Donne: il WorldTour porta soldi, i soldi portano procuratori…

07.10.2021
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Approfittando della presenza imminente dei professionisti, prima alla partenza e poi all’arrivo della Tre Valli Varesine delle donne, non è passata inosservata la presenza di Johnny e Lorenzo Carera e quella di Andrea Noè, che con loro collabora. La loro agenzia si chiama A&J All Sports e, come dicono le iniziali, è stata fondata appunto da Alex e Johnny Carera, di cui Lorenzo è figlio. Insieme a Noè, dopo aver iniziato fra juniores e under 23, il più giovane della famiglia ha iniziato a lavorare come procuratore nel ciclismo femminile. Fra i primi acquisti della squadra, quello di Elisa Balsamo, iridata a Leuven e prossima al passaggio nel WorldTour con la Trek-Segafredo, è stato celebrato con un post su Instagram (foto di apertura).

E’ evidente che prima della nascita del WorldTour femminile, quando gli stipendi delle ragazze erano poco più di rimborsi spese, nessuno di loro si sarebbe sognato un impegno del genere. Ma se lavori a percentuale sui contratti, rendersi conto che fra le donne si può guadagnare più che in certe squadre professional ha fatto drizzare loro le antenne.

Ai mondiali di Leuven, Lorenzo è il primo da sinistra, poi Ghirmay, il padre Johnny e Mulubrhan
Ai mondiali di Leuven, Lorenzo è il primo da sinistra, poi Ghirmay, il padre Johnny e Mulubrhan

La scelta di entrare

Proprio con Lorenzo perciò, una storia da giocatore di tennis alle spalle, proviamo a fare il primo punto della situazione.

«Con Andrea Noè – dice – avevamo la parte dei giovani con l’obiettivo di prendere con noi ogni anno i 2-3 migliori al mondo. Le donne sono in crescita. Abbiamo iniziato a lavorarci perché ci crediamo molto. Gli stipendi stanno già salendo. Se adesso per fare una squadra WorldTour servono 2 milioni di euro, fra due anni magari ce ne vorranno 5. E’ un’occasione di parità, propiziata dal fatto che le squadre WorldTour dei professionisti stanno costruendo l’equivalente al femminile. Con la nascita del WorldTour anche nelle donne, è diventato tutto più professionale. Così abbiamo deciso, passatemi il termine, di entrare a gamba tesa».

La scuderia Carera vanta un elevato numero di atleti e ovviamente non solo i migliori 2-3 al mondo. Alle spalle di Pogacar e Nibali, ci sono infatti tanti giovani fatti passare più per investimento e scommessa che per la certezza che possano portare a casa una bella carriera. Ma tant’è, ormai il flusso di atleti verso la massima categoria prevede un ricambio continuo, con le tematiche e i dubbi che più volte abbiamo sollevato. Sono maturi per passare? Avranno il tempo che serve per fare esperienza? Fra le donne certe tematiche, stante l’assenza della categoria under 23, certi discorsi rischiano di essere ancora più necessari.

Che ambiente avete trovato?

Le ragazze straniere hanno già da un pezzo il loro agente, mentre da noi lavorava soltanto Perego, ma è anche vero che fino a poco tempo fa gli stipendi non erano come oggi. Adesso cominciano ad aver bisogno di persone che le tutelino e la nostra agenzia segue l’atleta a 360 gradi. Non è solo trovare loro un contratto, anche se quello è la parte centrale.

Sulla pagina Instagram di A&J foto e complimenti a Marta Bastianelli per la vittoria in Gran Bretagna (foto The Women’s Tour)
Sulla pagina Instagram di A&J foto e complimenti a Marta Bastianelli per la vittoria in Gran Bretagna (foto The Women’s Tour)
In che modo funzionerà il rapporto, stesse percentuali degli uomini?

Le stesse, anche se nei casi in cui siamo subentrati, quelli in cui l’atleta aveva già firmato il suo contratto, lavoreremo gratis fino alla scadenza o proveremo a migliorarlo. Quello che ci interessa è iniziare la collaborazione, conoscerci per poter sviluppare discorsi futuri.

Parli di Elisa Balsamo?

