Belletta: l’italian guy della Jumbo-Visma

11.12.2022
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Dario Igor Belletta è uno di quegli italiani con la valigia in mano, pronto a lasciare il nostro Paese per crescere e diventare un corridore professionista. Il suo futuro parla olandese, il giovane lombardo infatti correrà nel team development della Jumbo-Visma. In questi giorni Dario si trova in ritiro con la nuova squadra e i compagni, andiamo con lui a vedere che effetto fa far parte dello squadrone che ha vinto la classifica UCI nel 2022

«Ora siamo in Norvegia, a Lillehammer – esordisce euforico Belletta – per fare un ritiro di un paio di settimane. Niente bici, tante attività diverse ed un unico obiettivo: conoscerci e imparare a stare insieme. Sia tra corridori che con i membri dello staff».

Che cosa fate?

Tantissime cose, la mattina facciamo tutti insieme sci di fondo, qui a Lillehammer nel 1994 ci sono state le Olimpiadi invernali e gli impianti sono nuovissimi e gratuiti. E’ bellissimo, ognuno di noi prende gli sci e ci sono questi stadi pieni di piste e di persone che girano e si allenano. Qui le persone non camminano, sciano. 

Hai mai sciato prima?

Ho fatto qualche volta un po’ di discesa libera, ma fondo mai. Non mi sono trovato male, poi abbiamo un istruttore di tutto rispetto: un ex campione olimpico. Insomma, direi che per imparare era difficile trovare qualcuno di migliore (dice ridendo, ndr). 

E ti piace?

Tantissimo, è un modo per mettersi alla prova e uscire dalla comfort zone e cerchi di cambiare mentalità. E’ una caratteristica importante e impararla praticando uno sport nuovo è divertente.

L’obiettivo di questo ritiro è creare un gruppo squadra solido e unito
L’obiettivo di questo ritiro è creare un gruppo squadra solido e unito
E nel resto della giornata?

Si fanno molte altre attività, appena rientrati dallo sci si mangia, e per farci sentire parte di questo nuovo gruppo a me e Pietro (Mattio, ndr) lo chef cucinerà le lasagne. Nel primo pomeriggio si ha un po’ di tempo libero, c’è chi studia, chi come me fa qualche intervista o ci si riposa. Ci ritroviamo verso metà pomeriggio per fare uno spuntino e dopo si parla con lo staff dei vari obiettivi per la stagione. Poi la sera dipende, oggi (venerdì, ndr) c’è il quarto di finale dei mondiali di calcio: Olanda-Argentina, quindi si guarda la partita. E’ venuto anche il capo Richard Plugge per guardare la partita con noi.

I compagni, come sono?

Simpaticissimi, una cosa che mi piace moltissimo è che arrivano da tutte le parti del mondo. C’è una buona base olandese: su 14 ragazzi un terzo sono “di casa”. Ci sono poi ragazzi danesi, norvegesi, americani e io e Mattio, che ormai siamo stati soprannominati “the italian guys”. I ragazzi più grandi hanno il compito di stare con noi nuovi e farci integrare. Alcuni di loro nel pomeriggio vanno a fare dei test metabolici per un’Università norvegese con la quale il team collabora. 

Dario ha fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali di Wollongong
Dario ha fatto parte della spedizione azzurra ai mondiali di Wollongong
Quindi per il momento ancora niente bici?

No, queste due settimane niente bici, anche perché fuori ci sono meno venti gradi (ride di nuovo, ndr). Quella la vedremo nei ritiri di gennaio e febbraio, staremo parecchio in Spagna a pedalare. Lo staff ci ha detto che questo momento serve per creare alchimia tra di noi. In Spagna si pedalerà molto e avremo meno tempo per passare dei momenti insieme. Quello che vogliono far passare è che non siamo delle persone con la stessa maglietta, ma facciamo parte di un progetto unico. Uno dei due ritiri, non so ancora bene quale, sarà con la squadra WorldTour

Emozionato?

Tantissimo, non vedo l’ora di pedalare con loro! Li ho visti solamente in televisione e tra poco me li troverò accanto. E’ incredibile.

Che mondo è?

Incredibile, è come passare su un altro pianeta. E’ tutto fatto nel modo giusto e con un programma alle spalle. Sono seri ma allo stesso tempo molto positivi e disponibili. Anche il fatto di provare un nuovo sport a dicembre, quando altre squadre sono già in bici, è strano ma piacevole. Alla fine pedaleremo tutto l’anno, non dico che diventa noioso, ma quasi. Fare una preparazione diversa è particolare e stimolante. 

Il giovane lombardo corre anche su pista, ai mondiali di categoria ha conquistato l’argento nella corsa a punti (foto Fci)
Il giovane lombardo corre anche su pista, ai mondiali di categoria ha conquistato l’argento nella corsa a punti (foto Fci)
Sei stato nella sede di s-Hertongenbosch?

Sì ed ho visto che ci siete stati anche voi. E’ qualcosa di impensabile, devi vederla per crederci. Io quando sono entrato mi sentivo un ragazzino a Disneyland. Infatti l’ho soprannominata la Disneyland del ciclismo. E tutta la loro mentalità ed organizzazione viene trasportata fuori, ovunque siano nel mondo. 

Hai detto che hai parlato con lo staff, cosa vi siete detti?

Una delle cose che mi ha sorpreso di più è che non ho avuto bisogno di presentarmi. Conoscevano già tutto di me, ma proprio tutto, degli ultimi quattro anni sapevano ogni virgola. Quando decidono di investire su di te lo fanno a tutto tondo. Gli obiettivi saranno quello di capire i miei punti deboli e quelli di forza. Per questo aspetto i ritiri di gennaio e febbraio saranno fondamentali. Ora vogliono conoscere l’aspetto umano, nei prossimi mesi il ciclista. 

E la pista?

Sono estremamente favorevoli alla doppia attività, la incoraggiano particolarmente anche perché i benefici si vedono. A me la pista piace e voglio portarla avanti, nei prossimi mesi parlerò con Villa e capiremo il programma da tenere in base al calendario.

Per Belletta prima esperienza in Olanda e già pregusta il 2023

10.10.2022
4 min
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Negli scorsi giorni Dario Igor Belletta è stato in Olanda, per la prima presa di contatto con responsabili e strutture della Jumbo Visma. Un incontro rimandato più volte dopo la firma, ma che il corridore di Magenta attendeva con grande impazienza, voglioso d’iniziare la sua nuova grande avventura.

L’estate ha portato mille emozioni al diciottenne lombardo, tra la conquista del titolo italiano e l’approdo in un team così prestigioso. Il mondiale non è certamente andato come sperava, terminando anzitempo rispetto alla sua conclusione e, trasferta australiana a parte, i suoi risultati sono stati meno brillanti rispetto a prima ma una ragione c’è e Belletta lo ammette: «Da quando ho firmato cerco di rischiare il meno possibile. Non corro con l’obbligo del risultato, anzi se posso essere utile ai compagni lo preferisco. Per me il 2023 sarà decisivo, mi gioco tantissimo e voglio arrivarci integro».

