Potrebbe essere una BMC Timemachine di nuova generazione? Potrebbe, ma la realtà dei fatti è che dalla casa svizzera le bocche rimangono cucite e poco o nulla trapela per quello che concerne la descrizione approfondita della nuova bicicletta.
Al Giro del Delfinato viene utilizzata da Van Avermaet, coinvolto da BMC in più di un’occasione per la ricerca e lo sviluppo, ma anche da Ben O’Connor: tutti del Team AG2R-Citroen (siamo certi che il “prototipo” sia stato fornito anche al Tudor Pro Cycling Team e non ci meraviglierebbe di vederla con richiami Red Bull). Cerchiamo di approfondire l’argomento con il materiale in nostro possesso.
Anche O’Connor la sta provando al Delfinato. In Svizzera la useerà Cosnefroy (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Anche O’Connor la sta provando al Delfinato. In Svizzera la useerà Cosnefroy (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)
Create Speed, il claim aerodinamico
Create Speed è da sempre il claim che contraddistingue la ricerca legata al segmento di bici aerodinamiche. La bici tutta nera, rispetto alle altre Teammachine SLR01 azzurro/arancioni, non può passare inosservata, come lo è stato con la Masterpiece di Paret Peintre al Giro.
Partendo dall’avantreno si nota la forcella con gli steli dritti e con una vistosa apertura per il passaggio della ruota/gomma. E’ importante la squadratura della testa della forcella. La tubazione dello sterzo è parecchio svasata nella sezione centrale con un abbondante fazzoletto che unisce l’orizzontale e l’obliquo. Quest’ultimo è voluminoso, ma non eccessivo come vuole la tradizione di BMC votata all’equilibrio delle forme. L’orizzontale invece sfina in maniera vistosa man mano che si sposta verso il piantone.
Il piantone è dritto e sfinato nel punto di passaggio della ruota. Una delle particolarità è l’inserzione degli obliqui con una sorta di blocco massiccio e abbondante nelle forme. Il carro posteriore è diviso in due, tra gli stays obliqui più sottili e quelli inferiori voluminosi. C’è un rinforzo appena sopra il perno passante, c’è un volume ampio nel punto in cui i due foderi bassi si uniscono alla scatola centrale.
Ecco più da vicino la nuova bici in mano a Ben O’Connor: impossibile non notarla (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Un avantreno massiccio e il nuovo Super Record (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Un carro aero fuori dai canoni BMC (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Ecco più da vicino la nuova bici in mano a Ben O’Connor: impossibile non notarla (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Un avantreno massiccio e il nuovo Super Record (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)Un carro aero fuori dai canoni BMC (foto AG2R-Citroen Getty YPmedias)
Il nuovo Campagnolo Wireless
I due corridori citati in precedenza, sicuramente tra i più rappresentativi del Team AG2R-Citroen, stanno usando anche la nuova trasmissione Campagnolo Super Record Wireless e le ultime ruote (sempre Campagnolo) Hyperon Ultra.
Resta ora la curiosità di vedere chi altri la userà al Giro di Svizzera, quando scenderanno in strada i ragazzi della TudorPro Cycling Team, team sponsorizzato da BMC. E c’è anche la curiosità di vederla equipaggiata con ruote dal profilo superiore, che potrebbero darle un impatto estetico molto più aggressivo. E se non è ancora dato di conoscerne le caratteristiche specifiche, dalle voci raccolte in gruppo emerge che i corridori che la stanno usando siano molto soddisfatti.
Cadel Evans tornerà a Montalcino nel giorno della tappa. Ricorderà con gli amici di Bmc quel giorno al Giro del 2010, quando il fango inghiottì il gruppo
«A me il sistema dei punti piace – dice Thomas, sparigliando le carte – perché in pista mi piacciono le corse a punti, mi motivano a correre per dare il massimo. Però la tabella dei punteggi non è giusta e va rivista. Una Coppa di Francia dovrebbe valere la metà di una tappa al Giro o al Tour. Nel ranking ci sono squadre che non vincono le corse WorldTour e sono più avanti di quelle che danno tutto per vincere una tappa al Delfinato. Il sistema non funziona, il criterio va rivisto. Se fare quinto rende più che vincere, è ovvio che correranno per fare quinti. Ma se trovi il giusto equilibrio, allora non corri per fare punti, ma per vincere».
Lo scorso inverno a Roubaix, ha vinto l’iride nella corsa a punti, già vinta agli europeiLo scorso inverno a Roubaix, ha vinto l’iride nella corsa a punti, già vinta agli europei
Lucidità al top
Nel gruppo dei francesi lanciati verso il Tour, c’è un campione della pista che alla Boucle non c’è mai stato prima e si chiama Benjamin Thomas. Uno da quattro mondiali su pista, sei europei e il bronzo a Tokyo nell’americana. Ha appena finito il Delfinato e l’ha preparato correndo, non andando in altura. E’ un atleta cui la pista ha dato una lucidità pazzesca, che gli ha permesso di battere su strada anche corridori superiori fisicamente, come Cosnefroy alla Boucle de la Mayenne.
«La pista – sorride – insegna a utilizzare le debolezze degli altri. Cosnefroy era appena sceso dall’altura e andava fortissimo. Quando però è partita la fuga di 25 nella seconda tappa, lui non c’era. Io me ne sono accorto e ho messo la squadra a tirare. E’ rientrato, doveva recuperare, ma io sono partito subito. Ha inseguito ancora e mi ha ripreso, ma l’ho battuto in volata. La pista insegna a fare le cose giuste al momento giusto».
