Giro, Tour, Vuelta: come cambia il gruppetto? Ce lo dice Consonni

13.07.2022
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Lo abbiamo visto al Giro d’Italia. Lo vediamo in questi giorni al Tour de France e lo rivedremo alla Vuelta Espana: parliamo del gruppetto. Il mitico… salvagente dei velocisti. Ma è possibile metterli a confronto? O alla fine sono tutti uguali? Nei giorni scorsi una prima distinzione l’aveva fatta Dainese. Sprinter, apripista, passistoni, gente che non punta alla classifica che arranca (o si risparmia in salita) e spinge pancia a terra in discesa e nei fondovalle….

Simone Consonni, velocista, ha preso parte a tutti e tre i grandi Giri e tutte le volte ha avuto a che fare con il gruppetto. Indirettamente ne parlammo con lui proprio nelle tappe di montagna al Giro d’Italia e nello specifico la sera di Aprica, dopo il Mortirolo.

Simone Consonni nel Tour 2020 ha aiutato Viviani. Entrambi rischiarono di finire fuori tempo massimo in alcune tappe di salita
Simone Consonni nel Tour 2020 con Viviani, rischiando a volte di finire fuori tempo massimo
Simone, è possibile mettere a confronto il gruppetto dei tre grandi Giri?

Tutto dipende da come ci si arriva, fisicamente e mentalmente, soprattutto nella terza settimana, che solitamente è quella con più salite e ha poco da dire al velocista. Forse la terza settimana ha un po’ più di valore al Tour perché c’è l’arrivo dei Campi Elisi che tiene alta la tensione per noi uomini veloci. Quindi la soffri di più, ma con la volata finale di Parigi sei più motivato.

E ci sono delle differenze quindi?

Un po’ sì. Credo che il gruppetto del Tour sia il più duro, quello che richiede più gambe. I motivi principali sono due: tempi massimi, che sono un po’ più stretti, e perché si va più forte. Al Tour chi attacca, anche nelle tappe di salita, è gente come Van Aert, Alaphilippe… Corridori, campioni che vincono le classiche. E quando si muovono loro si sente. Come watt medi necessari per restarci, il gruppetto del Tour è il più difficile.

Quello del Giro?

E’ il gruppetto che conosco meglio, visto che ho disputato quattro volte la corsa rosa. Per un velocista è il più duro mentalmente. Tanto per tornare al Crocedomini di cui parlavamo la sera dell’Aprica: parti e ti trovi di fronte tante salite lunghe, sai che ti aspettano 6-7 ore di processione da solo con la tua bici. Anche se vicino ci sono gli altri. E peggio ancora se resti da solo davvero, se ti stacchi subito. Questo anche perché le salite tendenzialmente sono un po’ più dure. Alla fine infatti il gruppetto del Tour è un po’ più veloce. Su salite più pedalabili riesci a farti compagnia. Il gruppetto del Giro lo definirei di sfinimento.

Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Bella questa: gruppetto di sfinimento…

Eh sì. Pensate ai “trittici” del Giro con tappe di 4-5.000 metri ognuna in successione. A livello mentale fai fatica anche a colazione. In quel momento pensi che mangiare 30-40 grammi in meno ti possa aiutare in salita.

E quello della Vuelta? Alcuni tuoi colleghi ci hanno detto che per certi aspetti sia il peggio di tutti visti i percorsi con tante salite sin dal via…

Premesso che la Vuelta è stato il mio primo grande Giro, con poca esperienza e poche gambe, non vorrei dire falsità! Vero, in parte è così: è il peggiore. Il gruppetto della Vuelta è più altalenante. Spesso ci sono salite sin dall’inizio, ma il problema più grande è che con tante salite, in Spagna ci sono meno velocisti. Ed è un gruppetto più risicato. Quando l’ho fatta io per fortuna c’era anche Elia (Viviani, ndr) che aveva i suoi due o tre uomini di fiducia e così mi sono appoggiato a lui. Ed è stato un bel riferimento. Il gruppetto della Vuelta è più difficile da prendere. 

Cosa intendi?

In tanti, anche i corridori veloci, usano la Vuelta per preparare il mondiale, specie se è un mondiale veloce. Così succede che anziché staccarsi nelle tappe dure, provano a tenere sulle prime salite proprio per allenarsi. Quindi nel gruppetto restano in pochi e non si forma subito.

Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Insomma, nel gruppetto non si va a spasso…

No, no… In generale il gruppetto più duro è quando non stai bene. Se invece ci sei, se hai la gamba lo tieni benone.

E sta cambiando? Una volta si andava piano in salita e si tirava in pianura…

In linea di massima questo è ancora così. Semmai ho notato che negli ultimi anni i tre grandi Giri si stanno livellando come tipologia di percorsi. La distinzione resta, ma è sempre meno marcata. E anche i corridori sono tutti super preparati. La differenza alla fine la fanno la tua condizione e l’approccio mentale. E in tal senso il Giro è il più duro. Alla Vuelta anche se non c’è la tappa finale in volata, ma c’è la crono, pensi al mondiale. Al Tour c’è lo sprint di Parigi, ma al Giro? Tutta fatica per cosa? L’anno del Covid, che feci Tour e Giro in successione, l’ultima settimana fu devastante, tanto più sapendo che poi sarei andato in vacanza e che la tappa finale era a crono.

Prima hai detto che ti appoggiavi a Viviani. Ci si aiuta?

Al via di un grande Giro, la prima cosa che fa uno sprinter è guardare le squadre degli altri velocisti. E quando, per esempio, al Giro vede una Groupama-Fdj schierata tutta per Demare, da una parte dice: porca miseria, saranno fortissimi! Dall’altra però sa bene che per le tappe di montagna può stare a ruota.

Ewan: velocisti, non sempre gentiluomini

05.07.2022
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Nervi tesi tra i velocisti alla vigilia di un’altra tappa che a Calais si concluderà probabilmente in volata, prima del pavé che domani potrebbe dare il primo scossone al Tour. Il giorno di riposo è servito per raccogliere voci e capire che c’è una corsa nella corsa. Quella dei velocisti, da Jakobsen a Groenewegen, passando per Ewan. Gente dal sangue bollente e che non la manda a dire.

Nessun perdono

Nonostante si pensasse che quel primo incontro e poi le corse insieme avessero in qualche modo lenito il dolore, si è avuta la conferma che Jakobsen non ha ancora alcuna intenzione di riconciliarsi con Groenewegen.