L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
L’ultima vittoria di Belletta, il successo al Trofeo Fiorina di Clusone (foto Giuliano Viganò)
Da quando hai firmato il contratto, in che contatti sei con il team olandese?

Li sento quasi tutti i giorni, finalmente poi sono potuto andare alla sede per ritirare il materiale e prendere contatto con la struttura. Incontrare di persona i responsabili è un’altra cosa, abbiamo potuto gettare le basi per la stagione che verrà. Sarà il primo anno nella nuova categoria, c’è tanto da imparare ma io voglio adattarmi il prima possibile.

Come giudichi questa stagione rispetto alla precedente?

I risultati ci sono stati in entrambe, in questa stagione ci sono stati più alti e più bassi mentre al primo anno junior ero stato leggermente più costante nel rendimento. Con un po’ di fortuna in più avrei portato a casa risultati maggiori ma nel complesso è stato un buon anno.

Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Salvoldi con Belletta in pista: il lombardo è argento mondiale nella corsa a punti (foto Fci)
Come ti sei trovato a lavorare in nazionale con Salvoldi, che lo scorso anno non c’era?

Con lui il lavoro è assiduo e molto attento. Abbinare strada e pista non è semplice e sicuramente influisce sull’evoluzione della stagione perché molti eventi sono ravvicinati, ma quel che è certo è che in quest’anno, sia nei raduni che nelle trasferte azzurre ho imparato molto.

Il cittì, parlando della categoria, sottolineava il fatto di come si lavori con ragazzi molto diversi fra loro come evoluzione fisica, c’è chi si sviluppa nel corso dei due anni di appartenenza agli junior e chi è precoce e quindi al primo anno ha un vantaggio fisico sugli altri. Tu sei cambiato in questi 12 mesi?

Fisicamente sono rimasto com’ero, sono alto 1,87 per 73 chili. Quello che dice il cittì è vero, io forse ho sviluppato prima ma credo che in definitiva questo poco influisca sull’evoluzione di un corridore. Per emergere oltre al fisico devono esserci altre caratteristiche che riguardano la tecnica, il colpo d’occhio, il vero senso di essere un corridore. Credo di avere il classico fisico da passista veloce, capace di tenere anche su certi tipi di salite.

Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Per il corridore della Pool Cantù 1999 la gioia della maglia tricolore vinta a Cherasco
Approdando alla Jumbo Visma avete già parlato di obiettivi per il 2023?

No, credo che se ne parlerà nel corso dei primi ritiri ma per assurdo credo che non ce ne saranno di specifici e la cosa non mi dispiace. Il 2023 sarà importantissimo per crescere e continuare a sviluppare il motore. Il mio vero obiettivo è migliorare e dare sempre il massimo ed è questo alla base della mia scelta di entrare in un progetto così prestigioso.

Quasi tutti i tuoi compagni di nazionale e avversari nelle classiche italiane hanno scelto di andare all’estero come te: è una scelta che ti pesa, soprattutto per non avere alternative all’altezza in Italia?

Io non lo vedo come un problema. Non è che lascio l’Italia, continuo ad allenarmi prevalentemente a casa, a studiare, in realtà almeno inizialmente cambia poco. Bisogna poi partire da un presupposto: se scelgo questa vita lo faccio sapendo che si viaggia molto, non si può restare nel nido in eterno. Io non vedo svantaggi.

In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
In Australia un mondiale senza squilli, chiuso con un ritiro. Lo scorso anno era stato 33°
Che cosa ti proponi per il finale di stagione?

Vorrei solo chiudere in maniera tranquilla, non ho l’assillo dei risultati, poi finalmente potrò riposare e ricaricare le batterie in vista della nuova stagione. Non so quando riprenderemo e quando e dove ci sarà il ritiro, me lo dovranno far sapere.

Continuerai a dividerti fra strada e pista?

Sicuramente, anche se il focus sarà maggiormente sulla strada. Ma per le eventuali convocazioni per la nazionale sarò sempre pronto, ci mancherebbe…

La via Rossato per i più giovani: «Non ci sono solo gli olandesi»

27.08.2022
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In partenza per una trasferta nel Nord Europa, in questo gran parlare di giovani e l’ambiente ideale per farli crescere, Mirko Rossato accetta il confronto ed entra nel merito della gestione dei suoi ragazzi. Il tecnico del gruppo dei giovani alla Bardiani-CSF-Faizané non vede infatti grosse differenze tra la filosofia che anima la sua squadra e quella della Jumbo Visma Development di cui ci ha parlato stamattina Robbert De Groot.

«Andiamo a correre sui muri e sul pavé – sorride Rossato – per fare esperienza con spirito aggressivo. Ho detto a Bruno (Reverberi, ndr) che avremmo avuto due possibilità. Il Giro del Friuli, in cui qualche risultato magari si portava a casa. E poi il Flanders Tomorrow Tour, in cui prenderemo certamente qualche bella legnata. Lui mi ha detto di scegliere liberamente e io ho deciso per il Belgio. Muri, pavé e una crono, come la vecchia De Panne. Le legnate fanno crescere, ma qualcuna l’abbiamo anche data. Abbiamo vinto quattro corse e fatto i nostri piazzamenti…».

La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
La vittoria di Marcellusi al Trofeo Piva è una delle quattro centrate quest’anno dai giovani della Bardiani-CSF
Ecco, parliamo di farli crescere. Come sta andando l’esperienza Bardiani?

Il progetto è bello, sto facendo quello che devo e ringrazio i Reverberi per avermi lasciato carta bianca. L’obiettivo è portare questi ragazzi al livello e al modo di correre che serve per essere professionisti. Di fatto lo sono già, ma al contempo hanno tanta strada da fare. L’attività è su misura per loro, come fanno alla Jumbo Visma. Non credo che Pinarello, Pellizzari e Bonilla avrebbero fatto esperienze simili con le altre continental.

Le legnate fanno crescere? 

La prima regola è che le corse si finiscono, anche a un quarto d’ora dal primo. Si devono abituare fisicamente e mentalmente a distanze e tempi di gara superiori. Se da junior facevi al massimo 120 chilometri, a Capodarco ne fai 180 e guai se ti fermi. E poi voglio che corrano sempre davanti. Per gestire i giovani si usano bastone e carota, ma per queste due regole c’è solo il bastone.

Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Alessio Martinelli è uno dei ragazzi di maggior talento del team. In questi giorni è al Tour de l’Avenir
Quanto conta il risultato in questa prospettiva?

Se anche non si vince, guardo l’approccio, il modo di correre, gli stimoli che hanno. Sono in questo ambiente da 25 anni e ho visto tanti corridori, ormai ho capito come funziona. Il nostro obiettivo è dare alla squadra dei corridori pronti. In quest’ottica non conta che vincano, ma che sappiano come muoversi e corrano bene.