A Pré en Pail-Saint Samson 2ª tappa della Boucle de la Mayenne, batte Cosnefroy e prende la magliaA Pré en Pail-Saint Samson 2ª tappa della Boucle de la Mayenne, batte Cosnefroy e prende la maglia
Riprendiamo il discorso dei punti?
Lo scorso inverno alla Cofidis abbiamo fatto delle riunioni in cui ci hanno spiegato come funzionava. L’inizio di stagione è stato buono e si è formato un bel gruppo cui piace andare all’attacco. Non siamo ancora salvi, ma continuando così avremo il nostro posto nel WorldTour. Ci sono momenti in cui non si vince e allora c’è nervosismo. Poi uno ci riesce ed è come quando si fa goal al 90° e tutti sono contenti. Ripeto: a me piace, ma vanno ridistribuiti i punti e il numero dei corridori che vengono conteggiati.
Solo i primi dieci, giusto?
Esatto, ma questo penalizza i giovani che vengono fuori a metà stagione. Anziché fargli fare la loro corsa, si attuano strategie affinché tirino per i 10 che hanno più punti, anche se magari in quella fase non sono altrettanto in condizione.
Al Delfinato, dice Thomas, ci sono corridori già al top: terranno sino a fine Tour? Qui Roglic e VingegaardAl Delfinato, dice Thomas, ci sono corridori già al top come Roglic e Vingegaard: terranno sino a fine Tour?
Al Delfinato si sono visti pochi calcoli, però…
E’ stato molto intenso. A parte la prima tappa non troppo dura, siamo andati fortissimo tutti i giorni. E tutte le volte che partiva la fuga, il gruppo dietro era in fila indiana. Tutti scendono dall’altura e vedi quelli che vogliono vincere e quelli che si giocano ancora il posto per il Tour e devono dimostrare di essere forti. Anche a costo di esplodere. Non si formava neanche il classico gruppetto, non si staccava nessuno e dovevi pregare di stare bene e di essere nel gruppo giusto. Roglic magari non era al 100 per cento, ma Vingegaard sì.
Corsa in stile Tour?
Praticamente è stata una settimana da grande Giro, con lo stesso stress per la classifica. Mi chiedo se arriveranno tutti altrettanto bene nella terza settimana del Tour.
Thomas premiato con il numero rosso al Delfinato per i 127 chilometri di fuga della 5ª tappa a ChaintréThomas premiato con il numero rosso al Delfinato per i 127 chilometri di fuga della 5ª tappa a Chaintré
Corsa a sfinimento oppure si può mollare?
Devi scegliere la tappa su cui puntare e capire quando alzare il piede. Prendiamo il terzo giorno. Se avessi tenuto, avrei fatto la tappa della vita e sarei arrivato in volata con Van Aert. Ma ero già stanco e mi sono rialzato prima. Sulle montagne invece ho preso il mio ritmo per non sfinirmi prima del Tour. Ho provato ad andare in fuga alla quinta tappa, il giorno dopo la crono, ma alla fine ci hanno preso.
Sei stato anche tu in altura?
No, preferisco correre. Ho avuto diverse gare in Francia e non il tempo per le due settimane in altura. Ma poi, non essendo scalatore, non è così utile. E i punti alla squadra fanno comunque comodo.
A inizio stagione, Benjamin Thomas ha conquistato l’Etoile de BessegesA inizio stagione, Benjamin Thomas ha conquistato l’Etoile de Besseges
Che effetto fa il debutto al Tour?
Sarà una grande scoperta. Il Tour lo guardano tutti, mi aspetto una grande festa. Prima non ci pensavo, ma adesso inizio a sentire la tensione. Nella seconda settimana si passerà vicino le mie zone (Thomas è di Lavaur, vicino Tolosa, ndr), potrebbe avvicinarsi qualche amico che non segue il ciclismo. Il Tour parla a tutti.
Stesso stress delle Olimpiadi?
Diverso, ma sì. A Tokyo correvo da solo per la mia Nazione, qui c’è comunque la squadra. Ma devi arrivarci pronto, per cui l’avvicinamento è simile. Tokyo mi sarà utile nel gestire lo stress.
Thomas-Grondin, coppia di bronzo nell’americana alle Olimpiadi di TokyoThomas-Grondin, coppia di bronzo nell’americana alle Olimpiadi di Tokyo
Morkov, che ha le tue caratteristiche, è il miglior ultimo uomo per i velocisti, tu invece vai spesso in fuga. Come mai?
Perché sono più passista che sprinter. Potrei pure fare l’ultimo uomo, ma sono basso sulla bici e non darei una grande copertura. Sono sempre stato un corridore da attacco, anche in pista. Non faccio l’americana aspettando le volate, provo semmai a prendere il giro e le volate le faccio solo se ristrette. Su strada è lo stesso.
Però quest’anno la strada sta dando risultati migliori…
Sono cresciuto fisicamente e la squadra mi dà un bel ruolo nelle corse che mi piacciono (Thomas ha vinto l’Etoile de Besseges e la Boucle de la Mayenne, ndr), facendo il capitano in un gruppo di giovani. La prendo molto sul serio, poi quando vado al Delfinato, meglio lavorare per un capitano, che rincorrere un 20° posto. Meglio una tappa. Perciò al Tour proverò a fare bene la crono di Copenhagen e poi a entrare in fuga nelle tappe vallonate.
Thomas ha vinto per due volte il tricolore della crono, nel 2019 e 2021. Qui in azione al DelfinatoThomas ha vinto per due volte il tricolore della crono, nel 2019 e 2021. Qui in azione al Delfinato
Cosa ti aspetti dai campionati francesi?
