Bettini e gli altri, compagni di ieri e diesse di oggi

28.03.2023
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Per tanti anni compagni di avventura lungo le strade di tutto il mondo e non importava se vestissero la sua stessa maglia a o quella di qualche strada rivale. Poi referenti durante la sua avventura alla guida della nazionale, per capire condizioni e stati d’animo dei corridori da convocare. La lunga parabola di Paolo Bettini nel mondo delle due ruote ha sempre avuto a che fare con gente come Gasparotto, Pellizotti, Bramati, Tosatto. Rivali? Qualche volta. Amici? Sempre.

Oggi l’olimpionico toscano li guarda dall’esterno, protagonisti sulle loro ammiraglie del WorldTour, impegnati senza sosta in un calendario frenetico e rivede in tanti loro comportamenti i compagni di mille corse, quelle che hanno insegnato loro il mestiere. Perché in fin dei conti non sono mai cambiati.

Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…
Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…

Gasparotto, schivo ma serissimo

Gasparotto oggi è una colonna portante della Bora Hansgrohe, una delle squadre che più sono progredite nel corso delle ultimissime stagioni e il due volte vincitore dell’Amstel ci ha messo del suo: «Con Enrico mi lega una lunga amicizia. Non abbiamo mai corso nella stessa squadra, ma quando finivamo la stagione andavamo in vacanza insieme. Di lui posso dire che è sempre stato un professionista a 360 gradi. Apparentemente, quando correva, poteva sembrare poco uomo squadra, uno che se ne stava sulle sue ma era carattere, perché quando serviva lui c’era, sempre».

Quell’amicizia non è venuta mai meno: «Ci siamo visti prima dell’ultima Sanremo e l’ho trovato divertito. E’ un lavoro stressante il suo, lo so bene, ma anche appagante soprattutto per come è fatto lui, per come lo interpreta cercando con tutto il cuore di trasmettere il suo sapere ai ragazzi, di invogliarli a vivere questo mestiere. Non posso dimenticare le sue lacrime al Giro dello scorso anno, il senso di appagamento che gli aveva dato vedere il risultato maturare nelle sue mani. Certamente gli serve ancora esperienza, ma sta davvero crescendo nel ruolo».

Conoscendo il suo carattere così schivo, si sarebbe aspettato un suo presente da diesse? «Sì, perché ha sempre avuto una visione di gara superiore e quando hai quella, puoi gestire tutto. In corsa aveva un occhio eccezionale, capiva nel gruppo chi poteva essere protagonista quel giorno, riusciva anche a prevedere come sarebbe andata la gara. Basta parlarci per sentire la passione che traspare in ogni suo gesto».

Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo
Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo

Pellizotti, il regista in corsa

«Con Pellizotti ci siamo incontrati spesso, una volta affittò anche un appartamento vicino casa per allenarci insieme. Avversari in corsa, ma sempre molto legati, una chiacchierata in gruppo ci scappava sempre. Rispetto a Gaspa era molto diverso: in gruppo si faceva sempre sentire. In certi tipi di corse era eccezionale, un vero riferimento, il classico “regista in corsa” che distribuiva i compiti in seno alla squadra. Si vedeva quale sarebbe stato il suo futuro».

Un conto però è gestire la squadra dall’interno, un altro è salire sull’ammiraglia… «Certo, il lavoro cambia tanto. E’ importante che poi quando sei in auto ti ricordi com’era. Faccio un esempio legato alla Liegi, che conosco bene: devi ricordarti i punti dove mangiare e bere perché la corsa non si muove, dove invece è il punto adatto a scattare, dove tenere gli occhi aperti e soprattutto tutto ciò devi trasmetterlo ai ragazzi, farglielo capire, E’ quello che sta facendo alla Bahrain Victorious».

Una volta hai detto che il campione difficilmente riesce a essere un buon diesse, il gregario sì. Perché? «Perché il lavoro del gregario non è solo fare il “lavoro sporco”, come ritirare le borracce o prendere le fughe. E’ un lavoro psicologico, vivere davvero la vita del gruppo, capire sempre la situazione, magari anche andare a parlare con tizio o caio dell’altra squadra e mettersi d’accordo per gestire la corsa finché non entreranno in scena i capitani. Acquisisci una sensibilità che sarà fondamentale».

Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie
Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie

Bramati, compagno di mille avventure

In questo Davide Bramati (in apertura è quello a sinistra, era il 2010) è sempre stato un campione: «Per questo è considerato uno dei diesse più carismatici. Ricordo ad esempio quando c’eravamo io e Valverde. Davide andava da quelli della Movistar e si metteva d’accordo per tirare il gruppo, prendere le fughe e poi toccava a me e Alejandro, ma eravamo stati tranquilli fino alle battute decisive. Si è intessuto una rete di rapporto importante, ora spesso fa lo stesso, solo che usa il telefono e chiama dall’ammiraglia all’altra ammiraglia, ma in soldoni il lavoro è simile».

Con Bramati il rapporto è sempre stato stretto: «Abbiamo corso anni insieme, eravamo compagni di camera, posso dire tranquillamente che certe vittorie come il mondiale di Salisburgo hanno molto di lui dentro, in corsa ma anche e anzi soprattutto fuori, nelle nostre chiacchierate, nella nostra ricerca di tranquillità e concentrazione. E’ sempre stato uno molto carismatico».

Oltretutto lavora nella Soudal QuickStep, fianco a fianco con un “padrone” difficile come Lefevere: «Non è semplice, ma è anche un stimolo. Io non potrò mai parlar male di Patrick per tutto quello che mi ha dato. Certo, è esigente, ma nessuno tiene vivo lo spirito del gruppo come lui. Senza stimoli un corridore si adagia e da lì a buttare via una stagione è un attimo. Porta a essere sempre sul pezzo, sempre un professionista. Io dico che per Davide è la dimensione ideale e i risultati sono lì a dimostrarlo».

Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997
Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997

Tosatto, vecchia scuola nell’ipertecnologia

«Quante cose ha risolto il Toso negli anni… – esclama Bettini a proposito di Matteo Tosatto, oggi diesse all’Ineos – Siamo passati insieme fra i pro’ nel ’97, ma mi ricordo un episodio al Giro da me vissuto da spettatore: caduta di gruppo, Contador è a terra. Tosatto prende la bici e comincia a correre sopra le bici degli altri, per dargli la sua e farlo ripartire subito. Chi avrebbe avuto quella prontezza di spirito così immediata? Quello è mestiere, significa avere sempre la lucidità e una visione completa della corsa».

Tosatto ha trasposto queste sue qualità in un team difficile come la Ineos Grenadiers: «Credo che per lui sia la soluzione migliore, perché ama lavorare con i più giovani e la Ineos è un team in transizione. E’ uno che sta imparando, nel mezzo di una strada che chissà dove lo porterà. Io penso che dia quel pizzico di esperienza in più in un team ipertecnologico: mi sembra di vederlo, nelle riunioni dove snocciolano dati come se piovesse, lui a un certo punto uscirsene con l’accento veneto “Ragazzi, qui c’è solo da menare…”. Tiene tutti con i piedi per terra, uno così è fondamentale».