Nelle continental europee fanno gare a tappe e periodi di allenamento.

Ho studiato come si muovono, bisogna sempre imparare dagli altri, quando è utile. I nostri ragazzi a fine anno avranno fatto 42-45 giorni di corsa. Non sono tanti, ma neanche pochi, visto il livello. Di certo, non serve più fare 70-80 giorni, dal martedì alla domenica, come mi capitava quando avevo la squadra di dilettanti. E’ più utile fare 10 giorni di stacco e preparazione fra una corsa e l’altra, che sfinirli senza senso. Ci scontriamo sempre con le migliori squadre U23 d’Europa e questo ci fa vedere come siamo messi e cosa ci serve per migliorare…

Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati con Rossato nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
Pinarello e Pellizzari sono due tra i più giovani, ora impegnati nella trasferta al Flanders Tomorrow Tour
E cosa ci serve?

Da noi il velocista fa solo corse piatte e le vince, lo scalatore corre solo in salita. Oggi una corsa per velocisti ha come minimo 2.000 metri di dislivello e se non lavori per farli migliorare, le volate neanche le fanno. Un corridore com’ero io, oggi non vedrebbe l’arrivo. Stando a certe logiche non dovrei neanche portare Pinarello e Pellizzari in Belgio, perché troveranno solo strappi e pavé, ma devono essere capaci di fare tutto. Perché da professionisti si troveranno a farci i conti. Altrimenti perché all’estero vengono fuori e da noi no?

Cosa vedi negli junior che arrivano da voi?

Più che altro cosa vedo negli junior fuori di qui. In tutta Europa, fanno 3-4 corse a tappe all’anno, qua fanno il Lunigiana a fine stagione. Abbiamo mille regolamenti. Poi è vero che logisticamente l’Italia è lontana dal Nord Europa, ma anche gli juniores all’estero si confrontano sempre con avversari diversi, noi abbiamo sempre i soliti. E quando cresci? Non è sufficiente.

Questo succede anche fra gli under 23…

Quando parlo con Amadori, mi dice sempre di portarli a correre fuori. Altrimenti nelle corse internazionali importanti, ci troviamo in difficoltà.

Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Il gruppo dei giovani della Bardiani-CSF è nato quest’anno ed è stato affidato a Mirko Rossato
Avete preso tre ottimi juniores come Scalco, Paletti e Conforti: come avete vinto la concorrenza degli squadroni?

Secondo me sono i più forti della categoria e con le caratteristiche che ci servono per le corse impegnative cui partecipiamo. Ne ho parlato con Reverberi, poi è stato lui a parlare con i loro procuratori. Abbiamo proposto il nostro progetto e penso che il prossimo anno avrò una bella squadretta di 8-9 corridori, in cui i più grandi come Martinelli potranno provare a salire un altro gradino, come quest’anno Marcellusi e Tolio.

Non troppo diverso da quello che fanno in Olanda, insomma…

Facciamo come loro ed è il nostro obiettivo. Siamo l’unica squadra professional in Europa ad avere dentro un gruppo di U23, che prendono uno stipendio certamente al minimo, ma ben più alto di quello che prenderebbero nelle continental. All’inizio c’era scetticismo, per cui l’obiettivo è farci vedere affinché si capisca che il progetto è serio. Questo è il primo anno, sono convinto che nei prossimi due si vedranno i frutti. Quando passano dagli juniores, hanno bisogno di un paio di stagioni per farsi le ossa.

Cosa sanno alla Jumbo-Visma di Belletta, di Mattio e dell’Italia?

27.08.2022
5 min
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Avevamo sentito per la prima volta Robbert De Groot, responsabile della Jumbo-Visma Development, dopo il podio di Vingegaard lo scorso anno al Tour. Questa volta l’interesse è dato dall’arrivo di Belletta e Mattio e il parlare che se ne è fatto in Italia, soprattutto fra gli operatori del settore. Che cosa offrono in Olanda più che in Italia? E’ vero valore aggiunto, si chiedeva ieri Ivan Basso, oppure una grande infatuazione?

Così siamo tornati dal tecnico olandese cercando di capire il perché della scelta, il modo in cui lavoreranno con i due ragazzi e quale idea si sia fatto del ciclismo giovanile italiano.

Cominciamo dal loro arrivo?

Abbiamo contatti con diverse agenzie che lavorano in ambito internazionale. Di Mattio, l’ultimo arrivato, abbiamo parlato a dicembre con Alessandro Mazzurana e la firma del contratto è arrivata a luglio. Prima lo abbiamo invitato con noi in Slovenia, per allenarsi, parlare, conoscerci. L’Italia ci piace, la storia del vostro ciclismo è importante. E poi ci sono tanti talenti, mentre a noi piace esplorare e allargare i confini dello scouting.

Invece Belletta?

Ho sempre avuto buoni contatti con Manuel Quinziato, anche per altri casi. E’ però un fatto che non tutti i ragazzi vogliono lasciare l’Italia. Dario (Belletta, ndr) ha accettato di farlo e penso che possa ben inserirsi nel nostro gruppo e nella nostra filosofia.

Vingegaard è il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo-Visma)
Vingegaard è il prodotto dell’organizzazione del team olandese (foto Jumbo-Visma)
Eppure è la prima volta che cercate corridori italiani.

Non abbiamo mai dubitato che ci siano talenti anche nel resto d’Europa, quindi anche in Italia. Inoltre l’Italia è importante anche per il nostro sponsor Jumbo (grande catena olandese di supermercati, ndr). Vogliamo che sia un successo su entrambi i fronti

Quale idea vi siete fatti di Belletta?

La prima cosa che abbiamo notato è che è alto rispetto allo standard dei corridori italiani. Inoltre ha una fantastica esperienza su pista. Crediamo che abbia un ottimo potenziale per le corse del Nord, non tanto per quelle a tappe. Per ora le grandi montagne non sembrano alla sua portata. Inoltre possiamo lavorare nella crono, che finora ha coltivato poco, ma è logico, essendo ancora uno junior.

Ci spieghi la vostra filosofia?

E’ abbastanza semplice. Il nostro obiettivo non è vincere oggi e neppure domani, ma vedere dove possono arrivare quando saranno formati. E se un corridore mostra cosa sa fare nelle corse italiane, che sono notoriamente dure, vuol dire che è forte.

I ritiri sono uno dei momenti più importanti nella stagione della squadra (foto Jumbo-Visma)
I ritiri sono uno dei momenti più importanti nella stagione della squadra (foto Jumbo-Visma)
Belletta ha partecipato a ritiri come Mattio?

No, abbiamo provato, ma aveva impegni in pista con la nazionale. Abbiamo fatto due interviste online. Abbiamo analizzato i suoi dati.

L’opinione su Mattio?