La crono è piatta e lunga 45 chilometri, per specialisti. La strada saranno 240 chilometri in un circuito da ripetere per 15 volte, con due strappi ripidi di 800 metri. Non per scalatori, un Demare in condizione sarebbe favorito. Ce l’ho in testa anche io e ho corso per quattro anni alla Groupama. So come vanno a correre e questo sarà un vantaggio. Mi appoggerò a loro come si fa su pista, entrando nelle loro debolezze. So di non essere il più forte fisicamente, ma tatticamente so servirmi delle circostanze e del lavoro degli altri.
Allarme dalla Spagna: a causa dei punti, alcuni dei big rischiano di restare a casa dai mondiali. Per l'UCI una beffa causata dal perverso sistema dei punti
Dopo aver messo nel sacco la prima vittoria da professionista, Antonio Tiberi guarda avanti. Non si ferma e sul suo orizzonte si profila la Vuelta Espana, un’altra grande prima per il laziale della Trek-Segafredo.
L’iridato juniores a crono 2019 ha appena finito il Delfinato. Corsa che a quanto pare ha aggiunto un altro tassello alla sua carriera. E che in qualche modo fa parte del lungo cammino che lo porterà alla Vuelta.
Ecco, vogliamo sapere in che modo sta andando incontro al primo grande Giro.
Quest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al DelfinatoQuest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al Delfinato
E per questo, Antonio, partiamo proprio dal Delfinato: come è andata?
Un po’ stanco! Ma tutto sommato non male per il livello che c’era. Credo che proprio per la qualità media dei partecipanti sia stata la corsa più impegnativa che ho fatto, ma lo Svizzera e il Romandia dell’anno scorso sono stati più duri. Forse anche perché avevo una condizione più bassa.
Antonio, fra un paio di mesi inizia la Vuelta. Come l’approccerai? Stai cambiando qualcosa nella preparazione?
Direi che è cambiato molto quest’anno, a partire dalle ore di allenamento che sono aumentate e anche dalle gare di avvicinamento. Rispetto all’anno scorso ho fatto corse di livello maggiore e questo per avvicinarmi al meglio alla Vuelta. Per adesso non so se la farò tutta o solo metà. Questo credo che lo vedremo in corsa direttamente.
Ti spaventa l’idea di farla tutta?
No, no… io sono contento. Anche perché il mio obiettivo di corridore è quello di fare bene nelle grandi corse a tappe. Quindi sarà un modo anche per testarmi in ottica futura.
Hai parlato di ore: puoi quantificare questo aumento?
Diciamo che le doppiette, i giorni di carico per intenderci, sono diventate triplette. Prima magari facevo nell’ordine 3-4 o 4-5 ore, adesso ne faccio 5-4-5, con un giorno di scarico nel mezzo.
Rispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per TiberiRispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per Tiberi
E i famosi “fuorigiri”?
Anche quell’aspetto è cambiato. Faccio più lavori di qualità: dietro moto con volate uscendo di scia, i 40”-20”.
Percepisci questo cambiamento? Se avessi dovuto fare la Vuelta l’anno scorso pensi che saresti stato pronto?
Visto il livello delle gare che sto facendo quest’anno, posso dire che non sarei stato pronto. Magari un grande Giro lo avrei fatto e, chissà, anche finito, solo che poi avrei impiegato dieci mesi per recuperarlo. Io non so se questo approccio sia meglio o no, ma posso dire che quello graduale che stiamo facendo alla Trek-Segafredo con Josu Larrazabal per me è il modo migliore.
Il Tiberi 2022 vede la differenza rispetto al Tiberi 2021 quindi?
La differenza non solo la vedo, ma la sento. La sento in gara soprattutto. Lo scorso anno c’erano delle corse in cui mi sentivo benino, ma erano di livello più basso e poi un’altra cosa che ho notato è la costanza. L’anno scorso non avevo un rendimento costante, quest’anno c’è tutt’altro feeling. Poi la giornata no ci può stare, come mi è successo anche al Delfinato, ma di base sono molto più regolare.
Riguardo ai lavori da fare in bici, pensi che in questi mesi che ti separano dalla Vuelta farai qualcosa di diverso?
Io non ho mai fatto un grande Giro e poi non è che debba puntare ad entrare nei primi cinque della generale, non ci sarà da fare chissà quale lavoro stratosferico nel complesso. So che mi aspetta un periodo nel quale cercherò di stare particolarmente attento al recupero e all’alimentazione. E mi piace tutto questo, sono curioso: vedrò come funziona un grande Giro.
Tiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per luiTiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per lui
Hai parlato di alimentazione: cambierai qualcosa?
Cambiare no, però cercherò di stare più attento a ridosso del grande obiettivo. Non sono uno che conta i grammi, però cercherò di scegliere cibi sani, guardando alla qualità degli stessi. Insomma niente schifezze. E poi a ridosso della Vuelta mi confronterò con la nutrizionista della squadra. Ma non adesso.
Invece qual è il tuo programma? Farai l’altura immaginiamo…
Intanto penso ai campionati italiani. Io farò sia la crono che la prova in linea.
Ti sei allenato parecchio a crono?
Abbastanza. C’era da preparare anche quella del Delfinato, che tra l’altro era molto simile per percorso e distanza a quella tricolore.
