Van Aert ha fatto quello che tutti noi speravamo facesse. Ha preso la vittoria nella Omloop Het Nieuwsblad, l’ha messa per un attimo da parte con i sorrisi e i brindisi e ha detto la sua sulla guerra in Ucraina.
«Voglio dire una cosa – ha esclamato dietro il podio – le corse in bicicletta adesso sono una questione secondaria a fronte di cose più importanti che stanno succedendo a questo mondo. E’ una follia anche solo pensare che una guerra sia ancora possibile e per giunta così vicina. Per quel che vale, vorrei esprimere il mio sostegno a tutti coloro che sono coinvolti dalla guerra in Ucraina».
Maledetto vento
Che corsa ragazzi! Davanti tutti i pezzi grossi del gruppo, mentre Gaviria correva in ospedale con la clavicola rotta. Il racconto di Van Aert intanto spiega tutto, mentre il pubblico in visibilio se lo mangiava con gli occhi. Grato per quell’azione a 13 chilometri dall’arrivo.
«C’era molto vento contro – ha proseguito il vincitore – e di conseguenza la corsa è rimasta chiusa per molto tempo. In realtà volevo forzare la situazione un po’ prima, ma c’era poco. Però sul Berendries ci siamo mossi. Tiesj Benoot e il resto della squadra hanno fatto un lavoro fantastico. Sono molto contento di questa vittoria».
Obiettivo Roubaix
«Non pensavo di andare tanto bene così presto – ha aggiunto – ma ero ben preparato. Ho una buona condizione ed è difficile adesso dire se potrò mantenerla fino a Roubaix. In termini di intensità, c’è ancora qualcosa da aggiungere. Sono stato bravo, ma il Fiandre e la Roubaix sono ancora più importanti, quindi spero di migliorare un po’. Conto di fare quest’ultimo passo alla Parigi-Nizza aiutando Roglic, che va là per vincerla».
Testa e gambe
Che Colbrelli non nuotasse nell’oro si era visto. Però stava lì, con quelli davanti. Muoveva le spalle sui muri, ma non mollava e per questo per un po’ abbiamo sperato di raccontarne un’altra. E ci sarebbe anche riuscito Sonny, se ai piedi del Bosberg Van Aert non avesse deciso di averne abbastanza. Il gigante belga ha avuto nello stesso giorno più testa e più gambe. La prima nel dare via libera a Tiesj Benoot, costringendo gli altri (fra loro proprio Colbrelli, Trentin e Pasqualon) a spendere quel po’ che gli era rimasto. Le seconde nell’attacco sull’ultimo muro.
Trentin e il Muur
Quando c’è pubblico, le Fiandre sono un posto fantastico. Terra di giganti che pigiano sui pedali e tifosi nelle cui vene scorre lo stesso sangue schiumoso ricavato dal luppolo. Dopo gli ultimi due anni con poca gente sulle strade (perché ai belgi puoi vietarlo, ma non sarai mai sicuro che casualmente non si trovino al passare sulle strade della corsa), rivedere il Grammont con le giostre, la gente e la birra è stato persino un’immagine commovente. E proprio in quel budello di pietre brune come il cuoio, che in passato ha visto le azioni di Bartoli e Ballan, Boonen e Cancellara, Trentin ha sfidato Van Aert e per un po’ l’ha preoccupato.
Vittoria studiata
Wout l’aveva preparata. Ieri è andato a dare un’occhiata a Haaghoek e Leberg e ha incontrato e superato Alexander Kristoff sul Berendries. E’ arrivato fino al Muur di Geraardsbergen.
«E’ stato utile fare questa ricognizione – diceva stamattina alla partenza il diesse Maarten Wynants – per testare di nuovo il materiale e verificare le sensazioni sulle pietre. La maggior parte dei ragazzi è stata sul Teide per tre settimane e ha pedalato su strade perfette…».
Fatica Colbrelli
E di prima corsa si trattava anche per Colbrelli, sceso anche lui domenica scorsa dal Teide, come ci aveva raccontato proprio da lassù. Quelli forti non hanno bisogno di tanto rodaggio, ma è singolare che ai primi due posti della Omloop Het Nieuwsblad si siano piazzati due corridori già brillanti appena scesi dall’altura.
«Brillante, insomma… – sorride il bresciano – ho sofferto, vi dico la verità. Stavo abbastanza però… è andata! Un bel secondo posto in una classica di inizio stagione. Speriamo di far meglio nelle prossime gare. Ci ho sperato fino alla fine, ma non posso dir nulla. Ho visto che Van Aert partiva, ma mi sono detto: “Resto qui, perché già sono un po’ al limite”. Avevo ancora due compagni e mi sono detto: proviamo a chiudere il gap. Sapevo che era molto difficile. Oggi Van Aert aveva un’altra marcia e si è visto».
Rimpianto Pasqualon
Chi invece davanti all’attacco di Van Aert non si è voltato dall’altra parte è stato Andrea Pasqualon. Un cerotto sullo stinco destro, la barba impolverata e la tosse che impedisce al respiro di andarsene.
«Quando mi sono accorto che partiva sul Bosberg – dice – ho provato io a seguirlo. Ma quando a quello lì gli dai 10 metri, non lo pigli più. Si sapeva che ha una marcia in più, lo ha dimostrato ed è andato fortissimo. Del resto è un campione! Io… Ho provato sul Bosberg. Ho provato a rientrargli sotto, ma la gamba era quella che era. Purtroppo una settimana fa sono caduto e ho sofferto tanto. Anche nel finale non ero brillante, ero pieno di crampi e si è visto bene anche in volata che non ero proprio io.
«Sotto questo cerotto, ho due buchi profondi, che fanno male e non mi fanno recuperare di notte. In queste corse serve ogni minima energia, però sono contento del risultato. In fin dei conti non sono andato male. E domani recupero perché voglio puntare a fare bene a Le Samyn, che mi si addice. Domani niente Kuurne, cercherò di ritrovare le forze».