A tu per tu con Ballerini: il Nord, la gamba, gli italiani

06.04.2025
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Tre ore al via del Giro delle Fiandre e l’attesa, la voglia, l’adrenalina ci fanno “mangiare le unghie”. Al via ci sarà anche Davide Ballerini, che con la maglia della XDS-Astana ha mostrato una condizione crescente, culminata nel sesto posto alla Gand-Wevelgem.

Esperto delle Classiche del Nord, il comasco si presenta in forma al via di Bruges e ci racconta non solo come sta vivendo questo periodo, ma anche come vede il momento degli italiani sulle pietre. Una sorta di inviato speciale per bici.PRO, direttamente dal cuore del gruppo.

Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Il lombardo è stato in ritiro in Grecia, alla corte di coach Anastopoulos (foto Instagram)
Davide, partiamo da te. Partiamo dal sesto posto di domenica scorsa, che immaginiamo ti abbia dato un po’ di fiducia, no?

Sì. Finalmente, devo dire la verità, mi sono allenato tanto per questa parte del Belgio e piano piano stanno arrivando i risultati. La condizione c’è, si comincia a raccogliere qualcosa.

L’anno scorso fu una bella botta morale con quel problema al ginocchio…

Sì, l’anno scorso è stata dura. Non è stato un bel periodo, ma col tempo tutto passa. L’importante è fare le cose per bene e alla lunga si sistemano. Adesso mi sento bene, il peggio è alle spalle.

Che significa stare bene lassù? Stare bene per queste gare? Definiamolo meglio.

La prima cosa è riuscire a divertirsi, perché se non sei al 100 per cento e cominci a subire la gara, diventa un inferno. Quando cominci a sprecare energie solo per stare davanti, poi è sempre un rincorrere. Alla Gand riuscivo a gestirmi bene, prendere le salite davanti, muovermi come volevo. Questo è indice che la gamba c’è. Alla Dwars door Vlaanderen invece ho pagato, ero stanco dalla Gand e non avevo recuperato. L’ho fatta per completare la distanza, ma ho capito subito che non era la mia giornata.

Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Ballerini ha una grande attitudine per le corse di un giorno, specie in Belgio: potenza, capacità di limare, velocità nel finale
Quando hai capito che non era giornata, hai pensato direttamente al Fiandre?

Sì, quando ho cominciato a subire la gara, già da uno dei primi muri. Ero riuscito a rientrare nel primo gruppo, ma lo sforzo per rientrare mi è costato troppo e non ho più recuperato. A quel punto ho cercato solo di portare a casa la distanza. Anche questa è esperienza.

Una gestione matura: dosare le energie in base agli obiettivi.

Esatto. A volte hai bisogno di sbloccarti, ma altre volte capisci subito che non è giornata e continuare a forzare ti porta solo via energie preziose. Qua ogni watt conta.

Ti senti più pronto per Fiandre o Roubaix?

Domanda difficile. Il Fiandre è molto più duro a livello altimetrico, questo è sicuro. La Roubaix ha tante incognite, ma anche meno salite. In ogni caso mi sento pronto. Come dicevo, ho lavorato bene e la gamba gira, poi vedremo in corsa cosa viene fuori.

Sei uno dei pochi italiani davvero esperti per il Nord. Come vedi i tuoi connazionali?

Quest’anno sono rimasto molto colpito da Filippo Ganna. Ha fatto un salto di qualità, si muove bene, ha una gamba eccezionale. Lo vedo bene sia oggi al Fiandre che domenica prossima alla Roubaix.

Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Ballerini Omloop 2021
Ballerini ha vinto l’Omloop Het Nieuwsblad 2021, il suo successo di maggior prestigio al Nord
Lo vedi a suo agio anche sugli imbocchi dei muri?

Sì, e non solo lui. Tutta la Ineos si muove bene. Sono una squadra di riferimento per posizionamento e gestione della corsa. Ganna si è integrato alla perfezione in questo meccanismo. Se resta davanti quando scattano i big, può anche rientrare o sfruttare situazioni particolari. Ha davvero tante carte da giocarsi.

E gli altri? Trentin, Moscon, Mozzato?

Beh, Trentin si muove sempre bene, è sempre lì. Matteo è una garanzia. Alla Gand, quando c’è stato il primo ventaglio, ci siamo parlati, eravamo soli io e lui delle nostre squadre. Ci siamo detti di darci una mano. E’ importante, soprattutto fra italiani. Non si lavora uno per l’altro, ma se non ci si corre contro è un aiuto per restare davanti. Insomma è un vantaggio per entrambi.

Bello questo spirito. Passiamo a Moscon?

Gianni l’ho visto a De Panne, ha lavorato per la squadra. Moscon ha sempre avuto un gran motore, quello non sparisce. Dipende da che mood ha, ma il potenziale c’è. E la sua squadra, la  Red Bull-Bora è cresciuta tanto rispetto agli anni scorsi nelle gare del Belgio.

Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
Per Ballerini Ganna ormai appartiene alla schiera dei top rider e potrà fare bene non solo alla Roubaix
E di Mozzato invece cosa ci dici?

L’ho visto poco. Con Mozzato ci siamo incrociati alla Dwars. Ma la gara è stata tirata sin da subito, non c’è stato modo di parlarci. Se Luca ha la gamba giusta, ha già dimostrato di saper stare là. In generale penso che noi italiani non abbiamo tanti corridori di primissima fascia, a parte Ganna che secondo me oggi lo è, ma siamo una buona schiera. Tolti quei quattro fenomeni, tutti gli altri dipendono molto dal giorno, dalle circostanze, da come si evolve la corsa. Però noi italiani possiamo esserci.

C’è qualcuno tra i giovani di “casa nostra” che ti ha colpito?

Non ne ho visti molti a dire il vero, però posso dirvi qualcuno della mia squadra. E il mio pensiero va subito ad Alessandro Romele che sta crescendo bene. Ha già fatto buone gare in Belgio, magari di seconda fascia, ma è già qualcosa. Impara in fretta. Abbiamo diviso la camera in ritiro, lo vedo concentrato.

Ultima domanda: se Davide Ballerini dovesse scommettere 10 euro sul vincitore del Fiandre su chi punterebbe?

Van der Poel. Sta andando davvero forte. Ho visto il GP E3 da casa ed è stato impressionante. E’ migliorato in salita, è solido. Poi attenzione anche a Pedersen, alla Gand ha fatto un gran numero. Pogacar è sempre Pogacar, ma per domenica io vedo avanti Van der Poel.

La primavera di Filippo Ganna, il punto con Cioni

05.03.2025
4 min
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Dopo gli impegni olimpici del 2024, quest’anno Filippo Ganna si è preso un anno sabbatico dalla pista, e si concentrerà solo sulle prove in strada. A luglio tornerà al Tour De France, ma prima lo aspetta una primavera su cui punta molto, con gli obiettivi dichiarati della Milano-Sanremo e della Parigi-Roubaix.

Alla Classicissima l’abbiamo già visto a suo agio sia l’anno scorso, quando è stato fermato solo da un problema meccanico nella discesa del Poggio, che il precedente, quando ha colto il 2° posto. Alla Roubaix torna dopo il buon 6° posto del 2023, quando ha dimostrato di potersela giocare con i migliori specialisti. Come si è preparato per questi appuntamenti? Cos’è cambiato rispetto agli inverni precedenti? Ne abbiamo parlato con Dario Cioni, l’allenatore di Top Ganna.