Ti abbiamo interrotto: continua con il programma…
Dopo l’italiano, osserverò 4-5 giorni di recupero. Sarà un recupero totale, senza bici. Semmai la prenderò un giorno… se ne avrò voglia. Non a caso sto cercando di organizzarmi con i miei genitori per restare in Puglia per qualche giorno di vacanza subito dopo il tricolore. Poi tornerò a casa e riprenderò ad allenarmi. Farò l’altura, ma non so ancora dove. E prima della Vuelta farò anche una corsa a tappe: credo il Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto, ndr).
Filippo Conca risponde da un hotel vicino a Thizy Les Bourgs, sede di partenza della quinta tappa del Critérium du Dauphiné. Ieri si è corsa la cronometro, vinta dal nostro Filippo Ganna per soli due secondi su un sempre competitivo Wout Van Aert.
«Oggi sono stato tranquillo – dice Conca – la cronometro non è il mio campo e quindi sono andato di conserva». Difficile anche pensare di fare meglio vista la sua assenza dalle corse negli ultimi due mesi. Filippo lo avevamo lasciato in preda ai crampi dopo la Sanremo…
Conca in azione durante la Sanremo, è rimasto in fuga per 265 chilometri, solo i crampi lo hanno fermato Conca in azione durante la Sanremo, è rimasto in fuga per 265 chilometri, solo i crampi lo hanno fermato
Filippo, dopo che cosa è successo?
Due giorni dopo la Sanremo (corsa il 19 marzo, ndr), che non dovevo nemmeno fare, ho preso il via della Volta Ciclista a Catalunya. Ho fatto una tirata unica da Sanremo fino in Spagna e sono arrivato stanco, infatti le prime due-tre tappe dovevano essere di recupero.
Invece?
Invece il gruppo è andato tutti i giorni a “blocco”, in più si sono aggiunti i ventagli. Insomma, non le condizioni di corsa ideali per recuperare. Così, insieme alla squadra, abbiamo deciso di ritirarci e di pensare agli impegni successivi che sarebbero stati GP Indurain e Giro dei Paesi Baschi.
Una scelta giusta?
Sì, anche perchè almeno ho avuto quei due giorni in più per recuperare e presentarmi alle due corse successive più riposato.
La prima gara in Italia per Conca è stato il Trofeo Laigueglia corso con la nazionaleLa prima gara in Italia per Conca è stato il Trofeo Laigueglia corso con la nazionale
Anche se abbiamo visto che nella sesta tappa dei Baschi sei arrivato oltre il tempo limite.
In realtà, durante tutti i giorni di corsa ho fatto registrare i miei numeri migliori, ne parlavo anche con la squadra ed eravamo contenti dei progressi fatti. Avevo “assorbito” bene il ritiro fatto sull’Etna a marzo trovando il colpo di pedale giusto. La squadra era talmente felice dei miei progressi che mi aveva messo nella squadra del Giro. La storia del fuori tempo massimo fa abbastanza sorridere…
Perché?
Se guardate, alla sesta tappa, risultano arrivati solamente 54 corridori. Questo perché la tappa era estremamente dura, ma l’organizzazione ha tenuto una percentuale di tempo massimo bassissima. Io sono arrivato al traguardo con solamente 19 minuti di ritardo e sono andato a casa. Di corridori che non hanno nemmeno finito la tappa ce ne sono stati 26 a cui bisogna aggiungere altri 40 che come me sono arrivati al traguardo ma oltre il tempo limite.
Al Giro dei Paesi Baschi Filippo aveva una buona condizione ma due giorni dopo la fine della corsa è risultato positivo al CovidDue giorni dopo la fine del Giro dei Paesi Baschi, Conca è risultato positivo al Covid
Hai detto che eri stato inserito nella squadra del Giro, ma a Budapest non sei mai arrivato, come mai?
Questo perché due giorni dopo il mio ritorno a casa dalla Spagna sono risultato positivo al Covid. Ho avuto febbre alta per 5 giorni e dopo una settimana ero già negativo, così ho aspettato i canonici 10 giorni per tornare ad allenarmi. Le prime uscite le facevo brevi e a ritmi blandi, giusto per riprendere. Solamente che dopo 5-6 giorni dalla negatività, ho iniziato ad accusare sintomi di spossatezza, respiro affannoso ed avevo sempre sonno. Questi effetti post Covid mi sono durati un’altra decina di giorni.
Quindi tra una cosa e l’altra sei rimasto fermo un mese…
Sono tornato a correre a Francoforte il primo maggio, ma per una semplice questione numerica. A causa di regole UCI la squadra non poteva partire con meno di 7 corridori. Sono andato a Francoforte praticamente per partire. Il Delfinato è la prima vera corsa che faccio.
Ora come ti senti?
Pensavo di stare peggio, il ritmo è alto, non sono al meglio, ma piano piano ingrano. Queste corse mi servono per aiutare la squadra e fare ritmo gara. A metà maggio sono andato in altura a fare un ritiro, prima con Petilli e poi mi ha raggiunto Hellemose, il danese della Trek. L’ultimo anno e mezzo, da quando sono passato pro’, è stato un susseguirsi di problemi.
Nei mesi invernali il corridore lombardo ha sofferto di una tendinite al ginocchio che ne ha rallentato la preparazione Nei mesi invernali ha sofferto di una tendinite al ginocchio che ne ha rallentato la preparazione
Non sei mai riuscito a lavorare tranquillo…
Mai, tra un problema e l’altro non sono mai riuscito a costruire una buona condizione. Questo inverno ho avuto la tendinite che mi ha rallentato per due mesi, per fortuna è andata via, poi è arrivato il Covid. Ora voglio solo finire bene il Delfinato, fare il campionato italiano ed andare in altura a luglio per costruire la seconda parte di stagione.