Pietro non ha alle spalle molti allenamenti strutturati, ha lavorato poco, eppure ha già dato dei buoni segnali. E’ una persona e un atleta interessante. Ha iniziato a studiare inglese, per cui la comunicazione va già meglio. E’ un corridore diverso da Belletta, forse è anche meno conosciuto a livello internazionale e questo è un bene. Ha i numeri per essere un corridore di successo. Anche Vingegaard non lo conosceva nessuno e non ha avuto grossi risultati da junior. Pietro può fare tutto, ha un raggio di azione molto ampio.

L’Academy è una delle fasi in cui il team seleziona i talenti (foto Jumbo-Visma)
L’Academy è una delle fasi in cui il team seleziona i talenti (foto Jumbo-Visma)
Sport e scuola, come vi regolate?

E’ importante che i ragazzi abbiano una base culturale solida. Dario è andato un anno avanti, quindi ha già fatto la maturità. Pietro va ancora a scuola e si troverà nella stessa situazione dei coetanei olandesi. Programmeremo le corse e la presenza nei ritiri in funzione dei suoi impegni scolastici.

Quanti ritiri farete con la Development?

A novembre ci vedremo per due giorni in Olanda. A dicembre, 12 giorni in Norvegia per fare sci di fondo: un ritiro importante per definire i programmi, creare lo spirito di squadra e fare gruppo. Prima di Natale si farà la presentazione con tutti i team, quindi anche le due WorldTour. A gennaio 10-14 giorni in Spagna e lo stesso a febbraio, per dare modo a tutti di partecipare. Inizieremo a correre il primo weekend di marzo. Fino a dicembre li lasceremo tranquilli. Dario dovrebbe fare i mondiali e poi non so se correrà fino a ottobre. Poi però dovrà riposare per almeno due settimane.

Oltre a Belletta e Mattio, in arrivo dagli juniores Menno Huising e Jelle Boonstra (foto Jumbo-Visma)
Oltre a Belletta e Mattio, in arrivo dagli juniores Menno Huising e Jelle Boonstra (foto Jumbo-Visma)
Che idea ti sei fatto degli juniores in Italia?

Sto cercando di capire il ciclismo italiano, come sono organizzate le stagioni, il calendario. Le organizzazioni regionali e tante squadre diverse. Quella di Mattio è molto piccola, quella di Bortolami in cui corre Belletta è molto grande. Qual è il ruolo del commissario tecnico? Mi piacerebbe correre di più in Italia, perché le corse sono dure.

Come si lavora secondo te sugli juniores?

Ogni cosa dovrebbe riguardare educazione e allenamento. Dovrebbe esserci lo stesso sistema in ogni Paese. E soprattutto, vincere non dovrebbe essere l’obiettivo principale.

Juniores con la valigia: qualche domanda da parte di Basso

26.08.2022
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Il tema dei ragazzi italiani che fanno valigia e diventano U23 nei vivai delle WorldTour europee tocca da vicino sicuramente le continental di casa nostra e di riflesso le professional. Il team di Basso e Contador quel meccanismo l’aveva studiato e messo in atto anni fa. Prima come continental affiancata alla Trek-Segafredo e poi, da quando è diventato Eolo-Kometa, creando una filiera che parte da alcuni team juniores, passa per la Fundacion Contador U23 e si conclude fra i pro’. Il responsabile del settore giovanile è Dario Andriotto, ma su tutto c’è l’occhio di Ivan Basso che su questo tema abbiamo voluto sentire. Soprattutto da quando si è sparsa la voce (non ancora confermata) che Manuel Oioli, preso da junior alla Bustese e ora in forza alla Fundacion Contador, il prossimo anno potrebbe partire per la continental di una WorldTour.

«Il progetto giovanile – conferma Basso, in apertura con Rivi al Giro 2022 – lo abbiamo sviluppato anni fa, poi è stato ripreso da squadre più forti. Noi abbiamo aperto la strada, loro hanno disponibilità superiori e alle spalle dei team sicuramente più grandi. Il vero nodo è il budget e trovare risorse è il mio compito per garantire un futuro alla mia squadra. Noto però che mentre prima chiamavi un giovane di 17 anni e riuscivi a incontrarlo, magari anche con i suoi genitori, oggi se ti va bene ci parli al telefono, altrimenti ti dice di sentire il suo manager. E devo dire che a un certo punto ne faccio proprio una questione di rispetto…».

Oioli è approdato quest’anno alla Fundacion Contador U23, dopo aver corso alla Bustese, suo vivaio
Oioli è approdato quest’anno alla Fundacion Contador U23, dopo aver corso alla Bustese, suo vivaio
Perché le altre squadre sono più attrattive?

Me lo chiedo anche io. E’ chiaro che la Jumbo Visma ha riprodotto e anche bene il format che fu della Mapei o della Liquigas. In questa fase sono osservatore interessato e tifoso, dato che mio figlio è al secondo anno da allievo. E anche se di lui si occupa Andriotto, se gli chiedi dove voglia andare, parla anche lui della Jumbo. Ma le mie domande sono altre.

Quali?

Sono pronti ragazzi di 17-18 anni per un’esperienza così elevata? Il vecchio sistema non funziona più? Il format in cui sono cresciuti Nibali e Viviani, per fare due nomi, è superato oppure si tratta di un’infatuazione collettiva?

Tu cosa pensi?

Io ho la coscienza di lavorare con i giovani nel modo giusto. “Juanpe” Lopez e Carlos Rodriguez (uno alla Trek-Segafredo e l’altro alla Ineos Grenadiers, ndr) li abbiamo persi perché non avevamo ancora la squadra pro’. I primi che arriveranno alla Eolo-Kometa avendo fatto tutto il percorso con noi saranno Piganzoli e Tercero, che hanno scelto di fidarsi e firmare, nonostante li abbiano cercati 7-8 squadre WorldTour. Ho parlato però con un corridore che mi piace e ho capito che è più attratto dall’esperienza internazionale.

E’ comunque una scelta legittima.

Assolutamente, purché sappiano cosa vogliono. Io volevo correre alla Carrera con Chiappucci, avevo le idee chiare. Dove ti senti felice di correre? Se sono felici di andare in Olanda oppure in Francia alla Groupama, abbiamo finito di parlare. Ci sono genitori che mi chiamano per chiedere se devono prendersi un procuratore: io invece credo che a 18 anni abbiano bisogno di Zanatta e Basso. Come credo ad esempio che Colleoni e Conca avrebbero avuto vantaggi dal fare i primi due anni con l’Androni, al posto di andare subito nel WorldTour. Fermo restando ad esempio che per i francesi ho ammirazione, dato che fanno passare 8 ragazzini in prima squadra.

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli passerà professionista con la Eolo-Kometa, dopo essere cresciuto nel suo vivaio (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli passerà professionista con la Eolo-Kometa, dopo essere cresciuto nel suo vivaio (Foto Zoe Soullard)
Tutto questo rende difficile gestire la squadra?