Parlando di tanti colleghi, a Bettini non viene un po’ di nostalgia per tornare in ammiraglia? «Ributtarmi nella mischia? Dovrei pensarci bene, sulla base di un progetto ben definito e invogliante, perché dopo l’esperienza azzurra che, non posso negarlo, mi ha un po’ bruciato ho raggiunto il mio equilibrio tra famiglia e le mie attività. Vivo di ciclismo 80 giorni l’anno, salire in ammiraglia significa quanto meno triplicarli e la cosa mi fa un po’ paura».

Gigantesco Ganna: la Classicissima è nel suo futuro

18.03.2023
4 min
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Una cosa Tosatto la dice giusta: stasera bisognerà festeggiare. Il secondo posto di Ganna vale quanto una vittoria, perché al primo assalto da leader in una Monumento, il Pippo nazionale è arrivato a un passo dal successo. Ha risposto alla violenza di Pogacar sul Poggio e se un errore ha commesso, è stato quello di non credere abbastanza nelle sue possibilità. Colpa derubricata: la prima volta è normale, è un semplice fatto di esperienza.

«Il finale è andato come avevamo immaginato – dice Tosatto – come volevamo. La squadra era tutta per Pippo e ha lavorato benissimo. Voglio solo dire bravo ai ragazzi e soprattutto a Filippo che sul Poggio, se guardiamo in che compagnia si è trovato, si è meritato un grande applauso. Sin da ieri sera gli avevo detto di stare attento allo scatto di Pogacar e lui l’ha preso. Quando poi è partito Van der Poel, ero convinto che Pogacar avrebbe chiuso. Invece avevano tutti le stesse gambe. Anzi, Van der Poel ne ha avute più di tutti perché ha vinto. Però di quelli dietro, Filippo è quello che stava meglio. Avevo paura della discesa perché sappiamo che Ganna non è un grande discesista, però oggi ha dimostrato un salto di qualità enorme».

Un secondo un po’ stretto

Ganna arriva e non si capisce se sia contento o stia rimuginando su cosa avrebbe potuto fare di più, tratto distintivo dei campioni che corrono per vincere e digeriscono a fatica il secondo posto. Accanto al pullman si aggira il suo manager Giovanni Lombardi, che poco fa spiegava di non aver mai avuto dubbi sulle capacità di Pippo nelle corse in linea e che sarà l’esperienza a dargli ciò che potrebbe essergli mancato oggi.

«Volevo restituire qualcosa alla squadra che ha creduto in me – dice il piemontese – sono felice ma un po’ rammaricato perché è l’ennesimo secondo posto della stagione. Comunque è stata una gara davvero bella, torneremo per provarci il prossimo anno. Sono contento perché quest’anno, anche con una settimana in meno di lavoro a causa dell’operazione agli occhi, sono riuscito a correre da protagonista. Forse avrei potuto fare di più, ma ho avuto paura di seguire Van der Poel. Era la mia prima volta in una situazione come questa».

L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più
L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più

Lo sprint migliore

Il bilancio deve essere considerato positivo. Non dimentichiamo le polemiche degli anni scorsi, quando gli veniva chiesto di tirare sul Poggio in favore di compagni che poi non stringevano nulla fra le mani. Forse non erano maturi i tempi, forse mancava la fiducia. Oggi è arrivato tutto insieme.

«Vado a casa con buone sensazioni – dice Ganna – in vista delle classiche. Essere riuscito a rimanere con quei tre grandi mi dà molto morale. Alla fine, Mathieu ha fatto un attacco fantastico, tanto di cappello. Io stesso ho fatto uno dei miei migliori sprint di sempre. Ovviamente quando arrivi secondo, sei un po’ deluso, ma alla fine resta un giorno che ricorderò con orgoglio. Adesso l’obiettivo è la Roubaix. Punto tutto sul pavé».

Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani
Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani

In Belgio con fiducia

Tosatto riceve messaggi, abbracci e complimenti. La Ineos Grenadiers ha perso Pidcock alla vigilia della corsa e scegliere di puntare tutto su Ganna è stato una necessità e insieme un grande atto di stima. Il fatto che dopo i mondiali su pista, Filippo e Cioni abbiano lavorato prevalentemente in ottica classiche fa capire che dietro c’è un progetto e che il progetto può dare ottimi frutti.

«Avevamo detto ieri sera – spiega ancora il direttore sportivo veneto – che volevamo questo finale. Se poteva attaccare sul Poggio? Credo di sì, ma non dimentichiamo che è la prima volta che Pippo è davanti sul Poggio, dunque bisogna solo fargli tanti applausi. Ho creduto che ce l’avremmo fatta. Pensavo che, finita la discesa, tra Van Aert, Pogacar e Pippo, cinque secondi sarebbero stati recuperabili. Poi magari si arrivava in volata e si faceva quarti. Viste le gambe che ha mostrato Pippo nel finale, un po’ di rammarico c’è, ma noi puntiamo sempre in alto e oggi ci siamo andati vicino.

«Lui era convinto. E io mi accorgo da piccoli dettagli che può fare la differenza, ma quali sono non chiedeteli, perché li tengo per me. E’ la prima volta che ha corso da leader alla Sanremo e poteva già vincerla. Era un segnale forte che doveva dare e che ha dato. Perciò adesso si va a festeggiare questo secondo posto, perché bisogna festeggiare. E dopo si va in Belgio con grande fiducia».

Con Tosatto nel debutto di Arensman: che cosa ha visto?

09.02.2023
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Alla Volta a la Comunitat Valenciana ha fatto il suo esordio tra le fila dei “Grenadiers” Thymen Arensman. Giovane e slanciato olandese che nel corso della passata stagione si è messo in mostra in più di un’occasione con il Team DSM. Dopo due anni e mezzi con la WorldTour olandese Arensman è passato alla corte britannica. Matteo Tosatto, diesse della Ineos, lo ha avuto tra le mani in questi primissimi assaggi di stagione. 

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Che cosa hai visto in lui in queste prime uscite insieme?

Già dalla scorsa stagione – racconta il tecnico veneto – avevamo visto delle belle cose. E’ sempre stato un grande avversario, molto serio e preparato. Fin dalle prime pedalate dei vari ritiri invernali ho notato una grande professionalità ed un atteggiamento molto serio. 

E’ molto alto e slanciato, un fisico da corridore moderno…

Fisicamente è ottimo, si tratta di un atleta giovane e forte. La cosa più importante è che si tratta di un corridore completo, questo grazie alle sue caratteristiche. E’ molto bravo a cronometro ed in salita ha un bel passo, tant’è che ha vinto la tappa regina della Vuelta a Sierra Nevada. 

Il suo arrivo fa parte di quello che è un ricambio generazionale?

Beh sì. Con la partenza di Carapaz abbiamo deciso di prendere corridori giovani sui quali lavorare. Thymen (Arensman, ndr) ha tanti anni davanti dove può crescere e fare bene. 

Arensman ha già avuto modo di confrontarsi con Evenepoel, i due potrebbero incontrarsi al Giro quest’anno
Arensman ha già avuto modo di confrontarsi con Evenepoel, i due potrebbero incontrarsi al Giro quest’anno
Anche perché c’è il dubbio sulla ripresa di Bernal?