Dovevi fare il Giro, che sarebbe stata la tua prima grande corsa a tappe, magari la squadra ti inserirà nel team della Vuelta?
Mi piacerebbe ma non ci spero, la Vuelta è un po’ l’esame di riparazione, lo vogliono fare tutti, difficile entrare negli 8. Il Giro ci tenevo tanto a farlo perchè sarebbe stata la mia prima corsa a tappe di 3 settimane, e a 24 anni sarebbe il caso di provare a correrne una. Sarei andato a correre in supporto di Ewan per le tappe piatte, ma poi in quelle mosse avrei avuto la possibilità di andare in fuga e cercare la vittoria, come De Gent a Napoli.
Una vittoria darebbe il morale giusto.
E’ difficile far capire quanto vali. Per avere risultati, ma soprattutto un pizzico di morale, centrare una fuga sarebbe quello che ci vuole. Anche durante la seconda tappa qui al Delfinato ho provato ad entrare in un gruppetto, siamo restati lì a bagno maria per tanto tempo, poi ci hanno ripresi. Appena siamo stati riassorbiti dal gruppo è partita la fuga giusta, che è anche arrivata a giocarsi la vittoria di tappa. Nei prossimi giorni ci riproverò.
Ieri è andata in scena la cronometro individuale al Delfinato e a vincerla, come sappiamo, è stato Filippo Ganna. Ancora una volta una super prova per l’iridato in carica. Una prova che Adriano Malori ha seguito con passione e l’attenzione tecnica che lo contraddistingue.
E questa sua attenzione l’ex tricolore a crono l’ha messa a nostra disposizione. Il duello con Wout Van Aert è stato entusiasmante. Ma sul piatto non c’è stato solo quello…
Malori, ha vinto per tre volte il titolo nazionale a crono elite. Oggi dirige il suo centro di preparazione 58×11Malori, ha vinto per tre volte il titolo nazionale a crono elite. Oggi dirige il suo centro di preparazione 58×11
Adriano, partiamo proprio da qui. Ganna contro Van Aert…
Sicuramente Pippo è già in forma Tour. E’ stato perfetto. Mentre Van Aert ha qualche problema di gestione dello sforzo. Ieri ha perso come al mondiale. E’ partito molto forte, 10” di vantaggio. Poi ha mollato passando a 10” di ritardo e poi ha ripreso a spingere chiudendo a 2” da Ganna. Questo è sintomo di due cose.
Quali?
Che è partito troppo forte ed è stato costretto a calare. Oppure che dalla macchina, dove vedono in tempo reale i suoi wattaggi, gli hanno detto di calare. In ogni caso questa gestione non va bene per una crono. Serve più regolarità.
Come te lo spieghi?
Un po’ credo faccia parte delle sue caratteristiche. Alla fine Wout viene dal ciclocross, vince le volate, quindi è e tende ad essere molto esplosivo. Tra il riscaldamento e l’adrenalina prima di una prova simile ci sta che gli “scappi la gamba” nelle prime fasi e che si ritrovi subito fuori soglia.
Van Aert, secondo ieri è leader della generale e della classifica a punti. La maglia verde è l’obiettivo del TourVan Aert, secondo ieri è leader della generale e della classifica a punti. La maglia verde è l’obiettivo del Tour
Ieri però si diceva che il vento fosse cambiato nel lasso di tempo tra la prova di Ganna e quella di Van Aert. Per il belga era più forte, sia a favore che contro a seconda di come girava il percorso…
Sì, il vento può anche aver inciso un po’, però è stato l’unico atleta che ha avuto uno sbalzo così ampio. Altri hanno avuto trend più regolari. Se migliorasse l’aspetto della gestione delle crono ne vincerebbe di più. Ne ha vinte anche nelle corse a tappe, come lo scorso anno al Tour, ma quando poi ti trovi specialisti come Ganna non basta più. Serve una gestione migliore.
Il fatto che l’avversario sia proprio Ganna, che lo ha già battuto più volte ai mondiali, può incidere a livello psicologico?
Non credo. Uno come Van Aert che vince a crono, nel cross, che in volata batte Cavendish non ha paura di nessuno. Anche in salita è stato più forte di Roglic alla Parigi-Nizza. Semmai è il contrario, con avversari così grandi è ancora più motivato.
Hai parlato di Roglic: come lo hai visto pedalare? E secondo te questa cosa del ginocchio che ancora gli fa male è vera?
Per me è un po’ di pretattica. Roglic, a parte la Vuelta 2021, ha sempre avuto un calo nella terza settimana di un grande Giro, e se andiamo a vedere ha ridotto progressivamente le gare di avvicinamento ai grandi Giri. Quest’anno ne ha fatte pochissime. Per me ha fatto la scelta di arrivare fresco al Tour. E vista la sua età (32 anni, ndr) sa che è l’ultima chance contro Pogacar. Avrà ragionato: “tutto o niente”. Ieri tutto sommato è andato bene, però a volte era agile, altre duro, non è ancora al top e poi la sua gamba non mi sembra ancora definita. Primoz sa che va in condizione con poco e sta sfruttando questo Delfinato proprio per essere al meglio per il Tour.
Per Malori, Roglic non ha ancora una gamba definita. La sua condizione è in crescitaPer Malori, Roglic non ha ancora una gamba definita. La sua condizione è in crescita
Però uno che ha fatto tanta altura come può non avere la gamba definita? Vuoi dire che si è volutamente allenato poco?
