Villa detta la linea: uomini e donne sempre insieme in pista

16.11.2021
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Marco Villa è a Gand, seguirà la Sei Giorni che inizia stasera con due under 23, Mattia Pinazzi e Davide Boscaro, perché mandino a memoria i meccanismi e il tipo di sforzo. Nel frattempo però il tecnico azzurro sta tracciando programmi e ordinando le idee, dato che il settore pista a lui affidato è raddoppiato con l’arrivo delle donne. Il fatto di non disporre del velodromo di Montichiari non sarà un grosso problema per la nazionale, data l’assenza di appuntamenti ravvicinati.

A gennaio gli azzurri torneranno alla Vuelta San Juan, come anche nel 2020
A gennaio gli azzurri torneranno alla Vuelta San Juan, come anche nel 2020

«I prossimi impegni saranno dei ritiri su strada – dice – a partire dal 25 novembre alle Canarie, con il gruppetto che poi porterò alla Vuelta San Juan, così faccio correre quelli che fanno meno attività di club. Lamon, Scartezzini, Bertazzo. A Liam stiamo cercando di dare una mano. Da campione del mondo, mi sento in dovere di aiutarlo a trovare una squadra. Ha guadagnato la qualifica olimpica, è importante. A lui nessuno ha mai regalato niente e ha avuto tanta sfortuna, compresa l’ernia del disco nello stesso periodo in cui esplodeva Milan. Bertazzo se lo merita».

Quando si comincerà a parlare di pista?

Ad aprile ci sarà la prima prova di Coppa del mondo, che ora si chiama Coppa delle Nazioni. Dal 21 al 24 a Glasgow. Proseguiranno a maggio e a giugno, anche se ancora in calendario non ci sono le località. Ad agosto ci saranno gli europei a Monaco, con tutte le discipline, per cui dovrò gestirla bene con chi farà strada.

Bertazzo è l’unico degli iridati di Roubaix ancora senza squadra, merita molto di più
Bertazzo è l’unico degli iridati di Roubaix ancora senza squadra, merita molto di più
Quando riapriranno Montichiari?

L’architetto di Sport e Salute con cui ho parlato mi ha detto fine gennaio, altre voci parlano di febbraio-marzo. Io preferisco credere che sia a gennaio.

Come gestirai le ragazze, che non saranno a Gand e tantomeno a San Juan?

Cercherò di fare lo stesso programma. L’idea è di allenarli insieme in pista. Se ci sono da fare i lavori del quartetto, gireranno insieme uomini e donne. Se si lavora sulla madison, si può pensare a coppie miste, anche per alzare il livello tecnico delle ragazze. Credo piuttosto che il lavoro da fare sarà conoscere i loro tecnici…

Nei giorni degli europei di agosto, Balsamo potrebbe correre strada e pista: come farà?
Nei giorni degli europei di agosto, Balsamo potrebbe correre strada e pista: come farà?
Sono tutti sconosciuti?

Non tutti, ma alcuni sì. Ho ereditato un settore in salute, perché Salvoldi ha lavorato bene. Solo che adesso le ragazze stanno tutte diventando professioniste e sono passate in squadre WorldTour, per cui entrano in ballo manager, team manager e preparatori. Dovrò confrontarmi e guadagnarmi la loro fiducia, come ho fatto con gli uomini. Ad esempio non conosco Ina Teutenberg, direttore sportivo alla Trek.

Avrai dei collaboratori per le donne?

Ci sarà Bragato. Amadio mi consiglia di far seguire a lui le ragazze, ma visto che sono io il commissario tecnico, le voglio gestire in una certa maniera. Bragato sarà quello che avrà i riferimenti, ma il responsabile sarò sempre io come coi maschi. Mi toglierà quel lavoro di contatti e di programmazione settimanale. Se devo capire chi viene la settimana prossima in ritiro, non posso mettermi a fare 28 telefonate. Vorrà dire che Masotti chiamerà i 14 uomini e Bragato le 14 donne. Però il modo di allenare resta il mio, perché non voglio dividere i settori.

Continua anche con le donne la collaborazione fra Marco Villa, a sinistra, e Diego Bragato, a destra
E’ stato Marco Villa a coinvolgere Bragato per la prima volta
In che senso?

Non voglio che se vincono le donne è contento Bragato e se vincono gli uomini è contento Masotti. Dobbiamo essere un settore unico. A Montichiari siamo sempre stati insieme. Prima, quando avevamo il velodromo a tempo pieno, avevano 120 giornate all’anno. Se avessimo dovuto dividerle, sarebbero state 60 per Salvoldi e 60 per noi. Stando insieme, sono state 120 per tutti.

Quindi, riepilogando…

Dal 25 novembre al 5 dicembre alle Canarie con il gruppo di San Juan. Poi 7-8 giorni prima di Natale, si va a Formia, oppure in Sicilia, magari anche a Noto se si trovano i prezzi giusti. Invece il 22-23 dicembre un richiamo in pista, probabilmente a Aigle. Poi ancora dal 28 al 30 dicembre ancora in pista, in Svizzera o a Novo Mesto. Poi speriamo davvero che a gennaio ci ridiano Montichiari e siamo tutti contenti.

Stanchezza, la parola d’ordine della stagione olimpica

23.10.2021
6 min
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Stanchezza: è uno dei temi che emerge da questo mondiale. Specialmente per chi è andato alle Olimpiadi. Da Tokyo a Roubaix, tre mesi scarsi in cui non è stato facile gestire muscoli e testa.

Noi ne abbiamo notata davvero tanta in generale, non solo negli azzurri. E adesso capiamo meglio perché gli australiani non sono venuti o perché i terribili danesi dell’inseguimento a squadre hanno schierato un solo big su quattro.

Con Diego Bragato, del Centro Studi della Federazione e colonna portante dello staff tecnico di Marco Villa, parliamo di stanchezza dunque, ma anche di azzurri e di come hanno gestito questi tre mesi.

L’olandese Jeffrey Hoogland, re del chilometro, si è dovuto mettere seduto per le interviste
L’olandese Jeffrey Hoogland, re del chilometro, si è dovuto mettere seduto per le interviste

Stagione infinita

Una stanchezza che si faceva palese in particolare negli atleti che finivano il loro mondiale. Quando rientravano dal parquet si distinguevano subito quelli che ancora dovevano gareggiare e quelli che invece avevano finito. Gli occhi dei secondi erano diversi: spenti, sfiniti. Finiti gli obiettivi, finite le energie.

Forse noi non ci rendiamo conto, ma per gli atleti del settore endurance, che fanno anche strada, questa è stata una stagione massacrante, sia dal punto di vista mentale che fisico. 

Milan dopo la sua prova faceva fatica a tenere gli occhi aperti. E lui stesso se ne è reso conto. «Anche a Tokyo ero in questo stato, ma la gioia della vittoria mi ha tenuto su. Sono cotto, adesso inizia finalmente l’off season anche per me».

Fred Morini si prende cura di Milan dopo lo “sforzone” dell’inseguimento
Fred Morini si prende cura di Milan dopo lo “sforzone” dell’inseguimento

Pippo? Umano!