Non sono frustrato né avvilito. Non mi sono esaltato quando abbiamo vinto sullo Zoncolan e non mi deprimo adesso. Il problema è di budget, so bene che con il nostro non posso sfidare sullo stesso terreno squadre da 30 milioni l’anno. Posso lottare per diventare una grande professional e arrivare davanti nel ranking, ma in questo non ci ha aiutato il fatto di essere nati nella stagione del Covid, pur avendo sponsor che sono con noi da cinque anni. Quello che aspetto di vedere è il seguito di queste giovani carriere.

In che senso?

Non tutti sono adatti per certi ambienti così lontani dalla nostra cultura. E non tutti i grandi team, hanno spazio perché i ragazzi facciano una buona attività. Allora, come nel calcio, non si potrebbe ragionare sull’affidarli a squadre più piccole come la nostra perché facciano esperienza in corse di livello e magari guadagnino valore? Perché in Italia adesso la situazione è sotto gli occhi di tutti.

Le porte della Eolo-Kometa si schiuderanno anche per Fernando Tercero
Le porte della Eolo-Kometa si schiuderanno anche per Fernando Tercero
E com’è?

Siamo come una famiglia che vive con i soldi misurati e deve stare attenta a tutto. Facciamo fatica a prendere quelli buoni perché costano troppo, proviamo a tenerci stretti quelli che abbiamo fatto crescere e cerchiamo dei giovani che ci credano. Non è affatto detto però che chi ha tanti soldi automaticamente lavori meglio. Non confondiamo fra l’esperienza internazionale di fare le corse all’estero con l’andare a viverci. Non è affatto la stessa cosa.

Mattio alla Jumbo Visma, ecco come è andata

23.08.2022
5 min
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Silvio Mattio, padre di Pietro azzurro juniores, ha firmato la procura con un’agenzia tedesca prima che suo figlio diventasse maggiorenne e decidesse di diventare U23 con la Jumbo Visma Development.

«Devo dire – ammette – che la parola procuratore ci faceva paura. Mio figlio Giosuè, che ha smesso di correre per dedicarsi allo studio, aveva vinto più corse del fratello, eppure nessuno lo aveva cercato. Il ciclismo sta cambiando. Per Pietro si sono mossi agenti anche più blasonati, ma abbiamo dato fiducia ad Alessandro Mazzurana che lavora per la tedesca Team Vision, perché è arrivato per primo e ci ha dato l’opportunità di entrare in contatto con squadre importanti. Però mi faceva strano pensare a un ragazzo di 17 anni con il procuratore. Per questo nei giorni scorsi, approfittando delle ferie in Trentino, siamo stati a cena con lui a Merano. Gli ho chiesto perché si stia sbattendo tanto a costo zero…».

Mattio è arrivato con le sue forze alla Jumbo Visma Development, notato in Francia nel 2021
Mattio è arrivato con le sue forze alla Jumbo Visma Development, notato in Francia nel 2021

Inizia un singolare viaggio nell’esperienza di questa famiglia cuneese legata al ciclismo con corda doppia. I due figli maggiori Lorenzo e Giosuè sono stati corridori. Silvio invece vende bici e sorridendo ammette di avere anche le Cervélo su cui correrà il figlio. Come c’è arrivato dunque il Team Vision, agenzia di procuratori tedesca, al giovane Pietro? Il racconto prosegue.

Che cosa ha risposto Mazzurana?

Mi ha detto che per loro è un investimento in previsione di quello che potrà essere.

Ha firmato lei la prima procura?

Sì, anche se non serve a niente finché il ragazzo è minorenne. Era un foglio con scritto che loro si sarebbero impegnati a trovare squadra e che al di sopra di un certo ingaggio avrebbero percepito una percentuale che nel tempo sarebbe andata a calare. A giugno poi Pietro è diventato maggiorenne e la firma l’ha messa lui.

Lo hanno cercato in tanti, ma i tedeschi sono arrivati prima: come mai?

Fortuna e numeri, dai quali non si prescinde. Nel 2021 fece quarto alla Classique des Alpes Juniors, vinta da Uijtdebroeks davanti a Luhrs e Lenny Martinez. Lo ha visto un talent scout belga che lo ha segnalato a Team Vision e l’agenzia ha messo su di lui Alessandro Mazzurana, che ha iniziato a seguirlo e monitorarlo. Gli altri sono arrivati dopo.

Dopo essere stato seguito da Lanfranchi nel 2021, quest’anno il diesse di Mattio è Cirlincione
Dopo essere stato seguito da Lanfranchi nel 2021, quest’anno il diesse di Mattio è Cirlincione
Una dimostrazione di attenzione…

Ci è piaciuto il fatto che Pietro si sia conquistato tutto da solo. Una cosa la sa bene: non pagheremo mai per farlo correre. Adesso dovrà diplomarsi al Liceo Scientifico, poi non so se vorrà continuare a studiare. Ma io ho un’azienda, sua madre Nadia ha un’azienda di serramenti. Se il ciclismo non dovesse andare, potrà trovarsi un lavoro. Non è obbligatorio diventare corridori. E anche se io credo che sia un campione, come magari pensano tutti i genitori, so benissimo che non sarà facile.

Intanto vivrà una bella esperienza in Olanda…

Pietro è sempre andato bene, ma abbiamo scelto di restare nella Vigor, la squadra del paese, con un direttore sportivo come Cirlincione che gli vuole un gran bene e che dobbiamo ringraziare. L‘esperienza all’estero lo arricchirà. Suo fratello ha smesso di correre e dopo il biennio al Politecnico di Torino sta facendo la Magistrale all’estero. Pietro fa lo Scientifico, anche abbastanza bene. Quando ci abbiamo parlato in una videocall, Robbert De Groot, manager della Jumbo Visma Development, non ha mai detto mezza parola sul fatto che la scuola sia meno importante. Per cui, a parte 3-4 ritiri cui vorrebbero che partecipasse, per il resto potrà studiare a casa. Saranno sei mesi impegnativi fino alla maturità. Però ricordo bene i discorsi della squadra in cui andò Giosuè, in cui dello studio non importava niente a nessuno.

L’idea è quella di un progetto a lungo termine…

Ci è stato descritto in questi termini. Intanto a giugno Pietro ha partecipato a un ritiro in Slovenia ed è tornato con la sensazione di una squadra che vuole vincere il Tour e non 60 corse con gli under 23. Non c’è la conta delle vittorie a fine stagione e i risultati della WorldTour confermano quali siano i veri obiettivi. Pietro è sempre lì. Non vince tanto, ma grazie alla nazionale ha fatto una bella attività, ad esempio alla Roubaix e alla Gand-Wevelgem. Imparerà bene l’inglese e anche ad arrangiarsi. Purtroppo in Slovenia è caduto e si è rotto l’omero, ha ripreso da poco. Ma anche tornare a casa senza la mamma ed il papà, con la bici e una spalla rotta, è stato una prova di maturità.