Lui è un punto interrogativo per tutti, fin dall’anno scorso ha lavorato molto per riprendersi e tornare ai suoi livelli. Sta facendo e farà delle corse che potranno darci delle risposte. Alla Vuelta a San Juan si è rivisto poi, vista la botta al ginocchio subita nella prima tappa, abbiamo deciso di fermarlo. Non deve avere fretta, ha davanti a sé un percorso da fare. 

Tornando a Arensman, come si è ambientato nel vostro gruppo?

Sono stato un po’ di tempo con lui. Due settimane nel ritiro di dicembre e poi a quello di gennaio. Più la sua prima corsa con noi, la Valenciana appunto. Si è visto anche dalla corsa a tappe spagnola la sua voglia di mettersi in mostra dando una mano anche ai compagni, come Geoghegan Hart.

Cosa gli manca secondo te?

Un po’ di consapevolezza in più sulla sua forza, è giovane ed ha paura di sbagliare, deve trovare un po’ più di coraggio. 

L’olandese è molto forte a cronometro gran parte dei suoi risultati migliori sono arrivati nelle prove contro il tempo
L’olandese è molto forte a cronometro gran parte dei suoi risultati migliori sono arrivati nelle prove contro il tempo
E’ un corridore che ha ottenuto gran parte dei suoi risultati a cronometro, voi avete una tradizione importante in quella disciplina. 

Già da dicembre ha lavorato molto con dei test in pista e sulla posizione. Era presto per fare dei lavori specifici, ma ha preso dimestichezza con il mezzo ed i materiali. E’ molto contento della bici, ha trovato subito un buon feeling e questo per lui è molto importante per trovare la consapevolezza che dicevo prima. 

Avere Ganna al suo fianco sarà un bel vantaggio…

Quando hai il due volte campione del mondo ed il detentore del record dell’Ora al tuo fianco sai già di poter contare su un grande aiuto. “Pippo” potrà essere di grande appoggio a Arensman sia per guidarlo al meglio nella scelta dei materiali ed anche per quanto riguarda la preparazione.

Su strada invece che tipo di scalatore hai trovato?

Si vede che gli piacciono le salite lunghe, anche se alla Valenciana ha fatto bene anche su distanze più brevi. Di certo lavora un po’ più sulla regolarità, non è un corridore che fa dieci scatti in due chilometri. Ma forse non esistono più scalatori di questo genere. In salita gli manca qualcosa e lavoreremo per limare qualcosa senza snaturarlo. Alla fine quel che perde in salita lo guadagna con gli interessi a cronometro. 

Lavorare con Bardet gli ha dato una mano nel percorso di crescita…

Al Tour of the Alps si è messo in gran mostra, anche su salite durissime come quelle che trovi lì. E’ arrivato terzo nella generale alle spalle di Bardet e Storer, ed ha vinto la classifica dei giovani. 

Arensman ha caratteristiche atletiche simili a quelle di Thomas, ma forse è più brillante in salita
Arensman ha caratteristiche atletiche simili a quelle di Thomas, ma forse è più brillante in salita
L’età è un fattore.

E’ un classe ‘99, fa parte della nuova generazione. Ricordiamo che Evenepoel è del 2000, Pogacar del ‘98. E’ sulla falsariga di questi corridori ed ha a disposizione tanti anni. 

Immaginiamo che l’obiettivo che avete con lui è quello di vincere.

Si tratta di un ragazzo sul quale si può fare affidamento, vincere dei Grandi Giri non è facile, soprattutto al primo anno in una nuova squadra, sarebbe sbagliato partire con questo obiettivo. Quel che giusto è prendere le misure, soprattutto quest’anno, si deve essere elastici.

Quest’anno che calendario farà?

Ora andrà alla Volta ao Algarve, poi la Tirreno-Adriatico. La Corsa dei due Mari potrà essere un primo banco di prova. Ci sono delle salite lunghe con l’arrivo a Sassotetto che potrà dire molto. 

Il Giro potrà essere un obiettivo al suo primo anno con la Ineos?

E’ un obiettivo di questa stagione. Non partiremo per vincere ma andremo alla giornata, il primo Grande Giro con una squadra nuova è sempre pieno di incognite. Credo, tuttavia, che Arensman possa fare due Grandi Giri in un anno. Non Giro e Tour, piuttosto Giro e Vuelta. Una volta prese le misure per tutta la stagione potremo alzare l’asticella in Spagna. 

Assomiglia molto a Thomas, vero?

Sì. Sono entrambi molto forti a cronometro, se devo trovare una differenza direi che Arensman è più scalatore di Geraint. Non è un segreto che il britannico sarà al via della Corsa Rosa e farli correre insieme è un bel modo per insegnare al giovane olandese qualcosa. Non è da escludere che le cose possano cambiare nel corso di una gara di tre settimane, lo insegnano la stessa Sky e Thomas (il riferimento è al Tour de France del 2018 vinto dal britannico quando il capitano designato era Froome, ndr). Sono convinto che si trovi nella squadra giusta al momento giusto.

Giovani, esperti e… Bernal. Quale Ineos vedremo?

04.11.2022
6 min
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Tanti campioni, ma non il super leader. Almeno ad oggi 4 novembre 2022. La Ineos Grenadiers che verrà è chiamata ad un bel rimescolamento di ruoli e capitani. Carapaz ha salutato la compagnia e Bernal ancora non dà certezze. Thomas non è un bimbo…

 Matteo Tosatto ci aiuta a districarsi nel labirinto di quel che sarà con tanti atleti di ottima caratura. Perché se è vero che manca il leader dei leader è anche vero che il livello dello squadrone inglese resta molto alto.

Matteo, come detto un bel ricambio in corso. A partire da Carapaz che passa alla EF Education-Easypost…

Carapaz che è andato via è senza dubbio un perdita, ma il nostro mercato, come già quello dell’anno scorso, punta forte sui giovani. Vogliamo lavorare con loro con calma. Lasciarli tranquilli e averli pronti fra 2-3 anni.

Ma un super team come il vostro può permettersi di non avere l’uomo pronto per 2-3 anni?

Beh è un po’ come nel calcio: ci sono dei cicli che finiscono. Noi abbiamo vinto per tanto tempo con la Sky e anche con il passaggio ad Ineos abbiamo subito raccolto molto: un Tour e un Giro con Bernal. Poi non è che i leader non li abbiamo. Sì, Thomas non sarà giovane ma non è che gli manchi il pelo. E poi i nostri giovani sono di livello. Pidcock è un ottimo corridore. Sheffield ha vinto tre corse al primo anno. I fratelli Hayter vanno davvero forte. Leo ha vinto il Giro under 23 ed Ethan ha fatto un altro step che lo proietta anche verso corse molto importanti.

