Casa Tosatto, fuori ormai è buio e anche Emma è rientrata. La mamma, che si chiama Elisa ed è avvocato, ha telefonato per darle un paio di dritte e ora la ragazzina è al piano di sopra a preparare lo zaino per la scuola dell’indomani. Le sue foto in piscina sono appese ai gradini della scala, la chitarra che suona da poco si specchia nel camino ancora spento.
Seconda parte del nostro viaggio iniziato dalla caduta di Thomas in Sicilia. Ci siamo fermati giusto un attimo, il racconto ora è sullo Stelvio. Le radio tacciono da qualche chilometro. Ma quando Kelderman si stacca, Toso chiede a Dennis di dare anche l’anima: «Se ne hai, adesso aumenta…».
Dennis risponde: «Okay!». Tao risponde: «Okay!».
Da pelle d’oca. Dennis è stato una rivelazione…
Dopo Valdobbiadene era sconsolato, ma contento per Filippo. Lo abbiamo tranquillizzato. Gli ho detto che da quel momento sarebbe stato fondamentale per il gruppo e per il morale della squadra. «Sono importante per tutti – mi ha chiesto – o solo per te?». Gli ho risposto: «Sei importante per me, per tutta la squadra e d’ora in avanti soprattutto per Tao!». Il giorno dopo è partito per Piancavallo super motivato. E la sera dello Stelvio gli ho detto che il suo lavoro valeva una stagione. E io intanto pensavo che alla peggio saremmo arrivati secondi.
Ma Dennis è stato forte anche dopo.
A Sestriere ho scoperto che ha anche grande senso tattico. Ho chiesto che facessero la prima salita con Puccio e Ganna, la seconda forte con Rohan e nella terza avremmo gestito in base a come si metteva. E lui mi ha detto: «Faccio forte la seconda e poi faccio forte anche la terza». A quel punto, con una copertura così, siamo arrivati sulla salita finale e abbiamo tirato i remi in barca, costringendo Hindley ad attaccare soltanto in finale.
Fra le sorprese, anche Ganna non scherza…
Era una scommessa per tutti, anche per lui. La consegna, a cose normali, era che provasse a vincere la prima e l’ultima crono e come lui anche Dennis. Se ci fosse stato Thomas in gara, nella crono di Valdobbiadene avrebbero dovuto tirare i freni. E anche se è bello che un giovane al primo Giro vinca la crono finale, perché significa che è arrivato in fondo con tanta birra, mi ha stupito proprio a Valdobbiadene. Perché quello era un percorso duro e complicato da gestire. Perché partire con il body di campione del mondo ti gasa, ma è anche un peso. Solo che proprio lì ci siamo resi conto che lui a certi stress è abituato. Quante finali dell’inseguimento, ai mondiali e agli europei, ha fatto gestendo quella tensione e quell’adrenalina?
Come è andata con Brailsford?
E’ super gasato. A Camigliatello si era esaltato. Era rimasto male per il secondo posto di Castroviejo a Roccaraso, poi ci ha salutato ed è andato alla Vuelta, perché era giusto stare anche con quel gruppo. Invece ce lo siamo ritrovati parcheggiato a Sestriere. Si è fatto due giorni di camper, perché lui non dorme negli hotel. Nella crono di Milano era concentrato allo spasmo, ovviamente per Tao più che per Filippo, che l’aveva già in tasca.
Cosa aggiunge questo Giro al palmares di Tosatto?
A volte penso al mio percorso come diesse. La prima corsa fu il Giro di Polonia nel 2017. Nel 2018 la Tirreno e la Sanremo. Qui al Team Ineos Grenadiers, mi hanno dato subito fiducia, perché vedevano in me un ex corridore con tanta esperienza. Nel 2018 ho fatto il Giro con Froome e lo abbiamo vinto e da lì Nico Portal (direttore sportivo morto proprio la scorsa primavera, ndr) mi volle anche al Tour. Questo ha dato un’accelerata, ma qualcosa lo avevo dentro anche da bambino…
Che cosa?
Guardavo le corse e sognavo di diventare un professionista, ma cercavo anche di capire come si muovessero le squadre. E poi questo mi è tornato a fine carriera, quando mi è stato chiaro che avrei voluto fare il direttore sportivo. Ho sempre provato a motivare i corridori. Quando erano miei compagni e dopo, quando sono passato in ammiraglia. Le gare si possono accendere, anche se il sistema di corsa adesso è mezzo bloccato. Al Giro ci siamo riusciti.
Con Thomas sarebbe stato diverso?
Geraint era al livello del Tour 2018 e queste erano le sue salite. Era un Giro disegnato per lui, ma certo non avremmo potuto correre come poi si è fatto.
Bettini lo ha accusato di essere caduto perché si trovava nel posto sbagliato durante il trasferimento.
Può avere ragione, ma è anche vero che ha schivato la borraccia con la ruota davanti, che di solito provoca la caduta, e l’ha presa con la posteriore. Quando è stata confermata la frattura, c’era un silenzio surreale. Bisognava dare una svolta. In questo ci ho messo del mio, con il grande aiuto di Cioni e di Cookson. Ho preso in mano la situazione e l’ho portata sul piano del morale.
Forse perché lo avevi già vissuto?
E’ molto probabile, certo. Con Contador al Tour del 2014. Andava fortissimo, ma ci ritrovammo disperati in quella discesa prima a vederlo sprofondare e poi tornare a casa. Ma anche lì reagimmo e vincemmo due tappe con Majka e una con Rogers.
Pensi che l’approccio psicologico “alla Tosatto” possa servire in una squadra sempre così controllata?
Tutto serve, tutto può aggiungere un tassello senza per forza cancellare il resto. Un obiettivo su cui voglio concentrarmi adesso è Moscon, che hanno affidato a me. E questa è una bella sfida. Tornerà a lavorare con Cioni, come prima cosa, e non è un caso che adesso sia alle Canarie con Ganna e Basso. Gianni va recuperato e inserito nel gruppo giusto. Ha bisogno del clic per ripartire.
Che cosa prevedi per lui?
Al di là del parlarci e motivarlo e trovare il modo giusto per farlo, secondo me deve fare il Giro d’Italia e provare a vincere ogni corsa. Questo è un atleta che ha rischiato di vincere il mondiale di Innsbruck arrivandoci nel modo meno consono. Bastava che Valverde scattasse poco più in alto e poi lo vedevamo…
Cosa ha sbagliato finora?
Non deve pensare agli altri. E’ un sanguigno, si accende facilmente e sbaglia. E’ forte. La prima volta che ha corso al Nord ha fatto benissimo. Uno così non si può lasciare al suo isolamento. Va bene ritrovare la pace tra le mele, ma serve altro. L’ho inserito nella lista del Giro, vedremo poi se si riuscirà a portarlo.
Chi altri c’è in quella lista?
Salvatore Puccio, che non ha peli sulla lingua ed è importante per i suoi compagni. Ci sarà Ganna e già con questi tre, fai il Giro che vuoi. E poi, ma dipende dal percorso, potrebbe esserci Bernal. Comunque l’avete vista una cosa?
Quale cosa?
Il Giro d’Italia tutto in Italia è un’altra cosa, una meraviglia. E’ stato bellissimo partire dalla Sicilia e venire in su. Almeno per questo, il dannato Covid a qualcosa è servito…