«Un tempo lo ammiravo – ha detto – guardando il suo palmares quasi speravo di diventare come lui. Ma dopo l’errore al Giro di Polonia, tutto questo non c’è più, credo sia normale. Perciò sono contento per lui che sia tornato a vincere, ma non mi interessa molto».

La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?
La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?

Il disinteresse, per quello che si è raccolto nei giorni scorsi, deriva anche dal fatto che nel giorno di Groenewegen, la Quick Step-Alpha Vinyl si è disunita, in quella preparazione di volata caotica e resa ancor più folle dalla trenata di Van der Poel che ha fatto saltare i loro piani. Pare che sul pullman del team si siano confrontati a parole anche Lampaert e Cattaneo per qualche meccanismo saltato nel finale.

Né onesto né gentile

Un altro che vive giornate tese è Caleb Ewan, la cui estate era già cominciata male con il ritiro dal Giro d’Italia, lasciato senza neanche una vittoria, come d’abitudine in anni più recenti.

«Ovviamente avrei voluto iniziare bene – ha detto – perché una vittoria in apertura toglie molta pressione per il resto del Tour. E perché so che se non vinci, cominciano le critiche. Penso che sia solo una parte dell’essere uno sportivo, qualunque cosa tu faccia sarai sempre criticato. Le volate non sono un posto normale, non devi pensare a essere onesto o gentile. Sono qui solo per tentare di vincere e vedere cosa succede dopo. I gesti come quelli di Sagan ci saranno sempre».

Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa
Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa

Concorrenza interna

Il ricordo della caduta del 2021, in cui coinvolse proprio lo slovacco, deve essergli balenato davanti agli occhi. E se Jakobsen non ha perdonato Groenewegen, Ewan non riesce a farsi una ragione per il fatto che la stessa squadra abbia lasciato a casa il suo amico Cavendish. E forse in questa osservazione, il piccolo corridore della Lotto Soudal ha annusato un’anticipazione di quel che potrebbe accadere in casa sua con i progressi di Arnaud De Lie.

«Mark aveva dimostrato di meritare un posto – ha detto – ma è difficile quando sei in una squadra del genere con molti buoni velocisti. Per conto mio, preferirei fare uno sprint contro lui che contro Jakobsen. Con De Lie, la situazione è simile, ma non devo viverla come un problema, quanto uno stimolo. Se vuoi essere il miglior velocista del mondo devi prima esserlo prima di tutto nella tua squadra. Quindi se avrò in casa un altro velocista con cui gareggiare, non mi tirerò indietro. Per ora il numero uno sono io e oggi spero di vincere finalmente una tappa».

L’arte del colpo di reni. A lezione da Silvio Martinello

14.04.2022
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La scorsa domenica Benoit Cosnefroy ha perso l’Amstel Gold Race al colpo di reni. Le immagini al rallentatore evidenziano in modo anche abbastanza netto come Michal Kwiatkowski sia stato più bravo in questo famoso gesto finale. Con un colpo ben assestato il polacco ha guadagnato quella manciata di centimetri che gli hanno consentito di alzare le braccia al cielo.

E il corridore della Ineos-Grenadiers è davvero bravo, pur non essendo un velocista puro, ma avendo corso per anni su pista. Basta ricordare la Sanremo del 2017 vinta in quel mitico arrivo a tre con Sagan e Alaphilippe (foto di apertura). Forse i brevilinei sono più abili nell’eseguirlo. Il vantaggio è che sono più rapidi, lo svantaggio è che hanno meno leva una volta lanciata la bici.

Di questo spettacolare gesto parliamo con Silvio Martinello, grande ex velocista e anche grande ex pistard. Silvio in quanto a tecnica sa il fatto suo. E anche lui ha esaminato bene il finale dell’Amstel.

Amstel 2022. A destra, Kwiato dà un colpo perfetto: sella sullo sterno e sguardo verso Cosnefroy, che a sua volta è molto più statico
Silvio, Cosnefroy ha sbagliato il colpo di reni: è così?

Può starci. Di certo non lo ha fatto bene, questo è fuori di dubbio. Ed è un gesto che può fare la differenza come abbiamo visto.

Nella tua carriera ti saranno capitate situazioni in cui lo hai dovuto fare in modo decisivo…

Tante volte. Ricordo per esempio la mia vittoria al Giro d’Italia del 1991 in volata contro Allocchio a Castelfranco Veneto. Lui era già pronto ad alzare le braccia al cielo e io lo infilai. Stessa cosa ad un Giro del Trentino contro Baffi, sempre nel 1991, quella volta si arrivava a Trento sul pavè. Ma ci sono state anche occasioni in cui ho perso al colpo di reni.

Racconta…

Per esempio al Giro del 1998. Quell’anno feci quattro volte secondo, tre dietro Cipollini e una dietro Magnusson. Si arrivava a Vasto, battei Mario ma Magnusson mi infilò proprio al colpo di reni. Arrivò meglio sulla linea e vinse lui.

“Arrivò meglio sulla linea”: come si capisce dunque il momento per darlo?

Non è tanto una questione di calcolo, ma di feeling, di abitudine col gesto e con le volate. E molto dipende anche da quante energie si hanno e anche dalla posizione durante lo sprint.

La volata vinta da Magnusson (al centro) su Martinello (a sinistra) e Cipollini (a destra) al colpo di reni al Giro 1998 (screenshot da video)
La volata vinta da Magnusson (al centro) su Martinello (a sinistra) e Cipollini (a destra) al colpo di reni al Giro 1998 (screenshot da video)
Posizione?

Se sei davanti o se sei in rimonta. E generalmente al colpo di reni è avvantaggiato chi è in rimonta perché è più veloce, che sia tanto o poco, ma è più veloce e riesce a gettare in modo più rapido la bici sul traguardo, sfrutta l’attimo, perché poi bisogna ricordarlo: quando si dà il colpo di reni si smette di pedalare, quindi devi azzeccare il momento giusto. Non puoi essere né troppo corto, né troppo lungo. Per questo dico che è un gesto che s’impara facendolo, sfruttando le occasioni quando diventa necessario.

Hai detto che chi è rimonta generalmente è avvantaggiato perché più veloce, ma influisce anche il colpo d’occhio? In fin dei conti ci si può regolare non solo sulla distanza dalla linea del traguardo ma anche sull’avversario…

Credo che sia qualcosa di soggettivo. Quando sei davanti per osservare i tuoi avversari guardi sotto le braccia. Io almeno facevo così. Chi vince in rimonta invece deve solo guardare avanti. Però forse sì: calcola un po’ meglio i tempi.