Aveva già firmato il suo nuovo contratto. Il suo è il caso estremo e magari adesso che è diventata campionessa del mondo, il contratto si potrà rivedere (voci dal gruppo dicono che il tentativo sarebbe già stato fatto, ma la Trek-Segafredo avrebbe rispedito la richiesta al mittente, ndr).

Mancando fra le donne la categoria under 23, vi muoverete anche fra le junior?

Sicuramente ci portiamo avanti. Lo sport in generale sale sempre di livello, ma non siamo noi a decidere. I ragazzi e le ragazze devono sentirsi pronti, dobbiamo stare attenti a non bruciare le tappe.

Sai bene che se proponi a un ragazzino, a volte minorenne, di diventare professionista, è difficile che abbia la maturità per dire di no…

Non tutti i ragazzi sono uguali. Servono il motore e la testa, perché quando vai di là e aprono il gas, se non li hai entrambi hai dei problemi. Ma come dite voi, vanno analizzati tutti i casi. Se si fa un progetto e per il giovane ci sono le giuste tutele, è un conto. Altrimenti non li fai passare mai a casaccio.

Con Bruno Reverberi e Tomas Trainini alla firma con la Bardiani: il ragazzo era davvero pronto?
Con Tomas Trainini alla firma con la Bardiani: il ragazzo era davvero pronto?
Per prendere un minorenne si passa dalla famiglia?

Sempre. E abbiamo anche piacere a farlo, anche se sono più grandi. Ci piace spiegare chi siamo e come lavoriamo, capire la mentalità di una famiglia e quali valori hanno.

Quante ragazze faranno parte della vostra squadra?

Vogliamo mettere un tetto, siamo severi su questo lato, mantenere il nostro livello, fermandoci a una decida di atlete fra italiane e straniere.

Ti occuperai solo tu di loro?

Continuerò a lavorare assieme ad Andrea (Noè, ndr), abbiamo una bella collaborazione. Entrambi ex sportivi, lui con più esperienza nel ciclismo, io più a contatto con le nuove generazioni (Lorenzo è del 1991, ndr) e questo mi permette di capirli meglio.

Attento che Brontolo è suscettibile al tema dell’età…

Lo so, lo prendo spesso in giro dicendogli che è vecchio (una risata, ndr).

Pellaud alla Trek. Domeranno un cavallo selvaggio?

18.08.2021
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Nel comunicato stampa che ha certificato il suo passaggio dall’Androni-Sidermec alla Trek-Segafredo, Simon Pellaud viene definito “globertrotter”, letteralmente giramondo. Ma da noi questo termine indica anche quei corrieri che vediamo sfrecciare con i loro camioncini dappertutto. Coloro che lavorano a testa bassa, che corrono, che non mollano mai e qualche volta sono anche un po’ naif nei loro modi di guidare e fare le consegne… Ed è una bella “foto” di questo spumeggiante svizzero-colombiano.

Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…
Pellaud è passato pro’ nel 2015 alla Iam…

Corridore furbo

Simon non è un ragazzino, ha 29 anni. Aveva già assaggiato il WorldTour ai tempi della Iam, poi alcune vicissitudini lo avevano un po’ imbrigliato. Era finito in una squadra più piccola (la Illuminate), salvo tornare un anno alla Iam. Ma due anni fa, era l’inverno del 2020, eccolo arrivare alla corte di Gianni Savio.

«Simon Pellaud – ci disse al via sotto i quasi 50° della prima tappa della Vuelta a San Juan lo stesso team manager – ricordatevi questo nome…». E infatti eccolo mettersi in mostra ben presto. Lo abbiamo imparato a conoscere al Giro dello scorso anno. Sempre in fuga. Era scaltro, spigliato e molto realista. Prendeva quello che c’era da prendere. «Non posso vincere la tappa? Però qui ci sono due traguardi volanti, un Gpm, il premio della combattività…».

E alla fine questo suo atteggiamento lo ha portato ad essere uno dei pochissimi corridori di squadre non WorldTour a salire sul podio finale di Milano: fu il re dei traguardi volanti nel 2020 e il più combattivo quest’anno.

Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)
Quest’anno ha preso parte al Giro di Romandia e di Svizzera con la nazionale svizzera, eccolo in prima posizione (foto de Waele)

Ossessione WorldTour

Pellaud ha firmato un contratto biennale (2022-2023) con la Trek-Segafredo. Giusto o sbagliato, il WorldTour è l’obiettivo di tutti i corridori: più soldi, partecipazione a gare più importanti, possibilità di disporre spesso di tecnici (nutrizionisti, biomeccanici, psicologi, preparatori…) di primo livello. In generale si hanno più certezze. In un’intervista lui stesso ci confidò: «I miei compagni mi dicono: ma come fai a non essere un corridore da WorldTour?». 

E alla fine ce l’ha fatta. Anche meritatamente. Fughe, allunghi, scatti… ma anche tanta gamba. Per stare fuori tutti quei chilometri, attaccare in discesa e in salita, devi comunque mostrare doti atletiche importanti. Le stesse che portano la sua nazionale a convocarlo spesso. «Sono super orgoglioso di entrare a far parte della famiglia Trek-Segafredo – ha detto Pellaud – Mi sento come un neoprofessionista che torna nel WorldTour dopo un paio di anni passati a prepararmi per questo grande momento».

Sulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fans
Sulle strade d’Italia, ma non solo, Pellaud ha raccolto molti fans

Ultimi scampoli di libertà?

In questi giorni Pellaud si trova nella sua seconda patria: la Colombia. E’ laggiù, ad oltre 2.000 metri di quota della zona di Medellin, che sta preparando il suo finale di stagione. La professionalità non manca. Ha ringraziato a lungo l’Androni e Savio per l’opportunità offertagli. E siamo certi che nelle ultime gare correrà ancora di più con il coltello tra i denti: con più serenità per il contratto messo in tasca, ma anche con la consapevolezza che saranno gli ultimi scampoli da “pirata” del gruppo. Cioè di attaccante libero.

«La Trek è stata una squadra che ho sempre sognato – ha ripreso Pellaud- So di aver raggiunto la maturità. Potrò essere un gregario nel WorldTour. Non vedo l’ora di dare il 100% delle mie capacità, del mio impegno e della mia personalità al Team. Sento che è la situazione perfetta per me, perché in questa squadra c’è un’ottima atmosfera. Quando ho parlato con Guercilena sono “andato all-in” (o tutto o niente, ndr)».

Giro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der Hoorn
Giro 2021, tappa di Canale: Pellaud è l’ultimo ad arrendersi a Van der Hoorn

Aiutare ma…

«Simon ha guadagnato spazio e visibilità con grinta e abnegazione – ha detto proprio Guercilena – la stessa che ci aspettiamo da lui nelle prossime stagioni. Può essere un valore aggiunto immediato per il team. Sarà un elemento prezioso al fianco dei capitani, ma di certo non vogliamo che perda il suo spirito aggressivo. L’obiettivo comune è valorizzare le sue qualità per il bene della squadra».

E su quest’ultima frase del team manager milanese Pellaud può riflettere. Se non fosse un semplice gregario? Se Simon fiuterà qualche possibilità se la saprà giocare. E lo saprà fare a modo suo. Nel rispetto dei compagni, con il pragmatismo svizzero e il cuore sudamericano. Di certo Pellaud alla Trek è un bell’esperimento. E’ come domare un cavallo selvaggio. E non vediamo l’ora di vedere sul campo ciò che succederà.

Tour de Pologne: tutti a caccia del trono di Remco

08.08.2021
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Parte domani il Tour de Pologne, corsa di sette giorni per 1.140,5 chilometri, che nel 2020 fu la prima gara a tappe dopo il blocco Covid e la ripartenza di agosto in Italia. Del 2020 ricordiamo la vittoria di Evenepoel e quella di tappa di Ballerini, mentre è difficile dimenticare la brutta caduta innescata da Groenewegen, che stava per costare cara a Jakobsen.

Campioni e tappe

Dei preparativi vi abbiamo raccontato nei giorni del Tour de France, parlandone con Agata Lang, figura centrale dell’organizzazione del Pologne. Ma adesso che il nostro Simone Carpanini è già sul posto, è venuto il momento di presentare le tappe e gli attori protagonisti attraverso le parole dei direttori sportivi che guideranno le squadre in gara

Prima tappa, Lublin-Chelm: 216,4 chilometri, 1.522 metri di dislivello
Prima tappa, Lublin-Chelm: 216,4 chilometri, 1.522 metri di dislivello