E per questa analisi si parte proprio dall’inaspettata eliminazione di capitan Filippo Ganna. L’inseguimento ormai, che sia individuale o a squadre, è casa sua. 

«La stagione è stata lunga in effetti – spiega Bragato – e si è fatta sentire anche per Filippo, sia mentalmente che fisicamente. E ci sta. Abbiamo vinto una storica medaglia col quartetto e da ieri dobbiamo accettare che anche lui è umano. E va bene, anzi lo apprezziamo ancora di più».

Filippo ha parlato di 70 e passa giorni di gara, di gambe che non c’erano più. «Non ne avevo per una partenza a blocco. Ti senti sottotono e anche con la testa poi vai via».

Diego Bragato, del centro studi della federazione
Diego Bragato, del centro studi della federazione

Da Tokyo a Roubaix

Gestire gli atleti da Tokyo a Roubaix ha richiesto una certa attenzione. I tempi tra i due eventi non erano né così lunghi per ripartire “da zero”, né corti per continuare a tirare. Di mezzo poi c’era la stagione su strada che ha continuato a richiedere i suoi impegni.

«Se è stato difficilissimo portare gli atleti pronti alle Olimpiadi – dice Bragato – portarli qui ai mondiali è stato facile, tra virgolette facile, perché l’hanno voluto loro. Far bene ai mondiali è un impegno che ci siamo, anzi che si sono presi i ragazzi subito dopo l’Olimpiade. Hanno parlato con Villa e gli hanno detto: Marco andiamo a prenderci il mondiale. E con il volere da parte da loro poi è stato tutto più facile. Però abbiamo dovuto centellinare ogni energia». 

Viviani (in azione nello scratch) ma anche Consonni sono apparsi meno stanchi di altri
Viviani (in azione nello scratch) ma anche Consonni sono apparsi meno stanchi di altri

Discorso diverso per Viviani

«Viviani stava bene – spiega Diego – Si è visto anche durante lo scratch ma quella è una gara di situazione. A sbagliare è un attimo. Basta che in quel momento hai messo la ruota all’interno anziché all’esterno e la gara va… a prescindere da quanta ne hai. 

«Quando stai bene e le cose vanno nel senso giusto, vinci anche su strada. Raccogli i risultati e la fatica non si fa sentire. Io ho seguito Elia sia su strada che su pista. Lui ha sempre detto che l’obiettivo era la pista, aveva l’Olimpiade in testa. Io allora gli dicevo: vedrai che dopo Tokyo farai bene anche su strada. La brillantezza che ti dà la pista te la ritrovi». E così è andata: Viviani dopo i Giochi ha vinto quattro corse».

Il clan di Villa ha dimostrato ancora una volta di essere compatto
Il clan di Villa ha dimostrato ancora una volta di essere compatto

La forza del gruppo 

Ma dove la stanchezza impone un muro, si può arrivare a dama con altre vie.

«Allenando bene le forze e lavorando soprattutto sul concetto del gruppo – rilancia Bragato – I ragazzi si sono automotivati per arrivare qua e poter prendersi questo titolo nel quartetto. Parecchi anni fa si sono guardati in faccia e si sono presi un impegno, quasi una missione direi. In questi giorni ne abbiamo parlato spesso: anni fa ci guardavamo e speravamo nel decimo più, decimo meno per entrare nei primi otto agli Europei. Adesso siamo campioni mondiali».

Però tutto ciò ha rischiato di vacillare. Il fatto di mollare dopo le Olimpiadi, il cui avvicinamento di fatto è durato due anni a causa del Covid, poteva starci. Una stanchezza mentale giustificata. E qualcuno infatti era un po’ uscito dai binari.

«Però sono stati proprio i ragazzi a dire: andiamo al mondiale a far bene – continua Bragato – Io ho dovuto “solo” mettere giù un programma di lavoro. Sarebbe stato difficile se dopo i Giochi avessero mollato completamente, cosa che un po’ stava succedendo all’Europeo. Ma forse anche grazie a quel risultato Villa è stato molto bravo a rimetterli in carreggiata e a tenerli motivati».

Si sa però che c’è stato anche uno “sfogo” di Pippo in merito a questo calo di tensione. Uno sfogo che dopo le dichiarazioni di ieri sera comprendiamo ancora di più. «Io sono venuto qui per vincere il quartetto con i ragazzi e perché ce lo siamo detti tutti insieme – ha detto Ganna dopo il bronzo – altrimenti per me andava bene così: Olimpiadi, mondiale a crono, altre medaglie… L’inseguimento l’ho fatto solo perché Villa mi ha iscritto in quanto campione del mondo uscente».

«Sì, sì – riprende Bragato – la maturità dell’atleta a 360 gradi la vedi anche da questo. Pippo ha notato che tra i suoi compagni c’era un calo di tensione e sapendo che adesso la sua voce conta, ha parlato con i termini giusti per far sì che tutti tornassero ad onorare l’impegno che si erano presi. Comunque già ci aveva pensato Villa, perché il leader del gruppo è lui».

Elisa Balsamo, bronzo nell’omnium, era scavata in volto a fine serata
Elisa Balsamo, bronzo nell’omnium, era scavata in volto a fine serata

Reparto donne

Anche le donne sono andate bene. Bragato le segue in modo più marginale, ma qualcosa  ci può dire…

«Abbiamo tirato giù un programma simile. Ma con le donne io ho un ruolo di jolly. Faccio parte del Centro Studi e con Salvoldi ho collaborato più marginalmente. Sì, gli abbiamo dato supporto scientifico in base ai test e alle analisi di alcuni dati, ma Dino ha il suo staff. Uno staff che ha lavorato molto bene e ha permesso alle ragazze di arrivare ad un secondo posto nel quartetto che è un segnale stupendo per la crescita di quel gruppo».

Due ori, Fidanza e Paternoster, un argento nel quartetto e un bronzo nell’Omnium con la Balsamo. Elisa anche era sfinita ieri sera. Non come Milan, ma quasi… Anche lei ha parlato di stanchezza. Di stagione lunga nella quale ha dovuto inserire come Ganna anche l’obiettivo iridato su strada dopo Tokyo.

«Per questo mondiale – conclude la Balsamo – mi sono dovuta reinventare. La stagione olimpica è molto più impegnativa». In pratica ha raccolto le ultime energie. I reduci di Tokyo non sono stati brillantissimi. Il picco di forma non era lo stesso. Ma con la classe… ci si arriva.

Omstrip: il cerotto che rivoluziona il modo di allenarsi

22.10.2021
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Omstrip è il cerotto innovativo con tecnologia F7, brevettata da Flavio Forner, tecnico sanitario di radiologia medica e massofisioterapista. Questa tecnologia è frutto degli studi del professor Nogier e del dottor Bourdiol che hanno dimostrato un’importante teoria: «tutti i tessuti somatici, normali o patologici rispondono ad una frequenza luminosa specifica che ne condiziona le reazioni biologiche. Le frequenze identificate dai due studiosi sono 7, Forner le ha unite con le già proprietà della tecnologia FIR (raggi infrarossi lunghi)».