Dipende dal livello da cui si parte. Magari dopo i Baschi ha fatto due settimane senza bici. Sono ipotesi, chiaramente. In più non dimentichiamo che se non dovesse andare bene al Tour, avrebbe il “Piano B”, la Vuelta, dove arriverebbe più fresco. A naso, dico che questo è l’anno buono per lui. Roglic mi piace: è uno che ha preso tante botte, è caduto e si è sempre rialzato.
Mattia Cattaneo. Ma quanto è stato bravo?
Sono contentissimo per Mattia! Fece il primo anno da pro’ in squadra con me e si vedeva che aveva delle doti stratosferiche. Ma non è mai riuscito ad esprimerle perché fisicamente era indietro. Negli ultimi anni invece è si è formato. Adesso ha messo su i muscoli necessari. Anche se è un classe 1990, per me ha ancora 4-5 anni buoni. Se fossi un Lefevere lo farei preparare per bene per una corsa a tappe tipo i Baschi o la Parigi-Nizza, dove c’è sempre una crono, per fargli fare la classifica.
Mattia Cattaneo ieri ha concluso la sua crono in quarta posizione a 39″ da Ganna. Adesso è secondo nella generale a 53″ da Van AertMattia Cattaneo ieri ha concluso la sua crono in quarta posizione a 39″ da Ganna. Ora è secondo nella generale a 53″ da Van Aert
Adriano, c’è qualcuno che ti ha colpito?
Etan Hayter – risponde secco Malori – anche lui è di quelli che vince in volata, tiene in salita, va forte a crono. Ieri ha messo dietro fior di specialisti.
Il problema per me è la componente mentale. Se parti per un grande Giro da gregario o per vincere qualche tappa è più rilassante, se invece ogni giorno devi lottare perché non puoi perdere 2” neanche dopo una curva è un altro conto. Ricordate cosa si diceva di Ganna dopo la sua vittoria a Camigliatello? Tutti a dire che doveva provare a puntare sulle corse a tappe. Quindi sarebbe dovuto dimagrire. Ma il rischio di snaturarsi è troppo alto per fare un 5°-6° al Giro e poi non vincere più neanche una crono o una corsa. E questo nel ciclismo di oggi non te lo puoi più permettere. E dico una cosa brutale.
Cosa?
Nei grandi Giri finché c’è Pogacar si lotta per il secondo posto.
Gaudu in azione contro il tempo. Secondo Malori il francese e la sua squadra devono lavorare molto (e diversamente)Gaudu in azione contro il tempo. Secondo Malori il francese e la sua squadra devono lavorare molto (e diversamente)
Adriano, passiamo invece a chi non ha brillato. Ci verrebbe da dire Gaudu…
Esatto. Quando l’ho visto con quella posizione ho avuto un colpo al cuore! Non solo la posizione. Aveva un ritmo di pedalata non redditizio. Inguardabile. E sinceramente non capisco questa impostazione. In Groupama-Fdj hanno Kung che a mio avviso ha la posizione migliore di tutti, anche di Ganna, quindi le strutture e le conoscenze per lavorare bene ce le avrebbero. Non so se sia una loro scuola di pensiero. Sinceramente non riesco a capire.
Dai, noi ci godiamo Ganna!
Ieri era stabile, spingeva. Per come era composto era una macchina da guerra. Nella prima tappa del Tour si lotterà per il secondo posto. Anzi per il terzo, al secondo metto Van Aert. E poi è una crono corta, “stile inseguimento”. Se Pippo starà così non ce ne sarà per nessuno.
Nella crono di Torino che aprirà il Giro, domani i corridori della Movistar (e della Alpecin) avranno una nuova bici da crono: la Speedmax CFR Disc. Eccola!
Con Adriano Malori sbirciamo nella nuova posizione di Cattaneo sulla bici da crono. Ottimi test in galleria del vento, ma sarà comodo? L'emiliano dice no
«Oggi dovevo fare sei ore. Bormio 2000, poi ho fatto i Laghi di Cancano, quindi Foscagno ed Eire». Sonny Colbrelli è in ritiro a Livigno e punta forte sul Tour de France. Avevamo parlato con il bresciano della Bahrain-Victorious all’inizio del Delfinato, ma visto come è andato il suo antipasto della Grande Boucle era doveroso tornare a sentirlo.
Colbrelli ha mostrato uno sprint potente, lunghissimo come poche altre volte si è visto, ed un’eccellente tenuta in salita. Ma il bello è come ha corso. Spesso è stato il regista non solo della sua squadra, ma dell’intera gara. Ha fatto scandire il ritmo, ha fatto chiudere sulle fughe, ha aspettato nei tratti a lui meno congeniali per reagire subito dopo. Insomma, al netto dei risultati, non è stata una gare banale la sua. Il Delfinato 2021 ci ha regalato un corridore vero, un capitano con la “C” maiuscola.
Colbrelli ora è in ritiro a Livigno, parteciperà al campionato italiano domenica prossima ad ImolaColbrelli ora è in ritiro a Livigno, parteciperà al campionato italiano domenica prossima ad Imola
Sonny, ma quanto sei andato forte?
Eh – dice con tono soddisfatto – si fa quel che si può. Per adesso va bene dai. Forse non mi aspettavo neanche io di andare così. Sapevo di stare bene ma non credevo di essere già così pronto e vincente.
Questo Delfinato cambia la tua dimensione?
No, però può darmi più fiducia per i prossimi appuntamenti e non solo in vista del Tour. Comunque vincere dà morale a prescindere.