Cioni controlla la bici di Ganna al Tour de Wallonie del 2023 (foto Ineos Grenadiers)
Cioni controlla la bici di Ganna al Tour de Wallonie del 2023 (foto Ineos Grenadiers)
Dario, com’è andata la preparazione di Filippo?

L’inverno è andato bene, senza inconvenienti, solo un mezzo raffreddore. Filippo ha fatto due ritiri a Gran Canaria dove c’è un meteo ottimale rispetto ad altri luoghi, e ci può concentrare solo sul lavoro senza perdere neanche un giorno. Si è allenato bene, i valori dei test sono postivi, ora si tratta solo di vedere se abbiamo fatto tutto giusto.

Avete cambiato qualcosa rispetto alla passata stagione?

Rispetto all’anno scorso non ci sono le Olimpiadi, questo ci ha permesso di fare un avvicinamento completamente diverso già dall’inverno. L’anno scorso è partito un pochino più tranquillo perché l’obiettivo principale era più avanti nella stagione, invece quest’anno ha potuto concentrarsi al 100% sulle classiche. Come avvicinamento è più simile al 2023 e anche i valori nei test sono in linea con quell’anno.

Parigi-Roubaix 2023, Filippo Ganna con Stefan Kung a ruota
Parigi-Roubaix 2023, Filippo Ganna con Stefan Kung a ruota
Nel 2024 però, nonostante la preparazione più “lenta”, Filippo alla Sanremo è andato fortissimo, e senza quel problema meccanico chissà come sarebbe finita

Il problema non era stato tanto per la Sanremo quanto per la Roubaix. Alla Sanremo c’è sì un sforzo importante, ma solo nel finale. La Roubaix invece è tutto un altro discorso a livello di dispendio energetico e quindi di preparazione.

Ha già fatto le ricognizioni sui percorsi?

Non ancora, ma sono entrambe in programma. Dopo la Tirreno-Adriatico andrà a provare la Sanremo e dopo il primo blocco di classiche andremo sulle strade della Roubaix.

Ganna alla Sanremo del 2023, che ha chiuso al 2° posto
Ganna alla Sanremo del 2023, che ha chiuso al 2° posto
Restando alla classica del pavè, nel 2023 Filippo è arrivato sesto, giocandosela con i migliori per buona parte della gara. Cos’ha imparato da quell’esperienza?

Difficile dirlo, sicuramente ha imparato molto perché ha corso ad altissimi livelli, con i più forti al mondo. Credo che lo capiremo quel giorno. Poi in due anni alcuni materiali sono progrediti, credo che quest’anno userà i tubeless da 32mm. Sono comunque cose che deciderà dopo la ricognizione.

Negli ultimi giorni si rincorrono voci sulla presenza di Pogacar alla Roubaix. Tu come la vedi?

Sarebbe certamente un avversario in più da tenere d’occhio, ma potenzialmente anche un alleato in più. 

Un alleato?

Sì perché se qualcun altro va via, lui può essere un importante uomo in più che aiuta nell’inseguimento.

In questo 2025 Ganna ha già dimostrato una buona forma, cogliendo un 3° posto in volata alla Volta ao Algarve
In questo 2025 Ganna ha già dimostrato una buona forma, cogliendo un 3° posto in volata alla Volta ao Algarve
Passiamo alla Sanremo. Avete già pensato ad una tattica?

Il punto chiave è l’inizio della Cipressa, la cosa più importante, anzi fondamentale, è essere nelle prime posizioni quando il gruppo la imbocca. Altrimenti, con le velocità con cui si fa quella salita oggi, recuperare diventa molto dura. 

In squadra saranno tutti per Filippo o magari avrete anche una seconda punta?

Dipende un po’ da come andrà la corsa. Sarà importante avere qualcuno che possa entrare in certi attacchi pericolosi, specie se uno degli altri big cercherà di anticipare. Comunque siamo fiduciosi, Filippo sta bene come si è visto in questo inizio di stagione dove è stato anche un po’ sfortunato. Alla Volta ao Algarve ha fatto un ottimo terzo posto in volata in rimonta, sarebbe bastato pochissimo per vincere.

Pellizzari: prove di personalità in salita, sfidando i big

18.04.2024
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SCHWAZ (Austria) – In conferenza stampa il vincitore di tappa Juan Pedro Lopez risponde ad una domanda dicendo di aver voluto seguire «il ragazzo della Bardiani» perché aveva visto che, rispetto al tentativo meno convinto di Bardet, stava facendo subito la differenza. Il riferimento dell’andaluso della Lidl-Trek (nuovo leader del Tour of the Alps) è per Giulio Pellizzari, partito deciso sulle pendenze in doppia cifra dello strappo di Pillberg a meno di 30 chilometri dalla fine.

Il ventenne di Camerino si siede accanto alla ringhiera di un ponticello appena superato il traguardo mettendosi prima le mani sul viso e poi appoggiando le braccia sulle ginocchia. Sul suo viso appare poco alla volta un mezzo sorriso ripensando a quello che ha appena fatto. Il rammarico del secondo posto si mescola alla soddisfazione di essere scattato in faccia a tutti ed aver fatto il vuoto. La prestazione di Pellizzari, in una giornata climaticamente più invernale che primaverile, denota un’altra bella dose di personalità. E le parole di Lopez su di lui diventano un bell’attestato di stima.

Pellizzari a Schwaz chiude secondo a 22″ da Lopez. Ora è ottavo nella generale e vorrà difendere il piazzamento
Pellizzari a Schwaz chiude secondo a 22″ da Lopez. Ora è ottavo nella generale e vorrà difendere il piazzamento

Meglio di un anno fa

Al Tour of the Alps del 2023, Pellizzari aveva ottenuto un terzo posto a Predazzo al termine di una lunga fuga in una giornata molto simile a quella di ieri. Pioggia, freddo, vento e la discesa finale lo avevano condizionato. Stavolta il piazzamento è migliore, ma la gioia non è solo per quello.

«Sinceramente è stata una corsa folle – racconta lo scalatore della VF Group Bardiani CSF Faizanè – Ad un certo punto non sapevo nemmeno che davanti c’era Ganna tutto solo con un vantaggio alto che aveva fatto il pronti-via. Nella prima parte della tappa ho solo pensato a non prendere troppo freddo, resistere il più possibile e non ritirarmi. Non vedevo l’ora che arrivassero le salite perché sapevo che ci sarebbe stata selezione e mi sarei potuto scaldare. L’anno scorso mi ero congelato, oggi (ieri per chi legge, ndr) meno, benché avessi molto freddo alle mani. Sotto questo aspetto sono migliorato.

L’abbraccio tra Pellizzari e Lopez. I due si sono aiutati, ma nel finale lo spagnolo ne aveva di più
L’abbraccio tra Pellizzari e Lopez. I due si sono aiutati, ma nel finale lo spagnolo ne aveva di più

«Rispetto alla tappa dell’anno scorso – prosegue – questa ha un altro valore perché ho attaccato nel gruppo dei migliori. Credo di essere cresciuto abbastanza da quel giorno ad oggi. Via radio dall’ammiraglia Roberto (Reverberi, il general manager, ndr) inizialmente mi diceva di stare calmo. Poi vedendo che stavo bene, mi ha incitato indicandomi i distacchi. Sono contento di questo secondo posto. Vale tanto per me in termini di consapevolezza.»