Uae per Ulissi

«Sarà una corsa bella e varia – dice Fabio Baldato (UAE-Team Emirates) – più aperta ai passisti-scalatori e ai corridori da Ardenne, con un buon spunto veloce. Di sicuro bisognerà difendersi nella cronometro che è uno di punti cruciali della corsa, dove probabilmente si deciderà la classifica finale. La squadra potrà contare su specialisti come Mikkel Bjerg per le cronometro e Fernando Gaviria per gli arrivi in volata, mentre sarà Diego Ulissi a cercare di centrare le tappe con i traguardi da finisseur e a tentare la scalata alla maglia di leader. Le tappe fondamentali che faranno la selezione per la scalata alla generale sono sicuramente la seconda con l’arrivo sullo strappo e la classica frazione di con traguardo a Bukovina. Mentre la crono segnerà i distacchi definitivi per la classifica.  Si prospetta come una bella sfida all’ultimo secondo, incerto fino alla fine».

Seconda tappa, Zamosc-Przemysl. 200,8 chilometri, 1.591 metri di dislivello
Seconda tappa, Zamosc-Przemysl. 200,8 chilometri, 1.591 metri di dislivello

Deceuninck a più punte

Non ci sarà Remco Evenepoel, vincitore con prepotenza lo scorso anno. «Penso che abbiamo una squadra molto buona per affrontare questo Tour de Pologne al meglio – commenta Geert Van Bondt (Deceuninck -Quick-Step) – con Alvaro Hodeg che ha mostrato la sua buona condizione nelle ultime settimane. Vedo buone opportunità per lui nella terza e nella settima tappa, che sicuramente saranno frazioni che favoriranno gli sprinter. Anche João Almeida e Rémi Cavagna sono in forma e molto motivati per la gara. Possiamo inoltre contare su Mikkel Honoré, che ci ha regalato una grande prestazione una settimana fa a San Sebastian, mentre Tim Declercq, Ian Garrison e Stijn Steels correranno in appoggio. La particolarità di questa edizione del Giro di Polonia è che ci sono sette tappe molto diverse tra loro e dà la possibilità ad ogni tipo di corridore di vincerne una».

Terza tappa, Sanok-Rzeszow: 226,4 chilometri, 2.625 metri di dislivello
Terza tappa, Sanok-Rzeszow: 226,4 chilometri, 2.625 metri di dislivello

Tre tappe chiave

«I punti cruciali dell’edizione 2021 del Tour de Pologne, fondamentali per conquistare la vittoria finale – dice Frans Maassen (Jumbo-Visma) – sono la seconda, la quarta e la quinta tappa, oltre alla cronometro individuale che è molto importante, ovviamente. Il segreto del successo quindi è sopravvivere a tutte le salite ed essere molto forti nella crono».

Quarta tappa, Tarnow-Bukovina Resort: 159,9 chilometri, 2.567 metri di dislivello
Quarta tappa, Tarnow-Bukovina Resort: 159,9 chilometri, 2.567 metri di dislivello

Occhio agli abbuoni

«Il Giro di Polonia è una corsa prestigiosa grazie alla sua lunga storia – dice Rolf Aldag (Team Bahrain Victorious) – e al fatto che la famiglia Lang usa la propria esperienza per costruire una gara emozionante. Rispetto al passato, il percorso ha meno tappe di pura salita, il che potrebbe renderla una gara di secondi, non di minuti, per la classifica generale. Già nel finale della seconda tappa, possono essere persi alcuni secondi importanti. La cronometro individuale di 19 chilometri non creerà grandi distacchi, ma sarà decisiva per la generale. La quarta tappa ha due salite più lunghe nel finale, questo significa che gli scalatori tradizionali che puntano alla maglia di leader dovranno  cercare di distanziare gli scattisti. Quindi le tappe due, quattro e sei saranno fondamentali per vincere il Giro di Polonia, mentre le tappe uno, tre e cinque possono essere una prova di forza per i velocisti. E anche gli abbuoni alla fine potrebbero fare la differenza».