Quanto aiuta essere stati dei pistard?

Molto. Come in tutte le cose in cui serve velocità e destrezza la pista aiuta molto. Aiuta soprattutto nello sviluppare questa abilità motoria, anche perché in pista il colpo di reni è ancora più difficile. Con il rapporto fisso non puoi smettere di pedalare. Di conseguenza non ti puoi buttare con il sedere dietro la sella, altrimenti cadi, ma devi restare più in avanti. E infatti è un colpo di reni diverso. Un colpo se vogliamo meno potente, ma più rapido.

E su strada?

Su strada puoi sprigionare tutta la tua forza in quel gesto. Potendo smettere di pedalare non sei limitato e ti puoi buttare indietro e far arrivare la sella sullo sterno.

A tuo avviso si può anche allenare? Vediamo che oggi i corridori fanno molta ginnastica, curano la mobilitò con fitball, stretching, Trx…

Su questo aspetto non ho l’esperienza diretta e non saprei dire. Ai miei tempi la palestra si faceva una volta ogni tanto. Tuttavia, vedendo il gesto mi verrebbe da dire che non cambia nulla. Ma ripeto: vado un po’ a naso.

Ultima domanda, Silvio: ai tuoi tempi c’era qualche corridore famoso proprio per il colpo di reni?

Mah, di base lo erano un po’ tutti i velocisti. Soprattutto quelli che facevano le volate da soli in rimonta. Mi viene in mente Nicola Minali. Lui era molto bravo in questo tipo di volate, anche se ha vinto corse importanti pur facendo volate di testa, ma era davvero efficace in questo gesto.

L’occhio della Wiebes sulle sprinter e sulla prima maglia gialla

15.12.2021
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Ve lo diciamo subito, per intervistarla in questo periodo di apparente calma, abbiamo dovuto prenderle la ruota e non mollarla di un millimetro. E lei, Lorena Wiebes, velocista ed astro nascente di professione, è stata piacevolmente al gioco. Come fosse uno sprint, in cui ormai è abituata ad essere marcata stretta.

Nei mesi scorsi avevamo già parlato della 22enne olandese del Team DSM che nei suoi quattro anni da elite ha già ottenuto 46 successi battendo tante avversarie. Ancora trafelata dal viaggio verso la Spagna, abbiamo trovato la Wiebes proprio durante i primissimi giorni del ritiro in Costa Blanca e le abbiamo chiesto un parere su alcune delle sue rivali, non prima di aver dato uno sguardo alla stagione appena conclusa e a quella che sta per iniziare.

Lorena in prima fila (la terza da sinistra) alla presentazione della Dsm
Lorena in prima fila (la seconda da sinistra) alla presentazione della Dsm
Lorena, in questa stagione hai alzato ulteriormente l’asticella. Com’è stato il tuo 2021?

L’annata ha avuto alcuni alti e bassi. L’inizio non è stato molto buono, ho avuto un brutto incidente alla HAT (Healthy Ageing Tour in Olanda a marzo, ndr). Come squadra però siamo rimasti motivati e ha funzionato. Infatti dopo la prima vittoria, ne sono seguite altre. Anche il mio primo Giro Donne è andato molto bene (due vittorie di tappa, ndr). E con il successo a Drenthe è stato bello chiudere la stagione.

Quali sono i tuoi obiettivi nel 2022?

Innanzitutto essere più forte dell’anno scorso. Voglio continuare a crescere ed essere la miglior velocista del mondo. Poi sicuramente il Tour de France sarà un bell’appuntamento. L’obiettivo primario sarà prendere la prima maglia gialla. Il mio programma agonistico ancora non c’è ma sto già aspettando con ansia l’inizio.

Qual è la corsa dei tuoi sogni, a parte il mondiale che di solito è il sogno di tutti?

Penso che per ora sarà la prima tappa del Tour. Ho una buona opportunità di prendere la maglia gialla. E poi è da quando sono junior che non vedo l’ora di correre sugli Champs Élysées.

La Wiebes ha un conto aperto con la Balsamo: 6 vittorie a 5 per l’olandese negli “scontri diretti”
La Wiebes ha un conto aperto con la Balsamo: 6 vittorie a 5 per l’olandese negli “scontri diretti”
Ti chiediamo un giudizio su alcune avversarie. Partiamo da Elisa Balsamo, con la quale hai un conto aperto. In 12 occasioni siete finite sul podio insieme: sei volte l’hai battuta in volata, cinque volte lei ha battuto te.

Conosco Elisa dalle juniores, già da quando è diventata campionessa del mondo a Doha nel 2016. Va molto forte: ha un bello sprint, ma è migliore di me in salita. Anche per questo lei ora è campionessa del mondo e io no. Penso che avremo delle belle sfide in futuro.

Emma Norsgaard?

Anche con Emma ho corso tra le junior. Era temibile già allora e quest’anno è stata davvero impressionante dall’inizio della stagione. Lei ora è anche cresciuta sia in salita che a cronometro. Quindi non vedo l’ora di correre contro di lei nei prossimi anni.

Lotte Kopecky?

Penso che Lotte abbia fatto anche dei grandi passi in avanti nelle ultime stagioni, soprattutto quest’anno in cui è andata alla grande. Credo che me la ritroverò molte volte negli sprint dei prossimi anni. Inoltre adesso è passata alla SD-Worx e sarà davvero un osso duro.

Jolien D’Hoore?

Anche con lei ho avuto molte battaglie negli ultimi anni. Era una velocista davvero tosta. Ha avuto una carriera favolosa (nel 2022 sarà la diesse della NXTG by Experza dove correrà Gaia Masetti, ndr).

Come la connazionale ed idolo, Marianne Vos, anche la Wiebes è impegnata spesso nel cross
Come la connazionale ed idolo, Marianne Vos, anche la Wiebes è impegnata spesso nel cross
Charlotte Kool? Un nome nuovo che sarà una tua prossima compagna di squadra.

Ho corso anche con lei da junior, soprattutto nelle gare olandesi. Ho fatto dei bei duelli con Charlotte. Sono impaziente di poter lavorare con lei nel nostro team. È una velocista potente e può ancora crescere molto. Penso che potremo aiutarci e rafforzarci a vicenda.

Marianne Vos?