Un’azione da WorldTour

Il nome di Pellizzari è sui taccuini dei team WorldTour da tanto tempo. I rumors si rincorrono e lo danno già promesso sposo ad una di queste formazioni. Lui glissa comprensibilmente sull’argomento, adesso c’è da pensare alla maglia che indossa, nella squadra che lo ha fatto diventare un professionista. Però la sua azione non è stata per mettersi in mostra, ma per lasciare il segno. Adesso questo non è il suo obiettivo principale.

Sul severo strappo di Pillberg, Pellizzari attacca deciso e fa il vuoto. L’unico a tornargli sotto è Lopez
Sul severo strappo di Pillberg, Pellizzari attacca deciso e fa il vuoto. L’unico a tornargli sotto è Lopez

«Io ho un problema – ci confida sorridendo – ovvero che quando sto bene, si vede. Attacco perché mi piace attaccare. Mi sono trovato lì e ho visto che gli altri boccheggiavano, quindi mi sono detto che era il momento. Ho rischiato, ho pensato che fosse un mezzo suicidio, ma in realtà non avevo nulla da perdere.

«Quando Lopez mi è tornato sotto – continua – sinceramente ero contento. Ci siamo parlati e aiutati. Lui era in ballo per andare in testa alla generale e forzava in salita. D’altronde è stato maglia rosa al Giro per dieci giorni e non lo è stato per caso. Eravamo entrambi alla ricerca della prima vittoria da pro’ e forse l’ho trovato nella sua giornata migliore. Alla fine Lopez ha attaccato dopo che gli ho chiesto il cambio. Subito volevo seguirlo, ma ho preferito gestirmi visto che mancava ancora qualche chilometro. Speravo si piantasse sui punti più duri, invece è stato semplicemente più forte di me. In ogni caso mi fa piacere ciò che ha detto di me.»

Pronti-via. Ganna parte forte e si farà quasi cento chilometri di fuga solitaria. La corsa si accende quando viene ripreso
Pronti-via. Ganna parte forte e si farà quasi cento chilometri di fuga solitaria. La corsa si accende quando viene ripreso

Guardando a breve termine

C’è un “TotA” da portare a termine con lo stesso piglio mostrato nelle prime tre tappe ed uno stimolo forte potrebbe arrivare da quella che partirà fra poche ore. Poi fari puntati sulla Corsa Rosa.

«Domani (oggi per chi legge, ndr) – ci dice con un pizzico di emozione – corro quasi in casa perché la mia fidanzata (Andrea Casagranda della BePink-Bongioanni, che nello stesso giorno ha corso nel gelo della Freccia Vallone, chiudendo al 95° posto, ndr) è di Borgo Valsugana. Sono spesso su quando entrambi non siamo via alle corse. Forse potrebbe rientrare dal Belgio in tempo proprio per l’ultima tappa, speriamo. Ecco perché, come vi dicevo prima, non volevo ritirarmi!».

Appena passato il traguardo Pellizzari sembra sconsolato, ma qualche minuto dopo troverà un sorriso di soddisfazione
Appena passato il traguardo Pellizzari sembra sconsolato, ma qualche minuto dopo troverà un sorriso di soddisfazione

Giulio è innamorato del Tour of the Alps. Qualcuno gli ha detto che ha caratteristiche adatte per fare bene nelle classiche come Amstel o Liegi, ma finché il “TotA” sarà in questo periodo lui vorrebbe correre sempre qui.

«Ora mi trovo in classifica – conclude Pellizzari – e lotterò per difendere la top 10. Anche perché finora in stagione non avevo fatto granché, quindi dovevo dare un segnale. Al momento il percorso di avvicinamento sta andando secondo i piani. In vista del Giro la gamba è buona, ma andrò per centrare qualche tappa. Non faccio differenze, ne va bene una qualsiasi (dice sorridendo, ndr). Qua al Tour of the Alps ci sono nove squadre WorldTour, al Giro ce ne saranno il doppio, quindi sarà più difficile fare quello che sto facendo qua. Domenica 21 corro il Giro di Romagna, poi andrò in altura sull’Etna prima di tornare a Torino per il Giro. Vedremo quello che verrà».

Champions League della pista, un format per tutti

12.11.2023
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LONDRA – Battiti e watt sprigionati sia dagli atleti in pista che dal pubblico sulle tribune. La Uci Track Champions League è una centrifuga emozioni e adrenalina che ti intrattiene costantemente. E non potrebbe essere altrimenti in un evento organizzato dalla Warner Bros Discovery.

Le sue serate offrono sempre alta qualità di ciclismo e coreografie studiate ad hoc per gli spettatori. Le ultime due prove disputate nel velodromo olimpico Lee Valley di Londra hanno definito le classifiche finali. L’olandese Harrie Lavreysen e la neozelandese Ellesse Andrews hanno vinto le discipline degli sprint, mentre il canadese Dylan Bibic e la scozzese Katie Archibald quelle dell’endurance (in apertura foto UciTCL). Noi però abbiamo voluto approfondire il dietro le quinte con il trentaduenne francese Florian Pavia, il Series Director della UCI Track Champions League. Una persona disponibile e moderata, nata in Marocco, con origini di Pantelleria (tanto che suo padre parla ancora italiano) e che ha lavorato per ASO (la società organizzatrice del Tour de France) prima di passare al gruppo WBD. Sentiamo cosa ci ha detto.

Origini italiane. Il francese Florian Pavia è il Series Director della Uci Track Champions League. Nel 2024 spera di portare Viviani e Ganna
Origini italiane. Il francese Florian Pavia è il Series Director della Uci Track Champions League. Nel 2024 spera di portare Viviani e Ganna
Nel 2021 quando è nata, si diceva che la Champions League doveva sedurre il telespettatore. Ad oggi è vinta la sfida per voi?

Credo di sì. Abbiamo voluto il format per questo e lo organizzeremo fino al 2028. Volevamo rendere il ciclismo su pista accessibile per tutti. Non solo per chi ama la pista, ma anche per un pubblico molto più largo e distante dal ciclismo. La priorità resta sempre il prodotto televisivo, però va trovato sempre il giusto equilibrio tra l’esperienza nel velodromo e quella che viene percepita a casa. Su questo ci lavoriamo sempre dopo ogni evento, facendo tante prove.

In questa ricerca di equilibrio guardate più all’utente da casa?

Certamente, il nostro resta un prodotto che deve privilegiare il telespettatore. Nel velodromo abbiamo cinquemila persone, che sono comunque tantissime per un evento del genere, però da casa ne abbiamo più di centomila. I numeri sono sempre cresciuti dalla prima edizione ad oggi. In realtà sono incrementi piccoli perché avevamo già iniziato molto bene. Siamo sull’ordine del 10 per cento di crescita ogni anno in televisione.

Velocità, keirin, eliminazione e scratch sono le discipline perfette per un prodotto televisivo di massimo tre ore (foto UciTCL)
Velocità, keirin, eliminazione e scratch sono le discipline perfette per un prodotto televisivo di massimo tre ore (foto UciTCL)
E nei velodromi?

Lì invece abbiamo percentuali molto più alte. A Parigi nel 2022 avevamo avuto circa 2.500 persone, quest’anno oltre 4.000. E senza avere i grandi nomi della pista francese. Questo significa che la gente che è venuta per assistere e godersi il nostro spettacolo. Un mix tra gare e coinvolgimento generale, con giochi di luci e musica. Sono tre ore di gare che volano via velocemente. Ed il pubblico resta appassionato dall’inizio alla fine.

