Il silenzio di Cavendish, i brividi di Jakobsen. Le Tour toujours

03.07.2022
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Ci si sarebbe potuti aspettare un post di complimenti da Cavendish a Jakobsen, che però non è ancora arrivato, almeno non su Twitter o Instagram. Mark non ha preso affatto bene l’esclusione dal Tour, venuta dopo la vittoria dei campionati britannici e sul suo profilo Instagram il giorno in cui partiva il Tour ha pubblicato una foto che lo ritrae al lavoro sul tetto di casa (immagine in apertura), con un breve testo: «Handyman for hire», tuttofare a noleggio.

«Non so amico – gli ha risposto Mark Renshaw, suo ultimo uomo dei primi tempi e ora fra gli organizzatori dei mondiali di Wollongong – penso che ci sarebbero squadre che vorrebbero assumere un velocista in grado di vincere».

Dopo tutto quello che ha fatto per tornare alla Quick Step, Cavendish valuterà di lasciarla di nuovo? Jakobsen non ci pensa e tira dritto. Aspettava quel traguardo da 15 anni. E come dice Lefevere, chi vince ha sempre ragione.

Debutto al Tour e vittoria al primo sprint: Jakobsen non vuole sentire note stonate
Debutto al Tour e vittoria al primo sprint: Jakobsen non vuole sentire note stonate

Una storia speciale

«E’ sicuramente una storia speciale – ha detto Jakobsen a bassa voce nella conferenza stampa – potete quasi chiamarla una favola. Forse questo è il tempo dei ringraziamenti. Non dimenticherò mai come la mia fidanzata e i miei familiari mi portavano ogni volta avanti e indietro dall’ospedale. Poi la squadra: sapevano che la strada del ritorno sarebbe stata lunga, ma non hanno mai perso la fiducia in me. Mio padre e mio suocero, per ogni volta che guidano lo scooter durante i miei allenamenti. E i miei compagni. Stasera passerò stanza per stanza per ringraziarli. Sono la mia seconda famiglia. Anche quando riuscivo a malapena a camminare, hanno creduto in me».

Prima del Tour, la vittoria nell’ultima tappa al Giro del Belgio ha fatto capire che Jakobsen fosse in forma
Prima del Tour, la vittoria nell’ultima tappa al Giro del Belgio ha fatto capire che Jakobsen fosse in forma

Il miracolo di Cor, 85 anni

Pensando alla storia si ha ancora la pelle d’oca. La storia di quel ragazzo pieno di talento che stava per morire nella volata più veloce del mondo, a causa di una manovra bandita e transenne posticce.

«Dopo quel terribile incidente – ha ricostruito parlando con la stampa – mi hanno trasformato in una persona che poteva nuovamente vivere normalmente. Poi mi hanno trasformato di nuovo in un ciclista e ora sono di nuovo un velocista. Per questo devo dire grazie a Cor, il mio osteopata a casa. Non è riuscito a restituirmi i denti (ridendo, ndr), ma ha reso il mio corpo di nuovo elastico. L’impatto dell’incidente è stato così grande che alcuni muscoli hanno smesso di funzionare. Si è assicurato che fossero riattivati. Cor ha giocato un ruolo importante nel mio ritorno, anche se ha 85 anni».

Le gambe sono tornate quelle vincenti di prima, ma sul volto ci sono ancora i segni della caduta
Le gambe sono tornate quelle vincenti di prima, ma sul volto ci sono ancora i segni della caduta

Il mago dei massaggi

Ci vengono in soccorso i colleghi del fiammingo Het Nieuwsblad. Cor è Cor Van Wanrooij e non è estraneo all’ambiente sportivo olandese. Dicono che sia l’angelo custode dei motocrossisti, poiché pare che chiunque lo visiti dopo una frattura alla clavicola, dopo due giorni può agitare di nuovo le braccia. E tutto senza pagare conti esorbitanti. Secondo quanto riferito, Van Wanrooij farebbe tutto per amore dello sport. Qualcuno facendo ironia afferma che faccia miracoli e non sarà certo Jakobsen a dire che non è vero. «Cor sa esattamente cosa fa – spiega – e io gli sarò eternamente grato».

«Peccato aver perso la gialla di Lampaert – dice Lefevere – ma sono contentissimo per Jakobsen»
«Peccato aver perso la gialla di Lampaert – dice Lefevere – ma sono contentissimo per Jakobsen»

Chi vince ha ragione

La volata di ieri è stata un capolavoro di squadra, come abbiamo raccontato. Ma il debutto vincente del giovane olandese ha davvero il sapore di una nuova nascita. Come il ritorno di Pantani. Come si aspetta che accada con Bernal. Tanti sono tornati, non tutti sono tornati vincenti.

«Questa vittoria – dice Patrick Lefevere – dimostra che abbiamo fatto la scelta giusta nel credere in lui. Sto ancora tremando. Penso alla sua strada dalla Polonia due anni fa a questa vittoria in Danimarca, sono molto felice per lui. Abbiamo cominciato il Tour benissimo, segno che abbiamo scelto gli uomini giusti. Il vincitore ha sempre ragione. Peccato solo che Lampaert abbia perso la maglia gialla, ma va bene così».

Il Tour dal divano con Ballero, nel giorno di Jakobsen

02.07.2022
5 min
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Treni e non ventagli. La seconda tappa del Tour de France si conclude con una “normale” volata. Una volata vinta da Fabio Jakobsen. E questo ci dice che ventagli o sprint, la Quick Step-Alpha Vinyl c’è sempre. 

Davide Ballerini, corridore dello squadrone belga, si è goduto il successo dal divano. Attento, se vogliamo anche emozionato, era come se stesse pedalando con i suoi compagni. E con lui analizziamo questa tappa, la Roskilde-Nyborg di 202 chilometri.