La versione sport del cerotto Omstrip è pensata per far rendere al massimo l’atleta ottimizzando lo sforzo
La versione sport del cerotto Omstrip è pensata per far rendere al massimo l’atleta ottimizzando lo sforzo

In allenamento e a riposo

Il cerotto, che ha alla base della sua attivazione un gel, è arricchito con polveri di metalli preziosi, tra cui oro ed argento. Il cerotto, colpito con una delle sette frequenze attiva una determinata funzione che agisce sul muscolo utilizzando gli impulsi ultra-deboli che il corpo usa per comunicare.

Il prodotto studiato da F7 ha due campi di utilizzo: sport e therapy. Il cerotto sport permette di massimizzare il rendimento migliorando l’equilibrio e la gestione dello sforzo. Mentre la versione therapy è pensata per massimizzare il recupero, migliorare i movimenti e ridurre i dolori infiammatori e neuropatici.

«Abbiamo visto, dopo i numerosi test fatti, che il movimento muscolare nell’atleta era migliorato e riusciva a risparmiare energie massimizzando appunto la fluidità del gesto». A parlare è Diego Bragato, collaboratore tecnico per la nazionale italiana su pista, che seguirà i mondiali di Roubaix.

Omstrip è disponibile anche nella versione tape da 25 metri, utile per i fisioterapisti che possono adoperarlo in molteplici situazioni
Omstrip è disponibile anche nella versione tape da 25 metri, utile per i fisioterapisti che possono adoperarlo in molteplici situazioni

Testato più volte

«Inizialmente non credevo potesse funzionare in questo modo – continua Bragato – ero a conoscenza di questa tecnologia ma non pensavo potesse arrivare a questi livelli. Potrei dire che ero dalla parte degli scettici, ma poi ho studiato e testato il prodotto e mi sono ricreduto».

Per dare validità ai suoi sforzi e ai suoi studi, lo staff F7 ha fatto testare il proprio prodotto anche in diverse Università europee. I test, effettuati con almeno sei giorni di trattamento, hanno dimostrato una riduzione del dolore percepito.

La relazione del professor Pozzo – conosciuto docente universitario – è la seguente: «Le risposte soggettive rispetto alla sensazione di fatica (locale e centrale) supportano i dati sperimentali. In questo caso, l’insorgenza della fatica è essere migliorata fino al 38%».

Applicazione

L’applicazione è facile ed intuitiva, grazie soprattutto ai video che spiegano come e dove applicare il cerotto per ottenere i benefici ricercati. Siccome è un prodotto ricercato ed utilizzato anche in ambito professionistico è possibile avere a disposizione anche il rotolo da 25 metri.

«Il cerotto pre ritagliato è pensato per rendere il prodotto fruibile alla maggior parte delle persone, così da poterlo applicare in totale autonomia – ci dice Bragato -. Invece il rotolo è pensato per i fisioterapisti che hanno un’esperienza ed una capacità maggiore e quindi sanno in che modo tagliare il prodotto e quali pressioni effettuare».

Omstrip

Emotion Energy e Fiamme Azzurre, tecnologie, ricerca e futuro

20.10.2021
6 min
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Nel computo dei guadagni marginali, la ricerca sui capi di abbigliamento è una delle più evolute. Sulla scena operano aziende di grande tradizione, ben radicate nel panorama internazionale. Che cosa succede quando un nuovo attore si presenta sul palcoscenico per riscrivere il copione?

E’ quello che è successo in parte la scorsa settimana a Ca’ del Poggio, luogo di culto per i ciclisti trevigiani e teatro di alcune delle più belle sfide ciclistiche fra campionati italiani, Giro d’Italia e svariate altre corse. Alla presenza delle Fiamme Azzurre, testimonial e tester dei nuovi prodotti, un’azienda già nota nel settore delle tute per auto e moto ha sollevato il velo sulla propria produzione relativa al ciclismo.

Dai motori alla bici

Per entrare in questo ambito così diverso da quello di appartenenza e indirizzare al meglio la ricerca, l’azienda di nome EE si è affidata ad alcuni personaggi di riferimento nel nostro ambiente. Nello specifico a Diego Bragato, responsabile del Centro Studi Fci, per la parte scientifica. E ad Antonio Rossetto, una vita in Sidi e ora personaggio chiave per il marketing e le sponsorizzazioni sia di Elite (dal 1988) che di Namedsport, per i rapporti con il mondo del ciclismo.

Il nuovo progetto legato al ciclismo di chiama EE, ossia Emotion Energy. Di cosa si tratti lo ha spiegato Massimo Foffano, uno dei tre soci. Al centro della produzione e del progetto c’è lo studio del corpo umano, affinché sfruttando l’energia dell’ambiente si possa rincorrere il benessere degli atleti. Il come ciò sia possibile passa attraverso l’impiego di tecnologie piuttosto innovative e una ricerca continua.

Loro sono i tre soci di EE: Massimo Foffano, Giuseppe Andretto e Agostino Visentin
Loro sono i tre soci di EE: Massimo Foffano, Giuseppe Andretto e Agostino Visentin

Tecnologia F7

La prima si chiama F7 e si tratta di un FIR (Far Infrared Ray). Lo stesso Bragato, che l’ha illustrata, ha inizialmente ammesso di aver lottato a lungo per dimostrarne l’inutilità, ma ha dovuto poi arrendersi davanti all’evidenza, sposando il progetto.

I FIR sono raggi invisibili e percepiti dalla pelle sotto forma di calore. La loro azione avviene a livello cellulare, in particolare viene facilitato lo scambio tra cellule e ambiente esterno e aumenta l’interazione tra le cellule e i liquidi corporei, grazie alla loro carica elettrica.

In sostanza il corpo umano emette e riceve fasci di raggi che esercitano un’azione di tipo biochimico. La frequenza di queste radiazioni è codificabile e nel caso dell’abbigliamento per il ciclismo si è puntato su frequenze biostimolanti brevettate.

«Non si tratta di un sistema che alza il massimale dell’atleta – ha spiegato Bragato – ma isolando il corpo umano da tutte le interferenze esterne, lo ottimizza e gli permette di tenerlo più a lungo, rallentando l decadimento fisiologico della prestazione».

Questo tipo di tecnologia viene dunque applicata sui tessuti di cui si compone l’abbigliamento da ciclista, affinché la sua azione si svolga lungo le direttrici e nelle zone che più ne traggono giovamento.

Per la consulenza scientifica e il supporto alla ricerca, EE ha puntato su Diego Bragato, riferimento del Centro Studi Fci
Per la consulenza scientifica e il supporto alla ricerca, EE ha puntato su Diego Bragato

I vantaggi del grafene

La seconda tecnologia cui si fa ricorso e che nel ciclismo è ben nota ad esempio per la produzione di gomme e telai, è quella del grafene.

«E’ un materiale che provoca reazioni – ha spiegato Valerio Giuliano – singolo strato di atomi di carbonio disposti a esagono, che conducono il calore come un ottimo metallo».