Dopo l’incidente dello scorso gennaio Bernal è riuscito a tornare in corsa ad agosto. Per lui una dozzina di gare, anche in aiuto del team
Dopo l’incidente dello scorso gennaio Bernal è riuscito a tornare in corsa ad agosto. Per lui una dozzina di gare, anche in aiuto del team
Hai parlato di Bernal. Certo lui deve tornare a dare garanzie…

L’ho detto alla Gazzetta dello Sport qualche giorno fa: non possiamo sapere come starà, ma noi imposteremo una preparazione invernale come se niente fosse. Come se l’incidente non ci fosse stato. E si vedrà proprio con una preparazione normale e con le prime gare come starà. Certo, Egan ad oggi è un punto di domanda. Ne siamo consapevoli, ma al tempo stesso siamo fiduciosi. E lo siamo perché intanto è tornato in corsa. Si è messo a disposizione della squadra, si è mosso. Chiaramente nè si aspettava lui, né gli abbiamo chiesto dei risultati noi.

Torniamo ai giovani, “Toso”. La lista è lunga. Ci sono anche Carlos Rodriguez e Tao Geoghegan Hart…

Carlos ha fatto un altro salto di qualità. E’ davvero un grande corridore. E Tao non ha reso nelle ultime stagioni. Ma nel complesso io credo che siamo competitivi e su questo dobbiamo lavorare. Magari anche pensando di affiancarli ai più esperti, come Castrovejo, Kwiato, Puccio… In questo momento non pensiamo che possiamo vincere i grandi Giri… forse, ma se Egan tornasse Egan avremmo già il nostro leader. Senza contare che anche nella classiche possiamo fare bene con Pidcock. E in più abbiamo preso Arensman, che è giovane ma non giovanissimo, e può essere un pedina fondamentale.

Pidcock per le classiche, non anche per i grandi Giri? Non è pronto?

Può lottare con la sua testa di campione. E anche i numeri sono dalla sua. Ma dipende anche da lui. Tom ha espresso il piacere di fare le classiche. Nei grandi Giri non parte da zero. L’anno scorso ha fatto la Vuelta, anche se non l’aveva preparata al meglio venendo dalle Olimpiadi in mtb, e quest’anno ha fatto il Tour. Al Tour nelle prime due settimane era nei top 10, per me può puntare alla classifica e darci una mano.

Cosa significa per Pidcock fare classifica in un grande Giro?

Una top 5 o anche un podio. Comunque parliamo di un ragazzo che ha dominato il Giro baby. Poi nelle corse di tre settimane c’è sempre l’incognita della terza settimana. Però, ripeto, ha già fatto due grandi Giri. Vedremo a dicembre quando parleremo con i ragazzi che cosa ha in mente. 

Per Thomas 4 Giri d’Italia: i primi due li ha finiti nelle retrovie, gli ultimi due (da capitano) si è ritirato. Eccolo sofferente sull’Etna nel 2020
Per Thomas 4 Giri d’Italia: i primi due li ha finiti nelle retrovie, gli ultimi due (da capitano) si è ritirato. Eccolo sofferente sull’Etna nel 2020
Prima si è parlato di Tao, ma può tornare ai livelli del Giro?

Tutti dicono che ha vinto un Giro strano ed in parte è vero perché si è corso ad ottobre. Però lo ha vinto con numeri di assoluto valore, battendo chi quest’anno il Giro lo ha vinto. Nel 2021 lui voleva fare il Tour perché non lo aveva mai fatto. E quest’anno le cose sono andate storte sin da subito. Il Covid, poi l’influenza alla Tirreno, di nuovo male prima del Giro, alla Vuelta cade quando era nei primi cinque… Il fatto è che qui bastano due stagioni non brillanti e con il ricambio generazionale che c’è si fa presto a dire che va tutto male. Da parte nostra avrà il giusto supporto e lui stesso sa che dovrà concentrarsi ancora di più.

Hai detto che di programmi ancora dovete parlarne, ma visto il percorso con tanta crono: è lecito attendersi un Thomas capitano al Giro?

Intanto a metà mese ci riuniamo noi del gruppo performance per capire gli obiettivi di Ineos, cioè dove vincere e dove fare podio e da lì fare in modo di arrivarci con la squadra migliore. Di solito si parte dai grandi Giri, in primis il Giro e il Tour, poi la Vuelta viene da sé. A dicembre parleremo poi con i corridori per capire ciò che vogliono. Al Giro ci teniamo molto. Negli ultimi tre anni abbiamo colto due vittorie e un secondo posto, pertanto faremo in modo di arrivarci con il team più forte possibile.

Tosatto: «Rodriguez sa cosa vuole, è tosto e migliora»

23.10.2022
6 min
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Primo grande Giro concluso al settimo posto. Una caduta tremenda. Tante buone prestazioni e una tenuta psicofisica da veterano nell’arco delle tre settimane e dell’intera stagione. Vogliamo tornare a parlare di Carlos Rodriguez. E lo facciamo con chi in quella Vuelta lo ha guidato dall’ammiraglia e gli è stato vicino da Utrecht a Madrid, vale a dire il diesse Matteo Tosatto.

Il gioiellino spagnolo della Ineos Grenadiers è un campione che, a nostro avviso, dovremmo imparare a conoscere. E bene. Meno appariscente del suo “storico” rivale Juan Ayuso e di un Remco Evenepoel, non ha però meno sostanza di loro. Anzi…

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo, Carlos Rodriguez: cosa dici di questo atleta?

E’ un bravissimo ragazzo, molto giovane. Ha già fatto vedere belle cose. E’ arrivato da noi che era uno juniores. E la cosa più importante è che anno dopo anno si è sempre migliorato e lo ha fatto su ogni terreno: salita, crono, sprint… Quest’anno avevamo in programma di fargli fare il primo grande Giro ed è arrivato alla Vuelta consapevole di poter far bene. Aveva vinto il campionato spagnolo, una tappa ai Paesi Baschi e avendo fatto altre belle performance era fiducioso. Poi noi gli abbiamo lasciato carta bianca.

Poteva quindi attaccare, essere libero?

Poteva fare classifica o aiutare Carapaz nel caso Richard fosse stato in lotta per la Vuelta. Poi Richard è uscito quasi subito dai giochi e Carlos è stato più libero. Unico rammarico: la caduta terribile. Questa non gli ha permesso di lottare per il podio o arrivare quarto. Nei primi cinque ci sarebbe stato di sicuro. E’ arrivato settimo, ma per noi è come se fosse stato tra i primi cinque. Un altro sarebbe andato a casa.

Una brutta caduta in effetti, almeno da quel che si è visto dalle immagini…

Bruttissima. Ha mostrato una solidità impressionante. Vi dico solo che al Lombardia aveva ancora le ferite della Vuelta. Dopo la caduta è ripartito subito. Ma avendo rotto il casco lo abbiamo fermato. Ci sono dei protocolli da rispettare. Gli dicevo di fermarsi, di aspettare un attimo. E lui: “Sto bene, sto bene. Vado avanti”. “No – ribattevo io – hai rotto il casco, hai sbattuto la testa dobbiamo essere sicuri che puoi continuare”. 