Quinta tappa, Chokolow-Bielsko Biala: 172,8 chilometri, 2.530 metri di dislivello
Quinta tappa, Chokolow-Bielsko Biala: 172,8 chilometri, 2.530 metri di dislivello

Sobrero, prove da leader

«Il Tour de Pologne di quest’anno – dice Stefano Zanini (Astana – Premier Tech) – ha un bel percorso, con ottime opportunità per tutti i tipi di corridori, un vantaggio per lo spettacolo. Le due tappe per scalatori saranno fondamentali per la classifica e anche la crono, tecnica e lunga, potrebbe fare la differenza e mettere dei secondi tra gli uomini di classifica. Noi schiereremo una squadra che può fare bene. Sobrero sarà il nostro uomo per la cronometro, ma sia lui che Pronskiy proveranno a posizionarsi nella generale, senza stress. Gli altri aiuteranno i capitani ma saranno anche liberi di andare in fuga e conquistare una tappa».

Sesta tappa, cronometro Katowice-Katowice: 19,1 chilometri, 126 metri di dislivello
Sesta tappa, cronometro Katowice-Katowice: 19,1 chilometri, 126 metri di dislivello

Bukovina e la crono

«Ho vinto un Tour de Pologne da tecnico con Dylan Teuns – dice Maximilian Sciandri (Movistar Team) – ed è una corsa sempre abbastanza impegnativa come tracciato. Ha un buon inserimento nel calendario, un ottimo percorso e una buona organizzazione, e questo aiuta sempre. Noi abbiamo portato una squadra intorno a Ivan Cortina per gli arrivi veloci con gruppo ristretto e Matteo Jorgenson per la classifica. Credo che la tappa di Bukovina e la cronometro saranno decisive, specialmente se il tempo non sarà clemente».

Settima tappa, Zabrew-Krakow: 145,1 chilometri, 863 metri di dislivello
Settima tappa, Zabrew-Krakow: 145,1 chilometri, 863 metri di dislivello

Tanti italiani

Domani si parte e il campo partenti è di assoluta qualità. Non mancano gli italiani. Oltre ai già citati, vedremo al via Capecchi, Vendrame, Martinelli e Boaro, oltre ad Alessandro De Marchi, rientrato al Wallonie e poi a San Sebastian. Aleotti e Fabbro, Attilio Viviani e Sabatini. Moscon e Pasqualon con Rota che vorrà rifarsi della beffa di San Sebastian. Cataldo e Villella, Konychev, Conca, Oldani e Tiberi, atteso dalla crono. Sarà una corsa certamente intensa, l’ideale per recuperare dal fuso orario giapponese e riprendere le abitudini europee. A tutti, in bocca al lupo.

Perni passanti, l’elemento in più

05.11.2020
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Partendo dall’articolo sulle performance delle bici, ma più in generale dei materiali utilizzati nel WorldTour continuiamo ad analizzare “pezzo per pezzo” gli elementi che più contribuiscono a queste “super” prestazioni. Partiamo dai perni passanti.

Oggi la bici da strada ha preso molto dalla Mtb. Il settore dell’offroad ha fatto passi da gigante sulla tecnica ed è più “avanti”. Ma non perché “di là” siano più intelligenti, semplicemente perché hanno più esigenze da fronteggiare. Su strada fino a pochi anni fa l’obiettivo era uno solo: ridurre il peso. E non a caso per quel che riguarda il carbonio la bici da strada è avanti. Poi è subentrata l’aerodinamica come abbiamo visto.

E’ stato il freno a disco a spalancare le porte al perno passante. Si tratta dell’elemento che forse più di tutti ha stravolto la bici da strada e l’ha resa più efficiente in termini di scorrevolezza e anche di comfort.

Il perno passante nella nuova Lapierre Aircode Drs
Il perno passante nella Lapierre Aircode Drs

Già nel 2016 un certo Fabian Cancellara ci disse che stava provando in allenamento il freno a disco. E la cosa che lo aveva colpito di più era stato proprio il perno passante. In vista delle Olimpiadi di Rio tuttavia non poteva utilizzarlo in quanto Trek (ma anche altri brand) non prevedevano all’epoca la bici da crono con questa tecnologia.

Perni maggiorati

Su strada non c’è bisogno delle maggiorazioni “Boost” (148 millimetri) che sono usate nella Mtb. Quindi i perni posteriori sono tutti larghi 142 millimetri al posteriore. I vecchi assi erano più stretti di 7-9 millimetri (mediamente), infatti spesso il morsetto tendeva a stringere il carro. Una base più larga vuol dire un peso distribuito su un’area maggiore e quindi meno pressione sul singolo punto e più scorrevolezza. 