In ambito tessile, il grafene diventa un additivo molto utile per la conduzione del calore. Nell’impiego estivo, esso permette di distribuire in modo omogeneo il calore sul corpo dell’atleta e conseguentemente di disperderlo, evitando punti di elevata concentrazione della temperatura (nella foto di apertura, si sta eseguendo la dimostrazione del suo funzionamento, utilizzando una termo camera e il calore di una lampada).

Nell’impiego invernale, consente la creazione di membrane che distribuiscono il calore in modo omogeneo e ne impediscono la dispersione. Tra i vantaggi, c’è anche la capacità di mantenere la temperatura costante, anche quando a fine sforzo si verifica il più tipico raffreddamento, quando il corpo smette di produrre calore.

La presentazione è stata gestita quasi per intero da Massimo Foffano, socio di EE, che ha molto insistito sulla ricerca
La presentazione è stata gestita quasi per intero da Massimo Foffano, socio di EE

Il chip di sicurezza

E poi c’è la tecnologia Ice Key, illustrata dal suo ideatore Roberto Simonelli, che si basa su tecnologia di trasmissione NFC (Near Field Communication) che ha radiofrequenze accessibili tramite telefonino.

In sostanza, nel chip alloggiato nel capo di abbigliamento, l’atleta può caricare tutti i dati che vuole, siano essi informazioni anagrafiche, i contatti in caso di emergenza e i propri dati clinici che, in caso di incidente, consentono ai primi soccorritori, mediante l’uso di uno smartphone, di accedere a tutte le informazioni necessarie. La sua attivazione è ovviamente facoltativa e chiunque ad esso faccia accesso dall’esterno viene registrato e diventa rintracciabile.

I capi presentati, appartenenti alla collezione invernale, ruotano tutti attorno a tali tecnologie. Grafene nella calzamaglia e triplo strato per il giubbino, chiamato Skudo. Con lana merinos a contatto con l’atleta, quindi lo strato di grafene e una membrana esterna antipioggia.

Un giro a tutto gas

Alla fine della manifestazione e in attesa che questa produzione così accattivante entri in commercio, gli uomini di EE hanno attinto al loro patrimonio di origine, presentando Giandomenico Basso, campione italiano di rally da loro sponsorizzato. E sulla sua Skoda e i 350 cavalli che la spingono, il pilota ha portato su e giù per il muro di Ca’ del Poggio gli atleti presenti. Da Letizia Paternoster a Marta Bastianelli, passando per Tatiana Guderzo e l’olimpionico Lamon. Viviani (infiltrato) e Elena Cecchini, Scartezzini e tutto lo staff delle Fiamme Azzurre.

Alberto Stocco, Cavaliere della Repubblica, padrone di casa a Ca’ del Poggio
Alberto Stocco, Cavaliere della Repubblica, padrone di casa a Ca’ del Poggio

Direzione Montichiari

Poi quando il giorno ha finito di raccontare le sue innovazioni tecnologiche e con il buffet e il giro in auto si è conclusa la parentesi di Ca’ del Poggio, i ragazzi delle Fiamme Azzurre sono partiti tutti verso Montichiari.

La prima ad andare via è stata Letizia Paternoster, poi via via tutti gli altri impegnati con gli imminenti mondiali su pista. Altri come Marta Bastianelli e Tatiana Guderzo, avendo chiuso la stagione se la sono presa più comoda. Mentre Elena Cecchini è andata via con Viviani, nell’imminenza dell’ennesimo viaggio in Olanda per le ultime corse di stagione per lei e del Giro del Veneto per lui.

La rifinitura dei nostri pistard, Bragato a te la parola

22.07.2021
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La rifinitura di una preparazione è molto delicata. Ipotizzando l’insieme degli allenamenti come una “piramide”, se si sbaglia qualcosa quando si è in prossimità della cima ecco che crolla tutto il castello. O meglio, si rischia di vanificare tutto. Si ha si una buona base, ma non si è pungenti. E quando si va alle Olimpiadi non si può non esserlo. E lo sa bene Diego Bragato, il referente di tutti i commissari tecnici federali. Colui che segue le preparazioni degli azzurri. Un ruolo alquanto importante.

Riunione fra tecnici a Montichiari: da sinistra Villa, Lupi della Bmx, Marco Compri e Diego Bragato
Riunione fra tecnici a Montichiari. Da sinistra: Lupi della Bmx, Marco Compri e Bragato
Diego hai seguito i ragazzi della pista e anche della strada?

Direi solo i pistard o comunque coloro che fanno capo a Marco Villa. Gli stradisti hanno avuto un altro cammino e hanno lavorato molto con le rispettive squadre.

Come state lavorando a pochi giorni dal grande appuntamento?

Beh, posso dire che tra oggi e domani ci saranno le ultime due sedute impegnative. Le faranno sia i ragazzi che già sono in Giappone, come Viviani e Ganna, che gli altri che sono in Italia. Questi ultimi le faranno con me.

Come pensi sia andata la preparazione?

Direi bene. E’ il frutto di un lavoro durato diversi anni. I nostri numeri sono buoni, abbiamo fatto dei progressi. Però non avendo corso (causa Covid, ndr) non sappiamo a che livello sono i nostri avversari. 

Francesco Lamon: per lui niente Sardegna, ma lavoro in quota. Eccolo sullo Stelvio (foto Instagram)
Francesco Lamon: per lui niente Sardegna, ma lavoro in quota. Eccolo sullo Stelvio (foto Instagram)
Corridori che vanno, altri che devono andare, chi va in altura e chi corre: non è facile coordinare tutto. Ne avrai di “scartoffie” da spulciare e programmi da far conciliare…

Non è facile, ma non è neanche un qualcosa d’improvvisato. Sapevamo cosa fare e tutto è sotto controllo. I ragazzi hanno avuto avvicinamenti diversi. Ma questo è il mio ruolo di affiancamento a Villa. Leggendo i loro dati e ascoltando i tecnici delle loro squadre devo capire a che livello sono, cosa fanno e cosa non fanno e di conseguenza dare loro le indicazioni su determinati lavori. Lavori che poi, in questo caso, dò sia a chi è a Tokyo con Villa che ai ragazzi che sono a casa e che seguo io. Sul discorso del conciliare conta molto anche l’esperienza. Negli anni riesci a conoscere i ragazzi e sai come reagiscono a certi lavori. Per esempio Lamon non è andato in Sardegna perché per lui non era l’avvicinamento migliore. Come lo è invece per Viviani.

Cioè Lamon non reagisce bene alle corse a tappe?

No reagisce bene, ma non in quelle tempistiche. Ha bisogno di tempi più lunghi per trarne benefici e la Settimana Internazionale Italiana era troppo vicina ai Giochi.

Quando si può iniziare a parlare di rifinitura? 

Direi da una settimana prima della trasferta in Sardegna (quindi a circa 20 giorni dalle gare su pista, ndr), che poi è quando abbiamo iniziato i blocchi finali di lavoro a Montichiari.

Viviani impegnato a Fiorenzuola. La rifinitura è passata anche per questo velodromo (foto Instagram)
Viviani impegnato a Fiorenzuola. La rifinitura è passata anche per questo velodromo (foto Instagram)
E cosa si fa?