L’ho sempre ammirata fin da quando ho iniziato a pedalare. Penso che sia davvero straordinario il modo in cui Marianne durante la sua carriera abbia fatto bene su strada, pista e ciclocross. Da quanto tempo è al top? Ed ancora vuole migliorare, incredibile. È stato un po’ speciale correre la prima gara in nazionale insieme a lei.

Giorgia Bronzini, che conosce bene la Vos e il ciclismo olandese, ci ha detto che puoi diventare l’erede di Marianne. È vero?

Credo di essere più veloce di lei (ride, ndr). Battute a parte, penso che la Vos sia un’atleta diversa, ma ovviamente spero di diventare sempre più come lei, voglio mantenere viva questa speranza. Per farlo dovrò migliorare a cronometro e diventare più incisiva in salita.

E Gaviria? Tanta sfortuna, ma la motivazione c’è

06.05.2021
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Il lotto dei velocisti al Giro d’Italia è veramente ben fornito. Ci sono quasi tutti. Mancano il mattatore dello scorso anno, Arnaud Demare, e Sam Bennett, forse la ruota veloce più costante di questo 2021, per il resto assisteremo a grandi sfide.

Un nome importante tra i presenti è quello di Fernando Gaviria. Il colombiano della Uae non è nuovo al Giro, anzi, ha vinto cinque tappe, ha indossato persino la maglia rosa nel 2017 e in quello stesso anno ha conquistato la classifica a punti. 

Gaviria (casco rosso e nero sulla sinistra) si rialza in uno degli sprint all’Uae Tour
Gaviria (casco rosso e nero) si rialza in uno degli sprint all’Uae Tour

Ancora sfortuna 

Anche quest’anno però Fernando non è stato fortunato. Il suo inizio di stagione è stato ricco di ostacoli, come di fatto avvenne lo scorso anno. Fu il primo a prendere il Covid e incappò in una falsa positività nel corso dell’anno. E dire che era partito fortissimo, vincendo in Argentina e con una grande motivazione. Aveva ritoccato la preparazione e lui stesso aveva ammesso di essere più potente che mai. Quest’anno invece a rallentarlo è stata una frattura al polso.

Ma anche prima le cose non erano andate benissimo per Gaviria, la condizione stentava ad arrivare. Nei tre sprint disputati tra i lussuosi palazzi degli Emirati Arabi Uniti, Fernando aveva colto un nono, un quinto ed un dodicesimo posto. Il suo unico podio, terzo, è stato quello nella prima tappa della Tirreno-Adriatico.

«Sicuramente – dice Gaviria – non è stato l’inizio più facile delle mie stagioni. Ho avuto un po’ di tempo per recuperare dal mio infortunio al polso. Adesso questo è alle spalle, sto bene e sono motivato in vista del Giro. Il mio obiettivo sarà quello di essere lì nei giorni di pianura a disputare gli sprint di gruppo. Chiaramente mi concentrerò di più sulle vittorie di tappa e su come ottenere il massimo in quei giorni che mi si addicono».

Fernando (a sinistra) e Richeze, i due correvano insieme già nella Quick Step
Fernando (a sinistra) e Richeze, i due correvano insieme già nella Quick Step

Un super treno

Come abbiamo poi detto in apertura ci saranno molti rivali accreditati. Su tutti Viviani ed Ewan, senza dimenticare Nizzolo e Sagan. Tuttavia il colombiano potrebbe avere uno dei treni migliori, grazie alla presenza, in primis, di Max Richeze ma anche di Sebastian Molano. Un treno tutto sudamericano, tra l’altro. Richeze è il campione argentino e Molano è colombiano come lui. Il feeling non manca.

«Sinceramente non penso agli atri sprinter – ha detto Gaviria – Mi sto concentrando di più su me stesso e sulla mia squadra. Per gli sprint saremo io, Richeze e Molano che sono entrambi molto bravi negli arrivi di gruppo. Il livello che c’è al Giro è molto alto ed è difficile scegliere un solo rivale.

«Noi comunque anche in allenamento abbiamo riprovato gli sprint. Io e Max corriamo insieme da molti anni ormai e abbiamo una grande intesa. Non abbiamo bisogno di parlare poi così tanto in gara, abbiamo sempre un buon senso della posizione l’uno dell’altro».

Gaviria e la caduta ad Harelbeke. Il colombiano si tocca subito il polso
Gaviria e la caduta ad Harelbeke. Il colombiano si tocca subito il polso

I dubbi

Ma certo non sarà facile arrivare allo sprint. Quando il velocista non è al top fa fatica a tenere le ruote o a buttarsi nella mischia, lo abbiamo visto molte volte in passato. Gaviria non corre dal 26 marzo, giorno della caduta ad Harelbeke, e arrivare ad un appuntamento tanto importante senza un po’ di ritmo gara non è facile.

Inoltre il percorso della corsa rosa non è poi così “sprinter friendly”. Le frazioni che le ruote veloci possono segnare in rosso con una certa sicurezza sono cinque: Novara (2ª tappa); Cattolica (5ª tappa), Termoli (7ª tappa), Foligno (10ª tappa) e Verona (13ª tappa). La sesta, potrebbe essere la 18ª tappa, quella di Stradella, ma è “incastrata” tra i giorni in montagna e il finale è parecchio mosso, una frazione che ricorda molto quella vinta da Ulissi a Monselice lo scorso anno.

Anche sul fronte tecnico pertanto potrebbero contare le scelte, come ruote e rapporti. Gaviria avrà a disposizione le nuove Campagnolo Bora Wto One da 50 millimetri, ruote che aveva già utilizzato alla Sanremo. Ma poi di fatto dopo la Classicissima non le ha più “testate in gara” se non a De Panne e nei primi 80 chilometri ad Harelbeke, quando appunto si è rotto il polso. 

«Non sono ancora sicuro di cosa userò ogni volta. Di solito adattiamo il materiale a seconda delle tappe», ma su questo fronte Fernando può dormire sonni tranquilli, il suo meccanico, “mastro Archetti” saprà mettergli a disposizione un razzo!

Velocisti più forti: tutti i contratti in scadenza

28.03.2021
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C’è una corsa nella corsa di cui ti accorgi (forse) andando alle partenze e osservando i movimenti dei procuratori: è la corsa ai velocisti. Anche se il più delle volte e soprattutto in questi tempi di limitati contatti sociali, si svolge tutto online e lontano da occhi indiscreti.

