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Martinello, il tempo massimo, i velocisti e i rapporti

10.02.2023
5 min
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Qualche giorno fa ragionando con Silvio Martinello si parlava di rapporti e di velocisti. La scelta degli ingranaggi o le nuove soluzioni che i corridori hanno a disposizione non riguardano però solo le volate. Il campione olimpico della corsa a punti a Atlanta 1996 ha spostato l’attenzione anche sui rapporti e il tempo massimo.

Stavolta il discorso velocisti-rapporti è letto a parti inverse: salite e rapporti corti, anziché volate, tappe pianeggianti e mega padelloni come il 58.

Silvio Martinello (classe 1963) è stato un grande pistard. Due medaglie olimpiche nella corsa a punti: oro ad Atlanta, bronzo a Sidney (in foto)
Silvio Martinello (classe 1963) ha vinto due medaglie olimpiche nella corsa a punti: oro ad Atlanta, bronzo a Sidney (in foto)

Volata da ultimo

Per portarvi in questo discorso vi proponiamo un esempio concreto: Fabio Jakobsen al Tour 2022.  L’atleta della Soudal-Quick Step verso Peyragudes era al limite del tempo massimo. Talmente al limite – viaggiava sul filo dei secondi – che i direttori sportivi per non rischiare di lasciare fuori gli altri corridori che lo scortavano, li avevano mandati avanti. Almeno loro sarebbero ripartiti il giorno dopo.

Gli stessi compagni aspettavano il loro velocista appena un metro dopo la linea d’arrivo (nella foto di apertura). Lo tifavano come se si stesse giocando la vittoria… quando in realtà era ultimo. Fabio ce la fece per una manciata di secondi. Poi cadde stremato.

Probabilmente qualche anno fa Jakobsen non ce l’avrebbe fatta. Non sarebbe rientrato nel tempo massimo. E non ce l’avrebbe fatta perché non avrebbe avuto a disposizione i rapporti più corti con cui “salvarsi”. Rapporti che in qualche modo oggi gli consentono di sviluppare parte della sua forza, contro il peso dei suoi muscoli, che invece in salita gli remano contro. Con un 39×25 Jakobsen si sarebbe “incatramato” su stesso.

Vedere cassette posteriori 11-34 non è così raro
Vedere cassette posteriori 11-34 non è così raro

Rapporti corti

«Oggi – dice Martinello – le nuove scale posteriori aiutano moltissimo gli atleti più pesanti e i velocisti in particolare. E lo si vede quando ci sono le grandi salite. In quei casi anche gli scalatori usano dentature molto agili. Ai miei tempi il 95 per cento delle corse le facevi con il 39×23 come rapporto più leggero. Potevi montare il 25 giusto quando c’erano il Gavia, il Mortirolo, il San Pellegrino in Alpe… La differenza era che lo scalatore quel rapporto in qualche modo lo girava, noi velocisti molto meno».

Con i rapporti attuali sono cambiate anche le preparazioni. Oggi tutti i velocisti lavorano in salita. E tutti vanno, chiaramente, alla ricerca della cadenza. Le 60 rpm dei velocisti negli ’90 sono un ricordo. Oggi come minimo si ragione su 15 rpm in più. Poi magari non si riesce a rispettarle, ma la base di riferimento è ben più alta.

«Oggi i velocisti lavorano in salita – va avanti Martinello – sia perché i percorsi sono diversi (mediamente più duri, ndr), sia perché c’è quasi sempre una salitella prima della volata. Soprattutto da quando ci sono le 12 velocità, i corridori hanno scale più ampie che gli consentono di avere rapporti più agili.

«Rapporti come il 34 all’anteriore (e pignoni come il 32-30-28 al posteriore, ndr) ti permettono di tutelare le fibre muscolari, quelle che servono fresche per lo sprint. Se le stesse fibre sono 5-6 ore in tensione, quasi come una Sfr, e per tanti giorni consecutivi (Jakobsen fu ultimo anche il giorno dopo, ndr) alla fine quella forza esplosiva per lo sprint viene meno».

L’arrivo di Peyragudes: Jakobsen arrivò ultimo a 36’48” da Pogacar. Si salvò dal tempo massimo (il 18% della tappa) per soli 15″
Peyragudes: Jakobsen arrivò ultimo a 36’48” da Pogacar. Si salvò dal tempo massimo (il 18% della tappa) per soli 15″

Tempo massimo

Ma oggi un velocista se la cava meglio in salita non solo per i rapporti più corti. Il tempo massimo è aumentato e può arrivare anche al 18% della durata della tappa. Una volta si creava la famosa “rete”, il gruppetto, perché se si finiva in tanti fuori tempo massimo l’organizzatore era “costretto” a reinserire tutti gli atleti. Era una sorta di mossa sindacale!

«Rispetto ai miei anni – va avanti Martinello – il tempo massimo oggi si è dilatato. E giustamente mi sento di aggiungere… L’obiettivo di un organizzatore qual è? Dare spettacolo e per farlo deve portare più corridori possibili al traguardo. Come per esempio gli sprinter all’ultima tappa di un grande Giro. E questo incide parecchio. Noi avevamo tempi massimi più ristretti e facevamo una grande fatica per starci dentro. Una volta avevi 30′-35′, oggi arrivano anche ad un’ora.

«Spesso si sentono critiche verso i velocisti nelle tappe di montagna perché vanno troppo piano. Ma loro fanno bene a sfruttarlo il più possibile. Questo significa che il giorno dopo hanno più energie per disputare un buono sprint».

Nella tappa di Verona al Giro 2021, lunghe chiacchierate in gruppo e ritmi blandi per quasi 190 chilometri sui 199 della tappa
Nella tappa di Verona al Giro 2021, lunghe chiacchierate in gruppo e ritmi blandi per quasi 190 chilometri sui 199 della tappa

La “rivolta” di Verona

E questo è verissimo. Proponiamo ancora due esempi concreti. Uno riguarda ancora Jakobsen che quel giorno a Peyragudes spese talmente tanto che poi non ebbe le gambe per fare lo sprint sui Campi Elisi, nonostante la “crono di recupero” nel mezzo.

L’altro esempio è una “semi querelle” rimasta nascosta risalente alla tappa di Bagno di Romagna al Giro d’Italia 2021.

Quel giorno il dislivello dichiarato era di circa 3.600 metri e la tappa era classificata di media montagna. All’arrivo un po’ tutti i corridori lamentarono invece un dislivello superiore ai 4.400 metri. La tappa, dunque, sarebbe dovuta essere classificata di alta montagna e di conseguenza sarebbe dovuto cambiare il tempo massimo (più ampio). I velocisti si lamentarono con l’organizzazione.

Furono infastiditi anche perché il giorno dopo c’era uno sprint annunciato: tappa totalmente piatta verso Verona. Una tappa che fu parecchio noiosa. Nessuno si mosse e il gruppo di fatto passeggiò fino ai -10 dall’arrivo, quando poi iniziarono le manovre per lo sprint. Sembra che questo immobilismo fosse una sorta di protesta mascherata.

«Ci sta – commenta Martinello – un velocista ci tiene molto. In certe tappe spende tantissimo e se giustamente aveva la possibilità di risparmiare qualche energia perché non sfruttarla? Una volata richiede molta forza e farla con le gambe stanche non è facile. Tanto più che le occasioni per fare gli sprint sono sempre meno».