Da luglio si diventerà 100 per cento… olandesi?

Starà molto più lassù, nelle casette in cui vivono tutti insieme. E’ stato bello avere squadre importanti che lo cercavano, ci ha fatto onore. Nessun altro però gli ha offerto un programma, gli altri prospettavano soprattutto risultati.

Nel bagaglio di Mattio c’è anche la mountain bike. Suo fratello Lorenzo ha corso nell’enduro
Nel bagaglio di Mattio c’è anche la mountain bike. Suo fratello Lorenzo ha corso nell’enduro
Un fatto di prospettive?

Vedo la scelta come l’occasione per imparare il mestiere. Correrà con i suoi coetanei e anche un domani in cui non dovesse restare alla Jumbo Visma, avrà nel curriculum questi due anni di formazione. Ed è stato bello arrivarci dalla Vigor, una squadra di paese, che però ha tirato fuori dei bei corridori. L’altro giorno è stata scritta una cosa giusta…

Cosa?

Che in Italia uno come Roglic, ma anche Evenepoel che arrivava dal calcio, non potrebbero mai cominciare a correre. Le squadre guardano i risultati su ciclismo.info e non vanno oltre. Pietro ha avuto le gambe per fare quarto in quella corsa di Francia e la fortuna di essere notato. C’è poco da fare, nella vita il fattore C, la fortuna, serve sempre…

Talenti in fuga, scelte legittime. E qui va tutto bene?

20.08.2022
6 min
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A Belletta s’è unito Mattio, che dalla Vigor Cycling Team approderà il prossimo anno alla Jumbo Visma Development. Al pari dei ragazzi che scelgono di frequentare l’Università all’estero, i due azzurri hanno scelto la continental di una delle squadre più forti al mondo (Belletta in apertura, in una foto da Instagram). La fuga dei cervelli e dei talenti. Scelte più che legittime e condivisibili, sul piano sportivo e dell’esperienza per la vita. Eppure la sensazione che il nostro ciclismo ne uscirà depauperato resta, anche se probabilmente certe scelte più che causa ne sono la conseguenza.

Per questo abbiamo chiesto il supporto di Roberto Amadio, attuale team manager delle squadre nazionali, ma fino al 2012 team manager della Liquigas-Cannondale, in cui sono passati professionisti fra gli altri Sagan e Viviani, Moser e Cimolai, Oss e Guarnieri. Parliamo di 10 anni fa e siamo consapevoli come dal 2020 del Covid il ciclismo sia cambiato radicalmente. Eppure i meccanismi che portano oggi al professionismo e ancor prima all’ingaggio degli juniores sono un tema da approfondire.

Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas, fucina di talenti
Amadio è attualmente team manager delle squadre nazionali. Fino al 2012 ha guidato la Liquigas
Anche la Liquigas aveva una squadra satellite nella Marchiol, giusto?

Esatto. E se avevamo uno junior interessante, gli chiedevamo di fare lì un paio d’anni. In questo modo potevamo seguirlo con un occhio di riguardo. Secondo me è un passaggio obbligatorio, perché da junior non hai ancora espresso il tuo potenziale. Per cui occhio a non fare confusione tra i fenomeni e il resto del mondo. Però se ci sono squadre WorldTour che vanno a prendere i talenti migliori e li inseriscono nelle loro continental, li capisco. E capisco anche i corridori che vanno, lusingati dalle loro attenzioni.

Infatti la loro scelta è condivisibile.

Capisco meno le squadre che inseriscono lo junior pensando che possa fare subito risultato, cosa che succede in Italia. Mi sta bene invece quello che ha fatto Reverberi con il gruppo giovani, con tutte le tutele del caso. Hanno creato un vivaio di talenti che si ritroveranno nella squadra professional. Non tutti, ma parecchi. Sono differenze che dobbiamo far capire. Ormai si è creato un tale meccanismo, che in Italia è impossibile ad esempio cominciare a correre a 16 anni. Chi ti prende? All’estero non sono rari i casi, vedi Roglic, di corridori che hanno iniziato tardi. A volte penso che la nostra storia, che resta comunque un vantaggio, in certi momenti si trasformi in un boomerang.

La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più ai talenti italiani
Però continuiamo a sfornare ottimi atleti…

E gli europei di Anadia lo hanno confermato. Per questo una WorldTour italiana che avesse una visione di crescita ci aiuterebbe tantissimo. Ma non c’è, per cui capisco i ragazzi che prendono al volo l’occasione di partire. I talenti veri hanno bisogno di spazio per crescere. Come Sagan, che volevo tenere per due anni alla Marchiol, ma dopo il primo ci rendemmo conto di quanto fosse forte, lo facemmo passare e vinse subito una tappa alla Parigi-Nizza.

Partire aiuta a crescere, lo dimostra l’esperienza di Germani, no?

Sicuramente è una grande esperienza di vita, anche al di là dell’aspetto sportivo. E’ una crescita importante, una scelta che se tornassi corridore, forse farei anche io. Questo non vuol dire che qui non lavorino bene, ma ci sono prospettive diverse.

Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Lorenzo Germani, a sinistra, è al secondo anno con la “Conti” Groupama-Fdj e nel 2023 passerà nella WorldTour
Quali prospettive?

La Colpack ha tirato fuori fior di talenti, ma ha anche la necessità di fare risultato, per cui hanno un’attività molto intensa. Nelle continental legate alle WorldTour i risultati vengono pure, ma sono le conseguenze del lavoro e della qualità degli atleti. E se non vincono, va bene lo stesso. E poi sarebbe tempo che i nostri andassero a correre di più all’estero. E’ un discorso che dovrebbe iniziare dagli juniores, tanto che la nazionale ha fatto parecchie trasferte importanti. E se non cominceranno le squadre U23, toccherà pensarci ancora a noi.

La sensazione è che non sia un momento facile.

Tutt’altro, è delicato. Abbiamo i talenti, ma dobbiamo capire come gestirli. Chiaramente ci sono limiti di budget, da manager me ne rendo conto.

Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Mattio corre al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix. Ha vinto il Giro della Castellania (foto Instagram)
Cambierebbe qualcosa se i nostri spendessero meno in ingaggi, alloggi e donne delle pulizie, investendo più sull’attività?

Questo è il discorso della nostra tradizione che potrebbe diventare un limite. All’estero i rimborsi per i corridori sono minimi o non ci sono, per contro si cura al massimo l’aspetto tecnico. Qui li paghiamo, li viziamo, hanno il ritiro pagato e chi se ne prende cura… Però quando Amadori convoca Germani, Frigo, Milesi e gli altri ragazzi che corrono all’estero, si accorge di una diversa maturità e di un altro approccio. Probabilmente bisognerebbe rivedere il sistema Italia. Al Cycling Team Friuli non strapagano i corridori, hanno un ritiro minimal e investono tutto sull’attività e la preparazione. Però è chiaro che avere alle spalle una WorldTour aiuta tanto.