Coriaceo…

Io dalla macchina gli chiedevo: “Come ti chiami?”. Lui mi guardava un po’ così, ma rispondeva bene, quasi con ironia. “Mi chiamo Carlos Rodriguez, Matteo Tosatto. E sono nato ad Almunécar il 2 febbraio 2001. Sto bene e voglio andare avanti”. Dopo una decina di chilometri, visto che si andava piano, lo abbiamo fermato. Ha parlato con il dottore. Ha fatto i suoi test per una trentina di secondi ed è ripartito.

E quella sera?

Già sul bus, poverino, era martoriato. In hotel, poi, mi diceva che gli faceva male tutto, ma anche che sarebbe potuta andare peggio. Lì ho davvero capito che non voleva mollare di un centimetro. Il giorno dopo ancora, ancora. Ma due giorni dopo ha sofferto tantissimo. Bisogna solo fargli un monumento per ciò che ha fatto. Ha mostrato un grande carattere.

E si è anche guadagnato il rispetto dei compagni?

Quello già ce lo aveva. E’ un ragazzo che si fa voler bene. Ma ho visto che dallo staff, dai meccanici ai massaggiatori, tutti hanno detto e capito quanto grande sia stato a portare a termine la Vuelta in quelle condizioni. Nelle ultime tappe gli ho detto: “Noi proviamo, ma se ti stacchi anche nei primi dieci minuti di corsa la tua Vuelta l’hai già vinta prima della caduta”. E lui: “No, la mia Vuelta finisce domenica”. Questo ti fa capire tante cose e quanto sia determinato.

Un punto forte di questo ragazzo è la testa dunque?

Assolutamente sì. Non ha mollato. Ma allo stesso tempo, a mio parere, non sente la pressione. Si concentra e s’innamora delle corse che gli piacciono. Alla sua età sa già cosa vuole. Prima di quest’anno per esempio ci ha detto: “Voglio fare la Strade Bianche perché una corsa che mi piace”. Era la prima volta che la faceva è stato l’unico che ha risposto agli attacchi di Pogacar. Idem il Lombardia e la Vuelta. Vuole migliorare ogni anno… E’ questo il piano nella sua testa ed è un piano chiaro.

Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
Nella crono di Alicante Rodriguez è stato quarto a 1’22” da Evenepoel
In salita è un po’ al limite o per te ha dei margini ulteriori?

Per me ha dei margini. Non ha lo scatto secco o il cambio di ritmo netto, ma preferisce andare di passo e con le sue doti da cronoman e la sua giovane eta, ricordo che ha 21 anni, può fare ancora molto. Abbiamo visto i suoi dati e i suoi step di stagione in stagione e per me anche fisicamente non è del tutto maturo.

Il fatto che Carlos non abbia la “botta secca” è una limitazione nel ciclismo moderno?

Non penso. Ognuno ha il suo modo di correre, ma rispetto ad altri va più forte a crono. E sulla bici da crono ci lavora tanto e questo è di certo un punto favorevole.

Ti ricorda qualcuno? Tu sia da corridore che da diesse nei hai visti tanti…

Mah – ci pensa un po’ Tosatto – forse un Ivan Basso, uno regolare. Ha le caratteristiche di un passistone ma che va forte in salita. Non è lui che ti fa dieci scatti in salita. Però ha la capacità di essere al limite per tanto e si sa gestire in quei momenti. Ed è una cosa a dir poco importante.

Che programmi di lavoro avete previsto? 

Per ora non lo sappiamo. Nel ritiro degli scorsi giorni abbiamo stilato il programma di gare che faremo come squadra ma ancora non siamo scesi nello specifico. A dicembre, con i feedback dei coach e con gli incontri tra gli atleti e i direttori, vedremo cosa fare. E di conseguenza decideremo, soprattutto per i grandi Giri e per le classiche maggiori.

Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
Il duello tra Carlos Rodriguez e Juan Ayuso ha infiammato la Vuelta e gli spagnoli
C’è la possibilità di vederlo al Giro d’Italia?

Può avere delle possibilità. Ma dipende da molte cose. Per esempio se vuol fare bene la primavera con le classiche e la Strade Bianche, o più avanti con il Catalunya e i Baschi. Inoltre dovremmo vedere chi sarà il capitano. Di certo dopo la Vuelta può provare a fare altro. L’Italia gli piace. Ama le nostre corse e magari questo inciderà. Ma essendo così solido magari dirà alla squadra: “Voglio andare al Tour”. O non mi stupirei se volesse fare la Vuelta da leader. Ma sono idee mie.

In Spagna hanno messo su un dualismo con Ayuso…

Fanno i paragoni con Ayuso perché entrambi sono vincenti, forti, giovani e lottano già dalle categorie minori. Carlos ha un anno di più… Poi dopo che anche Valverde ha smesso i media vogliono creare un po’ rivalità, fare notizia. In più sono molto diversi, come persone e come corridori.

Lo scorso anno all’Avenir, sul Piccolo San Bernardo abbiamo la sua immagine mentre attendeva il verdetto: si giocava la maglia gialla finale per una questione di secondi. Ha mostrato il suo essere ingegnere in tutto e per tutto: una sfinge. Ma è davvero così chiuso e serio o a “telecamere spente” è più aperto?

E’ professionale al 110%, ma quando si stacca il numero è altrettanto professionale… a fare festa! I genitori lo hanno educato bene. Ha grande rispetto per ogni membro dello staff. Sa cosa vuol dire fare fatica e rispetto. Ha le basi solide per una lunga e ottima carriera.

Quattro diesse italiani in vetta al Giro: i voti di Cassani

30.05.2022
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Ci sono quattro direttori sportivi italiani alla guida dei primi quattro della classifica generale del Giro: non è davvero per caso. Gasparotto nella Bora-Hansgrohe di Hindley. Tosatto nella Ineos Grenadiers di Carapaz. Volpi al Team Bahrain Victorious di Landa (in apertura sul podio come miglior team). E Martinelli nell’Astana con Nibali.

«Ho sempre detto – dice Davide Cassani – che abbiamo i tecnici più bravi al mondo. Il ciclismo italiano ha alcune eccellenze e i direttori sportivi ne sono una parte integrante. Sono bravi e soprattutto hanno la stima delle squadre e dei corridori».

Mondiali di Ponferrada 2014, nel primo mondiale di Cassani come cittì, Bennati era il regista
Mondiali di Ponferrada 2014, nel primo mondiale di Cassani come cittì, Bennati era il regista

L’occhio dell’esperto

Il cittì degli ultimi nove anni azzurri (Cassani è stato in Federazione dal 2014 al 2022) ha seguito il Giro con attenzione. Non dalla moto RAI come lo scorso anno, ma con lo sguardo attento di un professionista che nel ciclismo ha vestito i panni del corridore, dell’addetto stampa, dell’opinionista televisivo e del tecnico della nazionale. A lui abbiamo chiesto una valutazione di quei tecnici che con le loro tattiche hanno animato le tappe del Giro. A dire il vero alla fine abbiamo anche provato a chiedergli qualche rivelazione sulla possibilità che crei davvero una squadra, ma a quel punto Davide ha chiuso il discorso, pregandoci di avere pazienza.