Come scegliete le sedi delle prove?

La scelta dei velodromi in questi anni non è stata mai casuale. Un po’ per i mercati di quei Paesi e un po’ per la tradizione che hanno su pista. Maiorca, ad esempio, è un’ottima meta anche per il buon clima. Vorremmo andare in Olanda ad Apeldoorn. Ci stiamo lavorando per farlo già nel 2024. Bisogna dire che poi abbiamo dei nostri requisiti da rispettare.

Quali sono?

I velodromi devono avere un’altezza al soffitto di almeno nove metri per poter installare la cable-cam. Poi ci vuole tutto lo spazio necessario per le attrezzature. Abbiamo un camion-regia che controlla diciotto telecamere puntate su pista e spalti. Infine, abbiamo anche un compound dentro al velodromo che si occupa di tutte le luci e gli effetti coreografici con grande coordinazione. Uno spettacolo del genere non lo possiamo allestire in qualsiasi posto.

Rispetto alla prima edizione cosa è cambiato?

Dal 2021 ad oggi abbiamo dovuto fare inevitabilmente degli aggiustamenti. Ad esempio l’ordine delle gare lo abbiamo cambiato quest’anno in modo che fossero più coerenti e logiche per la televisione. Ci siamo resi conto che la presentazione dei leader delle classifiche non potevamo più farle dopo circa 45 minuti di gare. Era una questione televisiva, ma il pubblico del velodromo non capiva. Così abbiamo deciso di farla subito ed trasmetterla in differita in un momento di piccolo intervallo.

Possono esserci novità per le prossime Uci Track Champions League?

Per le edizioni future stiamo facendo riflessioni se aggiungere delle specialità. La parte della velocità funziona molto bene. E’ in linea con la nostra idea di evento. La parte endurance invece è un po’ più difficile. Questi corridori corrono per circa dieci minuti. Metà di loro ti dice che è perfetto, l’altra metà no perché non riesce ad esprimersi al massimo. Se vogliamo mantenere tre ore di programma, non abbiamo alternative. Tuttavia per gli atleti dell’endurance abbiamo organizzato nel pomeriggio una corsa a punti (che assegna qualche punto nel ranking UCI, ndr) così possono utilizzarla come gara di riscaldamento.

Secondo voi può rubare scena e atleti alle Sei Giorni?

Penso di no. La Champions League è un prodotto totalmente differente dalle Sei Giorni. Quelle sono gare per un pubblico che segue la pista costantemente, quasi di nicchia. Ad esempio il loro format si presta poco alla televisione.

Nell’anno olimpico ci sarà la possibilità di vedere qualche nome importante?

Solitamente la qualificazione per la Champions League avviene con i mondiali, ma l’anno prossimo non sarà possibile perché ci saranno prima le Olimpiadi. Quindi dopo Parigi 2024 vedremo i risultati e distribuiremo le nostre 17 wild card. Indipendentemente da tutto, guardando in casa vostra, a noi piacerebbe molto avere corridori come Viviani o Ganna. Faremo un tentativo per portarli da noi.

I top e flop del 2023. I verdetti di Gregorio e Pancani

10.10.2023
7 min
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All’epilogo del 2023 su strada manca pochissimo, col calendario che prevede gli ultimi impegni di classe 1.Pro e World Tour. In questi giorni si sta correndo ancora in Turchia, in Veneto, in Cina e in altri angoli più isolati del mondo. Tutte gare che per qualche corridore potrebbero riequilibrare (parzialmente o meno) l’annata ma che non andrebbero a stravolgere la graduatoria di chi ha convinto o di chi è stato al di sotto delle aspettative.

Abbiamo voluto interpellare Luca Gregorio (che ci ha anticipato ciò che ha detto nel suo podcast) e Francesco Pancani, rispettivamente le prime voci delle telecronache Eurosport e Rai Sport, per conoscere i loro personalissimi “top&flop” della stagione. Un compito forse meno scontato del previsto.

Il rischio di trovarsi di fronte all’imbarazzo della scelta, sia in positivo che negativo, nell’esprimere i propri verdetti c’era eccome.

Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023
Sia per Gregorio che per Pancani, Pogacar e Vingegaard sono stati indubbiamente due top del 2023

I promossi

Sentiamo che nomi ci hanno dato, motivandoli con il loro stile e non necessariamente in ordine di importanza. E partiamo dai promossi.

GREGORIO: «Inizio da Tadej Pogacar. E’ semplicemente il migliore. Numero uno della classifica mondiale, sempre sul pezzo da febbraio a ottobre. Protagonista nelle classiche e nelle corse a tappe. Vogliamo dirgli qualcosa? Fiandre e Lombardia (il terzo di fila come Coppi e Binda) nello stesso anno. Pazzesco».


PANCANI: «Filippo Zana. Parto con i cosiddetti top sotto un’ottica diversa, inserendo due nomi italiani. Il primo è il veneto della Jayco-AlUla. Personalmente ero molto curioso di vederlo in un team WorldTour e penso che abbia dimostrato grande personalità. La vittoria a Val di Zoldo al Giro d’Italia è la ciliegina sulla torta della sua stagione, oltre alla generale allo Slovenia. Però più che questi successi, mi è piaciuta la regolarità con cui ha lavorato alla grande per i suoi capitani».

GREGORIO: «Il secondo nome che faccio è Mathieu Van der Poel, un cecchino infallibile. Anno magico per lui e per questo merita il premio, per me, di migliore del 2023. Sanremo, Roubaix e un Mondiale da leggenda nel giro di sei mesi. Fenomenale».

Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani
Senza dubbio Filippo Zana è stata una delle belle conferme (o sorprese?) della stagione, specie per Pancani

PANCANI: «Dico Filippo Ganna perché secondo me anche il giorno che non correrà più sarà sempre un top. Ha fatto un grande inizio di stagione con un bellissimo secondo posto alla Sanremo e pure durante la stagione, specie nel finale alla Vuelta, si è riscoperto anche velocista. Poi, anche se non parliamo di strada, non posso dimenticare quello che ha fatto in pista ai mondiali di Glasgow nell’inseguimento individuale».

GREGORIO: «Proseguo con Jonas Vingegaard, a mio parere il più forte corridore attuale nei grandi giri a tappe. Dominante in salita, efficace a crono, sempre sul pezzo e con attorno una squadra super. Ha vinto anche Baschi e Delfinato e avrebbe potuto prendersi pure la Vuelta. Ice-man».

PANCANI: «Ovviamente Tadej Pogacar. E’ un corridore che vince da febbraio ad ottobre e non si tira mai indietro. Ha vissuto una primavera fantastica vincendo Parigi-Nizza, Fiandre, Amstel e Freccia. Solo una caduta alla Liegi lo ha messo fuori gioco compromettendogli la preparazione al Tour. Nonostante tutto in Francia ha ottenuto il suo quarto podio finale. Ha fatto secondo, un piazzamento che pesa. Ha chiuso poi alla grande col Lombardia».