In proporzione, anche le nostre ragazze finiscono all’estero, basta guardare Barale e Ciabocco al Team Dsm…

Il trend purtroppo è identico e la situazione del femminile è lo specchio di quella maschile. Le squadre si stanno strutturando e hanno in Italia gli stessi problemi a reperire sponsor, come quelle degli uomini. E’ curioso che la UAE Emirates abbia assorbito l’ultima WorldTour maschile e l’unica femminile che avevamo (la Lampre-Merida e la Alé Cycling, ndr). E’ la conseguenza dello stato economico e sociale dello sport in Italia. Fin quando a livello politico non si deciderà di cambiare, difficilmente si smuoverà qualcosa…

Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Nel 2023 Eleonora Ciabocco debutterà nel primo anno fra le under 23 con l’olandese Team DSM (foto Fci)
Cosa potrebbe fare la politica?

Non è un mistero che all’estero ci siano diverse squadre con il supporto delle amministrazioni. So che Cassani sta lavorando sodo con le sue conoscenze, ma non è facile.

Ultimo aspetto, i ragazzi fanno le loro scelte spesso ispirati dai procuratori.

I quali stanno scendendo in categorie in cui non si è ancora capito cosa si vuole fare da grandi. Diventa pericoloso, perché è facile illudere questi ragazzi, pur sapendo che solo pochi andranno avanti. Stanno passando al setaccio tutti quanti, ormai bisognerà guardare anche a cosa succede fra gli allievi.

Kooij: il giovane olandese che ha stregato il Tour de Pologne

01.08.2022
5 min
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Ottocento metri all’arrivo della prima tappa del Tour de Pologne, il team Jumbo Visma in testa a tirare, cosa c’è di strano? Nulla, direte voi. Ma in Polonia i “calabroni” hanno portato una squadra diversa, con tre corridori su sei che sono nati dopo il 2000. Giovani e affamati, si presentano all’ultima curva, con l’esperto Mike Teunissen che pilota Olav Kooij. L’olandese, neanche ventunenne, esce dalla ruota del compagno e lancia la volata, nessuno riesce a superarlo ed è fatta!

Kooij è nato il 17 ottobre a Numansdorp, piccolo comune nell’Olanda meridionale che prende il nome dal suo primo ambasciatore: Gerard Numan. Neanche 10 mila anime e poco da fare, solo far girare le gambe sempre più veloci. Olav ha il viso giovane, ma le sue espressioni sono decise, di chi sa ciò che vuole. Quando taglia il traguardo il suo urlo squarcia le nuvole che oscurano Lublin. Dietro di lui, in quarta posizione, arriva Teunissen e la sua gioia è anche più grande di quella del compagno.

«Sono davvero al settimo cielo per questa vittoria – esclama ai microfoni dei giornalisti in zona mista – non ci credo davvero! La Polonia era nel mio destino, nel 2020, proprio su queste strade ho vinto in Coppa delle Nazioni ed ora la prima gara WorldTour».

Ieri, nella volata di Zamosc, il giovane calabrone ha colto il quarto posto, alle spalle di Milan. La maglia di leader gli è stata soffiata da Abrahamsen grazie alla somma degli abbuoni.

L’urlo di Olav Kooij ha riecheggiato per tutto il centro di Lublino, sede di arrivo della prima tappa del Tour de Pologne
L’urlo di Kooij ha riecheggiato per il centro di Lublino, arrivo della prima tappa del Tour de Pologne
Qual è stata la parte più difficile nel vincere la prima tappa?

Il finale è stato estremamente movimentato e frenetico, sono caduti tanti corridori dietro di noi. Era importante arrivare davanti nell’ultimo chilometro perché la strada diventava più stretta. Lo strappo agli ultimi 600 metri ha allungato il gruppo e noi siamo stati bravi a rimanere sempre davanti, e per questo devo ringraziare i miei compagni. 

La cosa che ti ha emozionato di più?

Passare il traguardo a braccia al cielo mi ha fatto venire i brividi e mi vengono tutt’ora se ci penso. Ho indossato la maglia del leader e devo ammettere che è ancora una sensazione strana. Ma oggi è un nuovo giorno e un’altra occasione per provarci, vedremo cosa possiamo fare (aveva detto ieri mattina prima della tappa, ndr).

Phil Bauhaus, in maglia Bahrain Victorious e Olav Kooij, Jumbo Visma si confrontano a fine tappa
Bauhaus, in maglia Bahrain e Kooij, Jumbo Visma si confrontano a fine tappa
Sei molto giovane, da quanto ti sei appassionato al ciclismo?

Avevo 8 anni quando ho iniziato a correre in bici, da noi in Olanda la bicicletta è il mezzo che usi tutti i giorni per muoverti e andare in giro. Direi che è facile salire sopra una bicicletta, ho iniziato a rendermi conto di essere bravo da esordiente. Ma è da junior che ho iniziato a vincere con costanza portando a casa anche qualche gara importante per la categoria.

E la Jumbo Visma quando è arrivata?

Nel 2020, dopo il mio secondo anno da junior, dove ho mantenuto il trend dell’anno precedente vincendo 10 gare, tra cui delle classiche olandesi. Al primo anno nel Development Team della Jumbo ho vinto sei corse, tra cui una tappa alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.

Nel Development team sei stato solamente un anno, poi subito tra i professionisti…

Sì, ma non bisogna aver fretta, nonostante io sia andato spesso tra i pro’ ho corso sempre gare che mi hanno permesso di crescere e maturare. Ora, dopo due anni ho ottenuto la mia prima vittoria WorldTour ma il percorso per arrivare qui è stato lungo. Non bisogna montarsi la testa, si cresce giorno dopo giorno.

La prima vittoria da professionista Olav l’ha ottenuta alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali nel 2020 (foto Instagram)
La prima vittoria da professionista Olav l’ha ottenuta alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali nel 2020 (foto Instagram)
Quella è stata la tua prima vittoria da professionista, che ricordo hai?

Una grande emozione, quasi paragonabile a quella provata sabato. I miei successi sono arrivati tutti in maniera graduale, ad inizio stagione avevo vinto due gare in Croazia ed una in Slovenia.

In Italia hai corso molto, quest’anno hai ottenuto anche due podi alla Tirreno-Adriatico, che ne dici del nostro Paese?

Mi piace molto, ho dei bei ricordi, sulle vostre strade mi sono divertito molto. Sono stato a correre anche il Gran Piemonte, dove ho concluso terzo, mi piace correre da voi. I panorami e le città sono davvero belli e particolari.

Abbiamo letto di te che praticavi pattinaggio sul ghiaccio, raccontaci…

Anche questo sport è molto praticato in Olanda, anni fa i canali ghiacciavano e d’inverno ci si poteva pattinare sopra. E’ uno sport che ho sempre portato avanti insieme al ciclismo, i pattini in inverno e i pedali d’estate. Nel corso del tempo l’ho sempre più abbandonato, la carriera da ciclista occupa tanto tempo.