Velocisti, caos e perfezione alla velocità della luce

26.01.2023
6 min
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«Anche quella dei velocisti – dice Viviani, in apertura con Richeze – è una famiglia che si sta evolvendo. Siamo tanti, ma non vedo un dominatore assoluto. I giovani arrivano. De Lie ha vinto tante corse lo scorso anno e ha cominciato bene quest’anno. Poi ci sono Kooij e anche Jakobsen, anche se lui è una conferma. Lo scorso anno però non c’è stato uno che abbia schiacciato gli altri. Se ci mettiamo tutti insieme in una gara come questa, magari qualcuno manca, però non c’è uno che le vinca tutte».

Ieri la salita ha diviso il gruppo. Davanti sono rimasti Gaviria e Sagan, dietro Jakobsen, lo stesso Viviani e tutti gli altri. La curiosità di fare con Elia il punto sui velocisti è venuta proprio osservando l’andamento della Vuelta a San Juan. Ogni volata un vincitore diverso, ogni volata una squadra capace di gestire diversamente il finale. Poco importa se giovani o più esperti.

«In questo momento – conferma Viviani – Van Poppel è quello che fa la vera differenza e Bennett ne trae beneficio. Però anche Bennet ha la mia età, quindi possiamo dire che c’è una decina di velocisti che si dividono le vittorie. Poi ogni anno c’è chi prevale sull’altro in termini di numero o qualità delle vittorie. Non è secondo me come gli scalatori. Il Tour se lo giocano Pogacar, Vingegaard e non so chi altri. Sul piano delle volate, la situazione è più aperta».

Alla Vueltsa San Juan per ora tre volate e tre vincitori diversi
Alla Vueltsa San Juan per ora tre volate e tre vincitori diversi
Dipende dal livellamento delle prestazioni?

No, perché comunque lo sprint non è come in salita. La differenza la fanno tante cose, non solo i watt per chilo. La fa il percorso, se tira un po’ in su. La fa se la volata viene un attimo più tirata, come qui nella seconda tappa. La fanno le dinamiche, il treno migliore, restare chiusi sulle transenne, riuscire a venir fuori… Quindi tante cose che, messe insieme, non fanno prevalere sempre il corridore più potente. Probabilmente i primi sprint da giovanissimo potrebbero far prevalere sempre lo stesso, però tra i professionisti non è più così.

Quanto incide il treno? 

Prima ho parlato di Van Poppel per dire che tantissime squadre possono portare il velocista all’ultimo chilometro, ma è quello che succede nel finale a fare la differenza. Tutte le volte che ho vinto nel 2018-2019 era perché Sabatini, Richeze o Morkov lavoravano per me. Questa combinazione di corridori aveva il pieno controllo di quello che succedeva nell’ultimo chilometro. Quindi la squadra può fare bene dal chilometro zero fino all’ultimo, ma in quello spazio, sono il penultimo e l’ultimo uomo che fanno la differenza. Un Van Poppel così fa la differenza e ti porta a giocarti il 90 per cento delle volate. Senza di lui, Bennett non vincerebbe così bene.

In che modo l’assenza dei treni all’antica cambia la volata?

La situazione è più caotica. Non c’è più il treno di quei 6-7 che prendono la testa e portano il leadout fin là. Oggi parliamo di due uomini: quello che entra al chilometro e porta l’ultimo ai 500 metri e quello ti lancia negli ultimi 500 metri. Le squadre non sono più sbilanciate verso lo scalatore o il velocista. Tutto da una parte o dall’altra. Ormai ci sono dentro i due uomini per lo scalatore e i due per il velocista. Per questo non vediamo più il dominio di un treno che prende la testa e va pulito sino falla fine.

Van Poppel è l’ultimo uomo di Bennett, uomo chiave invidiato da tanti velocisti
Van Poppel è l’ultimo uomo di Bennett, uomo chiave invidiato da tanti velocisti
Una volta fra grandi velocisti c’erano spesso tensioni, adesso come va?

Abbiamo rapporti abbastanza buoni. E’ ovvio che poi con qualcuno vai più d’accordo e c’è chi ti sta più sulle scatole o chi secondo te si muove in modo un po’ troppo aggressivo. Capita poche volte ormai di vedere delle scorrettezze per cui dici: «Cavoli, mi ha fatto rischiare la vita!». C’è rispetto, questo mi sento di dirlo.

Non ci sono più… i banditi come un tempo?

Con tutti i temi che si trattano negli ultimi anni, parlando di sicurezza, di stare attenti… E’ inutile che lottiamo per la sicurezza organizzativa, se poi ci ammazziamo fra noi. Quindi è ovvio che questo porta ad essere un po’ più corretti. Anche le squalifiche che ci sono state secondo me hanno indotto qualcuno a pensarci bene prima di fare scorrettezze.

L’incidente di Jacobsen, per esempio, ha fatto parlare?

Ha fatto parlare tanto, però secondo me ha fatto parlare in modo sbagliato. Come al solito se ne è parlato per le conseguenze, non per quello che è successo. Perché io sono ancora del parere che Groenewegen si sia spostato una volta di troppo, ma anche Fabio ha pedalato una volta di troppo. Nove velocisti su dieci avrebbero capito che era il momento di frenare. Quindi per me in quell’incidente le responsabilità sono 50 e 50. E’ successo a chiunque di vedere la ruota che arriva sotto e fare uno spostamento. Okay, Groenewegen ha esagerato, ma dall’altra parte Jakobsen ha provato a infilarsi fino a quando il manubrio è entrato nelle transenne. La mossa di Dylan non è stata per ammazzare Jakobsen. Certo che ne abbiamo parlato, ma nel modo giusto, analizzando ambedue le parti.

La drammatica caduta al Polonia 2020, che stava per costare la vita a Jakobsen (che vola oltre la transenna)
La drammatica caduta al Polonia 2020, che stava per costare la vita a Jakobsen (che vola oltre la transenna)
Il fatto che si usino i rapporti sempre più lunghi in volata è causa dell’evoluzione del ciclismo?

Ma sì, perché comunque ci sono volate dove chi è da solo magari mette un dente in più. Se gli va bene e prende la scia giusta, riesce a saltare quelli davanti. Quindi secondo me l’uso di rapporti sempre più lunghi è più per la dinamica che ormai c’è nelle volate. E poi si va avanti, guardiamo come sono aumentati i rapporti in pista. Aumentano le velocità, però quei rapporti bisogna tirarli.

Cioè?

Mercoledì avevo il 56 pensando alla volata, ma non sono arrivato a farla. Quindi a cosa serviva il 56? Sulla bilancia va messo sempre tutto, perché se non sei abituato a tirare un certo rapporto, probabilmente può essere più nocivo che altro. Per contro, il primo giorno era una volata tutta piatta, si girava a sinistra e trovavi vento a favore, probabilmente un dente in più sarebbe servito. Quindi c’è sempre da analizzare non solo quei 500 metri finali, ma anche la giornata.

Prima forse queste attenzioni non c’erano.

Non si cambiavano i rapporti giorno per giorno. Avevi un rapporto ed era quello. C’era chi metteva il 54 tutto l’anno, chi il 53… Sicuramente fa parte delle scelte di oggi. Come gli scalatori cambiano dal 36 al 39 e al 42 se la salita è poco pendente, lo stesso noi possiamo permetterci cose che una volta non si facevano.

San Juan per Viviani è momento di verifica con gli altri velocisti e preparazione per gli europei in pista
San Juan per Viviani è momento di verifica con gli altri velocisti e preparazione per gli europei in pista
Tu hai corso la Sei Giorni di Rotterdam e poi hai fatto i lavori in pista prima di venir qua: com’è il passaggio dai carichi di lavoro della pista alla prima corsa su strada?

Nei primi giorni è sempre difficile, però è ovvio che facendole entrambe, non è un problema e anzi deve essere un vantaggio. Il passaggio successivo è che dopo questa corsa, andrò ancora in pista con le gambe belle cariche. Adesso dovremo finire questa gara, poi recuperare e recuperare non vuol dire viaggiare. Quindi ci prenderemo qualche giorno in più a casa per assimilare quello fatto qua e aggiungere la qualità, per arrivare pronti all’europeo

E dopo gli europei?

