Ganna è a Gran Canaria con Moscon e Leonardo Basso per riallacciare i fili con la fatica e l’aria aperta. Hanno scelto la base del primo raduno invernale del Team Ineos-Grenadiers, quasi ad esorcizzare il fatto che il raduno non ci sarà. Sono arrivati l’8 dicembre, martedì. Ieri Filippo ha fatto quattro ore e mezza e finalmente il tempo ha ripreso ad essere scandito da ritmi più normali. Il 2020 dello stress è alle spalle, quello dei grandi risultati rimarrà invece scolpito nella storia dello sport.
Il quarto mondiale dell’inseguimento.
La crono dei campionati italiani.
Quella di San Benedetto del Tronto alla Tirreno.
L’impresa iridata di Imola, primo mondiali di specialità per un italiano e il secondo (per lui) di stagione.
E poi le tre crono del Giro d’Italia. Palermo, annunciata quindi difficilissima. Valdobbiadene, vera prova di forza. Milano, al termine di tre settimane durissime nel primo grande Giro, a confermare la resistenza da campione. E in mezzo la maglia rosa e la fuga di Camigliatello Silano a sparigliare le carte. Una vera sbornia di risultati.
«Anche se a dire il vero – scherza riferendosi al fatto che sul più bello è stato costretto alla quarantena – non ho neanche potuto bere molto. Sarei andato volentieri agli europei in pista proprio per avere uno stacco mentale. Quando sono con i ragazzi riesco a mollare la tensione. Invece mi sono ammalato e mi sono rilassato per forza. Così adesso me ne sto qui, pacato. Tranquillo come sempre. A fare bene quello che si deve fare, dopo una stagione che mi ha dato una bella botta di morale».
Ti aspettavi che sarebbe ripartita oppure a un certo punto hai temuto?
Sicuramente lo speravo, sennò la grinta scemava. Stare sui rulli e poi allenarsi senza un vero obiettivo non è la stessa cosa.
Due figure chiave nel tuo percorso, Cioni e Villa, secondo i tuoi genitori sono alla radice della tua crescita e dei tuoi risultati.
A entrambi rompo le scatole. Cerco di ottenere quello che voglio in qualsiasi modo. Sono entrambi pacati e ragionevoli, sanno ascoltare. Non li ho mai sentiti alzare la voce, ma il giorno che lo faranno dovrò aver paura. Perché significherà che gliel’ho fatta troppo grossa. Insieme lavoriamo bene, si tratta di continuare in perfetto accordo fino alle Olimpiadi, poi magari si darà più spazio alla strada.
E già sembra di sentire Villa che parla di Viviani, che non vince più perché ha mollato la pista…
Ma io non abbandono la pista, solo che non andrò a tutte le manifestazioni come invece è adesso. Coppe del mondo, europei, mondiali. Ma di sicuro i miei allenamenti continuerò a farli, perché danno il colpo di pedale che funziona.
Quanto è lontana Tokyo?
Non così tanto. Sto già pensando che dovrò fare prima la crono e insieme lavorare in pista per non perdere quel tipo di forza e non rimanere staccato dal quartetto.
Si parla già del confronto con Evenepoel…
In Argentina mi ha battuto, ma sono passati dieci mesi e si usava la bici da strada, non quella da crono. Sono contento per lui quando è tornato a pedalare, sarei un vigliacco se pensassi diversamente.
In Castelli ci hanno raccontato di quando facesti il manichino per Hesjedal…
Gli assomigliavo di fisico, fu un’esperienza bella e interessante. Anche perché mi ritrovai in galleria del vento con Contador che preparava il Tour. Una giornata di alta scuola senza pagare il biglietto. Però, ora che ci penso, sarei curioso di sapere chi sia oggi il mio manichino.
Raccontano che tu sia molto esigente.
La posizione non è mai perfetta, la bici non è mai perfetta. C’è sempre da migliorare. Negli ultimi tempi ho fatto un bel salto in avanti, ma mentirei se dicessi di aver trovato la posizione migliore e definitiva. Ci sono materiali e componenti da studiare, ma al netto di questo ciò che non cambia è il mal di gambe. Lo scopo è ottenere il risultato migliore.
Il giovane del quartetto, Jonathan Milan, è passato al Team Bahrain. Ti senti di dargli un consiglio?
Non deve voler strafare. Deve trovare con la squadra il giusto compromesso fra strada e pista, ma a quello penserà il suo preparatore.
E’ presto per capire se il Giro d’Italia ha cambiato qualcosa nella capacità di prestazione?
E’ ancora presto, direi di sì. Venti giorni senza lavorare lasciano addosso parecchia polvere. Vediamo se cambia quando avrò ripreso il passo. Rimarremo qui fino al 19 dicembre, giusto per non dover fare la quarantena al rientro. Sennò saremmo tornati il 23 e quei quattro giorni di lavoro in più sarebbero serviti.
E con la squadra?
Dovremmo tornare qua, ma davvero in questo periodo si vive alla giornata. Per cui mettiamo il primo traguardo a Natale, il secondo a Capodanno e poi vedremo dove e quando faremo il ritiro.