Apri gli occhi Elia, è tutto vero! Sei il re dell’eliminazione

24.10.2021
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Elia Viviani è così. Bianco o nero. Prendere o lasciare. E’ capace di arrovellarsi su stesso e di esaltarsi con un niente al tempo stesso. Una fenice in grado di rinascere dalle sue cenerei. E’ bastato l’odore di vittoria, il bronzo dell’Omnium di ieri sera che il veronese è rinato. E oggi si è laureato campione del mondo nell’eliminazione.

L’abbraccio con la sua fidanzata, Elena Cecchini
L’abbraccio con la sua fidanzata, Elena Cecchini

Eliminazione e divertimento

E’ uscito il campione che è in lui. E stasera ha dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che non si è campioni olimpici per caso. 

Oggi in pista nell’eliminazione ha sfoggiato una grinta che non vedevamo da tempo. Una lucidità pazzesca e soprattutto una gamba fotonica. La volata finale contro il portoghese Iuri Leitao è un compendio di potenza. Ai 200 metri è dietro, scatta, lo affianca e in uscita di curva è in grado ancora di uscire più forte. Il portoghese si rialza ed Elia ha persino il tempo di controllare. Un capolavoro.

«Dopo tanti tentativi – ha detto Viviani a fine mondiale – dopo dieci anni, perché tanti ne sono passati dall’ultima maglia iridata, ne è arrivata un’altra. L’eliminazione è la gara che mi diverte di più. C’è quel mix di tecnica, di forza, di tattica e di astuzia. La gara di ieri nell’omnium ha mostrato che se non hai le gambe non vai da nessuna parte, non la vinci.

«E’ una soddisfazione grandissima. Probabilmente i ragazzi mi spingono a dare di più. Perché vederli con la maglia iridata del quartetto ti dà più grinta e forza di volontà per arrivare a vestire anche tu quella maglia».

Mondiale in crescita

Questo mondiale non si era aperto bene per Viviani. Lo scratch non era andato come voleva, nonostante in pista avesse dimostrato una buona condizione. I dati e le sensazioni come ci disse anche Bragato non erano male. E questo non aveva fatto altro che aumentare un po’ la tensione. Cosa spesso lui fa da solo su se stesso: tipico dei grandi campioni. 

Il cittì Villa magari avrebbe preferito averlo prima, per qualche specifico in più, ma non ha potuto. Alla fine sono stati lo scratch, prima, e l’omnium, poi, a dargli il colpo di pedale adatto. Sono state la rifinitura ideale. Ma per questo alla base deve esserci un’ottima condizione. E tra i tanti azzurri (e azzurre) viste a Roubaix, lui e Simone Consonni ci sono sembrati i meno stanchi.

Nell’omnium ieri lo avevamo visto pimpante nella prova di apertura, di nuovo lo scratch. Lo aveva concluso in terza posizione, ma soprattutto era sempre stato nel vivo della corsa. Era andato in fuga aveva controllato. E nel finale se non fosse stato per un doppiato forse avrebbe potuto ottenere di più. Si era battibeccato un po’ nei giri di scarico dopo l’arrivo proprio con Leitaio, quarto. Poi si era affidato ai massaggi di Simone Bertini si era riposato nel bus azzurro parcheggiato a ridosso del velodromo, anziché tornare in hotel come molti altri, e si era rituffato sul parquet.

Ultimo giro, Viviani mette il portoghese nel mirino. E lo divora in volata. E’ il momento chiave della corsa
Ultimo giro, Viviani mette il portoghese nel mirino. E lo divora in volata. E’ il momento chiave della corsa

Sensibilità tecnica

In questi giorni abbiamo visto dalla zona stampa e dalle tribune un Elia davvero concentrato. Capillare in ogni scelta. Un leader. I meccanici hanno cambiato molti set di ruote. «Elia è molto sensibile – ci ha detto Giovanni Carini – in particolare è molto attento a quali ruote utilizzare. Non ha lasciato nulla al caso».

E dopo il fattaccio delle bici rubate sono dovuti intervenire ancora. Nel furto, infatti, sono sparite due bici personali su strada, ma soprattutto la De Rosa che avrebbe dovuto utilizzare per omnium ed eliminazione. Da contratto, infatti, nelle gare individuali Viviani deve pedalare su questa bici e non sulla Pinarello. Per fortuna si trova alla grande con entrambe. Quelle due bici private le aveva portate il personale della Cofidis proprio alla nazionale azzurra approfittando dei pullmini che rientravano in Italia. Questi passaggi di materiali avvengono spesso dietro le quinte.

Classe infinita

Ma torniamo in pista. Il bello di un campione è questo. Non te lo aspetti, ma lui c’è. Esce. Emerge. La classe non la puoi sopire quando ce l’hai dentro, quando è parte di te.

Il giro finale con il tricolore al collo è l’ovazione di un velodromo ad un campione con la “C” maiuscola. L’abbraccio con la sua Elena (Cecchini, ndr), le tante critiche, l’aver dovuto correre fino all’ultimo per la Cofidis in lotta per la Coupe de France, il furto delle bici… Non era facile. Ma Elia è stato più forte di tutto questo. 

Oggi si è mostrato attento in gara. Sempre. Ha centellinato energie. Ha corso con l’occhio cattivo dei giorni migliori, l’occhio dei giorni di Rio 2016.

«Credo sia stato il mondiale più bello della storia per l’Italia – ha concluso Viviani – mai così tante medaglie e tante maglie. Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo. E non è l’apice secondo me, perché abbiamo ancora dei margini di miglioramento. Il nostro obiettivo adesso deve essere Parigi 2024».