Immenso l’abbraccio del pubblico danese al Tour. Sembrava di essere tornati nelle tappe ungheresi del Giro
Immenso l’abbraccio del pubblico danese al Tour. Sembrava di essere tornati nelle tappe ungheresi del Giro

Vento nel Dna

Il pronti via è stile Giro d’Italia, con la fuga buona che prende subito il largo. Le squadre si schierano compatte e mantengono le posizioni per gran parte della corsa.

La Danimarca rivela un amore inaspettato per il Tour. Ma forse sarebbe meglio dire per il ciclismo.

La tensione sale man mano che passano i chilometri. Ineos-Grenadiers e Quick Step-Alpha Vinyl accelerano ogni volta che c’è un “traverso” e il vento può diventare un’insidia. 

«Fa parte della nostra tradizione correre in certe situazioni – spiega il Ballero – non che ci si facciano degli allenamenti specifici, ma il saper correre nel vento è qualcosa che si tramanda di corridore in corridore. E’ da come ti crescono che impari. Impari da chi è più esperto. E poi a forza di farlo in corsa e di trovarsi quasi sempre in superiorità numerica nei ventagli è più facile capire come funziona».

Vento non forte, strada larga e il lungo ponte (18 chilometri) sul Baltico passa indenne
Vento non forte, strada larga e il lungo ponte (18 chilometri) sul Baltico passa indenne

Strada troppo larga

«Avevo parlato con i preparatori lassù stamattina – riprende Ballerini – e mi avevano detto che sì il vento c’era, ma non era forte.

«La strada sul ponte era davvero larga. In questo modo ci si poteva coprire. Tante volte in Belgio si aprono i ventagli, ma la strada è di appena cinque metri!

«E poi quando tutti lo sanno è difficile aprire i ventagli e fare a selezione. Si sapeva sin da quando hanno presentato il Tour che questa tappa poteva essere soggetta al vento. Mancava l’effetto sorpresa».

Mancava l’effetto sorpresa e poi tutto sommato siamo ad inizio Tour e vedendo che era complicato fare la selezione, dopo una manciata di chilometri le squadre hanno “firmato il trattato di non belligeranza”. L’emblema di questa pace è Benoot che “fischia” e Thomas che gli ride al fianco.

Jakobsen sì, Cav no

E così è volata. E una volata tesa e velocissima. Con qualche caduta, ma tutte nei tre chilometri e quindi senza danni per i leader se non nei lividi.

Jakobsen esce di potenza negli ultimi 50 metri e rintuzza Van Aert. Questione di velocità. Non si tratta di essere usciti prima o dopo. Uno è un velocista puro, l’altro deve tirare anche in salita. La differenza è tutta lì.

«Finalmente – commenta Ballerini – le cose iniziano a girare per il meglio per noi dopo le sfortune d’inizio stagione. Fabio è stato un grande. Ho rivisto più volte la volata dall’alto e Jakobsen si è toccato con Sagan. Sagan non ha frenato e si è toccato con un altro ragazzo ancora. Sono rimasti tutti in piedi per fortuna. Ma queste sono le corse. Questo è il Tour e si sa che nella prima settimana soprattutto ci sono molte cadute».

«Come giudico i movimenti dei miei compagni? Beh, sono stati compatti per tutta la gara. Solo nel finale si sono un po’ persi. Ho riconosciuto, e mi aspettavo, Kasper Asgreen agli 800 metri. Sapevo che sarebbe uscito in quel momento. Quello è il suo movimento, quella menata. Solo che poi alla sua ruota non c’era Morkov (probabilmente perché aveva speso molto nel rientrare con Lampaert, ndr), ma Fabio è riuscito a cavarsela da solo.

«Ci è riuscito con una grande gamba e un grande occhio. Segno che ha un’ottima condizione».

E questa vittoria, se proprio non elimina, smorza le polemica sull’esclusione di Mark Cavendish dalla squadra per la Grande Boucle.

L’unico neo, se così si può dire, è che Van Aert secondo, con gli abbuoni, sfila la maglia proprio ad un “lupo del branco”, a Lampaert.

Il Wolfapack c’è

E a proposito di Wolfpack, oggi i ragazzi di Lefevere hanno messo sul campo tutte le migliori qualità che li distinguono. In due giorni di Tour due vittorie e un grande senso di unità.

Lo hanno fatto nei “quasi” ventagli. Lo hanno fatto in volata e persino dopo la caduta della maglia gialla. E lo ha fatto la maglia gialla stessa, in coda a prendere le borracce. «Domani si lavora per Jakobsen», aveva detto ieri appena sceso dal podio Yves Lampaert. E’ stato di parola.

«Cerchiamo di correre compatti ed uniti – conclude Ballerini – quei movimenti, questo modo modo di correre in parte è merito dei direttori sportivi e in parte di noi corridori. Ognuno di noi sa bene il lavoro che deve fare, si muove di conseguenza e cerca di dare il massimo.

«Ho in mente per esempio l’azione di Cattaneo nel finale. Mattia è stato nel treno per la volata. Significa mettersi a disposizione e che ha una grande condizione».

Jakobsen, volata pazzesca, riporta il sorriso alla Quick Step

27.02.2022
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Ieri sera a tavola Lefevere è andato giù duro. Jakobsen adesso ride e dice che lui tutto sommato era comodo nella sua sedia, non avendo corso l’Het Nieuwsblad. Ma quando i colleghi fiamminghi gli chiedono di ripetere le parole del team manager della Quick Step-Alpha Vinyl, l’olandese fa un gran sorriso e dice di non parlare lo stesso dialetto.

«Siamo una squadra e un gruppo di amici – dice a margine della Kuurne-Bruxelles-Kuurne appena conquistata – ma questo è il nostro lavoro. A tavola abbiamo parlato e Patrick a suo modo ci ha detto di essere attenti e aggressivi. Non parlo il suo dialetto, ma garantisco che l’ho capito molto bene. Non ricordo i dettagli (ride, ndr). E oggi che toccava a me, spero di aver riportato il sorriso anche a lui».

Un boccale di birra

Adesso sono cinque a due. Cinque le vittorie di Fabio Jakobsen, due quelle di Cavendish, in quella sorta di braccio di ferro non dichiarato fra i due super velocisti della Quick Step-Alpha Vinyl che entrambi tendono a ridimensionare.