GREGORIO: «Aggiungo Primoz Roglic. Ha vissuto la stagione dei sogni. Il suo peggior risultato è un quarto posto, ovviamente non considerando i piazzamenti nelle tappe parziali di un grande giro. Può piacere o meno come stile e modo di correre, ma è quasi infallibile. Giro d’Italia, Tirreno, Catalunya, Emilia, terzo alla Vuelta. Il modo migliore per salutare i calabroni. Garanzia».

Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio
Uno splendido Roglic sfila in rosa sulle strade di Roma. E questo non è stato il suo unico grande risultato, ha ricordato Gregorio

PANCANI: «Un altro che non può mancare è Mathieu Van der Poel. Credo che sia veramente l’unico corridore che riesca ad entusiasmare il pubblico col suo modo sfrontato anche più dello stesso Pogacar. VdP quest’anno ha centrato tutti gli obiettivi che si era prefissato. Sanremo, Roubaix e mondiale. Già queste valgono una carriera, figuratevi una stagione. E come le ha vinte. Caro Mathieu, per me sei il top del 2023».

GREGORIO: «Infine dico Wout Van Aert. Questa quinta menzione dovrebbe essere per Evenepoel (cifre alla mano), ma scelgo Van Aert perchè è una benedizione per questo ciclismo. C’è sempre. Comunque e dovunque. E’ vero, ha vinto poco e non corse di primo piano, ma nello stesso anno ha fatto secondo al Mondiale e all’Europeo, terzo alla Sanremo e alla Roubaix, quarto al Fiandre e ha regalato una Gand a Laporte. Commovente».

PANCANI: «Il mio ultimo nome è Jonas Vingegaard. Forse è il meno personaggio fra tutti i suoi rivali e personalmente mi piace moltissimo questo suo essere naturale, con atteggiamenti apparentemente distaccati. E’ andato forte da inizio stagione. Al Tour ha cotto a fuoco lento Pogacar e gli altri. La crono di Combloux è stata qualcosa di incredibile. Si è meritato una menzione anche perché è andato alla Vuelta, correndola da protagonista e finendola col secondo posto. Per me ha preso ulteriore consapevolezza dei suoi mezzi».

Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani
Tanto impegno non è bastato a Carapaz, a dire il vero anche sfortunato. Richard è tra i bocciati di peso di Pancani

I bocciati (o rimandati)

Si passa poi alle note dolenti. E qui non mancano le sorprese, come Vlasov per esempio, ma anche i giudizi concordi. Scopriamoli…

GREGORIO: «Enric Mas. il primo anno del post-Valverde sarebbe dovuto essere quello della consacrazione per il maiorchino. Zero vittorie e un sesto posto (anonimo) alla Vuelta ci hanno raccontato il contrario. Eterno incompiuto».

Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas
Tra i bocciati di Gregorio figura il russo Vlasov. Un potenziale non espresso del tutto, come Mas

PANCANI: «Wout Van Aert. Inizio andando controcorrente. Sembrerà quasi un’offesa perché parlo di un grandissimo atleta ed uno dei fenomeni di questi anni. Il belga della Jumbo-Visma però sta allungando la sua lista di secondi e terzi posti che lo rendono sempre più una sorta di “Paperino” del ciclismo. E onestamente mi fa molto male vederlo così. Diciamo che lo definirei un flop di stimolo».

GREGORIO: «Alexander Vlasov. La Bora lo aveva preso nel 2022 per puntare almeno al podio in un GT. Quest’anno, come sempre, ha chiuso in crescendo. Ma non basta. Stesso discorso di Mas. Buon potenziale, ma resa non all’altezza. Vorrei ma non posso».

PANCANI: «Voglio esagerare in modo un po’ provocatorio e dico Remco Evenepoel. E’ vero che ha vinto la Liegi, pur con la fuoriuscita di Pogacar qualcuno potrebbe dire, ed il mondiale a crono ma in altri appuntamenti ha steccato. Al Giro, per tanti motivi. Alla Vuelta è andato fuori classifica subito e al Lombardia, sempre complice anche una caduta, non ha fatto risultato. E’ uno dei tanti talenti attuali e forse quest’anno sui piatti della bilancia pesano più gli obiettivi mancati che i successi».

GREGORIO: «Fabio Jakobsen. Sette vittorie all’attivo (solo la tappa alla Tirreno, però, pesa), ma da uno dei primi 2-3 velocisti al mondo era lecito attendersi molto di più. Cambierà aria (Dsm) e speriamo gli faccia bene».

PANCANI: «Fabio Jakobsen. Sono completamente d’accordo con Luca. Anch’io da un velocista come lui mi aspettavo tanto ma tanto di più».

Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse
Chiudiamo con un bocciato in comune: Jakobsen. Nonostante tutto ha messo nel sacco 7 corse

GREGORIO: «Julian Alaphilippe. Mi piange il cuore perché è il mio idolo indiscusso, ma vedere Loulou confinato a gregario di lusso a 31 anni mi fa sanguinare. Due vittorie appena e ormai nemmeno mai in gara per un buon piazzamento nelle classiche. Fine della storia?».

PANCANI: «Richard Carapaz. Diciamo che è stato bravo a nascondersi fino a luglio cogliendo solo una vittoria a fine maggio. Al Tour è stato sfortunato con una brutta caduta alla prima tappa ma forse aveva sbagliato ad improntare la sua stagione solo con la gara francese. E’ stato buono il recupero di condizione nel finale di stagione con alcuni bei piazzamenti ma potevamo aspettarci qualcosa di più».

GREGORIO: «Hugh Carthy. Il terzo posto alla Vuelta del 2020 ci aveva fatto pensare a un corridore potenzialmente in crescita. Ma il britannico ha bucato anche questo 2023. Mi viene da pensare solo a una cosa. Meteora».

PANCANI: «David Gaudu. Dopo il secondo posto alla Parigi-Nizza era lecito aspettarsi qualcosa in più da un corridore che è una promessa da un po’. Di fatto ha costretto Demare a lasciare la Groupama-Fdj per avere la squadra al suo servizio al Tour, dove ha chiuso nono nella generale. E anche nelle classiche non ha inciso. Al momento non sembra essere lui il primo francese che potrebbe rivincere il Tour. In ogni caso, nel 2024 deve fare il definitivo salto di qualità».

Ganna, si comincia: inseguimento all’oro e a Parigi

03.08.2023
5 min
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MONTICHIARI – Ci siamo, gli ultimi minuti di attesa stanno per finire e lasceranno spazio ai secondi (e decimali) del cronometro. Fra poco – alle 9,30 – nel velodromo intitolato alla leggenda vivente Sir Chris Hoy iniziano i mondiali in pista di Glasgow con le qualificazioni dell’inseguimento a squadre maschile.

La concorrenza è alta così come la posta in palio. Per qualcuno la skyline di Parigi inizierà a materializzarsi, per altri si dissolverà. Il cittì Marco Villa ha scelto il quartetto azzurro che ha vinto a Tokyo. Lamon, Consonni, Milan e Filippo Ganna guideranno il nostro trenino verso la finale prevista nella serata di sabato 5 agosto. Alla vigilia della partenza per la Scozia abbiamo sentito Ganna, reduce dal vittorioso Tour de Wallonie.

Ganna ha vinto due tappe e la generale del Tour de Wallonie. Un bel volume di lavoro e morale in vista di Glasgow
Ganna ha vinto due tappe e la generale del Tour de Wallonie. Un bel volume di lavoro e morale in vista di Glasgow

Avvicinamento iridato

In Belgio Pippo ha vinto la prima tappa con una lunga volata di potenza (lanciato da Viviani, quarto) e la quarta frazione a crono che gli ha consentito di ipotecare anche la vittoria nella generale. Un ottimo viatico per l’imminente Glasgow.