Kooij nonostante abbia perso la maglia gialla rimane leader della classifica a punti
Kooij nonostante abbia perso la maglia gialla rimane leader della classifica a punti
Gareggiavi anche lì o era una passione?

Correvo tanto, anche in quella disciplina ho disputato gare importanti a livello nazionale.

Quali vantaggi pensi ti abbia dato il pattinaggio?

Mah, è un bel modo di mantenersi in forma durante il periodo invernale. Io sono un corridore potente, il pattinaggio mi aiutava a mantenere allenata la forza. In più è uno sport con uno sforzo medio-corto, abbastanza simile alle volate.

Ultima domanda, hai qualche corridore a cui ti ispiri?

Mi è sempre piaciuto Groenewegen, un grande sprinter, però sono cresciuto anche con il mito di Sagan, ed in squadra ho Van Aert. Diciamo che ho tanti spunti (conclude con una risata, ndr).

EDITORIALE / La fuga dei talenti (italiani) non è mai per caso

25.07.2022
5 min
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I bambini nel Nord Europa giocano scalzi nella pioggia. Da noi arrivano le mamme, li infagottano e se li portano via agitando lo spettro del raffreddore. Finita la scuola, Jonas Vingegaard lavorava al mercato del pesce e poi si allenava. Gli italiani sono sostanzialmente professionisti sin dagli juniores e finita la scuola è raro vederli lavorare.

Certe attenzioni sui corridori più giovani italiani fanno riflettere, perché tenendoli troppo a lungo nella bambagia si finisce col viziarli. Il meglio di tutto per vincere, non sempre per imparare a farlo. Oggi però le cose sono cambiate rispetto a qualche anno fa. La concorrenza internazionale si è moltiplicata. Non siamo più i soli depositari dello scibile tecnico. Nessuno più è disposto a trascurare il minimo aspetto nella preparazione: per questo vanno tutti più forte. E se l’unica discriminante è la fatica, nessun tipo di esperienza (purché proposta con intelligenza) può essere considerata deleteria. Anche eliminare la limitazione dei rapporti per gli juniores.

Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia
Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia

Belletta con la valigia

Dario Igor Belletta (foto Facebook/GB Junior Team in apertura) correrà da under 23 nella Jumbo Visma Development. Come Belletta, il campione italiano degli U23 (Lorenzo Germani) corre alla FDJ Groupama Continental, mentre Ursella e Milesi sono al Team DSM Continental. Scelte necessarie e coraggiose, al pari dei coetanei che vanno a studiare all’estero e poi raramente tornano. E’ la tanto dibattuta fuga dei talenti e dei cervelli, che valorizza coloro che hanno l’occasione e il coraggio di partire e purtroppo deprime l’ambiente che resta.

Senza dover per forza viaggiare oltre confine, basterebbe contare quanti ragazzi siciliani vivono e lavorano da Roma in su, per capire da un lato quante risorse avrebbe l’isola e dall’altro quale assenza di prospettive vi sia stata creata. Il fuoco non è su quello che trovano fuori, ma su quello che non trovano qui.

Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama
Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama

Le due vie italiane

Non avendo squadre WorldTour dal 2016, i nostri hanno due strade. I team professional italiani, oppure il mercato globale, dove le valutazioni non si fanno sulla base delle conoscenze, ma sui dati, l’esperienza internazionale, la conoscenza delle lingue.

Nei team professional italiani è abbastanza semplice entrare. Sono stati la porta di accesso al professionismo per corridori come Ciccone e Colbrelli che, migliori U23 italiani dei loro anni, avrebbero probabilmente meritato subito il salto nel WorldTour.

Nel secondo caso, la cruna dell’ago è decisamente più stretta. E non sempre le nostre squadre U23, quasi tutte continental, sono in grado di garantire lo standard di attività internazionale che renda i nostri ragazzi appetibili. Quelli che riescono ad approdare alle WorldTour hanno di solito ottenuto grandi risultati internazionali con la nazionale. Aleotti e Milan. Dainese, oppure Baroncini e Battistella, Sobrero e Frigo.

Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental
Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental

Calendario impoverito

Il punto è che un palmares costruito solo in Italia non è più così spendibile, a fronte di atleti di altre Nazioni che sin dagli juniores si mettono alla prova in tutta Europa. I nostri non hanno che il Lunigiana e poi si scontrano tutte le settimane in corse… chiuse. E quando per le internazionali arrivano gli stranieri, il bilancio italiano è spesso passivo. Un tempo, quando c’erano il Giro di Basilicata e quello della Toscana, il livello dei nostri era superiore.

Stessa storia, forse un po’ migliore, fra gli under 23. Ci sono il Giro d’Italia, il Giro della Valle d’Aosta e quello del Friuli, ma sono spariti il Giro di Toscana, il Giro delle Regioni e il Giro del Veneto. Si corre qualche volta tra i pro’ (Coppi e Bartali, Giro di Sicilia, Adriatica Ionica Race), ma rispetto ai team stranieri la programmazione dei nostri è basata su altre premesse. Se all’estero spesso li tengono a freno per impedire loro di allenarsi troppo fra una corsa e l’altra, qui la sensazione è che si stia più spesso col pedale abbassato e si vada a correre anche in prove di basso contenuto tecnico semplicemente per sommare vittorie.

Per Strand Hagenes, bandiera della Jumbo Visma Development, ha disputato finora 22 giorni di corsa: 6 in prove di un giorno (compreso il campionato nazionale a crono), altri 16 suddivisi in 4 corse a tappe.

Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni
Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni

Qualità e meno quantità

Difficile dire quale sia la cura, perché il problema ha diversi fronti. Mancano le corse a tappe: sarebbe molto lungimirante per RCS Sport investire una briciola dei propri guadagni sull’attività giovanile, magari facendo un passo verso la Federazione, anziché dare la sensazione di voler spremere il frutto fino a che non avrà più nulla da dare. Va bene l’internazionalità, ma in prospettiva sarà meglio rivincere il Giro con un nuovo Nibali o premiare l’Hindley di turno?

Sul fronte sportivo potrebbe far riflettere il fatto che su circa 37 corse, nel 2022 la tedesca Auto Eder degli juniores finirà col disputarne solo 5 in Germania.

Allora forse sarebbe auspicabile che le nostre continental riuscissero a capire quale sia davvero la loro missione e avessero il coraggio di lasciare le gare regionali e le nazionali ai team U23 e cominciassero a girare per l’Europa in cerca di scontri di alto livello. Riducendo il numero delle gare (contenendo così anche i costi) e prevedendo nel mezzo dei periodi di allenamento in cui i corridori possano recuperare, imparare e costruire. Forse così non se ne andranno. O prima di farlo ci penseranno due volte.