Più si va a ridosso dell’appuntamento “X” e più ci si avvicina ad un modello prestazionale simile a quello della gara. Intensità molto alte con recuperi decisamente ampi. Alla fine la giornata in pista, o comunque la sessione di lavoro, può essere anche molto lunga proprio perché si recupera molto. In questa fase bisogna appunto rifinire. In altri momenti invece accorciare i tempi di recupero fa parte dell’allenamento. A Montichiari abbiamo simulato delle gare, sia con il quartetto che con gli atleti della corsa a punti. E per fare questo c’erano anche gli altri ragazzi.

Cioè quelli che non sono stati portati a Tokyo. Un grande gruppo…

Esatto. C’erano Simion, Scartezzini, Plebani, Moro, Giordani… e tutti loro hanno lavorato sodo, erano in forma. Erano venuti con me nella gara di Coppa a San Pietroburgo, dove sono arrivati secondi nel quartetto, e avevano un ottimo ritmo gara che è stato utile anche ai ragazzi convocati in Giappone.

L’apporto dei non convocati è stato fondamentale. E’ questa la forza del gruppo di Villa (foto FCI)
L’apporto dei non convocati è stato fondamentale. E’ questa la forza del gruppo di Villa (foto FCI)
In questa rifinitura hai seguito anche l’alimentazione dei ragazzi?

Per coloro che fanno strada, vedi Consonni, Ganna… no: loro fanno da soli. Sono esperti e seguiti dalle rispettive squadre. E lo stesso, più o meno, vale anche per gli altri ragazzi. Semmai a loro dò qualche consiglio sull’integrazione. Ma parliamo comunque di atleti che sanno il fatto loro.

Sappiamo che a Tokyo ci sono molte restrizioni, come si organizzano Villa e i suoi in questi giorni?

Questo è anche il motivo per cui io non sono con loro in Giappone. Comunque li seguirò ora per ora. Sarò in costante contatto con Villa. Analizzerò i loro dati. Usciranno sia su pista che su strada. Dovranno seguire un protocollo, cioè dire quanto staranno fuori, dove andranno… Potranno girare in Velodromo per un’ora e mezza per fare alcune sessioni concordate con gli organizzatori, altrimenti faranno il resto su strada, sui rulli e in palestra.

Palestra?

Sì, più che altro richiami di esplosività.

Il quartetto, il recupero e un gap da colmare

05.06.2021
5 min
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Diego Bragato, colui che sta dietro alla preparazione dei nostri pistard, ha ormai un quadro abbastanza chiaro della situazione. Il quartetto dell’inseguimento deve essere un’orchestra così ben affiatata, che avere alcuni membri reduci dal Giro d’Italia e altri che non corrono da chissà quanto rischia di essere un bel problema. Soprattutto ora che gli europei di giugno sono stati rinviati e che, come si diceva ieri con Vittoria Guazzini per le ragazze, mancherà un importantissimo momento di verifica e confronto.

«Sarebbero stati un bel test per misurarci a livello internazionale – dice – e mettere un po’ d’ordine in vari aspetti tattici. Ognuno ha il suo ruolo, ma è chiaro che atleti come Ganna, Viviani e Consonni hanno nelle gambe il grosso volume del Giro e non avranno paura di sostenere i tanti lavori di intensità che andremo a proporgli, mentre gli altri avranno bisogno di un’integrazione di corse su strada. Per questo, Ganna farà i campionati italiani a cronometro, il Giro di Sardegna e poi andrà a Tokyo. Gli altri, Elia compreso, faranno la Adriatica Ionica Race, poi il Sardegna e andranno a Tokyo».

Per Viviani dopo il Giro buoni numeri, ma pochi picchi: c’è da lavorare
Per Viviani dopo il Giro buoni numeri, ma pochi picchi: c’è da lavorare
Al momento i ragazzi sono a Livigno: quale la loro… missione?

Lavorare per rialzare la frequenza di pedalata che il Giro d’Italia inevitabilmente ha abbassato, lavori di forza facendo partenze da fermi ed esercizi in palestra per recuperare il massimale. Un’altra fase di lavoro su strada sarà fatta nelle corse appena dette, mentre i lavori specifici ad alta intensità li faremo invece in pista a Montichiari.

Che cosa gli avevate chiesto vedendoli partire per il Giro?

Che con il passare delle tappe ci dessero dei feedback con le loro sensazioni e cosa eventualmente mancasse alla loro preparazione. Ganna lo abbiamo visto tutti, Consonni ha finito in crescendo, Viviani non ha vinto ma non ha mostrato problemi di condizione.

Con quali obiettivi correranno alla Adriatica Ionica Race e in Sardegna?

Non abbiamo più bisogno di salite lunghe, mentre prendere il vento in faccia nelle tappe nervose e vallonate sarà molto utile.

Il quartetto è formato da individualità che si dovranno uniformare. Qui Viviani, Lamon, Ganna, Scartezzini e Bertazzo
Il quartetto è formato da individualità che si dovranno uniformare
Il Giro offre davvero una base così buona su cui impostare la preparazione?

La differenza è evidentissima, si nota soprattutto la prima volta che un atleta affronta una gara di tre settimane. Ti accorgi che assimila i carichi di lavori con una facilità di recupero che gli altri non hanno. Penso a Ganna, che a Tokyo farà la crono e poi dovrà recuperare per la pista. Oppure a Viviani e Consonni che potrebbero fare il quartetto e poi correre le prove di gruppo. Per tutti loro, aver fatto il Giro sarà un grosso vantaggio.

Il Tour non sarebbe stato altrettanto prezioso?

Se ragionassimo di una prova secca, un pezzo di Tour e poi una serie di lavori specifici potevano essere una soluzione. Ma il regolamento non lo consente, chi fa le prove veloci deve far parte anche del gruppo degli inseguitori.

Consonni ha chiuso il Giro in crescendo: ottimo segnale, dato che l’inizio di stagione era stato sofferto
Consonni ha chiuso il Giro in crescendo: ottimo segnale, dato che l’inizio di stagione era stato sofferto
Hai detto che Viviani ha una buona condizione, ma al Giro è parso un po’ indietro…

Elia ha sempre avuto bisogno di correre tanto per trovare la condizione. Il lockdown, il 2020 con la caduta e le poche corse e quest’anno con l’intervento al cuore e la relativa pausa non lo hanno aiutato. Al Giro non ha mai rischiato di andare a casa, ma non aveva la brillantezza dei tempi migliori.

Per questo correrà la Adriatica Ionica Race?

Ci sono dei lavori che deve fare. Non dimentichiamo che anche su strada ha raggiunto il suo livello grazie a quello che faceva su pista e che dopo Tokyo ha smesso di fare per almeno due stagioni. Non è un caso che non abbia più ritrovato quella brillantezza e ora quelle sono le sensazioni che sta cercando. I numeri ci sono, ma le gare non si vincono con i numeri. Al Giro gli è mancata la testa, in certi momenti la squadra e la capacità o la fortuna di cogliere i momenti che in certi finali fa la differenza.

Marco Villa, Francesco Lamon
Marco Villa e Francesco Lamon: il veneto è il primo uomo del quartetto
Marco Villa, Francesco Lamon
Marco Villa e Francesco Lamon: il veneto è il primo uomo del quartetto
Al di là del peso che forse era ancora da limare, i 32 anni possono essere un problema?

