Le parole sono finite. Immenso Van der Poel. E grande Alpecin

07.04.2024
6 min
Salva

ROUBAIX (Francia) – Non gli basta la sua vittoria. Ad un certo punto quando entrano nel velodromo i suoi primi inseguitori smette di abbracciare la sua compagna, fa un passo verso la pista e si gusta lo sprint. Fa un cenno di coraggio al suo compagno Jasper Philipsen impegnato nella volata. Basta questa immagine, per sintetizzare il dominio totale di Mathieu Van der Poel… e della sua Alpecin-Decuninck.

Le due biondine, sono fidanzate proprio dei primi due, Van der Poel e Philipsen. Si abbracciano, sono tese. Soprattutto la compagna di Philipsen. Quando il compagno vince lo sprint lancia un urlo incredibile.

La foto non è super ma rende l’idea: VdP (di spalle in maglia iridata) ha appena finito di festeggiare e si gode lo sprint di Philipsen
La foto non è super ma rende l’idea: VdP ha appena finito di festeggiare e si gode lo sprint di Philipsen

Doppietta Alpecin

E’ dunque doppietta Alpecin-Deceuninck a Roubaix. La squadra dei fratelli Roodhooft, Christoph e Philip, porta a casa così il terzo Monumento su tre in stagione. E potrebbe non essere finita qui visto che VdP tirerà dritto fino a Liegi.

Rispetto a Visma-Lease a Bike e UAE Emirates certamente la squadra belga paga qualcosa, però quando sono in corsa corrono forse meglio di chiunque altro.

Si vede proprio che hanno le idee chiare, che sanno ciò che devono fare e sanno che poi ci sarà qualcuno che quasi certamente finalizzerà per loro. Se poi quel qualcuno è VdP il risultato è quasi una certezza.

«Un corridore come Mathieu – dice Edward Planckaert – ti dà tanta, tanta sicurezza. Noi sappiamo che dobbiamo fare un certo lavoro. Ognuno ha il proprio compito e questo ti spinge a dare di più. In squadra c’è davvero una bella atmosfera di amicizia».

«Se è vero che tiro per due? Questo non lo so – ci dice Dillier – so che dovevo fare bene il mio lavoro. E il mio lavoro oggi era di tenere avanti la squadra. La corsa poi è andata come volevamo, ma con un Mathieu così è anche facile. L’importante è tenerlo davanti… Poi ci pensa lui».

Mathieu Van der Poel (classe 1995) vince la seconda Roubaix consecutiva e mette in bacheca il sesto Monumento
Van der Poel (classe 1995) vince la seconda Roubaix consecutiva e mette in bacheca il sesto Monumento

Parla Christoph

Siamo dunque sicuri che l’Alpecin-Deceuninck sia così inferiore agli squadroni? Ripetiamo la stessa domanda di domenica scorsa. Nomi in rosa e punti UCI alla mano, sembra che alcune squadre siano messe meglio è vero. Ma poi quello che conta è la strada. E le corse, specie le classiche, le vincono loro. Per ora i fatti stanno dando nettamente ragione alla Alpecin-Decuninck.

«E’ incredibile – ci dice Christoph Roodhooft, il direttore sportivo – abbiamo sette Monumenti in bacheca. Van der Poel è il nostro uomo leader, ma anche gli altri sono stati forti. Penso per esempio a Gianni (Vermeersch, ndr) che oggi ha avuto un ruolo cruciale».

«Dite che siamo uno squadrone ormai? Sì, ma restiamo sempre gli stessi. Sappiamo che nelle gare di un giorno possiamo dire la nostra. Per il momento sicuramente non c’è l’idea di cambiare e di pensare ad un grande Giro. Vogliamo essere competitivi in gare come Roubaix, Flandre, Sanremo, gare che possiamo vincere. E poi quest’anno è così, ma non è detto che lo sarà anche nei prossimi anni, quindi è bene godersi il momento. No, non pensiamo al gap con altri team».

C’è consapevolezza come ha detto suo fratello Philip.

Tutti per uno

Un leader e tanti uomini vicino. Roodhooft è d’accordo con questo punto di vista. Ma non tanto, o meglio, non solo in rapporto a Van der Poel, ma anche agli altri. In Alpecin-Deceuninck si corre per chi può vincere e le forze si concentrano su di lui.

«Oggi – riprende il diesse – la tattica è stata quella che volevamo. Eravamo dove volevamo essere. Oscar Riesebeek e Silvain Dillier hanno lavorato nella prima parte, esattamente come dovevano fare. E gli altri sono stati molto bravi: anche loro erano al posto giusto nel momento giusto. L’attacco di Mathieu è stato perfetto e nel momento giusto. In quel tratto il vento non era a favore ma laterale. In quel modo andare via sarebbe stato un uomo contro un uomo. E lui era il più forte».

Prima di congedarci, chiediamo al tecnico belga cosa abbia detto in tutti quei chilometri di fuga solitaria al suo pupillo. E finalmente nel risponderci sorride: «Che non avevo più parole!».

Certe cose restano in ammiraglia o negli auricolari delle radiolina, insomma.

La classe, l’eleganza e la potenza dell’olandese. Anche oggi 59,5 km di fuga solitaria
La classe, l’eleganza e la potenza dell’olandese. Anche oggi 59,5 km di fuga solitaria

Determinazione Mathieu

Infine ecco il protagonista di giornata. Finalmente arriva in sala stampa. Appare molto più fresco rispetto a domenica scorsa. A parte una rapida stirata alla schiena dopo l’arrivo, non ha mai dato un cenno di fatica.

Ha corso senza guanti, ha guidato come un drago, ha spinto come un ossesso. E si è anche goduto, per sua stessa ammissione, gli ultimi 10 chilometri.

«Stress? Certo – dice Van der Poel – la pressione c’era e in una corsa come la Roubaix può succederti di tutto anche se sei il più forte, ma sapevo che potevo contare su un’ottima squadra. Sono orgoglioso di tutti loro».

«Rispetto al Fiandre, la Roubaix è una corsa differente e oggi ancora di più, visto che il meteo era diverso. La gara era più aperta. Ma io stavo incredibilmente bene. Ritengo sia stato importante andare in Spagna quei giorni per allenarmi al sole tra le due gare. Mi hanno fatto bene». 

Non solo gambe

L’iridato è una sfinge. Anche se più di altre volte sembra felice. E prosegue con il racconto della sua ennesima impresa. 

«Sono partito ad Orchies perché ho creduto fosse un buon momento – riprende VdP mostrando anche una grande intelligenza tattica – vento e pavè erano giusti. Sapevo che dopo quell’attacco sarei rimasto solo, ma sapevo anche che dopo qualche chilometro il vento sarebbe tornato favorevole e quindi dalla mia parte.

«Cosa mi passava nella testa in quei chilometri? Nulla di particolare, cercavo di restare concentrato, specie nei tratti in pavè. Non bisognava sbagliare nulla e guidare bene. Ho cambiato bici perché avevamo preparato due gomme diverse. Una più stretta per la prima parte di gara, così da risparmiare un po’ di energie, e una più larga e un po’ più sgonfia per la seconda».

Anche questo cambio di bici denota quella precisione, quell’attenzione ai dettagli che Jasper Philipsen ha esaltato a fine corsa. Insomma. Van der Poel è fortissimo, e si sa, ma la sua squadra non è da meno. E ora sotto con l’Amstel Gold Race.