Gasparotto, qui con Benedetti, ha dato nuova linfa alla Bora
Gasparotto, qui con Benedetti, ha dato nuova linfa alla Bora

Imprevedibile Bora

Gasparotto è arrivato alla Bora-Hansgrohe da quest’anno. Al Giro dello scorso anno era sulla moto come regolatore dei mezzi in corsa. Ha sicuramente imparato a leggere meglio certi movimenti della carovana, ma la sua capacità tattica è stata per certi versi inattesa.

«Sono stati – dice Cassani – l’unica squadra che abbia provato a inventarsi qualcosa. Non hanno avuto una condotta banale, che in certi momenti si è prestata a qualche critica, ma alla fine hanno avuto ragione loro. Gasparotto ha dimostrato di avere polso e carattere, con sui ha gestito la squadra più forte.

«Sono passati da tirare tutti insieme come a Torino al mettere un uomo nella fuga. Sono stati imprevedibili e mai schematici. Di sicuro Gasparotto conosceva bene pregi e difetti di Hindley. Essere corridori è una cosa, fare il diesse è un’altra. Ma Enrico è sempre stato intraprendente, sempre un uomo squadra. Per tutta la carriera ha sempre dimostrato una bella visione».

Hindley ha interrotto il filotto della Ineos Grenadiers di Matteo Tosatto: Giro sfuggito il penultimo giorno
Hindley ha interrotto il filotto della Ineos Grenadiers di Matteo Tosatto: Giro sfuggito il penultimo giorno

Ineos in difesa

A Tosatto e al Team Ineos Grenadiers non si può imputare certo qualcosa rispetto al crollo di Carapaz sul Fedaia. Anzi, forse essendosi reso conto che il suo leader non fosse al 100 per cento, il tecnico veneto ha cerato di mascherarne i limiti.

«Anche secondo me lo sapeva – dice Cassani – infatti hanno cercato di addormentare la corsa, sempre tenendo Carapaz davanti. Che Richard non avesse il colpo del kappaò si è visto sul Blockhaus. Così hanno cercato di difenderlo. Paradossalmente però, l’unico giorno in cui la squadra si è dissolta, è coinciso con l’unico in cui Carapaz ha cercato di anticipare i rivali.

«La sconfitta del Fedaia non è stata della squadra. Sabato lo hanno portato davanti fino agli ultimi 5 chilometri. La loro speranza secondo me era che Carapaz crescesse con il passare delle tappe, ma purtroppo non è successo».

Alberto Volpi è stato il diesse del Team Bahrain Victorious assieme a Pellizotti
Alberto Volpi è stato il diesse del Team Bahrain Victorious assieme a Pellizotti

Perplessità Bahrain

La condotta di gara del Team Bahrain Victorious ha suscitato qualche perplessità. Secondo alcuni la squadra ha lavorato per portare Landa al terzo posto e Pello Bilbao al quarto, rinunciando a correre rischi.

«Si sono mossi inseguendo da una parte la vittoria di tappa – dice – dall’altra la classifica. A Landa è mancato qualcosa e non so se sacrificando Pello si sarebbe potuto cambiare qualcosa. Pensavamo un po’ tutti che anche lui nella terza settimana potesse dare in colpo e aveva per sé una super squadra, ma se poi ti stacchi sugli arrivi in cui devi esserci in prima persona, la squadra può farci poco.

«Si è detto che avrebbero potuto inventarsi qualcosa. Ma cosa? Potevano sganciare Bilbao, ma bisogna vedere se ne aveva le caratteristiche e la condizione. Se ci pensate, il vantaggio della Bora è stato che Kelderman sia uscito subito di classifica. Magari avrebbe lavorato ugualmente per Hindley, ma diciamo che si sono tolti il dubbio. Il fatto è che Landa sia mancato e che sul Fedaia abbiano provato a vincere la tappa dimostra che sapevano che Landa non avrebbe potuto fare altro».

Martinelli ha restituito serenità e motivazioni a Nibali, che ha chiuso il Giro al quarto posto. Con lui anche Zanini
Martinelli ha restituito motivazioni a Nibali, che ha chiuso al 4° posto (con lui anche Zanini)

Un Nibali inaspettato

Il quarto è Martino, quello che è sceso di sella prima di tutti e che dall’ammiraglia ha vinto Giri, Tour e Vuelta in numero industriale. Uno che non avrebbe bisogno di presentazioni e che quest’anno ha riaccolto Nibali e l’ha condotto fino al quarto poto finale. Ed è servita la sua maestria, perché la squadra doveva essere a disposizione di Lopez, che dopo poche tappe se ne è andato.

«Un direttore sportivo è bravo – dice Cassani – quando riesce a fa andare i propri atleti al loro meglio. E Nibali ha fatto quello che non mi sarei aspettato. E’ andato forte, restando sui tempi dei migliori, in un Giro in cui le salite sono state fatte forte. Il quarto posto non basta?

«Quando sei come Nibali, che hai vinto due Giri, un Tour e la Vuelta, andare fuori classifica significa fallire. Puoi farlo nell’anno in cui punti alle Olimpiadi, altrimenti non lo fai. Soprattutto nell’ultimo Giro della carriera. Devo dire che ho apprezzato più quel suo tenere duro fino al quarto posto, piuttosto dell’eventuale tentativo di vincere una tappa. Martino conosce Vincenzo. E’ allo stesso tempo tecnico e padre. Martino è Martino…».

La corsa in rosa della Ineos vista dalla testa: parla Tosatto

25.05.2022
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Tosatto confabula con un altro diesse. Dal piazzale dei pullman si vede l’hotel della sera in cui Cadel Evans perse la maglia rosa giusto vent’anni fa, dopo la tappa di Passo Coe. Esaurite le incombenze del leader, Carapaz è arrivato pedalando al piccolo trotto lungo il vialetto che costeggia il lago, ben lontano da simili presagi. Anzi, rafforzato da un altro giorno senza attacchi, l’ecuadoriano si è tolto il gusto di sprintare in faccia a Hindley. Non perché ci fosse qualcosa in palio, ma per fargli capire di avere ancora forze per tenergli testa. La salita di Passo Rovere ha sbrindellato il gruppo, ma i primi della classifica sono rimasti incollati fra loro. L’unico ad aver pagato è stato Almeida, che su simili pendenze ha potuto difendersi meno di ieri ad Aprica.

Tosatto sta guidando la Ineos nel suo quinto Giro: il primo nel 2018 con Froome
Tosatto sta guidando la Ineos nel suo quinto Giro: il primo nel 2018 con Froome

Attacchi mancati

Carapaz entra nel pullman, scambiando un rapido cinque con Tosatto, che finito l’appello si avvicina. Il Team Ineos sta correndo con la solita autorità, aspettandosi forse qualcosa in più dagli avversari.

«Visto dall’ammiraglia – scherza Matteo – sto vedendo un bel Giro. E’ molto combattuto. Squadre forti e atleti forti. Si deciderà il fine settimana, bisognerà essere al posto giusto nel momento giusto. Stanno andando tutti molto forte. Sinceramente mi aspettavo qualche attacco di blocco da parte di altre squadre, però io guardo a casa mia. Se avessi una squadra e dovessi attaccare la maglia rosa, magari mi muoverei in modo diverso. Però penso che noi, la Bora, il Bahrain e la stessa Uae stiamo correndo molto bene. Dobbiamo fare i conti con le forze che abbiamo. Domani si recupera e poi si guarderà a venerdì e sabato».