Nel team belga oggi si respira un’aria diversa dai mezzi toni di ieri dopo l’Het Nieuwsblad. Tanto che per salire sul gradino più alto del podio, Fabio ha fatto un salto che dava l’idea della sua freschezza, malgrado la corsa e lo sprint vinto dribblando un mucchio di avversari.

Poi gli hanno consegnato l’asino, simbolo della città e degli abitanti che andavano al mercato della vicina Kortijk trasportando le mercanzie sul dorso dei quadrupedi che ragliando svegliavano i cittadini. E alla fine gli hanno messo in mano un maxi boccale di birra Kwaremont, in cui l’olandese ha bagnato le labbra e un bel sorso poi l’ha buttato giù.

Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto
Anche oggi si è corso tra ali di folla: il Belgio ha riaperto

Rispetto per l’Ucraina

Quando arriva in sala stampa per raccontare la vittoria, Jakobsen ha il cappello calato sugli occhi e sotto i gambali pulsano le due gambone che anche oggi gli hanno permesso di fare la differenza. Per i belgi è festa grande. Dopo il gigante delle classiche, ecco quello dello sprint: un’apertura migliore era difficilmente immaginabile. Eppure la sensazione è che Fabio sia figlio di tutti, come accade quando qualcuno è sul punto di morte e si prega tutti per lui. E lui che forse capisce, inizia dalla fine.

«In Belgio e in Olanda – dice con la voce che si increspa – siamo tutti contenti di aver potuto ricominciare a correre, con il pubblico sulle strade. Oggi era pieno di gente a fare il tifo per ragazzi di 25 anni che combattevano per vincere una gara di biciclette. Ma adesso il mio pensiero va a ragazzi della mia stessa età che stanno combattendo per la loro vita in Ucraina. E’ bello essere qui, ma non dimentichiamoci di loro».

A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi
A 10 chilometri dall’arrivo, Quick Step in testa per chiudere sui tre fuggitivi

Pressione e velocità

Deglutisce a fatica, come gli capitò nel ritiro di Calpe ricordando la risalita dopo l’incidente e poi si predispone per rispondere alle domande.

«Ho iniziato lo sprint da lontano – dice – perché a un certo punto ho avuto la sensazione che i tre di testa non li avremmo più ripresi (Laporte, Narvaez, Van der Hoorn, ripresi ai 200 metri, ndr). Vincere così mi fa sentire bene, la velocità mi piace. Dio mi ha dato due gambe veloci ed è mio dovere usarle per vincere gli sprint. Mi sento fra i primi cinque al mondo e non vado oltre, perché non è facile fare classifiche. Lo sport di vertice porta con sé la pressione e per uno sprinter questa è anche maggiore, perché la squadra lavora per te e hai pochi secondi per concretizzare il loro lavoro».

Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi
Una volata prepotente e lunga per essere certo di riprendere i fuggitivi

Sogno Sanremo

GIi chiedono infatti se percepisca un cambio di atteggiamento della squadra, ipotizzando che l’anno scorso lo abbiano portato alla Vuelta come bonus per premiare il suo ritorno dopo l’incidente. E Jakobsen appena lo sente scarta come in volata.

«Nessun premio – ringhia sommessamente – né contentino. La Vuelta dello scorso anno fu un progetto dopo le due vittorie al Tour de Wallonie. E mi ha permesso di fare un bell’inverno. Ho lavorato tanto e sono tornato al livello che avevo prima dell’incidente. Ora sono in grado di sprintare per la vittoria, ma sono consapevole di dover fare ancora dei progressi. Ad esempio oggi Caleb Ewan mi ha fatto i complimenti, essendo arrivato secondo. Ma io so bene che nei prossimi sprint, alla Tirreno e alla Sanremo, lui sarà avvantaggiato. Sogno la Sanremo, così come sogno la Gand-Wevelgem, ma forse è presto. Devo crescere, ma la forma è questa, quindi ci proverò».

Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo
Ewan si è complimentato con Jakobsen e ora punta su Sanremo

Le gambe bruciano

La squadra ha avuto una grande reazione, che sia stato per le parole di Lefevere o per aver fiutato finalmente la vittoria.

«Abbiamo messo in atto una buona strategia – spiega Jakobsen – con Kasper Asgreeen che dopo la fuga è diventato pilota del nostro treno. C’erano ancora i fuggitivi davanti, ma con Lotto e Israel avevamo interessi comuni e alla fine siamo riusciti a riprenderli. Non vi nascondo che negli ultimi strappi ho sentito le gambe bruciare, non è stato facile. A volte sembra che le volate si vincano facilmente, ma in realtà la cosa più difficile è arrivare a farle».

Fabio e Mark, due storie intrecciate attorno al Tour

11.01.2022
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I segni della sua storia li porta in faccia. Fabio Jakobsen sorride e parla con argomenti profondi come le cicatrici che gli ha lasciato quell’orrenda caduta al Giro di Polonia. La faccia di Cavendish al confronto è un letto di rose, ma se si guarda nel fondo dei suoi occhi si intravedono ferite ugualmente profonde. Da un lato ci sono lo scampato pericolo e la vita che spinge per uscire, dall’altro la luce in fondo al tunnel e di colpo la sensazione che il viaggio stia per finire.

Media day della Quick Step-Alpha Vinyl a Calpe. Siamo gli unici dall’Italia, qualche collega fa capolino dallo schermo di un computer che viene fatto girare di tavolo in tavolo. Potere della tecnologia.

Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode
Cavendish ha poca voglia di parlare, le domande sul Tour sono scomode

Il Tour di mezzo

Il Tour li lega e li divide. A Fabio si può chiedere tutto, a Mark è meglio non chiedere del Tour. A un collega americano è stato detto chiaramente che se vuole intervistarlo non deve fare domande sulla corsa francese. Cavendish ha scritto il suo romanzo eccezionale nella scorsa edizione della Grande Boucle, ma il rinnovo del suo contratto sarebbe stato subordinato a una clausola ben chiara: al Tour ci va Jakobsen.