La teoria dice che con l’età si perdono i picchi e per questo servirà un lavoro importante di intensità che faremo. Comunque Elia è ancora giovane fisiologicamente. Quattro anni fa avrebbe avuto bisogno di due settimane per mettersi a posto, questa volta servirà più tempo. Lui è uno di quelli che dall’europeo avrebbe tratto tanto vantaggio.

Quindi nei giorni degli europei sarete in pista simulando le gare?

Esatto, faremo delle simulazioni dormendo in quota al passo Maniva e scendendo per allenarci. Da giovedì però saremo insieme a Livigno. Ci aspetta proprio un bel compito. 

Pistard poco resistenti su strada? Questione di priorità

14.04.2021
5 min
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Parlando con Marco Milesi, diesse della Biesse-Arvedi Group era emerso il discorso della fatica che fanno i suoi pistard quando gareggiano su strada, dei loro limiti in fatto di resistenza. Qualcosa che meritava di essere approfondito. Ne abbiamo così parlato con Diego Bragato, tecnico del Centro Studi della Federazione, in cui è il referente delle squadre nazionali, che lavora fianco a fianco con Marco Villa. Mentre lo contattiamo, tanto per fare un esempio, sta andando al raduno dei biker azzurri della downhill.

Diego Bragato a bordo pista (foto Instagram)
Diego Bragato a bordo pista (foto Instagram)
Diego, dicevamo della difficoltà dei pistard su strada, specie in termini di resistenza…

E’ un discorso molto ampio, ma etichettare un pistard come poco resistente mi lascia qualche dubbio. Penso a Ganna, a quel che ha fatto nel finale della Sanremo dopo 300 chilometri, o a Viviani che lo scorso anno in due mesi ha concluso Tour e Giro senza mai rischiare il tempo massimo. O ancora all’inglese Ethan Hayter, che ha chiuso la Coppi e Bartali nei primi dieci ed è un riferimento per la pista inglese. Piuttosto credo che gli atleti lavorino su delle priorità.

Però Milesi ha detto che dopo un’ora i suoi pistard perdevano resistenza.

Scartezzini e Lamon hanno un po’ più di esperienza, ma gli altri sono giovani e comunque tutti loro hanno dato priorità alla pista. Dovevano essere pronti per le gare di Coppa del mondo che ci sarebbero dovute essere (alcune sono saltate, ndr) tra aprile, maggio e giugno, pertanto hanno lavorato molto su qualità come forza massima, esplosività e hanno tralasciato i lavori sulle salite lunghe. Mentre per Ganna e Viviani le loro priorità per la pista sono previste per agosto. In più vanno dette altre due cose.

Quali?

Che loro due hanno un altro motore. Un motore che viene da anni di esperienza e da volumi di lavori nel WorldTour che si accumulano. Anche Milan è nella loro situazione, ma lui ha iniziato adesso.

Parlando di priorità in effetti i “pistard prestati alla strada” fanno anche cinque sedute settimanali in pista…

Diciamo che quelle sono sessioni particolari. La settimana di routine prevede una seduta in pista, per il resto si allenano su strada facendo tanto volume. Gli manca un certo numero di gare, ma quello dipende anche dalla situazione legata al Covid. Per questo a febbraio siamo andati ad allenarci a Tenerife cercando proprio di fare volume.

Scartezzini ha corso alla Coppi e Bartali. Anche Bertazzo, ma con il suo team (Vini Zabù)
Scartezzini ha corso alla Coppi e Bartali
Puoi farci un esempio della loro settimana standard?

Il lunedì fanno palestra e un’uscita in bici molto easy. Il martedì si lavora sulla forza: partenze, forza esplosiva, forza massima… Il mercoledì si ripete il tutto ma su pista: con altre intensità e con la specificità del gesto usando la bici da strada e rapporti più lunghi. Il giovedì fanno il lungo, dalle 4 alle 5 ore in base al periodo: sono previste delle salite e dei cambi di ritmo. Il venerdì è dedicato alla velocizzazione, quindi volate, alte cadenze… Il sabato si scarica se magari si corre la domenica o comunque si fa recupero. La domenica, o si corre o si fa una distanza, ma con all’interno dei lavori molto intensi.

Tu li sentivi durante la Coppi e Bartali, cosa ti dicevano la sera a fine tappa?

Sapevano che avrebbero fatto molta fatica, però noi gli avevamo chiesto di metterla in preventivo, di stringere i denti, perché sarebbe stata importantissima. In allenamento quegli sforzi non li replichi.

Ed è stata redditizia questa gara?

Sì – risponde con decisione Bragato – siamo stati soddisfatti. L’obiettivo è stato raggiunto e appena sono tornati in pista si è visto subito che avremmo potuto incrementare, come abbiamo fatto, i carichi di lavoro. Una volta assimilata la corsa a tappe la qualità del lavoro che puoi fare aumenta, si recupera meglio.

E lo avete visto dai test del lattato o da altro?

No, nessun test. Lo abbiamo visto dal ripetersi dei tempi col passare delle ripetute e poi anche dalle sensazioni che avevano i ragazzi. 

Il lavoro in palestra non manca mai per i nostri azzurri
Il lavoro in palestra non manca mai per i nostri azzurri
Comunque allenarsi tanto e correre poco non è facile. La gara è un momento di stimolo, di scarica di adrenalina, di verifica con sé stessi e con gli altri. Essere atleta e non gareggiare può essere frustrante…

Esatto, soprattutto con il livello molto alto che si è raggiunto. Oggi non puoi improvvisare niente e non ti puoi nascondere e si vede dai lavori che hai fatto (o non hai fatto). Fanno fatica i grandi campioni se non sono pronti…

E per il post Tokyo? Hai già pensato ad una loro “riconversione” da stradisti? Per riconversione intendiamo una loro maggiore attenzione alla strada…

Sono scelte personali ma ad ottobre ci saranno i mondiali su pista e poi ripartono le qualificazioni per Parigi 2024. Inoltre alcuni di questi ragazzi sono inseriti nei corpi militari proprio perché corrono in pista. Certo, avranno bisogno di fare delle corse a tappe, perché sono quelle che ti danno una certa continuità fisica e mentale per lo sforzo da riprodurre poi in pista, ma non credo ci saranno delle riconversioni.

Prima di concludere, Bragato vuol sottolineare l’impegno e la dedizione che ci mettono i nostri pistard tra le tante difficoltà che comporta la pista italiana.

«Un plauso sia per coloro che corrono nel WorldTour, che sono competitivi su entrambi i fronti pur con molti impegni, che per gli altri del gruppo. Da noi non è come in Danimarca in cui ci sono i professionisti su pista, per i quali l’attività su strada non è la priorità. Da noi c’è questo mix complesso. E tutto ciò ci dice quanto siano professionali i nostri ragazzi».