Strada. Uae Tour e poi sono nella lista della squadra per la Parigi-Nizza, ma dobbiamo vedere le dinamiche di inizio stagione. Il mio programma strada sarebbe perfetto vede Parigi-Nizza, Sanremo, Gand-Wevelgem. Se non dovessi essere fare la Parigi-Nizza, potrei andare in Coppa del mondo al Cairo. Ma il programma numero uno è quello della strada al 100 per cento. 

Caro Sabatini, ma davvero Jakobsen è così veloce?

12.01.2023
6 min
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Fabio Sabatini ne ha scortati di velocisti nella sua carriera. E tutti i più forti… e se un Fabio Jakobsen dichiara di essere l’uomo più veloce del mondo la cosa non può cadere a terra.

Vi riportiamo la frase dello sprinter della Soudal-Quick Step. «Se penso di essere l’uomo più veloce del mondo? Se guardi alla punta massima di velocità non tanti riescono a passarmi quando parto. E’ quello per cui mi alleno e per questo posso dire che hai ragione. Per contro, magari non sono il velocista più forte del mondo, visto che devo sempre lottare col tempo massimo. Funziona così: se vuoi essere il più veloce, devi soffrire in salita. E al Tour sono tutti così al massimo che ogni cosa è amplificata. Ma io sono fatto così e non voglio cambiare. Non per ora, almeno…».

Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio Sabatini (classe 1985) è diventato pro’ nel 2006 alla Milram ed ha chiuso nel 2021 alla Cofidis
Fabio, è vero dunque che Jakobsen è l’uomo più veloce del pianeta?

Sì, ci può stare, può essere vero. Però è anche vero che è stato battuto. Sulla carta, chiaramente, è uno dei velocisti più forti e attualmente credo anche il più puro. Se la gioca con Groenewegen.

Quindi sei d’accordo anche quando dice di essere il più puro attualmente?

Sì, se c’è una salitella, se non si stacca, rischia di arrivare allo sprint con “una gamba su e una gamba giù” e può essere battuto.

E per te che ne hai visti e scortati parecchi chi è stato il più veloce e il più puro?

Marcel Kittel – risponde Sabatini senza indugio – sono stato con lui alla Quick Step per due anni ed era effettivamente velocissimo.

Pensavamo più ad un vecchio McEwen, un Ewan, allo sprinter “piccolo” che ti salta negli ultimi 30 metri. Si dice che le punte maggiori di velocità le abbiano loro…

Un conto è uscire all’ultimo secondo e un conto è essere il più veloce. Un velocista come Jakobsen che fa in pieno 200-210 metri di volata e vince con una bici di vantaggio per me è il più forte. Se poi lui partendo così viene saltato nel finale perché c’è vento contro, ci sta che uno come Ewan possa saltarlo negli ultimi metri, ma non è detto che sia più veloce.

Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Kittel era un mostro di potenza. Era davvero difficile saltarlo una volta usciti dalla sua scia
Insomma la velocità della volata non aumenta fino alla fine e chi salta, lo fa perché chi era davanti è “calato”…

In una volata ci sono tantissimi fattori da valutare, tante cose in ballo… E non si può dare un giudizio unico. Certo è che dopo quel che gli è successo per me Jakobsen che è tornato al suo livello è ancora più forte.

Hai scortato tanti campioni: Viviani, Cavendish, Kittel, Gaviria

Io sono passato con Petacchi, ma forse andiamo troppo indietro con il tempo. A lanciarmi in modo definitivo nel mio ruolo di apripista è stato proprio Kittel. Però credo che Cav sia il più forte, specie dopo quel che ha fatto al Tour 2021, vincendo quattro tappe e la maglia verde. Se avesse un treno come aveva alla Quick Step sono sicuro che vincerebbe ancora lui. Però gli ci servirebbe il treno…

E Viviani?

Lui forse è più un Caleb Ewan, se ce lo hai a ruota uno come lui è un problema perché ha il picco da pistard e infatti il 70% delle volate in cui lo scortavo io lo portavo “veramente corto” (vicino alla linea d’arrivo, ndr). Perché se si partiva lunghi chi gli era a ruota poteva saltarlo, in quanto il suo picco poi andava a calare. Se un Kittel lo lasciavo ai 210-220 metri, Viviani lo lasciavo ai 170-150.

Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Petacchi contro Cavendish, un duello fra titani. Per superare AleJet nel finale è servito un astro nascente come l’inglese
Facciamo un gioco di fantaciclismo. Prendi tutti i velocisti con cui ti sei incontrato in carriera e supponiamo che tutti siano all’apice della carriera. Chi è il più forte?

Eh – ci pensa un po’ Sabatini – se devo fare una classifica metto primo il Peta! Alessandro quando partiva era impressionante e aveva una volata veramente lunga. Lui forse non aveva il picco più alto ma ti faceva 1.500 watt per 30”-40” e con questi valori fai una differenza pazzesca. Lui, non credo di averlo mai lasciato al di sotto dei 200 metri. Lui e Kittel fanno parte di quegli sprinter che quando li lasci e sei già lanciatissimo aumentano ancora la velocità. Poi alla pari metto Cavendish e Viviani. Gente così con un treno è davvero pericolosa!

Viste le esigenze dei percorsi attuali (con più dislivello), secondo te limitano il potenziale degli sprinter proprio nelle volate?

Certo che li limitano e lo si vede anche dalle squadre che si fanno ormai per i grandi Giri. Difficilmente una WorldTour, a meno che non sia una “novellina”, porta il velocista o il treno per il velocista. Al massimo un uomo o due gli mettono vicino. Anche perché che garanzie può dare uno sprinter? Oggi c’è sempre una salitella prima dell’arrivo. E se la supera arriva stanco in volata. Ma questo dipende anche dai punteggi dell’UCI.

Vai avanti…

Finché non cambieranno del tutto – so che sono stati ritoccati per fortuna – sarà sempre così. Meglio fare un decimo nella generale che vincere diverse tappe. Guardiamo la Vuelta di quest’anno. Ma voi lo portereste un velocista? La prima tappa è una cronosquadre, nella seconda c’è una salitella nel finale e alla terza si arriva già ai 2.000 metri di Andorra. Tante volte lo sprinter ha bisogno delle prime tappe per carburare, così rischia di finire fuori tempo massimo.

Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Per Sabatini, Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Jakobsen con Merlier (a sinistra). Da quest’anno i due corrono insieme. Jakobsen di fatto avrà un “rivale” in casa
Torniamo a noi. Merlier ha il potenziale per impensierire Jakobsen? Alla fine è una nuova leva che arriva nella squadra dove tutti migliorano…

Sono stato sei anni in quel gruppo e vige la filosofia che va avanti “chi va più forte”. Lefevere non guarda in faccia nessuno. Sono molto d’accordo quando avete scritto che la squadra del Tour verrà decisa poche settimane prima della corsa. E’ verissimo, posso garantirlo. E se Merlier dovesse vincere le corse in quel periodo e Jakobsen dovesse perderne qualcuna state certi che in Francia portano Merlier. Se Jakobsen vuol restare alla Soudal-Quick Step deve sapere che Lefevere avrà sempre almeno due velocisti. Insomma un “problema” ce lo avrà sempre.

In quella classifica dei velocisti di prima, dove collocheresti Jakobsen?

Tra Petacchi e Kittel. Fabio è davvero potente. In una volata regolare, quando Morkov si sposta è difficile che qualcuno riesca a passarlo. Quando è successo è perché ci sono state dinamiche particolari.