In realtà sarebbe stato così anche l’anno scorso, quando sarebbe toccato a Bennett e tutto sommato ai primi del 2021 il britannico aveva poco da avanzare pretese, grato per la maglia e la bici. Però quando entra nella stanza delle interviste ha la faccia di un funerale. E quando parla lui, tutto lo staff della comunicazione Quick Step si avvicina per sentire.

Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen
Le tre tappe e la maglia a punti della Vuelta sono stati la svolta per Jakobsen

La svolta alla Vuelta

Jakobsen sorride spesso. Con le cicatrici ha imparato a conviverci e al confronto sembra più infastidito Cavendish se un obiettivo si sofferma troppo a lungo per scrutare le sue espressioni.

«Ho perso buona parte del 2020 – racconta Fabio – per il Covid. E poi, quando siamo tornati, ho perso il resto del tempo per quello che tutti sappiamo. La Vuelta mi ha dato la conferma che posso ancora vincere le volate. La domanda ha smesso di essere “se” ma è diventata “dove”. Il Tour è al centro del mio anno. Patrick Levefere (general manager della squadra, ndr) ha detto che sarò io il velocista designato, ma chiaramente dovrò stare bene, essere in forma, spingere i watt giusti. Questo è il primo anno normale. Sto facendo esperienza, ascolto quelli più esperti di me. Penso di essere nella giusta fase della carriera, posso vincere le volate e pensare alle classiche intermedie del Belgio. Proverò la Gand. La Vuelta e le vittorie mi hanno fatto fare lo step che mancava. Niente è sicuro. Il Tour è la corsa più importante del mondo, ma si tratta pur sempre di una corsa…».

Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)
Durante l’allenamento del mattino, sosta in un bar-roulotte, ecco Cavendish (foto Wout Beel)

Un ciclista professionista

Cavendish è accigliato e parla per monosillabi. Si capisce lontano un chilometro che eviterebbe volentieri le domande e che potrebbe dire ben altro. Ogni sua risposta inizia da una frase che ripete come un mantra.

«Sono un ciclista professionista – dice – l’anno scorso ero senza un lavoro, ora sono qui e sono contento. Proverò a vincere dovunque potrò. Ho iniziato ad allenarmi in ritardo dopo la mia caduta, perciò sto lavorando per recuperare la mia forma fisica. L’anno scorso cercavo soprattutto un’ispirazione e l’ho trovata nel Tour. Tutti i corridori vogliono andarci, ma io sono un ciclista professionista. Il mio obiettivo sarà essere forte in tutte le corse cui prenderò parte. Questo è il lavoro di un ciclista professionista. L’ho fatto l’anno scorso. Anche quando non conoscevo il mio programma, perciò continuerò a farlo perché è quello che ho fatto per tutta la mia carriera. Non guardo indietro. Non penso al record di tappe. Se guardi indietro, smetti di andare avanti. Questo è stato il motto di tutta la mia storia e lo è ancora adesso».

Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura
Fabio Jakobsen porta le sue cicatrici con apparente disinvoltura

Una splendida rinascita

Jakobsen ha undici anni meno di Cavendish. Chi lo seguiva prima della caduta raccontava di numeri bestiali durante gli sprint, per cui c’è da capire che la squadra voglia investire su di lui. La stagione chiaramente è lunga, nessuno può dire in che modo i due si presenteranno a luglio. E non è sfuggito il fatto che al Tour 2021 Mark ha vinto quattro tappe senza confrontarsi con i velocisti più forti. E Jakobsen intanto racconta…

«Non c’è stato niente da dimenticare – dice – perché di quel giorno non ricordo nulla. Ho toccato il fondo e quando ho capito che cosa stavo per perdere, mi è scattato dentro qualcosa. Volevo tornare a vivere come un pro’, a fare la cosa più bella che ci sia. Rientrare però è stato difficile, ritrovare la fiducia. Ho capito di dover convivere con quello che mi è successo, facendo in modo che mi renda migliore anche come uomo. A volte penso a quando a 12-13 anni sognavo di correre il Tour. Quando penso a quel bambino, sono felice di avere questa chance e che la squadra creda in me. Se c’è uno sprint del Tour che ricordo? Ne parlavamo giusto ieri con Mark. Quello del 2009 quando mimò il gesto del telefono, dedicandolo allo sponsor che faceva telefonini…».

Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?
Quattro tappe nel 2021 e la squadra come una famiglia. Ci sarà un altro Tour per Cavendish?

Amore per il ciclismo

Cavendish risponde e a un certo punto sembra di essere in una schermaglia, cercando un varco per entrare.

«Questa squadra è nota per essere una famiglia – dice parlando dei giovani – anche io ho impiegato poco per riambientarmi. Penso che sia importante che sia una famiglia oltre che una squadra. Se le persone si connettono a livello emotivo, le prestazioni saranno migliori. Non riguarda solo il ciclismo ed è quello che mi piacerebbe far capire ai più giovani. Spetta a ciascuno di noi. Ricordo come le persone mi hanno sostenuto quando ero un ragazzo e spero che loro domani possano fare lo stesso quando avranno la mia età. Sono un ciclista professionista, ho la fortuna di avere una bici da guidare. Non avrei mai pensato che il ciclismo sarebbe stato una scuola così grande quando ho iniziato. Oggi non è più uno sport di nicchia come quando ho iniziato. E’ super bello da testimoniare».

Quando il loro turno finisce, entrambi se ne vanno dalla stanza al primo piano del gigantesco Suitopia Sol y Mar di Calpe che da qualche anno ospita la squadra belga. Mark si ferma a parlare con Morkov, Fabio va a prendere un bicchiere d’acqua dopo aver parlato ininterrottamente per quasi 40 minuti. Il Tour li unisce e li divide. Uno è convinto di andarci, ma sa di doverselo meritare. L’altro non è per niente convinto di restarne fuori e sarà un diavolo su ogni traguardo. La loro sfida parallela meriterà di certo altri racconti.