Hai corso davvero bene. Hai gestito la squadra in prima persona, hai fatto la corsa facendo tirare i compagni…
La squadra ha sempre creduto in me e vedendo come andavo mi ha assecondato molto. Vero, ho fatto lavorare tutti, anche Jack Haig che era il nostro uomo di classifica, cosa che non si fa sempre, ma anche lui aveva fiducia in me. Vedere i compagni che ti seguono è stato importante. Mi sono preso delle belle responsabilità, ma penso anche che poteva andare meglio. Potevo vincere quattro tappe anziché una.
E cosa hai imparato in questa “nuova” veste?
Che devo stare più calmo, non devo avere fretta e di vivere alcune situazioni in modo più semplice. Non agitarmi se non si chiude sulla fuga e confrontarmi coi compagni.
Colbrelli, in maglia verde, al Delfinato ha messo la squadra a tirare e si è preso la responsabilità della garaColbrelli, in maglia verde, al Delfinato ha messo la squadra a tirare e si è preso la responsabilità della gara
Visto la tenuta in salita che hai mostrato, la maglia verde è l’obiettivo?
Bella domanda! Il mio obiettivo principale è quello di vincere una tappa e poi semmai la maglia verde. Certo, è dispendioso ma non è impossibile e se avrò la gamba ci proverò di sicuro.
Ci pensavi anche prima del Delfinato alla maglia verde o già ci credevi?
No, era in testa già prima del Delfinato perché quest’anno al Tour avrò carta bianca e quindi un pensierino ce lo avevo fatto. Semmai è aumentata la consapevolezza. Anche se va detto che al Delfinato c’erano tanti scalatori e meno velocisti, mentre al Tour ci sarà gente come Van der Poel,Van Aert,Sagan, Bennett... insomma non sarà facile! Intanto abbiamo portato a casa questa del Delfinato. E non è poco.
Il bresciano ha vinto la terza tappa del Delfinato e colto ben tre secondi postiIl bresciano ha vinto la terza tappa del Delfinato e colto ben tre secondi posti
Ma lo hai detto tu stesso: lì c’erano tanti scalatori e tu arrivavi nel gruppetto dei primi 30-40. Per vincere la maglia verde non basta essere solo velocisti…
No, no… devi andare forte anche in salita, perché devi fare anche i traguardi volanti e quelli spesso sono posizionati dopo le salite. Vediamo, come detto ci proverò. E’ vero, arrivavo con gli scalatori ma senza perdere lo spunto veloce. E questo è importante.
I tuoi compagni, ma anche lo staff, ti motivano? Chi ti sta vicino?
Tutti, nessuno più dell’altro. Ho un ottimo rapporto con Damiano (Caruso, ndr) e ci incoraggiavamo a vicenda quando lui era al Giro e io al Delfinato. Tra coloro che sono esterni al team mi è vicino il mio procuratore, Luca Mazzanti: mi sprona sempre.
Sei a Livigno, ci avevi detto che quando saresti andato lassù in ritiro avresti studiato il percorso della Grande Boucle: allora cosa ci dici?
Eh – sorride – non l’ho ancora visto! Giusto ieri sera ho dato uno sguardo alla prima tappa. Ma qui tra allenamenti e i bambini è sempre un gran bel caos!
I Campi Elisi celebrano gli ultimi due vincitori. Van Aert autore di una volata straordinaria e Pogacar padrone della maglia gialla per il secondo anno
Una dozzina di giorni ci separano dal Tour de France. Se il richiamo della Grande Boucle è fortissimo per tutti i corridori del mondo, per i cugini transalpini e per i loro tifosi, che aspettano l’erede di Bernard Hinault dal lontano 1985, è una sorta di percorso sacro. E il predestinato potrebbe essere ancora un bretone e risponde sempre più al nome di David Gaudu. Tra l’altro questa edizione della corsa gialla parte proprio dalla Bretagna. Per chi crede a sorte e simbolismi è un indizio non da poco.
In questi giorni David è in ritiro sulle Alpi della Savoia, con una “ruota in Italia e una in Francia”. Giusto ieri ha scalato Bonette, Colle della Maddalena e Colle della Lombarda. Questo è per lui l’ultimo blocco di lavoro in altura prima della grande lotta.
Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)
Al Tour con fiducia
Il giovane atleta della Groupama-Fdjesce da un buon Delfinato. Ha chiuso l’antipasto del Tour in nona posizione nella generale e primo tra i giovani: sempre nel vivo della corsa, ma ancora con qualcosa da “limare”. Sul fronte dei cavalli gli manca qualcosina rispetto ai leader della corazzata Ineos-Grenadiers e anche sulle tempistiche degli attacchi diciamo che poteva giocarsi meglio alcune carte, specie nella prima delle due tappe vinte da Padun. Ma di base il ragazzo c’è.
«Dopo il mio grande incidente a Tenerife mentre ero in altura (era caduto a 70 all’ora, ndr) non sapevo realmente dove fossi – aveva dichiarato a Cyclisme Actu, Gaudu – Ho avuto sensazioni altalenanti sin dall’inizio del Delfinato. Sono stato bene il secondo giorno e meno bene gli altri due. Questa prestazione mi dà fiducia per il futuro».
Vedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a cronoVedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a crono
Crono e salita
Risposte importanti Gaudu le cercava dalla crono, che quest’anno non mancherà al Tour. Ci sono due frazioni: una di 27 chilometri, nella quinta tappa, e una di 30, nella ventesima. David non aveva mai fatto crono a tutta di un certo livello da quando era pro’. Lui stesso ammette che non è il gesto che preferisce ma che tutto sommato non è andata male. Tutto sommato i 16,4 chilometri contro il tempo al Delfinato sono stati “buoni”. «Ci ho preso confidenza – ha detto – ci ho lavorato ed è importante sentire la pressione in certi momenti. I valori sono stati buoni».