Dainese e Mozzato: settimana tipo del velocista

05.12.2022
8 min
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Settimana tipo del velocista, anzi dei velocisti. Questa volta ve ne proponiamo due Alberto Dainese e Luca Mozzato. Li abbiamo messi insieme in una divertente videochiamata su WhatsApp e i due sprinter veneti ci hanno raccontato come vivono queste settimane di dicembre.

Dainese parte oggi per la Spagna con la sua Dsm, mentre Mozzato resta ad allenarsi a casa, anche perché i programmi della B&B Hotels-KTM in questo momento non sono chiarissimi come si è visto. I due classe 1998 sono amici e sono stati anche compagni in nazionale agli ultimi europei.

Mozzato (a sinistra) e Dainese (a destra) nella chiamata a tre su WhatsApp…
Mozzato (sopra) e Dainese (sotto) nella chiamata a tre su WhatsApp…
Ragazzi, prima di tutto come state in questo momento? 

DAINESE: «Io sicuramente peggio di lui! In realtà forse sono un po’ più avanti perché ho avuto un’incidente il 31 agosto, ho fatto un mese di riabilitazione a settembre e quindi già dal 1° ottobre ero in bici. Ho iniziato quando gli altri erano ancora in vacanza».

MOZZATO: «No peggio io! Ho appena ricominciato a pedalare. Questa è la seconda settimana di allenamenti, la condizione è molto lontana da quella ideale. Ma credo di essere in linea col periodo». 

Partiamo dalla sveglia. A che ora vi svegliate?

DAINESE: «Io alle 7 comincio a tirarmi su…. Mentre posso dirvi che “Moz” fino alle 9,30 non risponde al telefono!».

MOZZATO: «Vero! Le 9,30 sono il mio limite, ma ogni tanto mi sveglio anche prima». 

A che ora fate colazione?

MOZZATO: «Abitiamo anche relativamente vicini, 35-40 chilometri, e quindi capita  di allenarci insieme. E svegliandomi tardi poi sono costretto a fare tutte le cose di corsa. Il tempo dalla sveglia a quello in cui sono in bici è veramente breve. Fra sveglia, colazione e preparativi faccio tutto in 40-45′. Prima delle 10 è raro che esca».

DAINESE: «Appena mi sveglio faccio subito la colazione. Esco prima di Luca. Però me la prendo un po’ più comoda. Faccio una colazione abbondante e dopo un’oretta parto, di solito alle 9,30».

Tappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, Dainese
Tappa del pavè al Tour. Si vede in primo piano Mozzato e alle sue spalle, nella polvere, Dainese
Come vi vestite ora che fa un po’ più freddo?

DAINESE: «Pesante: calzamaglia, puntali e magari sopra al puntale metto anche un copriscarpe aerodinamico, così… Un po’ per lo sporco e anche perché “fa più bello”! Poi maglia termica e primaverile o invernale a seconda dalla giornata».

MOZZATO: «Mi vesto un po’ meno perché il freddo non lo soffro tanto. Se mi vesto troppo tendo a sudare. Magari parto con una maglia termica corta, un giubbino primaverile e poi a seconda della giornata la gabba o uno smanicato». 

Uscite tutti i giorni o alternate con la palestra?

MOZZATO: «Si prova a fare qualcosa a tutti i giorni, poi dipende anche dal tempo. Al momento sono su “mini blocchi” di lavoro in bici di due o tre giorni consecutivi e poi il giorno dello “scarico” vado in palestra. Quindi in una settimana faccio cinque uscite in bici e due di palestra».

DAINESE: «Io faccio triplette e di solito la palestra la metto nel giorno che ho le partenze da fermo, quindi intorno alle tre ore. In palestra ci vado dopo la bici. Però nel giorno di recupero, faccio un’ora di bici o anche meno».

Facciamo una settimana tipo: lunedì, martedì, mercoledì… 

MOZZATO: «Due ore e mezza il primo giorno e mezz’ora in più quello successivo. Il mercoledì non tocco la bici e faccio palestra per un paio di ore. Giovedì, venerdì e sabato altre uscite in bici. Uscite che a seconda del meteo possono anche andare a decrescere. La domenica vado in palestra».

DAINESE: «Faccio delle triplette. E bene o male sia in questo periodo che in stagione faccio già 3-4-5 ore a salire, o 3-5-3. Faccio palestra nel giorno delle tre ore. Quindi recupero e via con un’altra tripletta». 

Quali sono i tre esercizi che più fate in palestra?

MOZZATO: «Tantissimo squat, stacchi e addominali».

DAINESE: «Squat, stacchi da terra (anche step up, dal cubo) e bulgarian».

Quante volate fate il giorno dell’allenamento esplosivo, se così possiamo dire? Sempre in questo periodo…

DAINESE: «Io sono un po anomalo, perché il mio mese di stop è stato anticipato e quindi sono più avanti. Non dico che sono in condizione, ma quasi. Il giorno delle tre ore faccio tre serie con quattro partenze da fermo ciascuna. Poi capita invece che in un altro giorno della tripletta faccio delle volate ad alta cadenza o sprint lunghi da 20”. Mi è capitato già di fare 6×20”: era novembre e di solito è presto per certi lavori». 

MOZZATO: «Per me è molto più semplice, visto che al momento di volate non ho ancora fatta una! Sono nella fase della base».

Quando fate la volata in allenamento cosa non deve assolutamente mancare? Un cartello da vedere, lo sguardo sul computerino, la musica a tutto volume nelle orecchie…

MOZZATO: «Per me non deve mancare il punto d’arrivo che può essere un cartello, un palo… Cerco di regolarmi in base alla durata della volata, ma preferisco avere una “linea d’arrivo”. Mi motiva di più».

DAINESE: «A me piace tanto, e ho cominciato da quest’anno più che gli anni scorsi, fare dietro moto su strada e lanciarmi proprio a tutta, ai 70 all’ora e fare la volata più lunga possibile fino al cartello che mi fisso io. C’è quel momento che sei già sfinito dietro la moto e dici: “Dai ora, spingi”».

Mozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di più
Mozzato (in foto) ha detto che tollera bene il freddo. Dainese invece si veste di più
Quando vi allenate insieme fate mai la volata?

MOZZATO: «Ho perso le speranze!

DAINESE: «Abbiamo abbandonato le volate insieme qualche anno fa». 

MOZZATO: «Lui è più esplosivo di me e ogni volta mi toglie di ruota. Quindi ho detto: “Meglio lasciare perdere”».

DAINESE: «Ma non è vero. Il fatto è che stando sempre in viaggio, quest’anno avremmo fatto dieci allenamenti insieme». 

Con il peso come è messo il velocista in questo periodo? 

MOZZATO: «Io discretamente male! Scherzi a parte, rispetto al peso forma dovrei essere 2-3 chili sopra. Il peso è stato un po’ la mia croce in questi anni. Anche per questo sto cercando di mettere ore nelle gambe con il fondo lento e faccio poche volate».

DAINESE: «Io benino, qualcosa ho preso, ma non so neanche bene definire quanto: un chiletto e mezzo…».

Oggi il velocista deve andare forte anche in salita. E’ un aspetto che già state curando?

DAINESE: «Sì, anche se io non faccio lavori specifici, almeno adesso, per la salita. Nel giorno delle 5 ore cerco di farne abbastanza, anche in Z2 o Z3 bassa. Magari ci butto dentro un cambio cadenza».

MOZZATO: «Discorso simile anche per me. I lavori specifici non sono ancora stati fatti. Arriveranno coi ritiri e con le temperature più calde. Però le salite vanno inserite il più possibile, dovendo portare la bici in cima è un allenamento che serve sempre di più. Ripide corte, lunghe, facili… bisogna farle». 

Dainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa invece
Dainese è partito oggi per il ritiro con la squadra, qui in una foto (Instagram) dell’anno scorso. Mozzato si allena a casa invece
Passiamo alla parte alimentare. A colazione cosa mangiate? 

MOZZATO: «Con il discorso peso, in questo periodo provo a stare più leggero possibile. Cerco di limitare i carboidrati o gli alimenti che durante la stagione vengono usati di più, come avena, pane…  Prediligo una colazione più proteica. E anche in bici: invece di mangiare ogni mezz’ora, come sarebbe giusto fare, mangio una volta all’ora. E nella borraccia metto le proteine anziché le maltodestrine. Prima di partire prendo un po’ di caffè…».

DAINESE: (ride, ndr) «Un po’: lui si fa la moka da sei!».

MOZZATO: «Serve grinta per uscire di casa!».

DAINESE: «Io insisto ancora sui carboidrati. Non ho cambiato molto l’alimentazione rispetto alla stagione vera e propria, anche perché una ventina di ore settimanali le faccio comunque. Non devo perdere tanto peso. Mi piace variare quindi posso farmi porridge, pancakes o l’omelette col pane… O tutti e tre! Mi piace fare la colazione abbondante, soprattutto il giorno della distanza. Magari sono un po’ ingolfato nelle prime ore, ma poi la gamba è bella piena».

Quindi tornate dall’allenamento e pranzate sempre o se fate la distanza lo saltate?

MOZZATO: «Soprattutto in questo periodo non penso di aver mai saltato il pranzo. Magari capita più in là o in altura. In quel caso fai tante tante ore, arrivi verso le quattro, mangi un frutto, un po’ di proteine e arrivi a cena. Adesso invece pranzo con una porzione di carboidrati, una di proteine e un frutto».

DAINESE: «Più o meno uguale. Anche se questo mese mi è già capitato di essere tornato che faceva quasi buio e tirare a cena mangiando più leggero. Comunque quando pranzo prendo sempre un po’ di carboidrati. Quando c’è la distanza e arrivo ad orari “strani”, tipo le 15,30, non ho una gran voglia di pasta, mangio qualcos’altro. Anche per questo preferisco partire un po’ prima, specialmente quando ho la palestra al pomeriggio: cerco di stare a casa per mezzogiorno».

Alternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambi
Alternanza delle proteine ed omega-3, contentuti nel salmone, sono cardini per entrambi
A cena cosa mangiate?

MOZZATO: «Io provo a variare il più possibile le proteine. Se a pranzo ho preso il pollo, la sera mangio del pesce, della carne rossa o delle uova… Può capitare che faccia una porzione ridotta di carne o pesce e magari inserisca dei legumi».

DAINESE: «Molto simile a Luca. Cerco anche di evitare troppa carne. In qualche pasto (soprattutto a pranzo) sostituisco la carne con dello yogurt greco».

E il dolcetto post cena?

DAINESE: «Penso che siamo amanti entrambi del dolcetto!». 

MOZZATO: «E’ il mio punto debole! Come sempre dipende anche dal periodo. Quando so che devo limare sul peso, in casa non ne tengo, così sono obbligato a non mangiarne». 

DAINESE: «Io sono un po’ più permissivo con me stesso. Alla fine conta l’introito calorico e se voglio il dolce limo su qualcos’altro». 

Integratori: in questo periodo il velocista ne fa uso?

MOZZATO: «Quando ho staccato… ho staccato anche con gli integratori. Invece adesso cerco d’introdurre le cose di cui solitamente sono carente, quindi: vitamina D, ferro, Omega-3… Più che altro perché ogni volta che faccio le analisi sono un disastro!».

DAINESE: «Come squadra abbiamo la linea guida di doverli prendere tutto l’anno. E sono tre in particolare: omega-3, probiotici e vitamina D. Ma nel mese di stacco li ho evitati anche io. Quando sono tornato in bici ho ripreso a prenderli».

Reparto velocisti Cofidis: il bilancio con Damiani

12.10.2022
5 min
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Fare punti per una squadra WorldTour è uno, se non l’aspetto più importante per il bilancio stagionale. Ne conseguono infatti la permanenza nella categoria e l’appetibilità verso sponsor e atleti. Per Cofidis la zona retrocessione di cui si era parlato a inizio anno è ormai dimenticata. Hanno fatto tutti la loro parte, gli scalatori e soprattutto i velocisti. La stagione ormai alle battute finali si è rivelata essere uno step in avanti sotto più punti di vista.

I velocisti per molte formazioni rappresentano la linfa vitale per accumulare vittorie, piazzamenti e quindi punti preziosi. Ci siamo posti interrogativi e li abbiamo dirottati su Roberto Damiani diesse del team francese, chiedendogli come si gestiscano tante ruote veloci e cosa ci sia dietro l’esigenza di finalizzare ogni ordine d’arrivo per l’accumulo dei punti. 

Tirreno-Adriatico, Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto, facciamo una panoramica sui vostri velocisti…

Partirei con Max Walscheid che ha vinto una corsa poi ha avuto un incidente in allenamento e da aprile ha rincorso sempre un po’ la condizione. Ritengo che Max sia l’interprete ideale per essere l’ultimo uomo per un altro velocista. Lui non ha l’esplosività naturale vista la stazza, ma dispone di una progressione importante. C’è una grossa differenza tra il velocista esplosivo o il velocista come Max più alla Petacchi o Cipollini. Questi atleti infatti sono in grado di raggiungere delle punte di velocità in progressione. Per cui diventano veloci, ma per questo tipo di caratteristiche. 

Continuiamo…

Piet Allegaert che ha fatto buonissimi risultati, ma che probabilmente manca di quell’esplosività finale che gli potrebbe permettere di vincere. Anche lui potrebbe essere inserito tra gli uomini di aiuto per il pit out finale. 

Poi c’è Coquard il vostro migliore velocista quest’anno…

Bryan ha riaperto il discorso con la vittoria, l’ha fatto bene già a inizio stagione e vincendo anche adesso alla fine. E’ un velocista che invece diventa uno di quegli uomini da ultimi 100/150 metri. Ha fatto bene il suo lavoro, abbiamo cercato di sostenerlo come peraltro lui ha sostenuto Simone Consonni nell’ultima Parigi-Tours facendo davvero un ottimo lavoro. 

Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Eccoci a Consonni, che stagione ha disputato?

Direi abbastanza complicata, perché ha avuto qualche problema di salute. Simone ha forse pagato il fatto di trasformarsi da ultimo uomo di Elia Viviani a protagonista in ricerca del risultato. Però sta lavorando bene, sta crescendo e oltretutto ha fatto un buon cumulo di risultati.

Poi c’è Davide Cimolai altro azzurro molto veloce…

Cimolai è sicuramente un buon velocista, quest’anno si è dedicato più ad aiutare gli altri. Questi corridori sono stati importanti per un certo numero di punti che ci hanno dato la possibilità di arrivare nella posizione attuale di squadra.

Fare punti quindi è l’obiettivo?

Il primo obiettivo rimane quello di vincere. Sembra di dire un’ovvietà, ma se vinci fai anche i punti

Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Abbiamo visto spesso ordini d’arrivo con più uomini dello stesso team fare la volata, anche nel vostro caso. Come spieghi questo approccio?

Ci siamo trovati qualche volta a prendere in considerazione dei risultati che ponevano due o tre corridori nei dieci all’interno di una gara, come hanno fatto altre formazioni. Contenti per il numero di punti che hanno fatto un po’ meno per la corsa che si è persa. 