Petacchi: «Cavendish ha accettato il compromesso»

10.12.2021
4 min
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Contratto rinnovato per un’altra stagione e la certezza che non correrà il Tour de France. Così Mark Cavendish si accinge a vivere quella che probabilmente sarà l’ultima stagione da professionista, con il brutto fuori programma della rapina subita nella casa dell’Essex che ha fruttato ai rapinatori un paio di orologi di immenso valore e portato nella famiglia britannica il seme della paura. Lasciando che la giustizia faccia il suo corso e che il tempo lenisca le ferite, ci siamo ritrovati con Alessandro Petacchi a ragionare del rinnovo di contratto firmato da Mark con la Quick Step-Alpha Vinyl: questo il nuovo nome della squadra di Lefevere.

Con lo spezzino si ragionò quando Cavendish firmò per la Deceuninck-Quick Step e lo vedemmo passare dalla perplessità iniziale alla certezza che, andando al Tour a causa dell’indisponibilità di Sam Bennett, Mark avrebbe fatto grandi cose.

Al Tour de France 2021, Mark Cavendish ha raggiunto Eddy Merckx a quota 34 tappe vinte
Al Tour 2021, Cavendish ha raggiunto Merckx a quota 34 tappe vinte

«Sapevamo più o meno tutti – dice lo spezzino – che per Lefevere il futuro è Jakobsen. Non so quanto gli costi, ma certo è nel suo interesse farlo crescere. Se non avesse avuto quel brutto infortunio, sarebbe già diventato il velocista più forte al mondo. Ha perso tempo, è tornato alla Vuelta e ha vinto. Andrà sempre più forte e tornerà al 100 per cento».

E Cavendish?

Rientrava da anni bui. Al Tour 2021 è andato perché ci sono stati quei problemi con Bennett, altrimenti non avrebbe dovuto farlo. I compagni hanno avuto il grande merito di stargli accanto e forse non c’erano avversari irresistibili, però è sempre Cavendish e va rispettato. Ha dimostrato di aver ritrovato un livello altissimo e sa che se resta lì, continuerà ad andare forte, mentre è lunghissimo l’elenco di quelli andati via da lì e che poi non hanno più vinto. Credo che in nome di questo, Mark abbia accettato il compromesso.

Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Pensi che Mark potrebbe convertirsi in gregario di Jakobsen come facesti tu per lui?

Non ha l’indole per tirare. Non puoi portare Mark Cavendish al Tour per tirare. Non ha la mentalità e neanche le caratteristiche per farlo. Per quel ruolo c’è Morkov, semmai cercherei di rafforzare il treno. La squadra del Tour è quasi fatta, con Jakobsen e Morkov, Alaphilippe e Asgreen e poi altra gente che dovrà lavorare.

Lo rivedremo al Giro?

E’ una possibilità. La sua motivazione per il Tour potrebbe essere battere il record di Merckx, ma credo che sia stato già tanto riuscire a eguagliarlo, considerato dov’era finito. Lo avevo visto aggressivo al Turchia, era super motivato e si fece trovare pronto. Magari sarà pronto anche la prossima estate, non si può mai dire.

Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo guadagnandosi una borraccia
Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo
Lasciare fuori uno che ha vinto 34 tappe al Tour, di cui 4 nel 2021, per puntare su un giovane che il Tour non l’ha mai fatto…

Lefevere per queste cose è molto bravo, non usa il cuore ma la testa. E forse battere il record di Merckx, per la squadra potrebbe non aggiungere niente. Ma lasciarlo a casa per portare Jakobsen potrebbe essere visto come un rischio e possiamo essere certi che il Mark del Tour è un’altra persona. Lo ricordo dal 2014. Lo avevo visto dieci giorni prima e quando lo ritrovai alla partenza da Leeds, mi chiesi se fosse lo stesso corridore. Cadde e andò a casa dopo la prima tappa, ma il Cavendish del Tour è davvero un’altra cosa. Non avrebbe vinto quattro tappe l’ultima volta, se così non fosse…

Trentin, l’ultima imboscata prima degli europei

01.09.2021
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Forse per fare un regalo a Jakobsen che compiva 25 anni, ieri quasi tutte le squadre si sono rassegnate all’arrivo in volata. Non che le alternative fossero infinite, ma quando il UAE Team Emirates ha aperto il gas, si poteva provare a dargli una mano. Una bella imboscata e via. La Deceuninck-Quick Step era rimasta indietro e con un po’ di collaborazione si poteva se non altro appesantire le gambe del velocista più forte del gruppo.

Trentin ci ha provato ed è per questo che in serata non aveva poi troppi rimpianti, se non quello per la vittoria che ancora non arriva e che alla vigilia degli appuntamenti più caldi come europei e mondiali, gli darebbe le sicurezze necessarie. 

Terzo nella volata di ieri e tanti auguri a Jakobsen che compiva 25 anni. L’imboscata nel finale è andata male
Terzo nella volata di ieri e tanti auguri a Jakobsen che compiva 25 anni. L’imboscata nel finale è andata male
Stai facendo delle prove generali o volevi davvero battere Jakobsen in un testa a testa?

Bè dai, se riuscivo a batterlo non era male. E’ ovvio che se lo porti di in volata, poi diventa difficile. Stiamo parlando di uno di quelli che hanno più watt in assoluto. Ho preso la ruota di Meeus, ma più di un terzo posto non si poteva fare. Ci ha lasciati lì…

Forse si poteva provare ad anticiparlo…

Infatti siamo l’unica squadra che ci ha provato (quasi ringhia nel dirlo, ndr), gli altri se ne sono un po’ fregati. Abbiamo dovuto muoverci da lontano perché era l’unico punto dove si poteva fare. Poi però quando il vento è girato e ce lo siamo trovato in faccia, nessuno ci ha dato una mano. Magari si poteva fare qualcosa, lo si poteva stancare un po’. E infatti lui su quell’imboscata era rimasto indietro.

