Era il 31 ottobre 2018 quando Jakub Marecko disputò la sua ultima corsa con l’allora Wilier Triestina di Angelo Citracca e Luca Scinto. Era il Tour of Hainan e di quella corsa a tappe vinse la prima frazione. Da allora sono passati due anni e 21 giorni e “Kuba” è ritornato alla base.
Progetto vincente
Dalla CCC Sprandi, team WorldTour, alla Vini Zabù Brado Ktm, squadra Professional. Quando iniziamo il discorso Jakub ci precede: «Non è un passo indietro – dice con voce decisa – tanto è la cosa che prima o poi mi chiedono tutti. E’ la realtà dei fatti. Quando all’epoca mi staccavo in salita avevo sempre qualche compagno vicino, magari non eravamo formidabili nel treno per la volata, però la squadra c’era. Ed è quello che è mancato alla CCC, ma con gente come Van Avermaet è anche normale».
Marezcko lo spiega chiaramente: è tornato alla corte di Citracca perché c’è un progetto da sposare, vivere e costruire. E che dovrebbe essere ben diverso da quanto vissuto alla CCC.
«Ho sentito Angelo in occasione della mia vittoria in Ungheria. Mi ha fatto i complimenti. Da lì abbiamo ripreso a parlare sempre di più. Già quando ero alla Vuelta avevo una mezza idea di tornare, ma c’erano alcuni accorgimenti da sistemare. Questo progetto mi piace: avrò una squadra per me».
Mareczko e il gruppo
Iniziare la stagione con queste premesse deve essere senza dubbio stimolante. C’è da lavorare, costruire, creare e, perché no, rimettersi in gioco. Mareczko è una delle speranze italiane delle ruote veloci. Un potenziale davvero importante, che però ancora non è riuscito ad esprimere al meglio. E’ anche vero che quando è arrivato tra i pro’ aveva appena 21 anni. Il meglio deve arrivare.
«Alla CCC ero quasi sempre solo nel finale. Giusto Visniowsky e qualche altro mi ha aiutato in Polonia e in Ungheria (e infatti ha vinto, ndr), mentre all’epoca avevo sempre vicino Zupa e Dal Col. Ancora non conosco bene chi ci sarà, ma Citracca mi ha detto che Stacchiotti è un buon corridore. Non saremo la Deceunick-Quick Step, ma per le nostre corse va bene così.
«Quanto conta essere omogenei e affiatati? Quello è il gruppo e conta molto. Nel ciclismo il risultato è di uno ma il lavoro è di tanti. Pensiamo a Froome o Geoghegan Hart: non avrebbero vinto senza la squadra.
«L’organizzazione di una WorldTour è senza dubbio diversa, ma è dovuto al budget. Chi ha 15 milioni non farà le stesse cose di chi ne ha 3. Ma ho visto che non saremo in tantissimi e questo ci può garantire le giuste attenzioni. Anche l’anno scorso pur essendo in una WorldTour nel ritiro a Livigno mi sono arrangiato. Ho fatto venire su un massaggiatore con la moto (per fare anche il dietro moto, ndr). Vedremo, so che Citracca vuol fare dei mini ritiri».
Obiettivo salita
L’ostacolo più grande per Marezcko è la salita. In passato spesso si è staccato o comunque le scalate lo fiaccavano a tal punto da non riuscire a giocarsi bene la volata. Nel corso del tempo, e due anni nel WorldTour, è migliorato molto, una crescita fisiologia e legata anche al lavoro.
«Credo che lavorare sulla salita resti la cosa principale, altrimenti non arrivi neanche in fondo alle corse. Ogni anno vanno più forte. Alla Vuelta le prime tappe erano tutte da 3.000 metri di dislivello e al traguardo ci sono arrivato senza grossi problemi. Prima in situazioni simili mi ritrovavo da solo. Nel primo Giro sono riuscito a fare 12 tappe andando la metà, della metà in salita. Oggi 2.000 metri di dislivello li trovi anche nelle tappe piatte. Poi certo, in allenamento le volate continuerò a farle».