E’ un aspetto tattico che diventa esigenza programmata prima della gara o è un’eventualità del finale?

E’ anche un’esigenza, io faccio fatica a non pensare di essere alla partenza di una corsa per non vincere. Anzi non ci riesco proprio. Per me ogni corsa è fatta per cercare il massimo risultato. 

Questo non incide sull’ordine d’arrivo in negativo a volte?

Sono situazioni che a posteriori puoi anche dire che avresti potuto giocartela meglio. Ma l’importanza di essere nel WorldTour è comunque fondamentale

Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Facendo un paragone calcistico i velocisti sono come delle prime punte. Più fanno gol e più acquistano continuità. Vale lo stesso per i tuoi sprinter, vedi Consonni sempre più presente negli ordini d’arrivo?

Buttarla dentro è importantissimo. Quella vittoria lì è stata come aprire una porta importantissima. Anche perché è stato un ordine d’arrivo pesante. C’erano davvero degli ottimi velocisti. A me dispiace tantissimo quello che è successo alla Coppa Bernocchi. In un momento chiave della gara, in cui Simone godeva di grande forma, ha avuto un problema meccanico e li è rimasto fuori dai giochi. Alla Parigi-Tours c’è stato quel tentennamento in cui Mozzato gli ha messo il manubrio davanti e lui non è riuscito più a partire per lo sprint. Sono situazioni che non gli hanno permesso di raccogliere risultati ancora meglio di quello che ha fatto. 

E’ in un percorso di crescita?

Direi più un periodo di trasformazione e ci vogliono tempo e calma. 

Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
In ottica 2023 avete in mente di rinforzare il roster dei velocisti?

Siamo in uno sfondo più dedicato al nostro manager che si occupa di mercato. Chiaramente si confronta con noi per le scelte tecniche, però adesso abbiamo già un buon numero di velocisti che potranno vantare un anno in più di lavoro insieme. Qualche dinamica di gara per il prossimo anno avverrà più facilmente nei finali di corsa. Penso che sia uno dei settori su cui ci possiamo affidare maggiormente. 

Che bilancio dai al reparto in questa stagione?

Sicuramente è stata una stagione positiva, oltre che per il reparto per la squadra. Per il numero di vittorie conquistate e per il fatto che probabilmente una grande percentuale di quelli che si considerano come grandi esperti di ciclismo ci davano per spacciati nel WorldTour. Invece nella classifica annuale siamo in 11° posizione e in quella triennale in 14°. Siamo andati dritti verso i nostri obiettivi, con grande umiltà ma anche con grande determinazione. E questo devo dire che è una di quelle cose che ci fa maggiormente piacere. 

Giro, Tour, Vuelta: come cambia il gruppetto? Ce lo dice Consonni

13.07.2022
5 min
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Lo abbiamo visto al Giro d’Italia. Lo vediamo in questi giorni al Tour de France e lo rivedremo alla Vuelta Espana: parliamo del gruppetto. Il mitico… salvagente dei velocisti. Ma è possibile metterli a confronto? O alla fine sono tutti uguali? Nei giorni scorsi una prima distinzione l’aveva fatta Dainese. Sprinter, apripista, passistoni, gente che non punta alla classifica che arranca (o si risparmia in salita) e spinge pancia a terra in discesa e nei fondovalle….

Simone Consonni, velocista, ha preso parte a tutti e tre i grandi Giri e tutte le volte ha avuto a che fare con il gruppetto. Indirettamente ne parlammo con lui proprio nelle tappe di montagna al Giro d’Italia e nello specifico la sera di Aprica, dopo il Mortirolo.

Simone Consonni nel Tour 2020 ha aiutato Viviani. Entrambi rischiarono di finire fuori tempo massimo in alcune tappe di salita
Simone Consonni nel Tour 2020 con Viviani, rischiando a volte di finire fuori tempo massimo
Simone, è possibile mettere a confronto il gruppetto dei tre grandi Giri?

Tutto dipende da come ci si arriva, fisicamente e mentalmente, soprattutto nella terza settimana, che solitamente è quella con più salite e ha poco da dire al velocista. Forse la terza settimana ha un po’ più di valore al Tour perché c’è l’arrivo dei Campi Elisi che tiene alta la tensione per noi uomini veloci. Quindi la soffri di più, ma con la volata finale di Parigi sei più motivato.

E ci sono delle differenze quindi?

Un po’ sì. Credo che il gruppetto del Tour sia il più duro, quello che richiede più gambe. I motivi principali sono due: tempi massimi, che sono un po’ più stretti, e perché si va più forte. Al Tour chi attacca, anche nelle tappe di salita, è gente come Van Aert, Alaphilippe… Corridori, campioni che vincono le classiche. E quando si muovono loro si sente. Come watt medi necessari per restarci, il gruppetto del Tour è il più difficile.

Quello del Giro?

E’ il gruppetto che conosco meglio, visto che ho disputato quattro volte la corsa rosa. Per un velocista è il più duro mentalmente. Tanto per tornare al Crocedomini di cui parlavamo la sera dell’Aprica: parti e ti trovi di fronte tante salite lunghe, sai che ti aspettano 6-7 ore di processione da solo con la tua bici. Anche se vicino ci sono gli altri. E peggio ancora se resti da solo davvero, se ti stacchi subito. Questo anche perché le salite tendenzialmente sono un po’ più dure. Alla fine infatti il gruppetto del Tour è un po’ più veloce. Su salite più pedalabili riesci a farti compagnia. Il gruppetto del Giro lo definirei di sfinimento.

Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Il problema maggiore per gli sprinter sono le lunghe salite in avvio. Soprattutto se la tappa è corta
Bella questa: gruppetto di sfinimento…

Eh sì. Pensate ai “trittici” del Giro con tappe di 4-5.000 metri ognuna in successione. A livello mentale fai fatica anche a colazione. In quel momento pensi che mangiare 30-40 grammi in meno ti possa aiutare in salita.

E quello della Vuelta? Alcuni tuoi colleghi ci hanno detto che per certi aspetti sia il peggio di tutti visti i percorsi con tante salite sin dal via…

Premesso che la Vuelta è stato il mio primo grande Giro, con poca esperienza e poche gambe, non vorrei dire falsità! Vero, in parte è così: è il peggiore. Il gruppetto della Vuelta è più altalenante. Spesso ci sono salite sin dall’inizio, ma il problema più grande è che con tante salite, in Spagna ci sono meno velocisti. Ed è un gruppetto più risicato. Quando l’ho fatta io per fortuna c’era anche Elia (Viviani, ndr) che aveva i suoi due o tre uomini di fiducia e così mi sono appoggiato a lui. Ed è stato un bel riferimento. Il gruppetto della Vuelta è più difficile da prendere. 

Cosa intendi?

In tanti, anche i corridori veloci, usano la Vuelta per preparare il mondiale, specie se è un mondiale veloce. Così succede che anziché staccarsi nelle tappe dure, provano a tenere sulle prime salite proprio per allenarsi. Quindi nel gruppetto restano in pochi e non si forma subito.

Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Vuelta 2021, Lagos de Covadonga: in partenza subito grande bagarre. Gli ultimi (i QuickStep di Jakobsen) hanno incassato oltre 45′
Insomma, nel gruppetto non si va a spasso…

No, no… In generale il gruppetto più duro è quando non stai bene. Se invece ci sei, se hai la gamba lo tieni benone.