Come stai?

Sono stanco, ovvio, ma sto bene. Manca sempre la vittoria, però vedo che comunque sia di gambe che anche mentalmente sto sempre meglio. Vediamo il bicchiere quasi pieno, insomma…

Cassani ha dato i nomi per gli europei ed è chiaro che da te si aspetti qualcosa…

Vediamo, perché sicuramente a Trento la corsa viene molto dura, quindi bisognerà correre bene e riuscire a fare le cose come Dio comanda. E’ impegnativa per il circuito e perché prima c’è il Bondone, non ho mica capito qual era l’intenzione, però fa lo stesso. E c’è un sacco di salita prima, quindi comunque in generale verrà dura… 

Con Cimolai prima che si ritirasse: il friulano poteva essere un’ottima spalla per gli europei
Con Cimolai prima che si ritirasse: il friulano poteva essere un’ottima spalla per gli europei
Troppo dura per te, oppure per un buon Trentin è possibile fare bene?

Posso fare bene. Il circuito si farà sentire, perché la salita dura intorno agli 8 minuti, qualcosina meno. E poi ne hai altri 23-24 per fare il giro, quindi comunque ogni 20 minuti sei sotto e ricominci a salire. Sicuramente si farà sentire. La discesa è da spingere, quindi in realtà se stai a ruota recuperi…

Hai in testa più gli europei o il mondiale?

Il mondiale è molto più adatto a me e non a uno scalatore. Mentre all’europeo uno scalatore un po’ scaltro può far bene. Uno come Pogacar non aspetterà la volata, poco ma sicuro. Va sempre forte, ma a Plouay ha un po’ picchettato anche lui.

Siete compagni di squadra, vi allenate mai insieme a Monaco?

No, perché lui esce troppo tardi. Può permetterselo, non ha figli.

Il fatto di correre in casa cambia qualcosa, accende qualche lampadina in più?

Non lo so, ci tengo di sicuro. La salita la conosco parecchio bene, visto che era la strada che facevo due volte al giorno in pullman per andare a scuola. Quindi essendo vicino a casa, fa sempre piacere.

A Glasgow nel 2018, Matteo vince l’europeo con volata tirata da Cimolai, che finisce quinto
A Glasgow nel 2018, Matteo vince l’europeo con volata tirata da Cimolai, che finisce quinto
Ci sono altre tappe possibili alla Vuelta?

Adesso arrivano solo tapponi, domani e dopodomani (oggi e domani per chi legge, ndr) la vedo proprio dura. Poi c’è venerdì, una tappa in cui però dovrebbero allinearsi i pianeti in maniera importante. Diciamo che non la tiro fuori del tutto, ci provo. Poi se va, bene. Sennò pazienza. E’ stata la Vuelta con più volate in assoluto degli ultimi tempi e con più tappe piatte. Se togliamo quella che ha vinto Cort Nielsen, che siamo arrivati in pochi davanti, non ci sono state tante tappe da pensare che arriva il gruppetto. 

Nei prossimi giorni si lavora per la squadra o si salva la gamba?

Vediamo un pochino com’è la situazione. E’ ovvio che adesso parte un’altra Vuelta, perché nei prossimi 4-5 giorni c’è più salita che nelle due settimane precedenti. Tolti quelli di classifica, bisogna vedere che tipo di corridore sei e come stai. A me per esempio fa anche bene tenere duro sulle salite. E’ ovvio che non devo esagerare, bisogna sapere quel che si sta facendo, bisogna conoscersi. Non è detto neanche che faccia davvero bene stare sempre nel gruppetto per tutta la settimana, perché qua il tempo massimo è infinito e quindi il rischio è che fai anche poca fatica. Dipende da quello che stai cercando. Se sei messo come un aratro, è bene mollare prima. Altrimenti si può sempre pensare di migliorare.

A fine settembre, sul percorso dei mondiali, ritroverà invece strade che gli si addicono di più
A fine settembre, sul percorso dei mondiali, ritroverà invece strade che gli si addicono di più
Tu cosa cerchi?

Adesso come adesso sto bene, quindi mi serve tenere il fisico un po’ impegnato.

Dopo la Vuelta, vai diretto in Trentino o ti fermi a Monaco?

No, vado a casa, fatemi vedere i bambini qualche volta (ride, ndr). Si poteva pensare di portarli dai nonni, ma lunedì cominciano le scuole e il grande va alle elementari. Sono curioso, gli piace quando gli spiegano le cose. Fa la scuola in francese e lo parla già meglio di me.

Com’è il tuo francese?

Lo parlo abbastanza. Diciamo che mi capiscono tutti a parte francesi, che come sempre ti rispondono storcendo il naso finché non gli dai la pronuncia perfetta. Adesso vado a riposarmi un po’, avete visto il profilo della prossima tappa?

Dainese, spallata alla pressione: «Mi manca solo fare primo…»

22.08.2021
3 min
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«Ho fatto quarto, terzo, secondo – dice Dainese ridendo – la prossima volta dovrò fare primo, no?».

Eravamo stati zitti per scaramanzia, ma se lo dice lui come prima cosa, la risata si fa comune. La Vuelta sta per vivere la durissima giornata all’Alto de Velefique e poi andrà al primo riposo, ma per il velocista padovano la tappa di ieri a la Manga del Mar Menor resta un buon ricordo, con poco rammarico essendosi dovuto arrendere a uno Jakobsen che ha riallacciato in modo fantastico il filo con il saper vincere.

«Vincere o non vincere – dice – quel che conta è che io riesca a correre senza pressione addosso. Guarda caso, ho cominciato ad andare meglio quando mi sono tolto di dosso il voler dimostrare. Qua il livello è altissimo, può capitare che mi stacchi e se succede, pace…».

Jakobsen ancora primo: quarta vittoria dal ritorno alle corse, la seconda alla Vuelta
Jakobsen ancora primo: quarta vittoria dal ritorno alle corse, la seconda alla Vuelta

Tappa croccante

Per Alberto il punto non sono tanto le volate, in questo primo grande Giro, quanto capire i suoi limiti nelle tappe più dure e l’attitudine a recuperare per sprintare ancora.