«Al Vallonia – racconta il 27enne della Ineos Grenadiers – è andato tutto bene, tutto come doveva, anche meglio del previsto. Sono venute un paio di vittorie che portano morale sia a me che alla squadra. Appena sono arrivato a Montichiari le giornate sono andate un po’ male, a dire il vero. Non avevo subito recuperato questi giorni di gara a tappe. Domenica è stato il primo giorno in cui ho sentito sensazioni quasi normali. Invece lunedì è stata una giornata un po’ più di scarico, anche se nel pomeriggio abbiamo fatto una simulazione di gara».

Ganna a Glasgow oltre al quartetto farà anche la crono su strada del 9 agosto. Obiettivo riscattare Wollongong e riprendersi la maglia iridata
Ganna a Glasgow oltre al quartetto farà anche la crono del 9 agosto. Obiettivo riscattare Wollongong e riprendersi la maglia iridata

«Sinceramente – prosegue – ho preferito puntare a fare solo l’inseguimento a squadre e la crono su strada (in programma venerdì pomeriggio 11 agosto, ndr). Poi dovrei fare la Vuelta, lo spero, quindi so che sarebbe lunga e dura finirla senza le energie psicofisiche necessarie. Ci sono stati impegni sovrapposti o comunque ravvicinati. Purtroppo ci dobbiamo adattare al calendario e non possiamo fare altrimenti (sorride, senza esprimersi ulteriormente, ndr)».

Comfort zone

Lo diciamo sempre, la pista fa bene. Oltre al fattore tecnico, intendiamo quello morale. Quando Ganna e compagni si ritrovano a Montichiari sembra che entrino nella loro comfort zone. Appaiono più distesi nell’approcciarsi al duro lavoro per i grandi eventi.

«In pista – dice il sei volte iridato tra inseguimento individuale e a squadre – abbiamo sicuramente meno stress che con la squadra su strada. Siamo un buon gruppo e ci sosteniamo a vicenda. Ci conosciamo da tanto e sappiamo contare l’uno sull’altro. Però non veniamo al velodromo a giocare. Tante volte la gente pensa che in pista non si faccia fatica. Inviterei le stesse persone a fare qualche allenamento con Marco (sorride, ndr). Salire e scendere dalla pista, in una giornata si fa presto ad accumulare anche ottanta chilometri. Si fanno lavori intensi. Si fa più qualità che resistenza come l’endurance su strada, ma alla fine sono valori tanto alti e dilatati. Si arriva alla sera col mal di gambe».

Il gruppo maschile si conosce da anni. Quando si riunisce riesce a lavorare bene e senza stress per i grandi obiettivi
Il gruppo maschile si conosce da anni. Quando si riunisce riesce a lavorare bene e senza stress per i grandi obiettivi

Aspettative

Ne abbiamo parlato con Villa, l’atmosfera per questo mondiale è più sentita rispetto a quello pre-Tokyo. Fra poche ore lo vedremo realmente con le prestazioni nei turni di qualificazione. Di sicuro Ganna è sereno e non si avventura in previsioni. Per ora non pensa né ai rivali del quartetto né a quelli della crono su strada. Giusto mantenere la concentrazione su se stessi.

«Al momento – spiega Pippo – non ci sto pensando tanto. Sappiamo che abbiamo tanto materiale da presentare in base alle regole, quindi c’è un punto di domanda su questo. Dobbiamo provare tutto e magari per ogni atleta non è stata fatta ancora la configurazione ideale per arrivare al 110 per cento. Una cosa è certa, la bici nuova fa la differenza. E’ stata testata nella galleria del vento poi qui in pista. Tirata a velocità alte, ti dà parecchi watt di differenza».

A Glasgow si presentano i nuovi materiali. Ganna e il quartetto devono trovare le giuste configurazioni ma sono fiduciosi
A Glasgow si presentano i nuovi materiali. Ganna e il quartetto devono trovare le giuste configurazioni ma sono fiduciosi

«Questi mondiali – conclude Ganna – saranno le prove generali per Parigi. La preparazione che affronteremo credo sarà simile a quella per Tokyo. Di sicuro dovrò specificare con la mia squadra quello che ci sarà da fare. Programma gare e avvicinamento per l’appuntamento, però ovvio che è ancora presto per pensarci. Mancano tanti giorni, soprattutto dal punto di vista atletico. In ogni caso le vibrazioni per questo mondiale sono buone. Avendo molto programma su strada, sono stato relativamente poco a Montichiari, però i miei compagni non mi sono sembrati particolarmente tesi. Anzi stanno bene e sono fiducioso».

Strade diverse in direzione Glasgow: Ballan fa il punto

31.07.2023
6 min
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Il mondiale di Glasgow, anticipato ad inizio agosto rispetto al solito, ha un dettaglio da non trascurare, ovvero quello di essere a ridosso del Tour de France. Solitamente la corsa a tappe che precede l’appuntamento iridato è La Vuelta. In Spagna si presentano grandi nomi, sì, ma non tutti i primi della classe. Alla Grande Boucle, invece, il parterre è il migliore al mondo, praticamente un mondiale di tre settimane. In Scozia Evenepoel rimetterà in palio la maglia più ambita (nella foto di apertura alla Clasica di San Sebastian), chi la indosserà?

A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario
A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario

Settimana compatta

Alessandro Ballan, a distanza di quindici anni, rimane l’ultimo italiano ad aver indossato l’iride. Il veneto ha dimostrato di saper vincere in questo appuntamento, ed averlo corso per tre volte gli ha dato una certa esperienza nel capire come si gestiscono certe situazioni.

«Quello di Glasgow è un percorso per corridori da classiche – dice subito Ballan – il Tour ha dato un bel preannuncio di quello che potrà essere il mondiale. Bene Van Der Poel e Van Aert, ma io ho visto in splendida forma anche Pedersen. Ci sarà sicuramente da divertirsi».

Il calendario è corto, tante prove ravvicinate, l’Italia perde Ganna e Milan vista la (quasi) concomitanza della pista.

E’ un bel mondiale perché tutti gli impegni sono raggruppati, però questo mette i cittì in difficoltà con le scelte di formazione. Sia Ganna che Milan avrebbero potuto fare una bella figura, ma i corridori che escono dal Tour hanno una marcia in più.

I due che hai nominato prima, Van Der Poel e Van Aert, si sono nascosti un po’…

Van Der Poel di più, visto che aveva il compito di fare da ultimo uomo a Philipsen. Van Aert è stato chiamato in causa spesso, anche perché la Jumbo aveva da difendere la maglia gialla. Sicuramente il belga è stato chiamato ad un lavoro di supporto. Dopo che ha cercato di vincere nelle prime tappe, si è “risparmiato”. Non ha speso come lo scorso anno, quando attaccava ovunque. 

Sembrerebbero arrivati al Tour un po’ indietro di condizione…

Può essere una tattica: lavoro per i compagni senza mettermi in mostra, così sembro meno pronto. Diciamo che hanno abbassato le aspettative, forse. Il mondiale è un obiettivo goloso per tutti, il fatto che sia a due settimane dalla fine del Tour vuol dire che questi due sono arrivati non al massimo.

