando gli chiedono che cosa significherà correre il prossimo anno ancora da iridato e lui risponde che non lo sa. 

«Ragazzi – spiega – io quasi non mi rendo conto di essere davanti a voi con questa maglia. Ho bisogno di tempo, è un’emozione speciale. C’era grande tifo oggi. E’ stato bello vedere tanta gente, anche se nell’ultimo giro tanti belgi mi dicevano di rallentare. A uno ho fatto cenno che non potevo, ma li capisco. In ogni caso mi hanno dato grande motivazioni. In qualche modo sono un po’ belga anche io, la mia squadra è belga e fra agosto e settembre sono venuto a correre qui. E’ stato importante, come quando fai le ricognizioni delle tappe. Capisci dove correrai e io ero pronto per queste strade. Abbiamo avuto un grande spirito. L’ho visto sulle facce dei miei compagni dopo l’arrivo, che erano più felici di me.

«Ora però ho bisogno di tempo per capire e dire cosa farò. Se mi conoscete, sapete che spreco molte energie quando corro. Ma quando hai questa maglia, tutti ti guardano, tutti ti distruggono perché devi vincere. Io sono sempre lo stesso corridore dal 2014, provo sempre lo stesso piacere nel correre e per me è importante rimanere così. Non voglio diventare un robot, voglio continuare con questa grinta, sempre provare a vincere con il cuore e farlo con la maglia iridata sarà anche più bello. Buonasera a tutti, amici. E buon Natale…».