«L’altro ieri – ride ancora – quella al Balcon de Alicante è stata una tappa croccante. Nel gruppetto, in cui di solito viaggiano i velocisti staccati, eravamo in 120 su 164 partenti. E si andava forte. Su di noi a un certo punto è rientrato anche Valverde con i suoi compagni, poi però si è fermato ancora…».

L’anno scorso il team aveva anche le maglie bianche contro il caldo, quest’anno… all black!
L’anno scorso il team aveva anche le maglie bianche contro il caldo, quest’anno… all black!

Due ventate di troppo

La volata di ieri contro Jakobsen, anche lui uscito come Dainese dalla Seg Academy Racing, non ha avuto poi molta storia.

«Lui è forte – dice – e più vince e più guadagna rispetto, per cui gli viene anche meglio arrivare a fare i suoi sprint. Io qualche errorino l’ho fatto, ho preso un paio di ventate che a quelle velocità sono un bello spreco, ma Fabio è forte ed è meglio perdere da uno così che da un altro che magari non sai nemmeno chi sia».

Ritorno al 53

Tra le voci su cui continuare a ragionare per i prossimi sprint c’è anche la scelta dei rapporti, dato che tutti gli sprinter del gruppo hanno ormai scelto di correre con il 54.

«Ieri il 53 – dice – mi è sembrato piccolino. Ho smesso di usare il 54 perché nelle tappe di pianura mi ritrovavo per tutto il giorno sempre a spingere troppo duro. E anche in volata… A me piace fare gli sprint a 130 pedalate, con il 54 non riuscivo. Ma è indubbio che con certe velocità fa la differenza. Se sopravvivo alle montagne, abbiamo qualche altra occasione di provarci, ma certo dopo quello che ho visto nella tappa di ieri, sono abbastanza inquieto (lo dice ridendo, ndr)».

Qualche fuga per Matteo Trentin e gran lavoro per i compagni: europei nel mirino
Qualche fuga per Matteo Trentin e gran lavoro per i compagni: europei nel mirino

La maglia nera

E poi c’è il capitolo caldo, già affrontato andando incontro alla Vuelta e di grande attualità viste le temperature che finora stanno… accogliendo i corridori soprattutto nelle tappe di montagna.

«In certi giorni – dice – è davvero estremo. Ieri si stava bene, si andava veloci. Il giorno prima si boccheggiava. E poi aggiungete che abbiamo le maglie nere e la frittata è fatta. L’anno scorso almeno avevamo anche quelle bianche…».

Caro Jakobsen: è tutto vero! Adesso il cerchio è chiuso

17.08.2021
3 min
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Fabio Jakobsen è davvero forte, ragazzi! Un ragazzo in rampa di lancio, che subisce quel terribile incidente, riparte da zero e torna a vincere. Solo chi è grande dentro ci riesce. Vero, l’olandese era già tornato a vincere. Ma un conto è farlo al Tour de Wallonie e un conto è farlo alla Vuelta

La frazione odierna era molto ondulata. La Intermarché Wanty di Taramae ha controllato bene
La frazione odierna era molto ondulata. La Intermarché Wanty di Taramae ha controllato bene

Dalla Polonia alla Spagna

Oggi sull’arrivo di Molina de Aragón la volata non era affatto scontata. I velocisti se la sono dovuta sudare non poco. Ma se la Deceuninck-Quick Step mira a tenere la corsa chiusa… allora levatevi tutti! E infatti la vittoria è loro.

Jakobsen stesso torna subito sull’argomento. Dal Polonia 2020 in poi: «È un sogno che diventa realtà – ha detto il corridore della Deceuninck-QuickStep – Dopo l’incidente è stata una lunga strada per tornare. Sono felice di essere qui. Ci è voluto molto tempo e molta energia da parte di molte persone. E questa vittoria è anche la loro vittoria. Sto parlando dei medici, dei chirurghi, dell’équipe medica in Polonia e della mia seconda famiglia, la Deceuninck, dell’équipe e di tutto il resto. È anche la vittoria della mia famiglia, perché io ci sono per loro».

Jakobsen festeggia la sua vittoria a Molina de Aragòn, per lui è la terza vittoria di tappa alla Vuelta (ne aveva vinte due nel 2019)
Per Jakobsen è la terza vittoria di tappa alla Vuelta (ne aveva vinte due nel 2019)

Paura alle spalle…

In ogni caso, la paura non deve appartenere più a questo ragazzo. Nei primi sprint dopo il ritorno alle corse aveva ammesso che la prima cosa era ritrovare la lucidità e la scioltezza in volata, ma da come ha descritto il finale di oggi si può dire che Jakobsen sia più che lucido.

«È stato uno sprint molto lungo e durante il quale sono successe tante cose – ha detto Jakobsen – il problema è che tutte le squadre dei leader volevano stare davanti e quindi per noi c’era poco spazio. Poi ai -3 chilometri, come è scattata la neutralizzazione e loro hanno mollato un po’, abbiamo provato a prendere il comando. Prima Stybar mi ha messo intorno alla ventesima posizione, poi Bert van Lerberghe mi ha portato davanti. C’era una piccola curva a destra. Ho trovato la ruota di Demare era lui l’uomo da battere oggi (vero, ha fatto secondo, ndr). Ho spinto al massimo e alla fine l’ho passato. Ma non ero sicuro di farcela».

jakobsen
Con la vittoria di oggi, l’olandese balza in testa alla classifica a punti
Con la vittoria di oggi, l’olandese balza in testa alla classifica a punti

E spalle coperte di verde

La paura sarà anche alle spalle e il cerchio sembra essere definitivamente chiuso, ma adesso proprio quelle spalle sono ricoperte di verde. Il verde di chi indossa la maglia della classifica a punti. Jakobsen in salita tiene benino rispetto ad altri sprinter e visto che non deve correre pensando troppo al mondiale (i leader olandesi sembrano essere altri) può puntare forte anche sulla maglia fino alla fine. In più quest’anno in Spagna gli sprint non mancano.

