L’assolo di Bergamo: un Pogacar umano che piace anche di più

07.10.2023
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BERGAMO – Un affondo apparentemente banale, in un punto non cruciale della corsa, e Tadej Pogacar si è portato a casa il suo terzo – consecutivo – Giro di Lombardia. Lo sloveno è riuscito a trasformare in poesia quei 30 chilometri finali.

Un affondo drammatico, sul limbo dei crampi. Con il tuo connazionale, Primoz Roglic, che vuol chiudere con una vittoria il suo viaggio nella squadra che lo ha reso grande. Con quei chilometri che sembrano non passare mai e con la consapevolezza di non essere il più forte. O almeno il solito “schiacciasassi”.

Altro che classica d’autunno: il 117° Giro di Lombardia si è corso con temperature quasi estive
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Tattica 10

«Questa mattina Tadej non stava bene – confida il manager della UAE Emirates, Mauro Gianetti, dopo il traguardo – aveva un po’ di tosse. “Ma vedrai che che col caldo passerà”, gli dicevamo…  Non era il più brillante? E’ vero, ma ha fatto un capolavoro.

«La tattica era di fare forte quel tratto. Ha visto che Roglic era un po’ dietro e, visto che tirava da un po’, ci ha provato. Ha pensato che stando a tutta da diversi minuti avrebbe fatto fatica ad inseguirlo subito. Però quando ha avuto quel crampo abbiamo tremato».

Ecco perché dicevamo che era uno scatto banale solo in apparenza. Altroché. C’era acume tattico, una freddezza glaciale. Pogacar oggi non era il più forte. Conoscendolo, se lo fosse stato, al primo scatto sul Ganda avrebbe salutato tutti. E invece non è successo.

Rifornimento galeotto: ai -11 km Pogacar ha i crampi. Marzano lo affianca e gli passa un gel. Gianetti: «Felice di pagare la multa»
Rifornimento galeotto: ai -11 km Pogacar ha i crampi. Marzano lo affianca e gli passa un gel. Gianetti: «Felice di pagare la multa»

Pogacar l’umano

Però non ha mollato e dove non sono arrivate le gambe è arrivata la testa. Ci tornano in mente le parole di Hauptman, il direttore sportivo che meglio lo conosce: «Vedrete che Tadej si farà trovare pronto per il Lombardia». Non aveva sbagliato. 

E’ sicuramente un dato di fatto che la sua stagione dopo la caduta della Liegi abbia subito una piega diversa da quella prevista. Dopo quello stop Pogacar ha vinto, ma non ha più convinto. Al Tour de France ha salvato la piazza d’onore grazie anche alla squadra e in queste gare di avvicinamento all’ultimo Monumento non ha alzato le braccia al cielo, né “giocato” come era solito fare.

Evidentemente anche i supereroi pagano dazio in questo ciclismo al limite. Ma questo non fa altro che elevare il mito di Pogacar. Un Pogacar umano. E questo piace. Piace tanto. Il boato quando è salito sul podio di Bergamo è stato più forte persino di quello di Andrea Bagioli, che giocava in casa.

Poche volte abbiamo visto lo sloveno soffrire così. Eccolo nel bagno di folla (splendido) di Bergamo Alta
Poche volte abbiamo visto lo sloveno soffrire così. Eccolo nel bagno di folla (splendido) di Bergamo Alta

Più testa che gambe

Dopo il traguardo lo abbiamo visto insolitamente commosso. Lo sloveno ha festeggiato come mai prima. Braccia al cielo. Abbracci forti. Forse un accenno di commozione dietro agli occhialoni. Tutti elementi che ci dicono che la vittoria oggi era affatto scontata.

«Ho provato ad attaccare in salita – ha detto Pogacar – ma non sono riuscito a fare la differenza. Quando passava in testa Vlasov faticavo. Credo che oggi lui sia stato uno dei più forti in salita. Io però credevo nella vittoria di questo Lombardia, mi ero allenato bene in queste settimane.

«Sull’ultima salita, che conoscevo davvero bene, ho tirato fino in cima perché speravo che io e Alexander saremmo arrivati insieme al traguardo. Poi, all’inizio della discesa, quando gli altri erano ancora lì e ho visto che c’era un piccolo buco, mi sono buttato. Ricordavo la discesa. Di certo meglio di due anni fa quando fu un disastro!».

Pogacar racconta poi quanto sia stata dispendiosa proprio la discesa. La planata dal Ganda, che poi è Selvino, richiedeva un grande impulso vista la scarsa pendenza. Era un continuo rilanciare se si voleva fare velocità.

E infatti lo stesso Tadej ha detto: «Stavolta è stata dura finire l’attacco da così lontano. In pianura poi ho avuto i crampi. Prima un crampo a destra, poi uno a sinistra. Pensavo che fosse tutto finito, così ho calato un po’ il ritmo e la potenza. Ho cercato di essere più aerodinamico possibile, di chiudermi con le spalle. Ma ormai ero in ballo e mi sono concentrato su come salvarmi per lo strappo finale. Fortunatamente dietro non hanno collaborato al meglio. E in quel momento ci speravo».

«Alla fine, anche se doloroso, mi sono goduto gli ultimi chilometri. Questa è stata la vittoria più difficile delle tre, anche perché sono arrivato da solo. E’ stata una giornata bellissima, abbiamo anche vinto la classifica WorldTour a squadre e devo ringraziare tutti i ragazzi ancora una volta. Mi dispiace solo per Bax che si è rotto il femore. Un peccato perché stava benissimo».

Roglic senza rimpianti

Dietro non hanno collaborato al meglio. Il rivale numero uno Primoz Roglic, a cui tutti guardavano,  piomba sull’arrivo di Bergamo in terza posizione. E’ stanco ma ride. E mentre gira la bici per andare al podio dice: «No rimpianti, no rimpianti».

«Semplicemente – ha detto Primoz – non avevo le gambe, ma ho dato tutto. E’ stata una lotta molto, molto lunga. Ma quando Pogacar è scappato non potevo fare nulla. Non avevo scelta.

«Se penso a come ho iniziato la mia stagione e all’infortunio da cui venivo, non posso che essere soddisfatto di questa annata. Voglio ringraziare la mia squadra. Siamo stati uniti fino alla fine».

E anche la Jumbo-Visma ha ringraziato lui. Dal team manager Plugge ai compagni, fino al personale che lo attendeva al bus con delle pizze fumanti.

«Abbiamo lavorato al massimo per lui fino alla fine, con la massima serietà. Primoz è il nostro campione. Dopo otto anni non poteva essere diversamente», ci ha detto Ard Bierens, addetto stampa del team olandese.