Il ritorno di Barguil grazie all’erroraccio dei più forti

11.03.2022
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Barguil finì quel Tour con una luce selvaggia negli occhi, dopo una stagione di sfortuna nera che veniva da un altro anno particolare. Nel 2016 c’era anche lui – vincitore di due tappe alla Vuelta del 2013 quando aveva ancora 22 anni – nel gruppo di corridori travolti a Calpe da un’auto contromano. Incidente che costò a lui lo scafoide e a Degenkolb la perdita di un dito e la carriera.

Al Tour del 2017, Barguil vinse la sua seconda tappa sull’Izoard
Al Tour del 2017, Barguil vinse la sua seconda tappa sull’Izoard

Dalla Sunweb alla Arkea

Classe 1991, un anno meno di Pinot e Bardet, disse sin da subito di non avere le gambe e la testa per giocarsi il Tour. Eppure il Tour lo chiamava e il Team Sunweb credeva in lui, perciò fu una mazzata la caduta al Giro di Romandia dell’anno successivo in cui si ruppe il bacino. Rientrò malamente al Delfinato. Soffrì al Tour, ma ne uscì con due tappe vinte e la maglia a pois. Poi sposò il progetto di una piccola squadra – la Fortuneo-Samsic – fece uscire dai gangheri il management della Sunweb e da quel momento iniziò il blackout, interrotto oggi sul traguardo di Fermo alla Tirreno-Adriatico.

«E’ una lunga storia – sorride – quella piccola squadra ha avuto bisogno di crescere. Venivo da grandi team e ho messo il mio tempo e la mia energia nel far sviluppare il team che ora si chiama Arkea-Samsic. Nel frattempo però sono arrivati corridori fortissimi, che fanno sembrare i miei 6,5 watt per chilo una piccola potenza. E io che non ho certo i loro numeri, ho capito di non poter fare corsa di testa e preferisco sfruttare la tattica di tappe in fuga».

In avvio di tappa, attacco di Alaphilippe: il campione del mondo è in cerca della condizione
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L’errore di Pogacar

La tappa di Fermo, quella dei cosiddetti Muri fermani, ha detto soprattutto che il UAE Team Emirates ha mal considerato la fuga. E quando nell’ammiraglia si sono resi conto che davanti Benjamin Thomas pedalava da chilometri con la maglia di leader virtualmente sulle spalle, hanno preso la squadra e l’hanno spremuta. Formolo, Majka e Soler hanno fatto egregiamente il loro dovere. La fuga è stata quasi tutta riassorbita, ma complice un incredibile errore di percorso di Pogacar, Evenepoel e Vingegaard, Barguil ha conservato il margine che gli ha permesso di vincere.

«Eravamo in discesa – ha raccontato Pogacar – la strada principale si vedeva benissimo, la curva no. C’era una piccola freccia sulla destra, era impossibile a quella velocità vederla. Penso che senza quell’errore sarebbe cambiato tutto. Evenepoel e Vingegaard stavano andando forte e io con loro. Volevamo vincere la tappa, probabilmente ci saremmo riusciti».

Formolo, poi Majka e Soler hanno fatto il lavoro duro per tenere la fuga nel mirino
Formolo, poi Majka e Soler hanno fatto il lavoro duro per tenere la fuga nel mirino

L’errore di Remco

Il rammarico ovviamente è stato superiore per Evenepoel, che ha attaccato forte e poteva finalmente giocarsi la tappa.

«Oggi mi sentivo bene – ha detto il belga – e avevo una squadra fantastica intorno a me, che ha lavorato duramente per proteggermi. Quando la UAE ha preso il controllo del ritmo, la velocità è aumentata e ho capito che era arrivato il momento giusto per attaccare. Sono stato raggiunto solo da Pogacar e Vingegaard e siamo andati a tutto gas. In quella discesa non c’era quasi niente o nessuno a indicarci che dovevamo andare a destra, quindi invece di girare abbiamo continuato dritti e il nostro attacco si è concluso lì. Per fortuna ho avuto le gambe per recuperare il gap e con l’aiuto di Ballerini sono riuscito a rientrare nel gruppo, ma è un peccato come sono andate le cose in un momento in cui sembravano così belle».

Buon terzo posto per Simone Velasco, al primo podio in maglia Astana
Buon terzo posto per Simone Velasco, al primo podio in maglia Astana

Al Giro nel 2023

Barguil ringrazia e ride senza ritegno, come quando ti scrolli di dosso una maledizione. Va bene che la squadra dovesse crescere, ma era tempo di trasformare in vittoria la lunga fila di piazzamenti degli ultimi anni.

«Non ero mai stato alla Tirreno-Adriatico – racconta – e la trovo più dura della Parigi-Nizza, ma molto meno stressante. Non ci sono ventagli tutto il giorno. Ho scoperto di trovarmi molto bene con queste strade e mi dispiace davvero molto che la squadra non farà il Giro. Vincere una tappa sarebbe stato l’obiettivo della stagione. Ma la mia carriera non finisce qui, perciò ci tornerò l’anno prossimo. Io non ho vissuto sulla mia pelle le pressioni di Pinot e Bardet, cui hanno sempre chiesto di vincere il Tour. Io ho detto subito di non averne le qualità, perché conosco le mie possibilità. Ci alleniamo sempre duramente. Facciamo i nostri training camp. Stiamo per mesi lontani dalle nostre famiglie. I risultati possono venire come no, ma non si possono fare commenti in base a questo».

Era stato in fuga anche ieri, come sentendo nelle gambe che la forza giusta fosse in arrivo. Chissà se domani sulla salita che chiamerà in prima fila gli scalatori vorrà mettersi nuovamente alla prova. Di sicuro, con Evenepoel che insegue Pogacar ad appena 9 secondi, qualcosa su e giù dal Cippo succederà.