Giro, occhio ai numeri monster. L’analisi con Gasparotto

19.10.2022
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I numeri fanno impressione, ma tante volte vanno analizzati. Quelli del prossimo Giro d’Italia potrebbero fare pensare ad una corsa mostruosa: oltre 51.000 metri di dislivello totale, una media di 170 chilometri e 2.440 metri di dislivello per tappa. Tre crono. Sette arrivi in salita. E al netto delle crono, per le restanti 18 frazioni la lunghezza media è di 187 chilometri.

Poi però gli stessi numeri vanno analizzati. E ad uno sguardo più approfondito, planimetrie alla mano, il disegno del percorso potrebbe sembrare meno di quel che sembra. Prima del Bondone e di Crans Montana per esempio ci sono dei tratti di pianura che in qualche modo potrebbero, il condizionale è d’obbligo, inibire attacchi da lontano. E le stesse salite non sono tremende. Idem la frazione verso Zoldo o il Gran Sasso. 

Per Gasparotto le crono della prima parte favoriranno gli specialisti come Evenepoel che potranno mettere fieno in cascina
Per Gasparotto le crono della prima parte favoriranno gli specialisti come Evenepoel

Parola a Gasparotto

Enrico Gasparotto, è il direttore sportivo che con Hindley ha conquistato l’ultima maglia rosa. Proponiamo questo nostro punto di vista al tecnico della Bora Hansgrohe che sembra avere già le idee chiare.

«E’ un Giro a due tempi – spiega Gasparotto – un po’ come una partita di calcio. Il primo tempo dura dodici tappe (fino a Rivoli, ndr) e sarà influenzato dalle due crono. Ci sono anche diverse salite che si prestano ad attacchi, ma chiaramente anche parecchio spazio per i velocisti. Il secondo tempo è totalmente a favore degli scalatori. E anche se c’è la crono del Lussari che nella prima parte è piatta, poi i 7-8 chilometri che restano sono come lo Zoncolan.

«Per me resta un Giro impegnativo. Magari un Roglic o un Evenepoel potrebbero prendere del vantaggio nelle cronometro e quindi nel primo tempo, poi difendersi nel secondo. Però penso anche che con un po’ di fantasia gli attacchi da lontano ci possano essere».

La Bora-Hansgrohe nell’azione spettacolare di Torino al Giro 2022
La Bora-Hansgrohe nell’azione spettacolare di Torino al Giro 2022

Ricordando Torino

Gasparotto parla di fantasia e attacchi da lontano. I numeri della corsa possono dargli ragione, ma le altimetrie? La tappa intermedia e nervosa, quella da imboscate stile Torino 2022, sembra mancare. E quella è stata la tappa chiave della corsa rosa 2022.

«Magari può esserlo quella di Bergamo», ribatte Enrico. Vero, può esserlo, come si dice la corsa la fanno i corridori, ma è potenzialmente più complicato. Facendo la parte del diavolo, il Valpiana è posto a 29 chilometri dal traguardo di Bergamo e il finale è più lineare, non presenta stradine strette come Torino. Semmai si presta più a certe azioni la frazione di Fossombrone, lì forse sognare è più lecito.

«Che Torino sia stata bella e decisiva – replica – lo diciamo adesso. E’ facile parlare a posteriori. Siamo stati noi ad interpretarla in un certo modo. Siamo stati noi a renderla folle. Ma se fosse venuta male avremmo spremuto la squadra per nulla e non se la sarebbe ricordata nessuno. Invece i ragazzi ci hanno creduto ed è andata come è andata. Magari anche il prossimo anno una tappa potrà essere interpretata così».

Non vogliamo smorzare l’entusiasmo circa la corsa rosa. La nostra è un’analisi fatta rivedendo le tappe e i numeri nel loro insieme. E per questo abbiamo chiesto il parere di un esperto, il quale, infatti, rilancia con ottimismo circa gli attacchi. E poi, come si è visto in diverse occasioni, percorsi troppo duri hanno inibito gli attacchi, anche quelli futuri.

«Anche lo scorso anno la tappa del Kolovrat (Santuario di Castelmonte, ndr) fu interpretata in un certo modo. Le squadre che puntavano alla classifica generale si annullarono a vicenda: non riuscendo ad inserire un uomo in fuga, alla fine si risparmiarono le energie in vista della Marmolada del giorno dopo».

E le salite?

Lago Laceno, Crans Montana, Monte Bondone e anche il Gran Sasso (ad esclusione del finale): i numeri parlano di dislivelli importanti però, è questo è un dato oggettivo, sono scalate pedalabili. Come si può fare bagarre con questo genere di montagne?

«E anche per questo – dice Gasparotto – conterà molto la squadra, anche per quei tratti in pianura prima della salita finale. Ma se mandi in fuga gli uomini giusti puoi fare molto. Un po’ come fecero Scarponi e Nibali. Oppure attaccare con un capitano, se ce n’è più di uno. Ritrovarsi un uomo o due lungo salita finale è importante, proprio se questa è pedalabile: possono dare una grossa mano. O al contrario una squadra ben strutturata può cercare di correre quella che in gergo chiamiamo “cool down”, cioè tenere la corsa sotto controllo, farla scorrere con calma».

«Per quanto riguarda Crans Montana è una salita che conosco per averla fatta al Giro di Svizzera ed effettivamente non è impegnativa. Però la scalata che la precede, la Croix de Coeur, mi hanno detto che è più tosta. Ho sentito Steve Morabito, che fa parte del comitato tappa, mi ha confidato che è dura e stretta. Io andrò a vederla.

«E poi non scordiamo le condizioni del meteo. Se dovesse essere cattivo tempo lassù cambierebbe tutto». E chissà cosa potrà inventarsi “il Gaspa”…