EDITORIALE / La fuga dei talenti (italiani) non è mai per caso

25.07.2022
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I bambini nel Nord Europa giocano scalzi nella pioggia. Da noi arrivano le mamme, li infagottano e se li portano via agitando lo spettro del raffreddore. Finita la scuola, Jonas Vingegaard lavorava al mercato del pesce e poi si allenava. Gli italiani sono sostanzialmente professionisti sin dagli juniores e finita la scuola è raro vederli lavorare.

Certe attenzioni sui corridori più giovani italiani fanno riflettere, perché tenendoli troppo a lungo nella bambagia si finisce col viziarli. Il meglio di tutto per vincere, non sempre per imparare a farlo. Oggi però le cose sono cambiate rispetto a qualche anno fa. La concorrenza internazionale si è moltiplicata. Non siamo più i soli depositari dello scibile tecnico. Nessuno più è disposto a trascurare il minimo aspetto nella preparazione: per questo vanno tutti più forte. E se l’unica discriminante è la fatica, nessun tipo di esperienza (purché proposta con intelligenza) può essere considerata deleteria. Anche eliminare la limitazione dei rapporti per gli juniores.

Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia
Al primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard ha vinto la tappa di Zakopane al Giro di Polonia

Belletta con la valigia

Dario Igor Belletta (foto Facebook/GB Junior Team in apertura) correrà da under 23 nella Jumbo Visma Development. Come Belletta, il campione italiano degli U23 (Lorenzo Germani) corre alla FDJ Groupama Continental, mentre Ursella e Milesi sono al Team DSM Continental. Scelte necessarie e coraggiose, al pari dei coetanei che vanno a studiare all’estero e poi raramente tornano. E’ la tanto dibattuta fuga dei talenti e dei cervelli, che valorizza coloro che hanno l’occasione e il coraggio di partire e purtroppo deprime l’ambiente che resta.

Senza dover per forza viaggiare oltre confine, basterebbe contare quanti ragazzi siciliani vivono e lavorano da Roma in su, per capire da un lato quante risorse avrebbe l’isola e dall’altro quale assenza di prospettive vi sia stata creata. Il fuoco non è su quello che trovano fuori, ma su quello che non trovano qui.

Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama
Lorenzo Germani ha vinto il tricolore, poi una tappa al Giro di Valle d’Aosta: corre alla Groupama

Le due vie italiane

Non avendo squadre WorldTour dal 2016, i nostri hanno due strade. I team professional italiani, oppure il mercato globale, dove le valutazioni non si fanno sulla base delle conoscenze, ma sui dati, l’esperienza internazionale, la conoscenza delle lingue.

Nei team professional italiani è abbastanza semplice entrare. Sono stati la porta di accesso al professionismo per corridori come Ciccone e Colbrelli che, migliori U23 italiani dei loro anni, avrebbero probabilmente meritato subito il salto nel WorldTour.

Nel secondo caso, la cruna dell’ago è decisamente più stretta. E non sempre le nostre squadre U23, quasi tutte continental, sono in grado di garantire lo standard di attività internazionale che renda i nostri ragazzi appetibili. Quelli che riescono ad approdare alle WorldTour hanno di solito ottenuto grandi risultati internazionali con la nazionale. Aleotti e Milan. Dainese, oppure Baroncini e Battistella, Sobrero e Frigo.

Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental
Anche Lorenzo Milesi ha scelto l’estero ed è andato in Olanda al Team DSM Continental

Calendario impoverito

Il punto è che un palmares costruito solo in Italia non è più così spendibile, a fronte di atleti di altre Nazioni che sin dagli juniores si mettono alla prova in tutta Europa. I nostri non hanno che il Lunigiana e poi si scontrano tutte le settimane in corse… chiuse. E quando per le internazionali arrivano gli stranieri, il bilancio italiano è spesso passivo. Un tempo, quando c’erano il Giro di Basilicata e quello della Toscana, il livello dei nostri era superiore.

Stessa storia, forse un po’ migliore, fra gli under 23. Ci sono il Giro d’Italia, il Giro della Valle d’Aosta e quello del Friuli, ma sono spariti il Giro di Toscana, il Giro delle Regioni e il Giro del Veneto. Si corre qualche volta tra i pro’ (Coppi e Bartali, Giro di Sicilia, Adriatica Ionica Race), ma rispetto ai team stranieri la programmazione dei nostri è basata su altre premesse. Se all’estero spesso li tengono a freno per impedire loro di allenarsi troppo fra una corsa e l’altra, qui la sensazione è che si stia più spesso col pedale abbassato e si vada a correre anche in prove di basso contenuto tecnico semplicemente per sommare vittorie.

Per Strand Hagenes, bandiera della Jumbo Visma Development, ha disputato finora 22 giorni di corsa: 6 in prove di un giorno (compreso il campionato nazionale a crono), altri 16 suddivisi in 4 corse a tappe.

Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni
Nel 2015 Ciccone è stato il miglior U23 italiano ed è passato con la Bardiani, restandoci per 3 anni

Qualità e meno quantità

Difficile dire quale sia la cura, perché il problema ha diversi fronti. Mancano le corse a tappe: sarebbe molto lungimirante per RCS Sport investire una briciola dei propri guadagni sull’attività giovanile, magari facendo un passo verso la Federazione, anziché dare la sensazione di voler spremere il frutto fino a che non avrà più nulla da dare. Va bene l’internazionalità, ma in prospettiva sarà meglio rivincere il Giro con un nuovo Nibali o premiare l’Hindley di turno?

Sul fronte sportivo potrebbe far riflettere il fatto che su circa 37 corse, nel 2022 la tedesca Auto Eder degli juniores finirà col disputarne solo 5 in Germania.

Allora forse sarebbe auspicabile che le nostre continental riuscissero a capire quale sia davvero la loro missione e avessero il coraggio di lasciare le gare regionali e le nazionali ai team U23 e cominciassero a girare per l’Europa in cerca di scontri di alto livello. Riducendo il numero delle gare (contenendo così anche i costi) e prevedendo nel mezzo dei periodi di allenamento in cui i corridori possano recuperare, imparare e costruire. Forse così non se ne andranno. O prima di farlo ci penseranno due volte.