Che fine ha fatto Juan Pedro Lopez? Che ne è di quel talentuoso spagnolo della Lidl-Trek che nel 2022 indossò la maglia rosa per dieci giorni, dopo aver impressionato tutti sulle rampe dell’Etna, cedendo solamente al tedesco Kamna, riuscendo alla fine a entrare nei primi 10? E’ davvero incredibile pensare che, a un solo anno di distanza, siamo di fronte a un corridore che non ha colto neanche una top 10 in tutta la stagione, a fronte di 73 giorni di gara.
Eppure qualche piccolo segnale alla fine della stagione si è visto o almeno così vogliamo interpretare il 17° posto finale alla Vuelta. Niente per un corridore che ha ben altre ambizioni di partenza, ma è il segno che in fondo il talento c’è ancora. E allora che cosa è successo?
Tutto è cominciato a gennaio…
A provare a dare una risposta è chi proprio in quella Vuelta lo ha guidato, l’ha seguito passo passo. Adriano Baffi era il diesse di riferimento e le sue parole possono sembrare dure, ma ci sono anche comprensione e sostegno.
«E’ stata una stagione ampiamente sotto le aspettative – dice il tecnico italiano – ma questo lo sa bene anche lui, anzi è il primo ad essere arrabbiato. Io credo che tutto sia nato da una caduta nel ritiro di gennaio, dove ha riportato la frattura della clavicola. Qualcosa che a un ciclista capita spesso, ma per lui era la prima volta e ci ha messo tanto tempo a recuperare, è andato sempre all’inseguimento. Il problema è che ha perso fiducia in se stesso, nella sua stessa tenuta in gruppo».
Un problema fisico, tecnico, mentale?
Io direi soprattutto mentale, non riusciva a superarlo, col risultato che poi tutto è diventato un perenne inseguimento per essere competitivo. Gli abbiamo dato fiducia al Delfinato, dove ha corso in supporto di Ciccone, poi è andato al Tour ma ha sofferto per tutte e tre le settimane. Ha comunque tenuto duro e poi lo abbiamo portato alla Vuelta dove ha confermato quello che ci aspettavamo. Non possiamo dire che sia andato benissimo, ma ci ha messo tanta grinta, il piazzamento – discreto – è stata una conseguenza.
Che idea ti sei fatto di lui come corridore?
Io continuo a pensare che sia un corridore da grandi Giri, uno come lui però è da top 10. Poi arrivi 15° o 17° cambia poco, è chiaro che non era il Lopez del Giro 2022. Lì aveva una condizione ottima, il morale alle stelle, ma quel Lopez non lo abbiamo più visto e lui per primo non è contento di questo, non si sente se stesso, vuole molto di più.
Fondamentale quindi sarà avere un inverno senza intoppi, non solo fisici…
Assolutamente. Quando si comincia a correre sono già tutti tirati, vai subito alla ricerca del limite, se ti trovi di fronte un problema devi risolverlo subito e lui non è riuscito a farlo. Se forzi la situazione non è detto che trovi la soluzione.
Secondo te può tornare quello del 2022?
Secondo me può andare anche oltre, è uno scalatore di vaglia con una grinta come pochi, ma deve migliorare in tante cose. Di regola è uno che nelle gare importanti è davanti, fra quei 25 che hanno quel qualcosa in più, io dico però che può andare ancora oltre, essere all’altezza dei più forti. Diciamo che è un team player, che può anche avere ambizioni proprie pur correndo al servizio di un capitano. E questo è un profilo fondamentale nei grandi Giri.
Parliamoci chiaro: nel ciclismo di oggi se sbagli una stagione diventi oggetto di un’approfondita attenzione, è come se ti fossi giocato il jolly, poi non puoi più sbagliare…
E’ un po’ così, lui lo sa bene. Sei sulla graticola, sai che devi recuperare innanzitutto in credibilità anche se, è bene sottolinearlo, Juan Pedro non ha alcuna colpa. E’ solo che le cose sono andate così. Da un anno negativo, soprattutto alla sua età (Lopez ha 26 anni, ndr) puoi anche prendere tanti insegnamenti utili, crescere. Noi ci aspettiamo molto da lui nel prossimo anno.
Dove pensate che verrà impiegato?
E’ ancora presto per parlare di programmi specifici, va capito dove utilizzarlo. A lui il Giro d’Italia piace molto e anche a noi. Abbiamo chiuso al 5° posto nel ranking e il prossimo anno vogliamo salire, per questo abbiamo anche cambiato molto in squadra. Ora ha una motivazione in più, la voglia sempre più forte di far bene e confermare il suo potenziale. Sapendo che, come avete detto, il suo jolly se lo è giocato.