E sta cambiando? Una volta si andava piano in salita e si tirava in pianura…

In linea di massima questo è ancora così. Semmai ho notato che negli ultimi anni i tre grandi Giri si stanno livellando come tipologia di percorsi. La distinzione resta, ma è sempre meno marcata. E anche i corridori sono tutti super preparati. La differenza alla fine la fanno la tua condizione e l’approccio mentale. E in tal senso il Giro è il più duro. Alla Vuelta anche se non c’è la tappa finale in volata, ma c’è la crono, pensi al mondiale. Al Tour c’è lo sprint di Parigi, ma al Giro? Tutta fatica per cosa? L’anno del Covid, che feci Tour e Giro in successione, l’ultima settimana fu devastante, tanto più sapendo che poi sarei andato in vacanza e che la tappa finale era a crono.

Prima hai detto che ti appoggiavi a Viviani. Ci si aiuta?

Al via di un grande Giro, la prima cosa che fa uno sprinter è guardare le squadre degli altri velocisti. E quando, per esempio, al Giro vede una Groupama-Fdj schierata tutta per Demare, da una parte dice: porca miseria, saranno fortissimi! Dall’altra però sa bene che per le tappe di montagna può stare a ruota.

Ewan: velocisti, non sempre gentiluomini

05.07.2022
3 min
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Nervi tesi tra i velocisti alla vigilia di un’altra tappa che a Calais si concluderà probabilmente in volata, prima del pavé che domani potrebbe dare il primo scossone al Tour. Il giorno di riposo è servito per raccogliere voci e capire che c’è una corsa nella corsa. Quella dei velocisti, da Jakobsen a Groenewegen, passando per Ewan. Gente dal sangue bollente e che non la manda a dire.

Nessun perdono

Nonostante si pensasse che quel primo incontro e poi le corse insieme avessero in qualche modo lenito il dolore, si è avuta la conferma che Jakobsen non ha ancora alcuna intenzione di riconciliarsi con Groenewegen.

«Un tempo lo ammiravo – ha detto – guardando il suo palmares quasi speravo di diventare come lui. Ma dopo l’errore al Giro di Polonia, tutto questo non c’è più, credo sia normale. Perciò sono contento per lui che sia tornato a vincere, ma non mi interessa molto».

La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?
La vittoria di Groenewegen non tocca Jakobsen: oggi si sfideranno?

Il disinteresse, per quello che si è raccolto nei giorni scorsi, deriva anche dal fatto che nel giorno di Groenewegen, la Quick Step-Alpha Vinyl si è disunita, in quella preparazione di volata caotica e resa ancor più folle dalla trenata di Van der Poel che ha fatto saltare i loro piani. Pare che sul pullman del team si siano confrontati a parole anche Lampaert e Cattaneo per qualche meccanismo saltato nel finale.

Né onesto né gentile

Un altro che vive giornate tese è Caleb Ewan, la cui estate era già cominciata male con il ritiro dal Giro d’Italia, lasciato senza neanche una vittoria, come d’abitudine in anni più recenti.

«Ovviamente avrei voluto iniziare bene – ha detto – perché una vittoria in apertura toglie molta pressione per il resto del Tour. E perché so che se non vinci, cominciano le critiche. Penso che sia solo una parte dell’essere uno sportivo, qualunque cosa tu faccia sarai sempre criticato. Le volate non sono un posto normale, non devi pensare a essere onesto o gentile. Sono qui solo per tentare di vincere e vedere cosa succede dopo. I gesti come quelli di Sagan ci saranno sempre».

Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa
Una spallata non si nega a nessuno, che sia per vincere o restare in piedi. Qui a Nyborg, 2ª tappa

Concorrenza interna

Il ricordo della caduta del 2021, in cui coinvolse proprio lo slovacco, deve essergli balenato davanti agli occhi. E se Jakobsen non ha perdonato Groenewegen, Ewan non riesce a farsi una ragione per il fatto che la stessa squadra abbia lasciato a casa il suo amico Cavendish. E forse in questa osservazione, il piccolo corridore della Lotto Soudal ha annusato un’anticipazione di quel che potrebbe accadere in casa sua con i progressi di Arnaud De Lie.

«Mark aveva dimostrato di meritare un posto – ha detto – ma è difficile quando sei in una squadra del genere con molti buoni velocisti. Per conto mio, preferirei fare uno sprint contro lui che contro Jakobsen. Con De Lie, la situazione è simile, ma non devo viverla come un problema, quanto uno stimolo. Se vuoi essere il miglior velocista del mondo devi prima esserlo prima di tutto nella tua squadra. Quindi se avrò in casa un altro velocista con cui gareggiare, non mi tirerò indietro. Per ora il numero uno sono io e oggi spero di vincere finalmente una tappa».

L’arte del colpo di reni. A lezione da Silvio Martinello

14.04.2022
5 min
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La scorsa domenica Benoit Cosnefroy ha perso l’Amstel Gold Race al colpo di reni. Le immagini al rallentatore evidenziano in modo anche abbastanza netto come Michal Kwiatkowski sia stato più bravo in questo famoso gesto finale. Con un colpo ben assestato il polacco ha guadagnato quella manciata di centimetri che gli hanno consentito di alzare le braccia al cielo.

E il corridore della Ineos-Grenadiers è davvero bravo, pur non essendo un velocista puro, ma avendo corso per anni su pista. Basta ricordare la Sanremo del 2017 vinta in quel mitico arrivo a tre con Sagan e Alaphilippe (foto di apertura). Forse i brevilinei sono più abili nell’eseguirlo. Il vantaggio è che sono più rapidi, lo svantaggio è che hanno meno leva una volta lanciata la bici.

Di questo spettacolare gesto parliamo con Silvio Martinello, grande ex velocista e anche grande ex pistard. Silvio in quanto a tecnica sa il fatto suo. E anche lui ha esaminato bene il finale dell’Amstel.

Amstel 2022. A destra, Kwiato dà un colpo perfetto: sella sullo sterno e sguardo verso Cosnefroy, che a sua volta è molto più statico
Silvio, Cosnefroy ha sbagliato il colpo di reni: è così?

Può starci. Di certo non lo ha fatto bene, questo è fuori di dubbio. Ed è un gesto che può fare la differenza come abbiamo visto.

Nella tua carriera ti saranno capitate situazioni in cui lo hai dovuto fare in modo decisivo…

Tante volte. Ricordo per esempio la mia vittoria al Giro d’Italia del 1991 in volata contro Allocchio a Castelfranco Veneto. Lui era già pronto ad alzare le braccia al cielo e io lo infilai. Stessa cosa ad un Giro del Trentino contro Baffi, sempre nel 1991, quella volta si arrivava a Trento sul pavè. Ma ci sono state anche occasioni in cui ho perso al colpo di reni.

Racconta…

Per esempio al Giro del 1998. Quell’anno feci quattro volte secondo, tre dietro Cipollini e una dietro Magnusson. Si arrivava a Vasto, battei Mario ma Magnusson mi infilò proprio al colpo di reni. Arrivò meglio sulla linea e vinse lui.

“Arrivò meglio sulla linea”: come si capisce dunque il momento per darlo?

Non è tanto una questione di calcolo, ma di feeling, di abitudine col gesto e con le volate. E molto dipende anche da quante energie si hanno e anche dalla posizione durante lo sprint.

La volata vinta da Magnusson (al centro) su Martinello (a sinistra) e Cipollini (a destra) al colpo di reni al Giro 1998 (screenshot da video)
La volata vinta da Magnusson (al centro) su Martinello (a sinistra) e Cipollini (a destra) al colpo di reni al Giro 1998 (screenshot da video)
Posizione?

Se sei davanti o se sei in rimonta. E generalmente al colpo di reni è avvantaggiato chi è in rimonta perché è più veloce, che sia tanto o poco, ma è più veloce e riesce a gettare in modo più rapido la bici sul traguardo, sfrutta l’attimo, perché poi bisogna ricordarlo: quando si dà il colpo di reni si smette di pedalare, quindi devi azzeccare il momento giusto. Non puoi essere né troppo corto, né troppo lungo. Per questo dico che è un gesto che s’impara facendolo, sfruttando le occasioni quando diventa necessario.

