Pistard poco resistenti su strada? Questione di priorità

14.04.2021
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Parlando con Marco Milesi, diesse della Biesse-Arvedi Group era emerso il discorso della fatica che fanno i suoi pistard quando gareggiano su strada, dei loro limiti in fatto di resistenza. Qualcosa che meritava di essere approfondito. Ne abbiamo così parlato con Diego Bragato, tecnico del Centro Studi della Federazione, in cui è il referente delle squadre nazionali, che lavora fianco a fianco con Marco Villa. Mentre lo contattiamo, tanto per fare un esempio, sta andando al raduno dei biker azzurri della downhill.

Diego Bragato a bordo pista (foto Instagram)
Diego Bragato a bordo pista (foto Instagram)
Diego, dicevamo della difficoltà dei pistard su strada, specie in termini di resistenza…

E’ un discorso molto ampio, ma etichettare un pistard come poco resistente mi lascia qualche dubbio. Penso a Ganna, a quel che ha fatto nel finale della Sanremo dopo 300 chilometri, o a Viviani che lo scorso anno in due mesi ha concluso Tour e Giro senza mai rischiare il tempo massimo. O ancora all’inglese Ethan Hayter, che ha chiuso la Coppi e Bartali nei primi dieci ed è un riferimento per la pista inglese. Piuttosto credo che gli atleti lavorino su delle priorità.

Però Milesi ha detto che dopo un’ora i suoi pistard perdevano resistenza.

Scartezzini e Lamon hanno un po’ più di esperienza, ma gli altri sono giovani e comunque tutti loro hanno dato priorità alla pista. Dovevano essere pronti per le gare di Coppa del mondo che ci sarebbero dovute essere (alcune sono saltate, ndr) tra aprile, maggio e giugno, pertanto hanno lavorato molto su qualità come forza massima, esplosività e hanno tralasciato i lavori sulle salite lunghe. Mentre per Ganna e Viviani le loro priorità per la pista sono previste per agosto. In più vanno dette altre due cose.

Quali?

Che loro due hanno un altro motore. Un motore che viene da anni di esperienza e da volumi di lavori nel WorldTour che si accumulano. Anche Milan è nella loro situazione, ma lui ha iniziato adesso.

Parlando di priorità in effetti i “pistard prestati alla strada” fanno anche cinque sedute settimanali in pista…

Diciamo che quelle sono sessioni particolari. La settimana di routine prevede una seduta in pista, per il resto si allenano su strada facendo tanto volume. Gli manca un certo numero di gare, ma quello dipende anche dalla situazione legata al Covid. Per questo a febbraio siamo andati ad allenarci a Tenerife cercando proprio di fare volume.

Scartezzini ha corso alla Coppi e Bartali. Anche Bertazzo, ma con il suo team (Vini Zabù)
Scartezzini ha corso alla Coppi e Bartali
Puoi farci un esempio della loro settimana standard?

Il lunedì fanno palestra e un’uscita in bici molto easy. Il martedì si lavora sulla forza: partenze, forza esplosiva, forza massima… Il mercoledì si ripete il tutto ma su pista: con altre intensità e con la specificità del gesto usando la bici da strada e rapporti più lunghi. Il giovedì fanno il lungo, dalle 4 alle 5 ore in base al periodo: sono previste delle salite e dei cambi di ritmo. Il venerdì è dedicato alla velocizzazione, quindi volate, alte cadenze… Il sabato si scarica se magari si corre la domenica o comunque si fa recupero. La domenica, o si corre o si fa una distanza, ma con all’interno dei lavori molto intensi.

Tu li sentivi durante la Coppi e Bartali, cosa ti dicevano la sera a fine tappa?

Sapevano che avrebbero fatto molta fatica, però noi gli avevamo chiesto di metterla in preventivo, di stringere i denti, perché sarebbe stata importantissima. In allenamento quegli sforzi non li replichi.

Ed è stata redditizia questa gara?

Sì – risponde con decisione Bragato – siamo stati soddisfatti. L’obiettivo è stato raggiunto e appena sono tornati in pista si è visto subito che avremmo potuto incrementare, come abbiamo fatto, i carichi di lavoro. Una volta assimilata la corsa a tappe la qualità del lavoro che puoi fare aumenta, si recupera meglio.

E lo avete visto dai test del lattato o da altro?

No, nessun test. Lo abbiamo visto dal ripetersi dei tempi col passare delle ripetute e poi anche dalle sensazioni che avevano i ragazzi. 

Il lavoro in palestra non manca mai per i nostri azzurri
Il lavoro in palestra non manca mai per i nostri azzurri
Comunque allenarsi tanto e correre poco non è facile. La gara è un momento di stimolo, di scarica di adrenalina, di verifica con sé stessi e con gli altri. Essere atleta e non gareggiare può essere frustrante…

Esatto, soprattutto con il livello molto alto che si è raggiunto. Oggi non puoi improvvisare niente e non ti puoi nascondere e si vede dai lavori che hai fatto (o non hai fatto). Fanno fatica i grandi campioni se non sono pronti…

E per il post Tokyo? Hai già pensato ad una loro “riconversione” da stradisti? Per riconversione intendiamo una loro maggiore attenzione alla strada…

Sono scelte personali ma ad ottobre ci saranno i mondiali su pista e poi ripartono le qualificazioni per Parigi 2024. Inoltre alcuni di questi ragazzi sono inseriti nei corpi militari proprio perché corrono in pista. Certo, avranno bisogno di fare delle corse a tappe, perché sono quelle che ti danno una certa continuità fisica e mentale per lo sforzo da riprodurre poi in pista, ma non credo ci saranno delle riconversioni.

Prima di concludere, Bragato vuol sottolineare l’impegno e la dedizione che ci mettono i nostri pistard tra le tante difficoltà che comporta la pista italiana.

«Un plauso sia per coloro che corrono nel WorldTour, che sono competitivi su entrambi i fronti pur con molti impegni, che per gli altri del gruppo. Da noi non è come in Danimarca in cui ci sono i professionisti su pista, per i quali l’attività su strada non è la priorità. Da noi c’è questo mix complesso. E tutto ciò ci dice quanto siano professionali i nostri ragazzi».