Alla fine del 2021 scadono i contratti di tutti i velocisti più forti in circolazione (fa eccezione Demare, che ha prolungato fino al 2023) ed è risaputo che in questi casi si cerca di chiudere i discorsi entro la tarda primavera. Si parla di contratti pesanti e di corridori che in qualche caso hanno tenuto fede alle attese e altri che per colpa del Covid hanno portato magri bottini a casa, rendendo il rapporto costo/vittoria davvero esorbitante. Il guaio è che avendo questi ultimi la stagione 2021 per riscattarsi e contemporaneamente la necessità di chiudere presto il nuovo contratto, le trattative saranno ancora più complesse e probabilmente richiederanno uno slittamento in avanti. Dove per una volta aspettare conviene al corridore più che al team manager interessato.

Abbiamo voluto aggiungere al loro profilo anche il conteggio dei follower su Instagram. Sembrerà strano ma forse neppure troppo, che per le società e i loro sponsor si tratti di un valore aggiunto importante.

Difficile considerare Sagan come un semplice velocista: qui 1° a Roubaix nel 2018
Difficile considerare Sagan come un semplice velocista: qui 1° a Roubaix nel 2018

Sagan, un caso unico

Scade il contratto principesco di Peter Sagan e parrebbe che alla Bora-Hansgrohe non facciano salti di gioia all’idea di confermare un impegno stimato attorno ai 6 milioni di euro. Il Sagan che nel 2020 ha centrato soltanto la vittoria del Giro e ha comunque una dote 1.800.000 follower su Instagram, ha ripreso la stagione lavorando sodo, scrollandosi di dosso il Covid e ricominciando a vincere ieri al Catalunya (foto di apertura). Nel novero degli uomini veloci, in realtà, Peter è il meno velocista e il portatore di un’immagine che va oltre il risultato. Resta però il fatto che nel primo anno (2017) alla Bora-Hansgrohe, centrò 12 vittorie, fra cui il mondiale. Nel 2018 vennero 8 vittorie fra cui Gand-Wevelgem, Roubaix e tre tappe al Tour. Nel 2019, 4 vittorie con una tappa al Tour. E nel 2020 la tappa di Tortoreto al Giro. Il nuovo contratto dello slovacco sarà firmato sulla fiducia o i base all’andamento dei risultati?

Venerdì la caduta ad Harelbeke che è costata lo scafoide a Gaviria, in piedi sulla sinistra
Venerdì la caduta ad Harelbeke è costata lo scafoide a Gaviria, in piedi sulla sinistra

Gaviria, bel mistero

Scade anche il contratto di Fernando Gaviria, che si è appena rotto lo scafoide cadendo al Gp E3-Saxo Bank di Harelbeke. Il colombiano, che a causa del suo essere schivo ha… appena 388.000 follower su Instagram, è arrivato al Uae Team Emirates forte delle palate di vittorie ottenute alla Deceuninck-Quick Step. Furono 14 nel 2017, fra cui 4 tappe al Giro d’Italia. Scesero sia pure di poco nel 2018: 9 ma con due tappe al Tour de France. Passato alla Uae, ha vinto 6 corse nel 2019 con la tappa del Giro per squalifica di Viviani a Orbetello. Mentre lo scorso anno le vittorie sono state 5, ma di basso profilo. Voci interne alla squadra non sono convintissime della conferma e l’infortunio in Belgio complica il suo ritorno ai massimi livelli: dovrà restare fermo per tutto aprile, poi si ragionerà sulla sua presenza al Giro.

Elia Viviani è tornato in gruppo al Uae Tour 2021
Elia Viviani, in gruppo al Uae Tour 2021

Viviani, rabbia cercasi

Un altro grande nome in cerca di conferme o nuovi lidi è il nostro Elia Viviani, 222.000 follower su Instagram. Durante un’intervista con il cittì azzurro Marco Villa, proprio ragionando di lui e delle sue difficoltà, emerse che l’ambiente della Deceuninck-Quick Step fosse il migliore, ma l’offerta della Cofidis fosse stata così alta da non poter dire di no. Si corre per mestiere e per cambiarsi l’esistenza e i bilanci si fanno alla fine, tuttavia la scelta fra l’ingaggio più alto e l’ambente migliore è da sempre una delle più dibattute. E’ evidente che la Cofidis non sia soddisfatta della situazione e la scelta di portarlo via dal Belgio per farlo correre a Cholet può avere due letture che portano entrambe nella stessa direzione: ottenere vittorie, finora mai arrivate, pagate profumatamente. Intendiamoci, Elia è un professionista super serio, ma le cose non ingranano. Il suo programma 2021 è sontuoso, fra Giro e Olimpiadi, e magari il fastidio di questi giorni potrebbe trasformarsi un un’utile molla.

Prima tappa della Parigi-Nizza a Saint Cyr L’Ecole per Sam Bennett
Prima tappa della Parigi-Nizza a Saint Cyr L’Ecole per Sam Bennett

Bennett, chi offre di più?

Il re dei velocisti, Sam Bennett con i suoi 122.000 follower e le già 4 vittorie nel 2021 è forse il più accreditato per rimanere alla Decenunick, che avrebbe già puntato tutto su Fabio Jakobsen se l’incidente al Giro di Polonia dello scorso anno non avesse fermato drammaticamente il giovane olandese. In più Bennett ha la capacità di tenere duro sui percorsi più impegnativi. Pertanto, a meno che tenere Alaphilippe non comporti un esborso troppo oneroso per Patrick Lefevere e che qualcuno non arrivi con tanti soldi per portare via l’irlandese, c’è da pensare che Bennett possa restare dov’è. Chissà se il suo enoturage lo farà ragionare sul fatto che tutti i velocisti che abbiano lasciato quel gruppo negli ultimi anni siano stati costretti a ridimensionare le pretese. Sul perché si potrebbe ragionare a lungo.

Giacomo Nizzolo ha iniziato il 2021 vincendo ad Almeria. E’ campione italiano e d’Europa
Nizzolo ha aperto il 2021 vincendo ad Almeria

Nizzolo, comanda il cuore

Un altro nome importante con la valigia in mano è Giacomo Nizzolo, che non vince tanto ma ultimamente porta a casa sempre trofei interessanti. Sistemati tutti gli acciacchi per la gioia dei suoi 62.400 follower, il lombardo nel 2020 ha portato a casa 4 vittorie: 2 prima del lockdown e 2 dopo. Queste soprattutto sono le più interessanti: il campionato italiano e il campionato europeo. Giacomo avrebbe potuto cambiare squadra già quest’anno, approfittando del fatto che il Team Ntt stava passando la mano alla Qhubeka-Assos, ma ha scelto di rimanere per attaccamento alle sorti del gruppo. Difficile immaginare, a meno di clamorose offerte in arrivo, che scelga di andarsene proprio ora. E’ la bandiera del team, che a sua volta si sta strutturando per sostenerlo al meglio negli sprint. Quest’anno ha già vinto malgrado un piccolo incidente in inverno.