Van Aert è andato a casa quattro giorni prima, per assistere alla nascita del figlio Jerome, questa cosa può influenzare la sua preparazione?

Ha avuto modo di recuperare un po’ di più, alla fine si è saltato quattro tappe, ma solo una era davvero impegnativa (quella con arrivo e Le Markstein, ndr). Di fatica poi ne ha messa comunque nelle gambe.

Solitamente chi esce da un grande Giro ha qualcosa in più, no?

Qualche anno fa era così, io e Bettini uscivamo entrambi dalla Vuelta, così come Boonen nel 2005. Ma anche Alaphilippe nel 2021 ed Evenepoel lo scorso anno arrivavano direttamente dalla Spagna. 

L’ultimo che ha vinto un mondiale senza passare da una corsa a tappe è stato Pedersen, nel 2019. 

Ci sono dei corridori che sono dei fenomeni: Evenepoel, Van Aert, Van Der Poel, Pogacar. Loro possono vincere un mondiale anche senza una preparazione adeguata. Pedersen non è un fenomeno, ma un campione sì. Ha una marcia in più rispetto agli altri, basti vedere cosa ha fatto per Ciccone. Dovesse piovere come ad Harrogate, Pedersen diventa pericolosissimo. 

Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Degli altri che ne pensi?

Mohoric ha dimostrato di essere forte, ha vinto una tappa non banale. Anche Asgreen ha dato prova della sua forza, e se avesse azzeccato il colpo di reni avrebbe vinto due tappe. I velocisti puri non li prendo in considerazione, è mondiale esplosivo, non adatto a loro. 

E di Evenepoel, campione del mondo ancora in carica, che cosa dici? 

Non ha fatto il Tour, ma ha lavorato tanto in altura qui in Italia, a Passo San Pellegrino. Farà di tutto per tenerla, il percorso si addice ai suoi attacchi da lontano, le 42 curve permetteranno a chi è davanti di fare la stessa fatica di chi è in gruppo. Dovesse fare un attacco simile a quello dello scorso anno, sarà difficile riprenderlo.

L’Italia, lo abbiamo detto prima, è senza Ganna e Milan, ma qualche risultato è arrivato. Vero, non erano tappe del Tour, ma bisogna sempre vincerle le gare…

Trentin è il nostro uomo di esperienza, al Tour ha lavorato tanto e bene, nella tappa vinta da Mohoric si è fatto vedere. Bettiol sarà il nostro uomo probabilmente, consapevoli che se è in giornata può fare una grande gara. Però di testa è altalenante, alterna alti e bassi, ma sugli appuntamenti importanti sà farsi trovare. L’anno scorso si è fatto scappare Evenepoel, quest’anno dovrà essere bravo a stargli dietro. 

Dicevamo delle vittorie, tipo quella di Bagioli su un percorso simile. 

E’ giovane e veloce, non ha tanta esperienza (anche se potrebbe arrivare al suo quarto mondiale in altrettanti anni di professionismo, ndr). Anche Battistella e Sobrero sono buoni corridori che potrebbero giocare d’anticipo. Inserire un uomo davanti, una classica “imboscata italiana” per far saltare il banco. Dovessimo riuscire a sorprendere gli altri la corsa potrebbe diventare molto interessante.

Nel pianeta della crono e dei limiti tecnici con Affini

18.11.2022
6 min
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Tecnologia, potenza, scienza, velocità: un cronoman deve unire tutto ciò. Ma saperlo fare (bene) quando si è a tutta è cosa per pochi. Tra questi pochi c’è sicuramente Edoardo Affini. Il mantovano, da casa sua, dove vi avevamo già portato, ci guida nel mondo della crono. Specialità tanto complessa quanto affascinante. 

Con il corridore della Jumbo-Visma ne parliamo a tutto tondo. La sua crono e quella dei suoi rivali. Sconfinando anche sulla pista e tutto ciò che lega un ciclista che corre contro il cronometro.

A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
Edoardo sei nel team giusto per essere un cronoman?

Credo proprio di sì. In Jumbo la crono è una filosofia che si ripercuote in tutti i settori. Significa avere attenzione massima ai dettagli e cercare di migliorarsi sempre. Una filosofia che se vogliamo si è vista anche dopo la nostra vittoria al Tour con Vingegaard. Questo era il nostro primo obiettivo da anni e una volta raggiunto ci siamo chiesti: «E adesso”? Cosa si può migliorare?». Nel caso della crono si pensa subito ai materiali. E’ una disciplina in cui contano i secondi, per questo ogni dettaglio è importante. Pensate, Foss, mio compagno, ha vinto il mondiale per appena 3”.

Quali sono per te i campi dove lavorare per migliorare?

Sulla posizione sicuramente, specialmente dopo le misure nate dai nuovi regolamenti. Per quel che mi riguarda potrei alzarmi un po’ con i gomiti e quindi chiudermi un po’ (alla Evenepeol, ndr). L’idea una volta era di schiacciarsi sempre di più e di scendere con la testa, al netto della sicurezza come abbiamo visto con Bernal, adesso invece la tendenza è quella di alzare le mani. E poi credo si possa lavorare molto sui caschi e le loro dimensioni.

Ed è un vantaggio per te?

Sì, ma anche gli altri lo faranno, quindi non credo cambierà moltissimo.

Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Dove fate i test?

Abbiamo una partnership con l’Università di Eindhoven, lì in galleria del vento si svolgono tutti i nostri test. Ci sono dei modelli a grandezza naturale di Roglic e Wout (Van Aert, ndr) ma presto credo anche di Foss e di Vingegaard. L’idea del manichino è ottima, perché se fai dieci prove con l’atleta non saranno mai davvero uguali. E’ difficile che si riposizioni perfettamente allo stesso modo. Con il manichino invece puoi farlo e il test diventa ripetibile.

Hai parlato di dettagli, quali sono quelli che a tuo avviso fanno la maggior differenza?

Per me – ribatte senza indugio Affini – è il mantenimento della posizione. Puoi fare tutti i test che vuoi in galleria del vento. Puoi trovare una posizione eccellente, ma se poi in gara ti scomponi perdi quei vantaggi. Non solo devi trovare una posizione che sia efficiente, ma anche che tu sia in grado di mantenere mentre spingi. Ci si lavora da sempre. Prendiamo appunto il discorso della testa che deve stare “alta”… Adatti il tuo fisico ad una posizione che non è comoda, ma è ideale.

E tu che stato hai raggiunto tra posizione e materiali?

Direi buono. Bisogna sempre migliorarsi e vedremo con la nuova posizione, ma anche con i materiali e le bici (Cervélo, ndr) mi trovo bene: a crono e su strada. Davvero due bici… stabili, non flettono. E se lo dico io che sono grosso!

Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Cambiamo un po’ discorso, Edoardo: come hai seguito il record dell’Ora di Ganna?

Ero in hotel, alla vigilia della Parigi-Tours. Una prestazione incredibile. Uno non ci pensa ma è stato qualcosa d’incredibile: lui e lo studio esagerato che c’era dietro.

Da cronoman come hai vissuto quei 60 minuti? Cosa ti passava nella mente?

L’ho vissuta che avevo il mal di gambe! Sapendo cosa ha fatto Pippo per arrivare a quel momento e cosa gli è servito, c’è solo da togliersi il cappello. In più dopo le polemiche in seguito al mondiale chiaro-scuro a livello psicologico, è stato una grande cosa. Ne ha avute molte di rotture: lo fa, non lo fa, “lascia prima la nazionale per cose sue”… Non è stato facile.