Hai detto che chi è rimonta generalmente è avvantaggiato perché più veloce, ma influisce anche il colpo d’occhio? In fin dei conti ci si può regolare non solo sulla distanza dalla linea del traguardo ma anche sull’avversario…

Credo che sia qualcosa di soggettivo. Quando sei davanti per osservare i tuoi avversari guardi sotto le braccia. Io almeno facevo così. Chi vince in rimonta invece deve solo guardare avanti. Però forse sì: calcola un po’ meglio i tempi.

Quanto aiuta essere stati dei pistard?

Molto. Come in tutte le cose in cui serve velocità e destrezza la pista aiuta molto. Aiuta soprattutto nello sviluppare questa abilità motoria, anche perché in pista il colpo di reni è ancora più difficile. Con il rapporto fisso non puoi smettere di pedalare. Di conseguenza non ti puoi buttare con il sedere dietro la sella, altrimenti cadi, ma devi restare più in avanti. E infatti è un colpo di reni diverso. Un colpo se vogliamo meno potente, ma più rapido.

E su strada?

Su strada puoi sprigionare tutta la tua forza in quel gesto. Potendo smettere di pedalare non sei limitato e ti puoi buttare indietro e far arrivare la sella sullo sterno.

A tuo avviso si può anche allenare? Vediamo che oggi i corridori fanno molta ginnastica, curano la mobilitò con fitball, stretching, Trx…

Su questo aspetto non ho l’esperienza diretta e non saprei dire. Ai miei tempi la palestra si faceva una volta ogni tanto. Tuttavia, vedendo il gesto mi verrebbe da dire che non cambia nulla. Ma ripeto: vado un po’ a naso.

Ultima domanda, Silvio: ai tuoi tempi c’era qualche corridore famoso proprio per il colpo di reni?

Mah, di base lo erano un po’ tutti i velocisti. Soprattutto quelli che facevano le volate da soli in rimonta. Mi viene in mente Nicola Minali. Lui era molto bravo in questo tipo di volate, anche se ha vinto corse importanti pur facendo volate di testa, ma era davvero efficace in questo gesto.

L’occhio della Wiebes sulle sprinter e sulla prima maglia gialla

15.12.2021
4 min
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Ve lo diciamo subito, per intervistarla in questo periodo di apparente calma, abbiamo dovuto prenderle la ruota e non mollarla di un millimetro. E lei, Lorena Wiebes, velocista ed astro nascente di professione, è stata piacevolmente al gioco. Come fosse uno sprint, in cui ormai è abituata ad essere marcata stretta.

Nei mesi scorsi avevamo già parlato della 22enne olandese del Team DSM che nei suoi quattro anni da elite ha già ottenuto 46 successi battendo tante avversarie. Ancora trafelata dal viaggio verso la Spagna, abbiamo trovato la Wiebes proprio durante i primissimi giorni del ritiro in Costa Blanca e le abbiamo chiesto un parere su alcune delle sue rivali, non prima di aver dato uno sguardo alla stagione appena conclusa e a quella che sta per iniziare.

Lorena in prima fila (la terza da sinistra) alla presentazione della Dsm
Lorena in prima fila (la seconda da sinistra) alla presentazione della Dsm
Lorena, in questa stagione hai alzato ulteriormente l’asticella. Com’è stato il tuo 2021?

L’annata ha avuto alcuni alti e bassi. L’inizio non è stato molto buono, ho avuto un brutto incidente alla HAT (Healthy Ageing Tour in Olanda a marzo, ndr). Come squadra però siamo rimasti motivati e ha funzionato. Infatti dopo la prima vittoria, ne sono seguite altre. Anche il mio primo Giro Donne è andato molto bene (due vittorie di tappa, ndr). E con il successo a Drenthe è stato bello chiudere la stagione.

Quali sono i tuoi obiettivi nel 2022?

Innanzitutto essere più forte dell’anno scorso. Voglio continuare a crescere ed essere la miglior velocista del mondo. Poi sicuramente il Tour de France sarà un bell’appuntamento. L’obiettivo primario sarà prendere la prima maglia gialla. Il mio programma agonistico ancora non c’è ma sto già aspettando con ansia l’inizio.

Qual è la corsa dei tuoi sogni, a parte il mondiale che di solito è il sogno di tutti?

Penso che per ora sarà la prima tappa del Tour. Ho una buona opportunità di prendere la maglia gialla. E poi è da quando sono junior che non vedo l’ora di correre sugli Champs Élysées.

La Wiebes ha un conto aperto con la Balsamo: 6 vittorie a 5 per l’olandese negli “scontri diretti”
La Wiebes ha un conto aperto con la Balsamo: 6 vittorie a 5 per l’olandese negli “scontri diretti”
Ti chiediamo un giudizio su alcune avversarie. Partiamo da Elisa Balsamo, con la quale hai un conto aperto. In 12 occasioni siete finite sul podio insieme: sei volte l’hai battuta in volata, cinque volte lei ha battuto te.

Conosco Elisa dalle juniores, già da quando è diventata campionessa del mondo a Doha nel 2016. Va molto forte: ha un bello sprint, ma è migliore di me in salita. Anche per questo lei ora è campionessa del mondo e io no. Penso che avremo delle belle sfide in futuro.

Emma Norsgaard?

Anche con Emma ho corso tra le junior. Era temibile già allora e quest’anno è stata davvero impressionante dall’inizio della stagione. Lei ora è anche cresciuta sia in salita che a cronometro. Quindi non vedo l’ora di correre contro di lei nei prossimi anni.

Lotte Kopecky?

Penso che Lotte abbia fatto anche dei grandi passi in avanti nelle ultime stagioni, soprattutto quest’anno in cui è andata alla grande. Credo che me la ritroverò molte volte negli sprint dei prossimi anni. Inoltre adesso è passata alla SD-Worx e sarà davvero un osso duro.

Jolien D’Hoore?

Anche con lei ho avuto molte battaglie negli ultimi anni. Era una velocista davvero tosta. Ha avuto una carriera favolosa (nel 2022 sarà la diesse della NXTG by Experza dove correrà Gaia Masetti, ndr).

Come la connazionale ed idolo, Marianne Vos, anche la Wiebes è impegnata spesso nel cross
Come la connazionale ed idolo, Marianne Vos, anche la Wiebes è impegnata spesso nel cross
Charlotte Kool? Un nome nuovo che sarà una tua prossima compagna di squadra.

Ho corso anche con lei da junior, soprattutto nelle gare olandesi. Ho fatto dei bei duelli con Charlotte. Sono impaziente di poter lavorare con lei nel nostro team. È una velocista potente e può ancora crescere molto. Penso che potremo aiutarci e rafforzarci a vicenda.

Marianne Vos?

L’ho sempre ammirata fin da quando ho iniziato a pedalare. Penso che sia davvero straordinario il modo in cui Marianne durante la sua carriera abbia fatto bene su strada, pista e ciclocross. Da quanto tempo è al top? Ed ancora vuole migliorare, incredibile. È stato un po’ speciale correre la prima gara in nazionale insieme a lei.

Giorgia Bronzini, che conosce bene la Vos e il ciclismo olandese, ci ha detto che puoi diventare l’erede di Marianne. È vero?

Credo di essere più veloce di lei (ride, ndr). Battute a parte, penso che la Vos sia un’atleta diversa, ma ovviamente spero di diventare sempre più come lei, voglio mantenere viva questa speranza. Per farlo dovrò migliorare a cronometro e diventare più incisiva in salita.