L’ultima vittoria di Colbrelli al Tour d’Occitanie del 2020
L’ultima vittoria di Colbrelli al Tour d’Occitanie del 2020

Cosa vuole Colbrelli?

Sonny Colbrelli al Team Bahrain Victorious in apparenza ci sta bene e sarebbe per giunta riduttivo definirlo velocista, pur essendo molto veloce. Il clou della sua stagione è iniziato con l’Het Nieuwsblad e si protrarrà attraverso il periodo al Nord, in cui il bresciano dovrà confermare gli ottimi numeri già mostrati nel 2020. Con 31.000 su Instagram, ha vinto 3 corse nel 2019 e una nel 2020. E’ sempre sulla porta della grande vittoria e nel frattempo si è inserito nel gruppetto dei gregari di Landa, assieme a Caruso. A 30 anni potrebbe essere arrivato il momento di mettere un punto fermo sul tipo di carriera che vuole avere. Se da vincente, oppure in appoggio non già a uno scalatore, ma semmai a un altro cacciatore di classiche.

Fra le 4 vittorie 2020 di Bouhanni, una tappa al Tour de la Provence
Fra le 4 vittorie 2020 di Bouhanni, una tappa al Tour de la Provence

Chi vuole Bouhanni?

Nacer Bouhanni non è popolarissimo in gruppo e neppure si sforza di risultare troppo simpatico. I suoi 32.500 follower su Instagram stanno assistendo alla sua parabola con qualche punto di domanda. La Cofidis lo strappò alla Fdj alla fine del 2014 in cui aveva centrato 11 vittorie, fra cui 2 tappe al Giro e 2 alla Vuelta. Il punto di rottura non furono tanto i soldi (che arrivarono comunque con sei zeri), ma la scelta di Madiot di non portarlo al Tour, facendo sempre corsa per Pinot. Così l’ex pugile scelse la maglia rossa di Vasseur, ma in un calando clamoroso di risultati. Le 14 vittorie in 4 anni sono state un ben magro bottino da portare alla Arkea, con cui nel 2020 ha vinto 4 corse. Neanche la nuova squadra lo scorso anno lo ha portato al Tour, quest’anno si vedrà…

All’appello mancano uomini come Jakobsen, ma c’è da scommettere che la Deceuninck-Quick Step deciderà di restargli accanto. Degenkolb, che non è più un velocista. E il nostro Cimolai, punto di riferimento della Israel Start Up Nation, al bivio di una scelta molto dura: correre il Giro oppure aspettare a casa il momento in cui diverrà padre per la prima volta? Nella vita dei corridori ci sono passaggi che sfuggono alla normalità e vivendo con loro, accanto a loro si capisce anche il perché ciò accada.

Volate al Giro, Petacchi spiazza: meglio se c’è salita

25.02.2021
4 min
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Questo Giro con cinque tappe vere per velocisti sarebbe piaciuto ad Alessandro Petacchi, che degli sprinter è stato a lungo il re?

Lo spezzino, toscano di adozione, si è fatto un’idea studiando le carte che sono uscite su social e siti e pur essendo l’ideale ambasciatore della categoria veloce, ha una posizione interessante e alla fine condivisibile su volate e salite. Avete presente le rimostranze di alcuni uomini veloci, secondo cui anche le tappe con arrivo in volata hanno dislivelli elevati? Secondo Alessandro non è necessariamente un male, ma ci arriveremo con ordine.

Giro 2003, a Lecce Petacchi batte Cipollini e apre la sua era
Giro 2003, a Lecce Petacchi batte Cipollini
Che cosa ti sembra del Giro?

Ho visto il percorso, direi che il Giro ormai è disegnato così da qualche anno. Quest’anno forse i giorni veramente duri sono concentrati e sembra che ci sia più respiro.

Cinque volate, in teoria a capo di percorsi pianeggianti, sono un lusso?

La tappa piatta sicuramente è tranquilla per chi fa classifica. La salitella a ridosso dell’arrivo diventa sempre motivo di tensione. Diciamo che la tappa piatta è più rilassante per tutti, finché non arrivi alla volata, a meno che non trovi vento. L’Italia da questo punto di vista non è come la Spagna o la Francia, le uniche zone in cui ne trovi tanto sono a Sud, di solito in Puglia. Ma la tappa che parte da Foggia sembra dura e non si arriverà in volata.

Rilassante per tutti, finché non arrivi alla volata?

Quando vedono una tappa così, tutti vogliono fare lo sprint. C’è confusione proprio in finale, soprattutto quando si parla della prima settimana, quindi ad esempio a Cattolica. Sono quelle tappe in cui arriva il gruppo “compattone”. Invece nella terza settimana, fra chi è stanco e chi è già andato a casa, il gruppo si allunga e ci sono meno problemi.

Bennett è uno di quelli che tiene bene anche sulle medie salite. Qui vince al Uae Tour
Bennett tiene bene in salita. Qui vince al Uae Tour
Meglio tappe un po’ più impegnative, quindi?

La salitella in finale mette ordine. Magari a meno 15 dall’arrivo, ma niente di troppo duro, sennò il velocista non arriva. Uno strappo entro i 3 chilometri, in cui magari qualcuno resta tagliato fuori.

Petacchi era di quelli che tenevano.

Mi allenavo su salite entro i 10 minuti, con pendenza del 5-6 per cento. Pendenze o lunghezze superiori erano problemi anche per me. Ma c’è in gruppo chi si stacca anche dopo un chilometro. Con la salita è più bello, sale l’adrenalina, sai che la volata devi guadagnartela. Chiaro che il velocista che si stacca preferisca il piattone…

Oggi ce ne sono pochi.

Infatti corridori come Viviani, Nizzolo, Gaviria, Bennett se stanno bene, non si staccano. Forse Groenewegen, Jakobsen quando tornerà, Mareczko vanno meglio sui percorsi veloci.

Quando è in forma, Fernando Gaviria tiene bene sugli strappi
Quando è in forma, Fernando Gaviria tiene bene sugli strappi
Si dice in giro che tornerai al Processo alla Tappa.