Non solo. Prima questo peso era distribuito su un’asse (il perno del morsetto) il cui diametro era di circa 2,5 millimetri, adesso invece è di 1,2 centimetri. Un abisso. E’ questa la chiave della maggiore efficienza, che rende tutto più fluido e che smorza le vibrazioni che arrivano alla bici.

Lo stesso concetto lo ritroviamo all’anteriore: asse largo 100 millimetri e diametro di 1,2 centimetri. E poco importa se carro e forcella si sono dovuti allargare. Anzi, con le ruote di ultima generazione è anche meglio dal punto di vista aerodinamico come vedremo. Senza contare che una base d’appoggio maggiore assicura più stabilità sia quando si gira, sia quando si va dritti. 

Sganci veloci

In molti restano scettici però sul fatto che il perno passante richieda più tempo in caso di foratura poiché va svitato e non ha lo sgancio rapido. Anche in questo la tecnica ha fatto passi da gigante. Sempre DT Swiss ha reso per prima il perno passante quick release e lo ha fornito a molti marchi. Un qualcosa di simile ha fatto Mavic.

La brugola per svitare il perno passante è il morsetto stesso
Per svitare il perno si usa il morsetto stesso

Un perno che va inserito nella sua filettatura richiede una decina di secondi di più rispetto ad uno sgancio tradizionale per la sostituzione. Ma si ha la certezza che la ruota sia perfettamente centrata. Alcuni professionisti avevano la “brugola” nella tasca, nel caso si fossero fermati avrebbero iniziato a svitare la ruota in attesa dell’ammiraglia.

Sensazioni ingannevoli

Infine un appunto sulle sensazioni di reattività. Ruotando attorno ad un perno più largo si ha l’idea che la bici sia meno reattiva nelle primissime pedalate. Il che può anche starci, i numeri però dicono altro. E’ come se la “coppia” di una macchina avesse meno picco, ma durasse di più. Una volta poi lanciati, il confronto è impietoso. Si parla di 10 watt risparmiati ad una velocità superiore ai 40 all’ora per chi pesa 80 chili e di 8,3 watt per chi ne pesa 70.

Atleti WorldTour più performanti. Perché?

03.11.2020
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Non sono passate inosservate le parole di Marco Frapporti. Il corridore della Vini Zabù Ktm ha detto che a parità di watt espressi rispetto ai corridori del WorldTour, questi andavano più forte. Segno di materiali più performanti. E queste considerazioni a quanto pare non le ha fatte solo Frapporti. In passato anche Martinelli e Aru avevano notato tali differenze, pur appartenendo entrambi a squadre WorldTour. Questo significa dire che ci sono alcune squadre che lavorano meglio di altre, o hanno “pacchetti” migliori.

Oggi i corridori che possono scegliere il team, mettono sul piatto della bilancia anche lo sviluppo e la ricerca sui materiali.

Frapporti in azione. Analizzando i dati di Velon ha notato differenze importanti
Frapporti analizzando i dati di Velon ha notato differenze importanti

Le bici

Il primo elemento che fa la differenza sono le bici. Le aziende pensano prima di tutto al materiale da vendere, ma poi c’è tutta un’altra sezione che pensa allo sviluppo e che non ha come scopo primario (almeno in un primo momento) quello del mercato. La svolta è avvenuta nel 2011 quando Specialized ha presentato la Venge, la prima vera bici aerodinamica.

«Una scelta dice – il responsabile dei rapporti con i due team WorldTour del brand californiano, Giampaolo Mondini – nata dal fatto che le velocità medie erano sempre più in alto. Ormai nel 70 per cento delle corse la prima ora di gara fila via ad oltre 50 di media».

Ma il discorso non si limita alla sola aerodinamica. Il cruccio del peso resta sempre cruciale per gli atleti. Si dice che uno degli elementi di rottura tra Bianchi e la Jumbo Visma sia stato proprio questo. Vi siete chiesti perché non hanno il classico celeste Bianchi ma sono nere? Sembra per risparmiare qualche etto sulla verniciatura. E questo per un brand che fa del suo colore un segno identificativo è il segno di come la prestazione sia diventata primaria.

Il perno passante

L’utilizzo di materiali sempre migliori, non solo leggeri ma anche confortevoli, ha segnato lo sviluppo dei restanti componenti.