Landa ha provato vari allunghi, ma senza la verve dei bei tempi
Landa ha provato vari allunghi, ma senza la verve dei bei tempi
Quando a Torino vi siete dispersi hai avuto paura?

In realtà no. A Torino ero super tranquillo, perché fino a quel giorno lì erano stati i più forti in salita. Quel giorno abbiamo pagato il grande caldo e un percorso tecnico non adatto alle nostre caratteristiche. Qualche disattenzione da parte di qualche corridore c’è stata, ovviamente, però lì Richard è stato bravo a salvarsi, in quella che è stata una giornata storta un po’ per tutti.

Hai mai pensato di aver preso la maglia rosa troppo presto?

Per me va bene così, perché nel 2020 l’abbiamo presa all’ultima tappa ed era tropo tardi. L’anno scorso è venuta nella prima settimana, quindi troppo presto. Secondo me quando hai la maglia rosa, dà una spinta al gruppo, si sente meno la fatica. Per noi non cambia nulla. Abbiamo la nostra idea di corsa e dobbiamo portarla avanti.

Questa volta la difesa di Almeida è stata problematica: il passivo è stato di 1’20”
Questa volta la difesa di Almeida è stata problematica: il passivo è stato di 1’20”
Sembrava che staccare Almeida fosse lo scopo condiviso.

Si giravano spesso non solo per guardare Almeida. Era uno di quelli che se arrivava con poco distacco nell’ultima tappa, diventava pericoloso. Ma penso che Richard come Hindley e Landa sono alla pari. Non si può pensare oggi alla crono, dovremo pensarci sabato sera.

La sensazione è che aspettino tutti la Marmolada per regolare i conti.

Questi pochi secondi sulla Marmolada non serviranno. Dipende da come sarà la classifica venerdì sera. Intanto guardiamo a domani.

Com’è il clima in squadra?

Il clima è super buono, siamo un bel gruppo. Per adesso sono bravi, abbiamo giovani e corridori di esperienza. E soprattutto, c’è ottimo feeling fra corridori e staff.

La Ineos ha lavorato forte fino alla salita finale con Richie Porte
La Ineos ha lavorato forte fino alla salita finale con Richie Porte
Tao, Egan e adesso Richard: si possono fare paragoni?

Non si può fare nessun paragone. Tao era una sorpresa. Egan era già un campione, che aveva vinto il Tour. Anche Richard ha già vinto un Giro, è un campione anche lui. Però hanno caratteristiche diverse, ognuno ha il suo carisma. Con Richard mi sono trovato bene. Con lui ho un ottimo rapporto, schietto. Quello che penso glielo dico e così anche lui. Siamo sulla stessa linea di pensiero su tutte le cose, sulla tattica e sui compagni. Richard è uno che non serve motivarlo, perché si motiva da solo. E penso che questa sia la grande sua forza.

Ha mai avuto giorni storti?

Finora non ha avuto giorni storti (ride e tocca ferro, ndr) e speriamo non ne abbia.

Viviani fuori per scelta tecnica. Tosatto mette le cose in chiaro

09.05.2022
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Ieri al Giro d’Italia è andata in scena la prima volata. E tra i protagonisti di questo serrato sprint non c’era Elia Viviani. Il campione veronese infatti non è stato schierato nella corsa rosa dalla sua squadra.

Discorso di cui è parlato spesso in questo primo scorcio di Giro. Il ritorno alla Ineos-Grenadiers doveva siglare il grande rilancio di Viviani dopo due stagioni non superbe alla Cofidis. Non superbe su strada, visto che in pista aveva vinto il mondiale nell’eliminazione.

In ogni caso, abbiamo cercato di fare chiarezza una volta per tutte con Matteo Tosatto, diesse della corazzata di “Sua Maestà”.

Elia Viviani alla Gand. La sua ultima corsa era stata il Circuit Cycliste Sarthe ad inizio aprile
Elia Viviani alla Gand. La sua ultima corsa era stata il Circuit Cycliste Sarthe ad inizio aprile
Matteo, riprendiamo il discorso fatto al Tour of the Alps. Ci avevi detto: «Porteremo una squadra votata per Carapaz». Sei stato di parola e infatti non c’è Viviani…

Una squadra votata tutta per Richard, per cercare di vincere questo Giro. Dispiace per Viviani. Elia è stato nella lista del Giro fino all’ultima ora. Era inserito come prima riserva e alla fine abbiamo deciso così. Massimo supporto per Richard Carapaz. Di sicuro, Elia avrà modo di rifarsi, ma adesso siamo concentrati per il Giro.

Ma Viviani stava bene? Si era preparato per il Giro?

Lui si è preparato, come sempre. Elia è un grande professionista. Si era allenato e in caso di chiamata sarebbe stato pronto. Si sta allenando per il Giro di Ungheria (11-15 maggio, ndr). Come ho detto, dispiace a lui e dispiace a noi che non sia qua. Dispiace come uomo, perché è una persona speciale, un leader, ma abbiamo pensato ad una squadra più per la montagna. 

Pertanto Viviani era preparato a questo scenario, non è stato un fulmine a ciel sereno?

Sapeva che non era certo di un posto. Sapeva che poteva entrare, come no. E questa news non gli è piovuta addosso a cinque giorni dal Giro, per dire… Abbiamo parlato insieme e abbiamo deciso insieme.

Una Ineos-Grenadiers progettata per la salita senza “distrazioni” per le volate
Una Ineos-Grenadiers progettata per la salita senza “distrazioni” per le volate
E per te ha capito?

Ma certo. E’ un grande professionista. E già pensa ad altri obiettivi.

Chi è stato l’uomo che ha preso il suo posto?

Non c’è un uomo specifico che ha preso il suo posto. E’ stato fatto un certo tipo di squadra. Abbiamo lasciato fuori anche altri ragazzi che andavano forte. E per di più che andavano forte in salita, come Dunbar per esempio. Le nostre scelte sono state fatte in base soprattutto a questi parametri. Non è che “uno” ha preso il posto di “un altro”. Anche Tao Geoghegan Hart doveva esserci per esempio, ma non stava molto bene e quindi non è qui al Giro. Ed è stato il lizza fino all’ultimo pure lui. 

Insomma è stata una scelta tecnico-tattica: la miglior formazione che potevate schierare per correre in un certo modo?

La formazione migliore che potevamo. Abbiamo scelto un bel gruppo. Un gruppo unito, con corridori forti in pianura e nel misto e in salita, integrati con quelli più in forma attualmente. Speriamo di aver fatto la scelta giusta! Noi siamo pronti.

Tosatto aggiunge che poi Carapaz sta bene. Che nei giorni che precedevano il via, rispetto ad altri che avevano provato il finale della prima tappa e la crono loro se ne erano stati tranquilli. Solo lui aveva fatto un sopralluogo in macchina. Aveva preferito lasciare i suoi ragazzi lontano dal caos, facendoli allenare nei pressi dell’hotel. “Toso” sa bene che la sfida è molto lunga. Che serve pazienza.