Ne abbiamo parlato anche ieri. Il mio problema è che la squalifica scade il 14 maggio, dopo la prima settimana del Giro. Auro (Bulbarelli, direttore di Rai Sport, ndr) pensava finisse ai primi del mese, invece hanno fatto partire i due anni dal giorno che lasciai il Giro. Il fatto è che non posso frequentare luoghi in cui ci siano i corridori. All’Uci spiegai che avrei voluto riprendere il mio lavoro e dissero che per loro non era un problema. Ma cosa succede se per arrivare al palco del Processo devo ad esempio attraversare un passaggio in cui potrebbero passare anche i corridori? Qualcuno farebbe la foto e sarebbero rogne per la Rai e per me. Al Tour il compound delle televisioni è lontano dall’arrivo, al Giro siamo sempre sulla strada.

Sembra un po’ surreale…

Il bello è che mi hanno squalificato perché nel 2018 mi tesserai per correre la Cape Epic con Chicchi, altrimenti non avrebbero potuto farmi niente. E Hondo, che secondo l’Uci mi avrebbe tirato in ballo, mi ha fatto mandare dal suo avvocato i verbali degli interrogatori, in cui non c’è nulla che parli di me. Non mi ha mandato tutto? Non lo so, ormai la squalifica l’ho avuta. Spero solo di poter tornare a lavorare.

Matteo Moschetti, Challenge Mallorca 2020

Come è fatto un velocista? Chiediamolo al maestro

28.12.2020
5 min
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Proseguiamo il nostro incontro con Paolo Rosola, i capelli ingrigiti e l’energia di sempre, parlando del velocista. Negli anni Ottanta, più che le sue vittorie (27, di cui 12 solo al Giro d’Italia), era stato il suo essere fuori dalle righe, la sua empatia trascinante a renderlo popolare, vero esempio di quel che è un velocista. Perché velocisti si è innanzitutto con la testa, con il carattere, poi con le gambe. Come abbiamo già detto a proposito del suo ruolo alla Gazprom, Rosola non si è mai allontanato dal ciclismo e ha visto cambiare anche la figura dello sprinter. Una volta ogni squadra aveva il suo, ora è diventato un ruolo talmente specifico che il team deve dedicarcisi totalmente, costruendo il miglior treno possibile, oppure è molto probabile che vi rinunci.

Andrea Guardini, Le Tour de Langkawi 2018
Andrea Guardini, vittoria a Le Tour de Langkawi 2018
Andrea Guardini, Le Tour de Langkawi 2018
Guardini, Tour de Langkawi 2018

«Il ciclismo è cambiato come sono cambiate le nuove generazioni rispetto alla mia – esordisce il tecnico della Gazprom – ormai ogni corridore ha il suo preparatore specifico che lo fa lavorare perché diventi un corridore che va bene su tutti i terreni e questo è sbagliato. Vogliono che un velocista tenga in salita, ma perché? Non è quello il suo ruolo, che viene svilito. Il corridore perde le sue caratteristiche precipue e diventa un comune ciclista, che fa tutto ma niente in maniera importante».

Il movimento italiano ha velocisti di spicco, basti pensare al campione europeo Nizzolo o allo stesso Viviani suo predecessore, ma non sono così dominanti come avveniva ad esempio con Cipollini o Petacchi.

Ritieni che sia più un problema tecnico che di concorrenza internazionale?

Secondo me sì, imputabile innanzitutto ai dirigenti sportivi e ai preparatori, perché vogliono che gli atleti vadano bene dappertutto, togliendogli smalto. Gli sprinter di buon livello attualmente non mancano, ma sono perfetti per arrivi in gruppi ristretti, massimo 40 corridori. Quando si tratta di volate di massa, soffrono perché non hanno la preparazione specifica. Non hanno lavorato su pista. Non hanno neanche preparato mentalmente, anzi strategicamente l’atto conclusivo.

Cosa vuoi dire?

La volata ha un preambolo lunghissimo, un buon velocista deve saperla impostare se ha a disposizione compagni che lo pilotano, una squadra a lui dedicata come può essere la Groupama per Demare o la Lotto Soudal per Ewan. Ma deve anche sapersi adattare rispetto agli altri, magari sfruttare il lavoro altrui. Mi viene in mente un nome: Andrea Guardini. Era un ottimo velocista, ma ha perso le sue migliori caratteristiche proprio perché gli hanno chiesto di migliorare in salita.

Jakub Mareczko, Tour of Hainan 2017
Jakub Mareczko, tappa al Tour of Hainan 2017
Jakub Mareczko, Tour of Hainan 2017
Jakub Mareczko, Tour of Hainan 2017
Proviamo a passare in rassegna alcuni dei migliori velocisti giovani del panorama nazionale, quelli che hanno maggiori margini di miglioramento. Iniziamo da Jakub Mareczko…

Dopo quello che aveva fatto fra gli under 23 sicuramente ci si attendeva qualcosa di più, ma nel ciclismo attuale l’attività che si fa prima di passare pro’ ti spreme troppo. Una volta era una scuola, serviva per imparare, ora si chiede tutto subito e tanti arrivano spremuti. Sicuramente Jakub ha le fibre del velocista, perché io sono sempre stato convinto che velocisti si nasce. Certo si può migliorare, ma devi avere dentro di te la predisposizione. E’ un corridore valido per le volate nei giri a tappe, finora ha avuto qualche difficoltà ma può fare molto bene.

Un altro dal quale ci si attende molto è Alberto Dainese dopo il suo titolo europeo U23…

Non lo conosco molto, ma se ne parla molto bene. E’ importante il rapporto con la squadra, soprattutto se sfrutta queste prime stagioni per imparare. Approfitto di Dainese e della sua vittoria per esprimere un concetto molto importante che ho sempre cercato di inculcare ai miei ragazzi: una vittoria ha valore fino a mezzanotte, dopo è un altro giorno e non devi pensarci più. E’ importante per non montarsi la testa, non pensare che dopo una vittoria hai ottenuto tutto. Appena passato il traguardo è finita, nel bene come nel male, devi voltare pagina.

Alberto Dainese, Jayco Herald Sun Tour 2020
Alberto Dainese, tappa al Jayco Herald Sun Tour 2020
Alberto Dainese, Jayco Herald Sun Tour 2020
Dainese, Jayco Herald Sun Tour 2020
Passiamo a Matteo Moschetti…

Gran talento. Sai chi mi ricorda? Stefano Allocchio, perché la sua caratteristica è la volata lunga, la tenuta delle alte velocità che lo rende difficile da rimontare. Inoltre ha una buona squadra, il che per un velocista significa avere un buon treno a propria disposizione (Moschetti è ritratto nella foto di apertura). 