Montichiari: interessante incontro con il mondo Bmx

28.02.2021
6 min
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La nazionale di Bmx sulla pista di Montichiari: benvenuti in una stanza un po’ particolare. Il fatto è che se ne era parlato così tanto (ragionando del settore velocità), che la tentazione di seguirli è stata troppo forte. Cosa ci fanno questi ragazzi, abituati al manubrio alto e le ruote tassellate, sul parquet di Montichiari?

L’occhio di Villa

Scherzando, ma fino a un certo punto, nei giorni scorsi il cittì della pista Marco Villa aveva fatto notare un dettaglio nulla affatto trascurabile.

«Quando partono da fermi – aveva detto – scaricano così tanta forza, che la bici sgomma. I nostri non lo hanno mai fatto. Andate a vedere, ci sono i segni di gomma sulla riga. Poi però calano, gli manca la resistenza…».

Il dato sulla potenza è estremamente interessante, perché i ragazzi partivano con il 54×14-15 e i segni sul legno c’erano davvero.

Le istruzioni di Lupi: tre giri per lanciarsi e poi un giro a tutta
Le istruzioni di Lupi: tre giri per lanciarsi e poi un giro a tutta

Centro Studi e Bmx

L’idea di venire in pista per fare qualche allenamento diverso dal solito è stata concepita a sei mani dal cittì azzurro Tommaso Lupi, Marco Compri e Diego Bragato del Centro Studi Federale. La sessione di febbraio è stata la terza, con feedback interessanti da arte degli atleti. Chiaramente, vista la tipologia delle loro gare, i ragazzi non hanno allenato minimamente le qualità di endurance e hanno lasciato che la Fci entrasse nella loro preparazione. 

«A qualcuno sono venute delle perplessità – spiega Lupi – qualche problema di preparazione, ma comunque hanno lasciato una finestra aperta. Le nostre gare durano 30-35 secondi a tutta, quindi esplosività e tanta tecnica. Per questo la preparazione è improntata sui lavori di forza. Rispetto ai ragazzi che fanno velocità in pista, uno della Bmx è molto più avanti per quel che riguarda l’approccio al lavoro. Andare in palestra 2-3 volte a settimana è normale e persino uno stimolo. Un elite ha un picco di 2.300 watt e di solito si corre con rapporti che sviluppano 4,3 metri, con una cadenza di 150 pedalate raggiunta in 30-40 metri».

Marco Compri, Diego Bragato, Tommaso Lupi: staff tecnico a confronto
Compri, Bragato, Lupi: staff tecnico a confronto

Velocisti di fatto, insomma, sia pure sulla Bmx. I ragazzi di Lupi occupavano il lato sinistro del velodromo. Cappello in testa, musica di tanti bassi e i pugni a ruotare in alto per scandire il tempo. Una mezza discoteca nel tempio del ciclismo silenzioso.

Come si allena in pista un atleta della Bmx?

Qui facciamo lavori di forza sui 125 metri e solo oggi abbiamo inserito i 250 metri lanciati per avviare un confronto con il gruppo di Villa. Però intendiamoci, non c’è ancora alcuna forma di collaborazione, anche se non è vero che li tengo con il guinzaglio corto. Li ho visti crescere, ma come tecnico voglio al 110 per cento che un mio atleta abbia le sue soddisfazioni. E se anche non fosse in Bmx, perché dovrei impedirglielo?

Può esserci fra loro qualcuno che proverebbe la velocità su pista?

Sì.

Un atteggiamento onesto.

Per la Fci siamo una risorsa in più, la chance di avere più medaglie.

Europei 2018, in azione Kyle Evans (Gran Bretagna)
Europei 2018, in azione Kyle Evans (Gran Bretagna)
Sa che in Olanda i velocisti della pista vengono dalla Bmx?

Gli olandesi ci sanno fare, sfruttano gli atleti a 360 gradi. Se uno ha un buon pacchetto fisico e tecnico, lo tengono nella Bmx. Invece quelli che non hanno ottenuto risultati li mandano in pista, trovando ragazzi pronti fisicamente e dotati di grande abilità tecnica. Sono giovani, ma lavorano duro tutto il giorno.

Ci fa l’identikit del suo azzurro tipo?

Hanno scoperto la bici passando vicino a una pista oppure a un parco. A quel punto hanno chiesto ai genitori di portarli da Decathlon, dove hanno comprato una Bmx pesantissima con i pegs, le pedane sulla ruota posteriore. Di sicuro nessuno l’ha scoperto da un canale mediatico, perché su Youtube trovi semmai le cadute, ma non certo il lavoro che c’è dietro. Bisognerebbe inventare dei format più comprensibili, anche per rendere più fruibili le gare. Al momento abbiamo la nazionale di freestyle che è molto più commerciale e poi ci siamo noi. Abbinare i due tipi di eventi sarebbe una grande manna dal cielo. Avremmo eventi con una marea di gente, quando si potrà nuovamente…

E adesso l’indentikit del cittì: chi è Tommaso Lupi?

Ho 29 anni e sono un grande appassionato di sport, delle due ruote in particolare. La Bmx la scoprii passando in macchina con i miei genitori davanti a una pista e chiamando il numero affisso nella bacheca. Ho cominciato ad andare al Centro Filippo Raciti di Padova. A 16 anni ho iniziato ad allenare i bambini e poi sono andato in Francia a lavorare e imparare da Pierre Henri Sauze, un tecnico francese cui devo davvero molto. Per il resto ho sempre fatto ciclismo, amo la bici a 360 gradi.

Il pomeriggio annuncia la sera, prossimo step tornare in gara
Il pomeriggio annuncia la sera, prossimo step tornare in gara
Come si svolgerà la vostra stagione?

Voglio essere ottimista. Dovremmo iniziare dalla Coppa Europa a Verona. Poi ci sarà Creazzo a metà marzo. A maggio la Coppa del mondo a Stoccarda e Bogotà, con Verona che si è candidata per sostituire la data colombiana se ci fossero problemi di Covid. Le gare di Coppa qualificano ancora per le Olimpiadi, ma purtroppo ci mancano i punti del mondiale.

Non sarà che anche venire qui è un modo per trovare nuovi stimoli?

Abbiamo fatto di tutto, anche organizzato gare tra noi, ma non è mai come correre davvero. Montichiari è lo stimolo di qualcosa di nuovo, dopo gli ultimi mesi senza gareggiare, a causa della cancellazione di quasi tutti gli eventi.

Centro Studi e nazionali: ci spiega tutto Bragato

26.02.2021
6 min
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Diego Bragato sta spesso in silenzio, ma osserva tutto quello che accade in pista. Spesso si avvicina a Marco Villa e confabulando decidono in da farsi, mentre altre volte sono i corridori a rivolgersi a lui per avere chiarimenti sul tipo di lavoro che stanno per fare. Il tecnico veneto entrò per la prima volta in questo velodromo durante la preparazione delle Olimpiadi di Londra. Fu proprio Villa, davanti a quella sfida, a richiedere il supporto del Centro Studi Federale. E la scelta ricadde sul giovane che già da qualche tempo era il tecnico di riferimento nel velodromo di Padova.