L’avversario più pericoloso è Michael Matthews oggi sesto. L’australiano vorrà rifarsi del secondo posto, sempre in questa classifica, del Tour de France. E poi è un volpone. Ma Jakobsen ha dalla sua la squadra. Una squadra fortissima, che sa correre compatta ovunque. E che sa come portare il suo velocista al traguardo. Cavendish lo sa bene. E anche Matthews.

I destini incrociati di Groenewegen e Jakobsen

31.07.2021
4 min
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Come in un romanzo. A distanza di un anno i destini di Dylan Groenewegen e Fabio Jakobsen sono tornati ad incrociarsi. 

Tour de Wallonie, seconda metà di luglio. Una corsa a tappe per velocisti e pesi massimi, tanto che il campione uscente era Arnaud Demare. La prima tappa va a Dylan Groenewegen. Il giorno dopo ecco che ad alzare le braccia al cielo è Fabio Jacobsen. Il quarto giorno il Jumbo concede il bis, il quinto ribatte il colpo il Deceuninck. Una coincidenza più che particolare. I due olandesi sono tornati a gareggiare insieme quasi ad un anno di distanza dal “fattaccio” (era il 5 agosto) e anche stavolta si sono rincorsi in qualche modo. In realtà si erano già incrociati al campionato nazionale, ma senza nessun acuto da parte di entrambi.

La caduta al Giro di Polonia. I destini dei due iniziano a incrociarsi
La caduta al Giro di Polonia. I destini dei due iniziano a incrociarsi

Il fattaccio

Ricordiamolo il fattaccio. Giro di Polonia. Su un arrivo che già si sapeva essere pericoloso, l’olandese in volata commette una scorrettezza. Dylan stringe verso la transenna Fabio che cade rovinosamente a terra. A terra ci finisce anche il corridore della Jumbo-Visma. Il problema è che quello della Deceuninck-Quick Step prima di toccare l’asfalto tocca (toccare è un eufemismo) le transenne e il cielo. Schizza talmente veloce che comunque la vittoria è sua.

Subito divampa la polemica e i fucili sono tutti puntati sul Groenewegen, il “cattivo”, l’orco. Lui si rompe clavicola e riporta varie contusioni. Jakobsen finisce in coma, ha fratture multiple ovunque e persino sul volto, perde i denti. Lefevere, team manager della Deceuninck, vuole denunciare Groenenwegen.

Col tempo le polemiche non si smorzano poi tanto. Sembra, che Jakobsen volesse anche tendere una mano verso il rivale, ma che proprio Lefevere volesse tenere alta la tensione anche in ottica di un risarcimento. Groenewegn è squalificato dall’Uci, si dichiara colpevole. In pochi però puntano il dito sul perché le transenne si siano aperte, perché non erano state messe a norma. Perché Groenewegen avrà anche sbagliato, ma alla fine non ha fatto una scorrettezza più cattiva di tante altre che si sono viste in passato. Di certo gli effetti su Jakobsen gli hanno remato contro. Alla fine anche i colleghi velocisti, pur ammettendo che non sia un simpaticone, dicono che non è un ragazzo cattivo. E per vincere non ha bisogno di certi gesti.

Fine di un incubo per Groenewegen, la 1ª tappa del Wallonie è sua
Fine di un incubo per Groenewegen, la 1ª tappa del Wallonie è sua

Il ritorno di Dylan…

Ma torniamo al presente. Quel giorno ad Heron, dopo 185 chilometri di su e giù, Dylan mette in fila tutti. 

«È un grande sollievo sapere che adesso sto bene e che so ancora vincere –  disse Groenewegen – Ho attraversato un lungo momento molto difficile. In più ho corso pensando a mio nonno, scomparso da pochissimo. La squadra è stata molto importante perché mi ha aiutato oggi e anche nei quei mesi meno belli».

«Avevo ripreso a correre al Giro d’Italia e oltre a soffrire molto per mancanza di ritmo, nelle prime gare, ma anche nelle prime uscite in bici dopo l’infortunio, pensavo all’incidente tutto il giorno e tutto il giorno risentivo il rumore di quella caduta. E’ stato uno shock».

E 24 ore dopo, eccolo “gioire” per il successo di Jakobsen. «Fabio merita questa vittoria. Vederlo vincere è un sollievo, provo ammirazione per lui. Sono felice di poter correre di nuovo contro». I destini sono ufficialmente incrociati adesso.

Jakobsen vince la 2ª tappa del Wallonie e torna anche lui al successo
Jakobsen vince la 2ª tappa del Wallonie e torna anche lui al successo

E quello di Fabio

E Jakobsen? Come accennato Fabio è stato meno “caloroso” rispetto all’olandese. Almeno in pubblico. Vuoi perché veramente non abbia digerito la cosa (e sarebbe più che comprensibile), vuoi perché queste sono le direttive del team, ma ha teso meno la mano rispetto a Groenewegen.

«Non ho parole per descrivere questo momento – ha dichiarato l’atleta della Deceuninck dopo il suo successo – Non so quanta gente devo ringraziare: medici, fidanzata, famiglia, squadra, amici… Questa vittoria è anche loro. Sono contento di essere tornato velocista».

Jakobsen era rientrato alle gare e questa era la prima volta che ritrovava in corsa Groenewegen. In realtà la seconda, un primo approccio c’era stato al campionato nazionale olandese. 

Entrambi hanno sottolineato il fatto di aver ritrovato lo sprinter che era in loro. Segno che anche questi mostri di potenza hanno le loro insicurezze, le loro fragilità. 

Adesso si attende una volata tra i due, un testa a testa. Quello sì che sarebbe la vera chiusura del cerchio. Magari già oggi nella Heylen Vastgoed Heistse Pijl, ennesima gara belga per ruote veloci… e destini incrociati.