Viviani a Livigno nel giorno in cui iniziava il Giro. Rientrerà in gara proprio in Ungheria (foto Instagram – @larsvandenbroek1983)
Viviani a Livigno nel giorno in cui iniziava il Giro. Rientrerà in gara proprio in Ungheria (foto Instagram – @larsvandenbroek1983)

Elia in Ungheria

Infine concedeteci due considerazioni.

La prima: non aver visto il veronese né al Tour of the Alps, né al Romandia è stato un segnale che poteva lasciar pensare che Viviani potesse non essere della partita. E’ vero che è stato impegnato in pista a Glasgow (dove ha anche vinto nell’eliminazione) però correre su strada in certi momenti è ben altra cosa.

La seconda considerazione: Dario Cioni, diesse e preparatore della Ineos-Grenadiers, ci aveva detto già a gennaio che non era così scontato che Elia potesse essere schierato al via del Giro. Questo infatti avrebbe poi comportato una scelta negli uomini da portare. E anche nel caso fosse stato schierato non avrebbe avuto un treno a disposizione per le volate, ma se la sarebbe dovuta cavare da solo, tanto che ci parlò di “volate di rimessa”.

Intanto Viviani, nel giorno in cui iniziava la corsa rosa aveva postato una foto in cui era in allenamento in altura a Livigno. «Sono dove voglio essere per diventare più forte», aveva scritto. La sua classe, anche al di fuori delle corse, e la sua professionalità sono da medaglia d’oro olimpica qual è.

Ineos per Carapaz. Tosatto presenta la “corazzata rosa”

24.04.2022
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Una delle formazioni più attese al Tour of the Alps era la Ineos Grenadiers. La squadra, guidata nell’occasione da Matteo Tosatto, forse ha raccolto un po’ meno del previsto, però è sempre stata nel vivo della corsa.  E ci è stata con Pavel Sivakov, soprattutto, ma anche con Richie Porte. 

La corazzata britannica si prepara ad affrontare il Giro d’Italia e ancora una volta partirà con i favori del pronostico, grazie alla presenza di Richard Carapaz. E con Tosatto partiamo proprio dal corridore sudamericano.

Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo, questo inverno eri stato di parola e avevi detto: dopo la caduta di Bernal i programmi non cambiano. Carapaz resta il nostro leader per il Giro d’Italia…

E’ così. Richard aveva visto il percorso del Giro d’Italia e gli piaceva. Ama il Giro, è il suo grande successo, visto che lo ha vinto nel 2019, e per questo si sta preparando bene. Noi siamo fiduciosi verso di lui, così come verso tutti gli altri ragazzi che ci saranno.

Carapaz però non ha corso recentemente. E’ ancora in Ecuador. Qualche giorno fa ha utilizzato la bici da crono in un autodromo. Come mai avete scelto di non farlo gareggiare sin qui?

Perché questo era il programma che avevamo deciso. Un programma che prevedeva un bel blocco di lavoro fino al Catalunya. Peccato per l’intoppo alla Tirreno dove si è ritirato perché era malato, però poi ha recuperato bene. Il programma prevedeva di tornare in Ecuador e di allenarsi in altura più a lungo possibile. E si sta allenando bene. Anche con la bici da crono. Come tutti i nostri ragazzi, anche lui la prende una o due volte alla settimana, soprattutto prima di appuntamenti importanti che prevedono prove contro il tempo. Al Giro ce ne sono due. Non sono lunghe, ma potrebbero essere decisive.

Quindi prima del Giro nessuna corsa?

No, nessuna corsa. Carapaz ha dimostrato che quando ritorna da un periodo di altura riesce ad andare subito forte. Ormai ha un protocollo collaudato. Arriva in Europa otto-dieci giorni prima dell’inizio del Giro, si ambienta per il fuso orario e la temperatura ed è pronto.

Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Al Tour of the Alps abbiamo visto una Ineos Grenadiers orfana di Geoghegan Hart: cosa è successo?

Per Tao è stato scelto un programma differente perché anche lui purtroppo si è ammalato alla Tirreno-Adriatico. Di conseguenza ha dovuto saltare il Catalunya ma ha fatto i Paesi Baschi. E così dopo questa dura corsa ha preferito allenarsi in altura. 

Dal Tour of the Alps avete avuto indicazioni importanti?

Ho visto un Pavel Sivakov che è tornato ai suoi livelli. Anche Porte sta davvero bene. E lo stesso vale per Salvatore Puccio. Siamo messi bene e possiamo fare le nostre scelte con serenità. In questi giorni post Tour of the Alps faremo il punto della situazione con i ragazzi per definire la squadra del Giro.

Quindi né Sivakov, né Porte sono sicuri di essere al Giro?

No, no… voglio dire che si sono preparati per il Giro e sono pronti. Però, come come tutti gli anni, facciamo la squadra dopo aver esaminato i dati e dopo aver parlato con tutti i ragazzi. Ma penso che avendo dimostrato una buona condizione non ci saranno problemi.

Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Effettivamente Sivakov non era così brillante da un po’…

Non si vedeva, perché magari non era il leader della corsa e doveva aiutare i capitani. Ma io Pavel l’ho visto fortissimo già l’anno scorso alla Vuelta, dove appunto ha corso di supporto. Quest’anno è partito più tranquillo, si è allenato bene anche lui. È rientrato dopo due settimane in altura a Sierra Nevada. E un Sivakov che sta bene per noi è molto importante.

Siete una delle corazzate della carovana. Tanti uomini, una grande possibilità di scelta. E questo vale per i tecnici ma anche per i corridori. Alla luce di tutto ciò Carapaz ha chiesto un uomo specifico? Uno di fiducia?

Da quando lo conosco posso dire che è un ragazzo molto serio. Un ragazzo che si fida delle persone che lavorano attorno a lui. E se un coach o un altro direttore sportivo gli dice che ci sono questi determinati uomini a lui va bene. Si fida, sa che sono i migliori che possiamo mettergli a disposizione. Quindi no: non ha specificato che lui vuole il corridore “X” o “Y”. Richard vuole una squadra di supporto, quello sì. Dal canto nostro, noi gli stiamo mettendo in piedi un team che al Giro lavorerà solo per lui.

Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
In una squadra così e con un uomo che punta senza mezze misure alla maglia rosa, un Salvatore Puccio ci sta bene. A parte il fatto che lui sta bene ovunque! 

Vero – ride Tosatto – il discorso di Puccio vale sempre. Non perché è italiano, ma “Salva” negli ultimi anni ha dimostrato che quando è chiamato in causa è sempre pronto. È un leader, un leader nel suo lavoro. Anche lui ha avuto molta sfortuna ad inizio stagione: malattie, infortuni, un problema al ginocchio… Adesso è rientrato ed è in buona condizione. Deve migliorare ancora un po’ ma è un percorso normale. E sicuramente sarà pronto per il Giro.

Ultima domanda: Porte gregario di lusso o avrà anche ambizione di classifica?

Gregario di lusso.

Risposta secca, ormai non capita spesso…

Ma è così: a domanda ho risposto! E poi Carapaz è uomo che dà garanzie.