Un passo in avanti importante è stato l’arrivo del freno a disco, ma non del freno in sé per sé, ma perché si è portato dietro (dalla Mtb) il perno passante. Quando con freni a disco e perno passante si è arrivati ai 6,8 chili c’è stata la vera svolta. Uno studio dice che un corridore di circa 80 chili ad una velocità superiore ai 40 chilometri orari con il perno passante guadagna 10 watt. Un valore enorme, tanto più nel ciclismo di oggi in cui le differenze sono minime.

E' vero che i corridori delle squadre WorldTour a parità di sforzo vanno più forte? A quanto pare si. Cerchiamo di capire perché...
Il tubolare non ha più il monopolio tra i corridori professionisti
Il tubolare non ha più il monopolio tra i pro’

Ruote e gomme

Anche questo è un passaggio molto importante. Viviamo una piena era di transizione. L’avvento del disco ha eliminato il “problema” della pista frenante sulla fibra in carbonio: qualcosa che ha spalancato le porte al tubeless e al ritorno del copertoncino.

Qui il dibattito è ampio e spesso soggettivo. Alcune aziende sostengono il copertoncino, più scorrevole, con meno rischio di forature e un peso accettabile. La vecchia scuola, a cui spesso appartengono i corridori, è per il tubolare. Altre aziende puntano sul tubeless. Quest’ultimo è forse riconosciuto universalmente come il futuro, ma la tecnologia è ancora ad uno stato troppo embrionale. Perché? Prima di tutto per il discorso del peso, che a sua volta è legato a quello delle ruote. Secondo per una questione di rischio foratura. Per essere davvero efficiente, il tubeless deve essere montato su una ruota specifica e non su un cerchio tubeless ready. Ma una ruota apposita pesa di più.

Una cosa è certa però, il copertoncino non è più demonizzato come una volta, basta vedere che cosa ha utilizzato Ganna nelle cronometro. 

Sella e posizione

Negli ultimi tre anni si è visto un radicale avanzamento del corridore rispetto alla proiezione del movimento centrale. Perché? Perché si spinge di più e perché si esce da 50 anni di “letteratura” biomeccanica secondo la quale il corridore più era disteso e meglio era. Gli studi biomeccanici e aerodinamici dicono altro. 

Le nuove selle “corte” o quelle in 3D con una seduta più morbida, consentono ai corridori di essere più comodi a fronte di spinte più potenti sulle ossa ischiatiche. Stando più avanti, l’atleta spinge di più, vero, ma imprime anche più pressione su quei punti. Con selle normali poteva essere doloroso, con queste no.

A partire dalle selle viene rivista tutta la posizione: attacco manubrio, posizionamento delle tacchette (non più strettamente in punta), misura dei telai…

Fizik Anteres Adaptive è una delle moderne sella 3D viste al Giro
Fizik Anteres Adaptive, sella 3D viste al Giro

WorldTour e sviluppo

Il discorso è molto ampio. Alcune aziende pensano solo in ottica mercato, altre hanno un settore specifico per ricerca e sviluppo. Chi lo fa denota in gruppo una grande differenza.

Prendiamo Sram. L’imposizione del 50-37 è stata a lungo osteggiata dai corridori. Alla fine la Trek-Segafredo ha ottenuto anche le corone classiche con il 52. Ma non tutti i team ci sono riusciti. Si capisce che la distanza tra esigenze di mercato (gli amatori) e quelle agonistiche sono ampie. Cosa che invece, sempre per Sram, è diversa nella Mtb dove al contrario va a stretto braccio con i biker. 

Alcuni team WorldTour sono attenti ai dettagli e al vestiario, ma non hanno alle spalle un grande supporto dei brand. Sunweb per esempio sembra essere molto vigile sullo sviluppo del vestiario, degli accessori, ma voleva qualcosa di più sulle bici… e guarda caso passerà a Scott.

Ci sono poi delle clausole sui contratti come nel caso di Ineos-Grenadiers. Una squadra può anche utilizzare materiali diversi da quelli stabiliti col fornitore, ma poi rischia di giocarsi lo sponsor per gli anni successivi. Tuttavia anche tali scelte denotano l’interesse di un team ad investire sulla performance dei materiali e di riflesso degli atleti.