Davide Ballerini?

E’ molto bravo, ma non lo ritengo un velocista puro. Va bene per gruppi di 20-40 corridori, ma è espressione del ciclismo moderno. E’ quel tipo di corridore di cui parlavo prima, che va bene dappertutto. Sicuramente può vincere in un grande Giro, ma la tappa deve andare secondo certe modalità, in uno sprint a ranghi compatti non è quello su cui punterei.

Imerio Cima, Damiano Cima 2020
Imerio Cima e Damiano Cima, entrambi alla Gazprom
Imerio Cima, Damiano Cima 2020
Imerio e Damiano Cima, entrambi alla Gazprom
Parliamo del tuo pupillo: Imerio Cima…

Questo è uno sprinter puro e spero vada lontano, ma io per quanto posso voglio preservare le sue caratteristiche. Se mi seguirà si toglierà belle soddisfazioni. Deve però insistere sulle sue qualità di sprinter senza snaturarsi. 

In sostanza chi è il velocista?

Uno che non deve aver paura di nulla e che prima di lasciare la ruota che lo sta pilotando verso lo sprint, devono passare sul suo corpo… Uno sprinter deve sempre essere corretto, ma rispettando le regole deve farsi rispettare, magari anche con un po’ di follia. Uno sprinter è uno estroverso, che se la cava in ogni situazione, che impara i trucchi del mestiere e che sa sempre inventare qualcosa: io ho vinto corse dove non pensavo neanche di arrivare al traguardo…

Francesco Chicchi

Ehi Chicchi, come si allena un velocista in salita?

28.11.2020
4 min
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Salita e velocista, dicotomia più che binomio. Da sempre le ruote veloci del gruppo fanno molta fatica quando la strada sale. La loro conformazione fisica non li aiuta di certo: più muscoli, più peso, più esplosività e meno resistenza e, se vogliamo, anche meno attitudine mentale a questo a sforzo. Uno dei velocisti che più incarna questo prospetto è (è stato) Francesco Chicchi, iridato U23 nel 2002 a Zolder e professionista per ben 14 stagioni, dalla Fassa Bortolo (2003) all’Androni Giocattoli (2016), oggi ds in forza al Team New Speedy Bike Casano.

Velocista puro addio

E il problema si va ad acuire. Oggi infatti anche nelle tappe altimetricamente più facili ci sono non meno di 1.500-2.000 metri di dislivello. Simone Consonni vinse un campionato italiano U23 che non era affatto facile. C’era una salita da ripetere molte volte. Non era lunga ma era dura. E infatti non si arrivò con una volata di gruppo. Eppure oggi Simone è considerato un velocista.

Consonni e Viviani a tutta sulle salite del Tour
Consonni a tutta sulle salite del Tour

«Vero – commenta Chicchi – basta pensare alla vittoria dell’italiano di Nizzolo quest’anno o a quella di Viviani qualche anno fa, quando arrivò in gruppo con Visconti e Pozzovivo. Pozzovivo, scalatore.

«Il velocista moderno deve essere in grado di scollinare con gruppi anche di 50-60 corridori, altrimenti rischia grosso o non arriva nel finale con la giusta forza. Oggi sprinter come me o Napolitano farebbero tanta, ma proprio tanta fatica. Credo che il velocista puro andrà a scomparire».

Salite a tutta

Ma cos’è che rende il velocista puro o meno? Contano anche gli allenamenti? Lavorare più in salita va a modificare le peculiarità dello sprinter?

«Un ragionamento che ci sta. Lavorare in salita fa perdere quel chilo o due, anche di muscolo, che ti fa fare lo sprint a 71 all’ora anziché a 72. Senza contare che lavorare per la salita ti fa perdere esplosività. La salita per il velocista è come l’aglio per i vampiri! Anche in allenamento…

«I lavori sono più o meno gli stessi per tutti: scalatori, passisti, sprinter. Si va dalle SFR ai 40”-20”, ma il velocista deve pensare che in salita è costretto ad andare sempre “a tutta”, perché il piano dello scalatore è il forte del velocista. Per questo se deve fare 10 ripetute ci sta che alla fine ne faccia 8, tanto è in acido lattico».

Velocisti-scalatori

«Credo che oggi sia cambiato il modo dei velocisti di lavorare in salita. Fanno più chilometri di salita in allenamento, anche perché le tappe davvero piatte non ci sono più. Io vinsi il Manservisi: 200 chilometri di pianura. Oggi anche la più piccola delle corse ha uno “zampellotto”. Non ho numeri certi, ma credo che oggi uno sprinter faccia almeno il 30 per cento di salita in più rispetto a 10 anni fa.

Francesco Chicchi
Chicchi vince a Crevalcore (Coppi e Bartali), una tappa completamente piatta
Francesco Chicchi
Vince a Crevalcore (Coppi e Bartali), una tappa piatta

«Come facevo io le salite? Con tanta pazienza! Avendo come maestro Petacchi ricalcavo un po’ il suo schema, quindi salite di 3 chilometri fatte così: 1° chilometro fuori soglia, 2° al medio, 3° a soglia. Era un esercizio che allenava la resistenza a stare a tutta. Però si faceva così tanto acido lattico che magari alla quarta salita dicevi: vabbè questa la faccio piano».

«Oggi gli sprinter fanno salite più regolari, impostando un passo di 2-3 chilometri orari più forte della soglia e si aiutano molto con il dietro motore. L’idea del velocista è quella di accorciare il tempo di fatica. Di velocizzare. Guadagnare 10” su una scalata per scollinare 30 posizioni più avanti».

Approccio mentale

E si tende ad andare più regolari. Ci si affida agli strumenti e l’approccio alla salita è diverso, anche mentalmente, se vogliamo.

«Il velocista (ma non solo lui) è anche più attento a tavola. A me è capitato di correre anche con 4 chili in più e di arrivare alla volata, oggi sarebbe impossibile. Guardate anche quest’anno come è andata. Non avevano corso eppure alle prime gare erano già tutti magrissimi.

«E sì, chiaramente cambia anche l’approccio mentale e credo siano seguiti da chi di dovere. Io le tappe mi spaventavo solo a vederle sulla cartina! Quando faticavo ero lì a pensare: ho mangiato troppo. Quella salita l’ho impostata male… Ci pensavo un po’ troppo insomma e sprecavo energie».