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Con De Groot nell’Academy dei talenti Jumbo-Visma

31.07.2021
6 min
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Ogni tanto ne salta fuori uno che va forte. Vingegaard al Tour, ad esempio, come Tobias Foss al Giro. Di come lavori la Jumbo Visma avevamo cominciato a parlare con Edoardo Affini, ma quando si è sparsa la notizia che il primo contatto con Vingegaard sia avvenuto grazie a un paio di Kom su Strava, la nostra curiosità ha imposto un passo in più. Per questo ci siamo rivolti a Robbert De Groot, direttore della Academy dello squadrone di Roglic e Van Aert (nella foto di apertura con Tim van Dijke). Un’ora al telefono dalla quale siamo usciti con le idee chiarissime e gli appunti per quando un giorno, da grandi, metteremo su una squadra WorldTour. Il viaggio non sarà brevissimo, vi chiediamo 6 minuti del vostro tempo, ma ne vale la pena.

Vingegaard, racconta De Groot, si è fatto per due anni le ossa, era prevedibile che sarebbe arrivato in alto
Vingegaard, racconta De Groot, si è fatto per due anni le ossa, era prevedibile che sarebbe arrivato in alto

Robbert De Groot è nato nel 1971 ad Alkmaar, quest’anno compirà 50 anni. Ha la fronte alta e un sorriso simpatico che invita al confronto. 

Da dove cominciamo?

E’ una storia lunga. Quando adocchiamo un corridore, il nostro obiettivo è conoscerne il carattere, la visione della vita e non i risultati. La personalità e la maturazione sono due voci molto importanti, perché con il carattere ci nasci, ma il comportamento devi saperlo plasmare crescendo. Perciò conosciamo le famiglie e se hanno fatto altri sport. E’ complicato, ma permette di trovare corridori moderni.

Cosa significa moderni?

Vi siete accorti che tra gli uomini di classifica ormai ci sono anche corridori esplosivi? La crono è importante, anche la salita, ma lo scalatore che stacca tutti in montagna, poi fatica a salvarsi nei ventagli. Il corridore moderno deve avere carattere e caratteristiche per fare sempre la differenza. Cambia il metodo di reclutamento.

In che modo?

Arrivano decine di messaggi di procuratori che scrivono nome e cognome e poi il rapporto watt/chilo dei loro atleti. Se però gli chiedo altri valori sulla potenza, sul consumo di ossigeno o sul carattere e la personalità, non sanno cosa dire. Come gestiscono con lo stress? Tutti possono fare il Tour, non tutti possono andare forte o vincerlo. Noi cerchiamo corridori capaci di fare la differenza.

Tobias Foss, 24 anni come Vingegaard, terzo nella crono di Torino e alla fine nono al Giro d’Italia
Tobias Foss, 24 anni come Vingegaard, terzo nella crono di Torino e alla fine nono al Giro d’Italia
Come funziona lo scouting?

In diversi Paesi, dalla Germania al Nord Europa, abbiamo manager di squadre e tecnici che conosciamo che ci segnalano i vari nomi. Non sono persone che paghiamo, ma formano un circuito aperto cui possiamo attingere. Sulla base della segnalazione, cerchiamo di trovare il più ampio numero di informazioni. E se l’atleta è interessante, contattiamo la famiglia, i suoi precedenti allenatori, i compagni di squadra e in certi casi anche i professori a scuola. Il passo successivo è testarli, per cui li convochiamo a dei training camp in modo da vederli per più giorni. Vogliamo capire come si integrano. Foss e Vingegaard hanno seguito proprio questa trafila.

La firma del contratto quindi non è immediata…

Proprio no. La settimana prossima avremo un test con un gruppo di juniores per valutarli. La storia di Vingegaard e di Strava è vera solo a metà. Era già nel mirino, ma quei numeri arricchirono il suo fascicolo. Basarsi sui risultati oppure i numeri non basta. Puoi aver vinto dieci corse, ma di che livello e con quali avversari?

Tutti i giovani che adocchiate passano prima del vostro Development Team?

E’ possibile che qualcuno vada diretto nel WorldTour, anche se a mio avviso è un errore farlo adesso. Non tutti sono Pogacar o Evenepoel. Un ragazzo di 20 anni, l’80 per cento dei ragazzi di quell’età ha bisogno di maturare e crescere. Il Devo Team è l’ambiente giusto, perché ci permette di provarli in corse vere, come Vingegaard alla Coppi e Bartali.

Era un test?

Tutte le corse di quel livello lo sono. Jonas ha corso per cinque tappe totalmente supportato dal team e ha fatto un altro passo verso il WorldTour. E’ molto importante che abbiano chance a diversi livelli. Secondo noi due anni nel Devo Team sono la giusta misura. Olav Kooij, un olandese destinato a fare grandi cose, ha fatto due anni molto buoni nella continental e ora è nel WorldTour. E poi, a proposito di supergiovani…

Cosa?

A parte Pogacar e Bernal, tutti gli altri con meno di 25 anni sono ben lontani dalle prime posizioni del ranking Uci. Questo per dire che le eccezioni posso esserci, ma il ciclismo è uno sport duro e due anni di apprendistato a un livello più basso sono la base per imparare. Sono curioso di vedere come andrà Ayuso (lo spagnolo di 18 anni che dopo le meraviglia da U23 con la Colpack, è ora al Team Uae Emirates, ndr). Magari andrà fortissimo e glielo auguro, ma noi restiamo convinti della bontà del nostro progetto.

Pensi che la precocità accorci le carriere?

La lunghezza della carriera dipende dall’attenzione nella comunicazione. Essere corridore oggi non è solo sforzo fisico, ma saper gestire pressioni di altro tipo. Se un corridore al top non ha attenzione per questi aspetti, si brucia in fretta e poi sparisce. Se non hanno un ambiente in cui imparare, vanno incontro alla vita con la pelle ancora morbida. Quando li porti alle grandi corse la domanda è: sono riusciti a trarne un’esperienza o sono semplicemente arrivati al traguardo?

Era possibile pensare che Vingegaard avesse già questo livello?

Sapevamo che stava crescendo bene e sapevamo che stava imparando. Poteva arrivare al top a fine anno oppure il prossimo. Avevamo visto e speravamo, ma dire quando sarebbe stato impossibile. Ovvio che siamo molto contenti, gli abbiamo dedicato tre anni di lavoro, ma il segreto è non avere fretta

I ragazzi hanno già la strada tracciata?

Noi gli diamo le linee guida e le opportunità, sta a loro sfruttarle. Non li pilotiamo, sono i soli guidatori della loro macchina, quello che noi chiamiamo essere responsabili della propria crescita.

Ti è mai capitato di trovare grandi talenti impossibili da inquadrare nel vostro sistema?

Ci sono talenti che sussurrano e talenti che urlano. Ci sono tanti corridori che vorrebbero correre con noi, ho il computer pieno di mail. Ce ne sono alcuni con grandi numeri, ma se gli fai qualche domanda, capisci che nonostante quei valori, non verranno mai fuori. Nulla vieta che vadano in altre squadre e si trovino bene, sia chiaro. Ma noi abbiamo la nostra linea e il nostro approccio.

Qualcosa che in Olanda avevamo già visto…

Esatto, con la Rabobank. Quello è il nostro riferimento, perché alcuni corridori nati da quell’esperienza sono ancora in gruppo. Vogliamo costruire un modello che funzioni allo stesso modo, per questo stiamo facendo programmi fino al 2026, sapendo che alcuni diciottenni di oggi hanno già buone prospettive. Questo è quello in cui crediamo. E se avete altre domande, non esitate a chiamare.