Raccordo fra cittì

Oltre ad essere collaboratore tecnico di Villa, oggi Bragato è il referente di tutti i commissari tecnici federali, nel quadro di un progetto ambizioso che punta a realizzare un tessuto tecnico omogeneo trasversale a tutte le specialità del nostro ciclismo. Non a caso, giusto ieri all’interno del velodromo di Montichiari si sono trovati gli under 23 e gli juniores per una serie di test metabolici, la nazionale della Bmx per un progetto sperimentale di preparazione in pista e i ragazzi del quartetto di Marco Villa.

Ieri in pista anche i test per i ragazzi della Bmx
Ieri in pista anche i test per i ragazzi della Bmx
In cosa consiste il tuo impegno?

Con i gruppi… classici, quindi strada e pista, cerco di rispondere ai quesiti che vengono dai tecnici. Con gli altri, anche a causa della pandemia che ci ha costretti a innumerevoli videoconferenze, abbiamo iniziato a conoscerci e ad impostare attività molto interessanti. Ad esempio con i ragazzi del downhill sta lavorando Elisabetta Borgia, psicologa, per gestire al meglio lo stress delle partenze. Mentre con il Bmx, grazie al supporto di Marco Compri, abbiamo messo giù un programma di preparazione in palestra con i pesi.

Quali sono le richieste dei tecnici di strada e pista?

A inizio stagione, interveniamo molto per effettuare dei test. Mentre durante la stagione è spesso necessario un supporto per quanto riguarda la cronometro, con Fabrizio Tacchino che segue espressamente questo settore. Tutto questo lavoro ha una grande utilità anche a prescindere dalle prestazioni degli atleti, perché diventa il pane quotidiano nei corsi di aggiornamento per direttori sportivi. E devo dire che riportare esperienze effettivamente vissute ha un impatto ben superiore rispetto a lezioni che siano puramente teoriche.

Quindi la lettura offerta da Viviani dei suoi risultati ti trova d’accordo ?

Con Elia siamo cresciuti insieme. Prima di venire qui avevo lavorato in pista a Padova e poi come preparatore con la Androni Giocattoli, ma il richiamo della maglia azzurra è stato superiore. Per cui dopo Londra abbiamo messo giù un programma preparando le Olimpiadi di Rio e abbiamo imparato tanto reciprocamente. Mi ha fatto molto piacere che Elia abbia voluto dare continuità a questo lavoro e che negli anni, anche quando correva nel Team Sky, i suoi preparatori si fossero perfettamente allineati con il nostro modo di lavorare. Anche la preparazione di Ganna si integra con quella che svolge con la nazionale.

E’ stato Marco Villa a coinvolgere Bragato per la prima volta
E’ stato Marco Villa a coinvolgere Bragato per la prima volta
Vedere tanta diversità in pista riporta inevitabilmente a parlare di multidisciplina.

Mi auguro che i tecnici lentamente siano capendo che il messaggio da far passare è che la multidisciplina non significa essere vincenti in tutte le specialità, ma allargare le abilità dell’atleta. Il ragazzino che impara con la Bmx avrà una padronanza pazzesca del mezzo. Se poi passerà in pista, imparerà a stare in un team, in un ambiente ristretto come quello del velodromo in cui le dinamiche di gruppo sono portate all’estremo. Se invece parliamo di altissimo livello, multidisciplina significa che lo stradista di vertice può svolgere in pista dei lavori di qualità molto superiori a quelli che eseguirebbe su strada, sia per ragioni di sicurezza, sia per l’uso di rapporti che altrimenti non userebbe. Quindi, la multidisciplina da giovani è utile per la crescita, poi diventa lo strumento per richiamare qualità di allenamento. Per banalizzare, a Usain Bolt oggi potresti chiedere di preparare una maratona, ma non potresti mai chiedere a un maratoneta già formato di preparare i 100 metri ed essere competitivo.

Ci sono differenze tecniche fra i diversi commissari tecnici?

Sicuramente i tecnici hanno origini diverse. Per cui se ad esempio Salvoldi ha dei titoli e con lui il livello del dialogo è di un certo tipo, Villa mi stupisce ogni volta per il suo colpo d’occhio. Si accorge di quello che sta per accadere prima di me e prima che accada. La commistione fra queste esperienze è quello che rende il progetto estremamente interessante e costruttivo. Convertire in linguaggio scientifico quello che deriva dalla loro esperienza va a formare il patrimonio tecnico della nostra Federazione. Mi piacerebbe molto riuscire ad organizzare una tavola rotonda con tutti i tecnici, perché tutti ne avrebbero beneficio. Giornate come quella di ieri, con tanti tecnici presenti, ne è soltanto un esempio.

Tempo fa si respirava una certa ritrosia ad avvicinarsi alla strada, accusata di portare via i talenti migliori. E’ ancora così?

Forse dall’esterno potrebbe sembrare che siano gelosi, ma lavorando emerge il loro essere allenatori che vogliono il successo dei ragazzi. La storia insegna che tanti atleti sono passati da una disciplina all’altra, portando con sé il know how imparato da ragazzi.

Viviani e Lamon sono frutto di questo scambio di nozioni
Viviani e Lamon sono frutto di questo scambio di nozioni
Da tutti questi discorsi resta fuori il ciclocross, che di fatto è l’unica disciplina non olimpica ?

In realtà il cross si incastrerebbe bene sia con la strada sia con la pista. Non siamo così lontani come forza ed esplosività, a patto che si modulino bene gli sforzi. Ovviamente l’improvvisazione diventa deleteria. Tuttavia le progressioni di forza del cross e i lavori ad alta frequenza di pedalata in pista sono complementari. Per questo chiediamo alle squadre giovanili di allargare il bacino delle discipline fatte praticare ai loro tesserati. Un’atleta come Rachele Barbieri, che da ragazzina faceva cross, trae giovamenti nel ripetere questo tipo di sforzo anche ora, perché sa esattamente in che modo modulare i due lavori.

Da quante persone, oltre a Bragato, è composto lo staff operativo del Centro Studi?

Diciamo che io sono quello che fa più giornate, fra 120 e 150 all’anno. Poi c’è Marco Compri che si occupa di pesistica, Fabio Fabiani che tiene aggiornato il database, Fabrizio Tacchino che segue le crono. Poi a spot ricorriamo alla collaborazione di alcuni tecnici che si sono formati con noi e ora lavorano in team WorldTour, come Claudio Cucinotta e Mattia Michelusi. Infine c’è Silvia Epis, responsabile del ciclismo giovanile.

Tommaso Lupi, tecnico della Bmx, con Marco Compri del Centro Studi
Tommaso Lupi, tecnico della Bmx, con Marco Compri del Centro Studi
Che rapporto c’è fra Bragato e gli atleti?

Non sono un commissario tecnico che deve fare le scelte, posso essere più amico. A volte sono quello con cui si sfogano. Con Elia Viviani ho corso insieme, di Lamon sono stato tecnico quando lui era esordiente e io lavoravo a Padova, stessa storia per Scartezzini e Bertazzo. Lo stesso Luca Mozzato, che è tornato ieri per la prima volta in pista dopo tanto tempo, si ricordava di me proprio dai tempi di Padova. Spero davvero che questo progetto vada avanti, perché sta tenendo risultati importanti.