Edoardo Affini con il suo fisico possente ci pensa al record dell’Ora?

Può pensare di farlo – risponde dopo una breve pausa e una smorfia di sorpresa – ma c’è bisogno di un vero piano tecnologico. Di uno studio avanzato. Non è qualcosa che fai da solo. E sul piano fisico bisogna fare uno sforzo che nelle corse normali non si fa. Tanto più che le crono da un’ora non ci sono più. L’ultima crono veramente lunga risale al mondiale dello Yorkshire nel 2019.

Serve dunque un supporto tecnico totale e chi crede in te: la Jumbo Visma sarebbe interessata?

Forse… A livello di materiali sicuramente. Cervélo di certo ne sarebbe attratta, tanto più che loro già hanno una connessione con la pista. E lo stesso vale per gli altri settori, penso alle gomme per esempio. Poi andrebbe pianificata molto bene nell’arco della stagione e non solo per gli impegni, ma anche perché come ha detto Pippo non hai voglia di fare tanti tentativi!

Tra Team Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per dare assalto al record dell’Ora (foto Cervélo)
Tra Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per il record dell’Ora (foto Cervélo)
In effetti è piuttosto doloroso! Per te chi può battere questo Record?

Potrebbe riuscirci Stefan Kung per la sua struttura e perché gli piacciono le sfide. 

E il tuo compagno Van Aert?

Non so se sia una sua ambizione. Lui ha anche il cross e riuscire ad incastrare tutto sarebbe davvero complicato. Anche per differenza di sforzo.

Tu e Ganna siete cresciuti insieme e lo battevi anche: com’è ritrovarcisi tra i pro’? 

E’ uno stimolo. Abbiamo la stessa età ed è da quando siamo allievi che ci scorniamo, ma per ora lui è il numero uno: c’è poco da girarci intorno. Dal canto mio, sono sempre lì a cercare di migliorarmi.

La differenza è solo nel “motore” o anche nella guida? Nel prologo di Torino per esempio Ganna fece una bella differenza anche nelle curve…

Di sicuro ha rischiato di più, ma certe cose magari le fai anche perché sei più sicuro di te stesso. Insomma, aveva già vinto il mondiale.

Voi cronoman vi confrontate mai sulle scelte tecniche prima di una gara?

Sì, qualche commento lo facciamo, ma non ci facciamo influenzare. Fatta una scelta, quella è. E poi più o meno sappiamo cosa useremo. Al massimo uno può usare una ruota da 55 millimetri e un altro una da 60, per dire, ma siamo lì. I rapporti per esempio sono quelli: di solito è il 58.

Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Sappiamo che non è facile rispondere ma ti piacerebbe provare un’altra bici da crono? Ce n’è qualcuna che ti incuriosisce?

Come ho detto, con Cervélo mi trovo bene, la nostra bici da crono è ottima e non la cambierei. Ma se proprio dovessi sceglierne un’altra, a questo punto direi la Pinarello di Pippo.

Restiamo sempre in ambito aero e crono: pensi mai che potresti essere nel quartetto? Gente come te, Ganna, Milan… siete tutti “bestioni”. E tu hai fatto pista in passato.

Adesso credo che non sia sensato né possibile entrare a far parte di quel gruppo così affiatato. Oltre a loro ci sono dentro già i ragazzi juniores e under 23 in quel movimento, come è giusto che sia. E sinceramente non credo sia il mio posto. In più il mio ultimo quartetto l’ho fatto da junior.

Però tecnicamente potresti starci?

Fosse solo per una questione tecnica o mentale, ci potrei anche stare: ho un’idea di cosa mi aspetterebbe. Però non so se sarei in grado di esprimermi al 100%. Dovrei organizzare bene gli impegni con la strada. Poi è anche vero che ti ricordi di Viviani, che è stato il primo a dimostrare che se bene calibrati, si possono conciliare gli impegni dell’una e dell’altra specialità. Ma la doppia attività non è per tutti.

Bioracer: il primo anno con Ineos è stato un successo

07.11.2022
4 min
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La stagione appena conclusa è stata la prima per il nuovo binomio BioracerIneos Grenadiers. Non è mai facile inserirsi in corsa, ma il marchio belga, uno dei più affermati nel campo dell’abbigliamento di alto livello, ha lavorato molto. Offrendo a Ganna e compagni una gamma di prodotti all’avanguardia e di ottima fattura. Ma com’è andato questo primo anno accanto al colosso britannico?

La collaborazione con la Ineos ha aperto a Bioracer anche il mercato sud-europeo
La collaborazione con la Ineos ha aperto a Bioracer anche il mercato sud-europeo

Nuovi orizzonti

Nel nostro incontro con Bioracer abbiamo parlato con Marco Pancari, Operation Manager Bioracer Italia. Il salto principale per l’azienda è stato soprattutto commerciale, come ci spiega anche lui.

«Questa collaborazione – spiega – ha permesso a Bioracer di entrare nel mercato italiano e nei vari negozi dalla porta principale. La nostra è un’azienda storica, perché sono 30 anni che è presente sul mercato. Siamo sempre stati però focalizzati sul custom team, con un fatturato molto importante, che supera i 40 milioni di euro. Tuttavia, nel mercato sud-europeo e soprattutto in quello italiano, era praticamente sconosciuta dal pubblico amatoriale».

L’operazione Ineos

Da queste prime parole di Marco Pancari emerge chiaramente come la collaborazione con il team britannico sia subito apparsa come una grande opportunità: tecnologica e commerciale.

«Bioracer – continua Pancari – ha aperto il bacino di utenza grazie al marchio Ineos. Parlando specificamente del mercato italiano possiamo tranquillamente dire che la presenza di corridori come Viviani e Ganna ha portato a far sì che il prodotto “replica” diventasse molto forte. Va detto che Ineos è uno dei top team per quanto riguarda anche tutto il contorno, dalle bici Pinarello, ai caschi marchiati Kask. Andare a posizionare Bioracer assieme a questi nomi ha dato decisamente una marcia in più. La presenza di un corridore come Filippo Ganna ci ha dato quella spinta ulteriore per creare nuovi prodotti e nuove tecnologie anche nella linea dei body».

Un marchio affermato

Trent’anni di storia non sono pochi, un lungo periodo che ha permesso a Bioracer di affermarsi già ad alti livelli. I successi ottenuti quest’anno sono molteplici, sia con Ineos, con il culmine massimo nel record dell’Ora di Ganna. Non è da sottovalutare anche il mondiale vinto da Evenepoel a Wollongong, infatti la nazionale belga vestiva capi firmati Bioracer.

«Oltre ad avere un fatturato importante – ci spiega nuovamente Marco Pancari – Bioracer ha cinque sedi produttive di proprietà. Di conseguenza ha sottomano tutta la filiera: aspetto fondamentale per far capire alla gente che alla base c’è una struttura importante. All’interno dell’azienda è presente una galleria del vento, questo particolare ha permesso a Bioracer di diventare uno dei leader del settore speedwear. Il passo fatto insieme ad Ineos ha permesso di sviluppare prodotti sempre più performanti. Un esempio è l’aver aumentato la traspirabilità dei capi visto il colore scuro del team, il lavoro però non finisce qui e stiamo già lavorando al 2023».

Bioracer