E in salita? Se la “contre la montre” come i francesi chiamano la crono non è la sua specialità preferita, la strada che sale è invece il terreno di caccia del vincitore del Tour de l’Avenir 2016.
«Le sensazioni in salita sono state ottime – dice Gaudu – specie nelle due tappe finali. Ho esitato a seguire Porte verso La Plagne (prima tappa vinta da Padun, ndr) perché ho creduto mancasse troppo all’arrivo. Poi dietro abbiamo giocato un po’ al gatto con topo. Per fortuna fare scatti è il mio modo di correre e questo mi andava bene».
Il giorno dopo invece ci si aspettava una sua azione sul Joux Plane ma evidentemente il ritmo della Ineos ha bloccato ogni iniziativa e alla fine si è dovuto accontentare di essere il migliore del gruppetto dei leader sull’arrivo di Les Gets. Ma anche in questo caso ha avuto indirettamente delle conferme: quando la strada sale Gaudu c’è.
A Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classificaA Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classifica
Avanti così
«È stato bello salire sul podio per aver conquistato la maglia bianca. Dopo la caduta in altura, il Delfinato mi ha rassicurato. Anche il fatto di essere rimasto davanti sul Joux Plane (la salita più dura della corsa, ndr) con i migliori vuol dire molto per me». Sono consapevolezze importanti. Consapevolezze che servono anche alla sua squadra.
La Fdj-Groupama al Tour avrà anche Demare e quindi una parte del team sarà a disposizione del forte velocista, ma riguardo a David c’è entusiasmo. «Vero – ha dichiarato il diesse Thierry Bricaud sempre a Cyclisme Actu – David continua a crescere, sprona i compagni, c’è fermento intorno a lui».
Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo DelfinatoGaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato
L’avvertimento di Hinault
L’obiettivo quindi è fare bene. La stampa francese già lo vorrebbe sul podio e il rischio maggiore per Gaudu è di finire nel “tritacarne dell’erede di Hinault” come in passato è successo a Chavanel, Rolland, Pinot e Bardet. Per fortuna che a fargli da “parafulmine” in parte e indirettamente c’è Alaphilippe.
Gaudu parte per fare classifica, per fare il massimo e provarsi in ottica futura. Un piano abbastanza lineare e condivisibile. Eppure non tutti la pensano così. La voce fuori dal coro, e che voce, è proprio quella di Hinault
«Se fossi il direttore sportivo di Gaudu – ha detto il “Tasso” – gli direi di non occuparsi della generale. Alla fine è solo il primo posto che conta (e qui parla da fuoriclasse, ndr). David dovrebbe andare a caccia di tappe. Se vincesse ad esempio il 14 luglio da francese, resterebbe a vita nella memoria dei francesi. Se finisse quarto nella generale lo dimenticherebbero. Deve ragionare così: posso vincere il Tour o andare sul podio? No, e lo sa. E allora meglio cercare le tappe. Non credo che sia mirando ai primi dieci della generale che fai esperienza».
David Gaudu, respinto con danni dal Ventoux, prova a riscattarsi sui Pirenei. Obiettivo: vincere una tappa. La classifica (ben compromessa) può aspettare
Sonny Colbrelli è già nel bel mezzo della lotta al Delfinato a sgomitare tra coloro che vanno a caccia di un posto in squadra per il Tour de France e a coloro che invece lo vogliono vincere. Una vera “guerra”.
Giusto ieri nella tappa inaugurale il bresciano ha fatto secondo (foto in apertura). Il gruppo non ha chiuso sulla fuga e lui ha vinto lo sprint del plotone.
Colbrelli (31 anni) in ritiro sul Teide, quest’anno ha già fatto due alture e non ha finitoColbrelli (31 anni) in ritiro sul Teide, quest’anno ha già fatte due alture e non ha finito
Sonny, come va da quelle parti?
Sono un po’ incavolato. Van Moer è andato forte, ma dietro a parte noi non abbiamo tirato forte. La Trek-Segafredo, la Uae hanno forzato solo nel finale. Prima la Ineos-Greandiers controllava e basta. Io poi avevo già usato i miei uomini prima e non li avevo nel finale. Peccato perché ogni lasciata è persa. Ci puntavo a questa tappa e vincere avrebbe significato anche indossare la maglia di leader.
Però di buono c’è che hai vinto lo sprint di gruppo, hai battuto i tuoi rivali…
Sì quello sì. Sono contento perché non correvo dal Romandia (dove aveva vinto, ndr) e poi ero appena sceso dall’altura e non sai mai come vanno le cose in questi casi. Invece ho visto che ho risposto bene. Ma non è finita, ci sono ancora due tappe per noi velocisti. Ci riproverò.
Hai parlato dell’altura, come è andata sul Teide?
E’ stato un bel ritiro, molto intenso anche se non ho fatto grandi blocchi di lavoro in quanto venivo dal Romandia appunto. Ho fatto molte ore di sella. Ho perso 2 chili e mezzo.
Sì mi segue Paolo. Abbiamo fatto tanti chilometri e pochi specifici, anche se di tanto in tanto nel tratto pianeggiante in quota ho fatto delle volate. Poi per me che non ho una muscolatura da scalatore sul Teide non è facile: sei sempre in tiro con la catena e quindi lavori continuamente. Ho fatto tanta fatica. Ogni giorno 5-6 ore con 3-4.000 metri di dislivello.
Come facevi, anzi come fai, le volate quando sei in allenamento: da solo o con il “treno”?
Solitamente da solo. Come le faccio? Spingo finché non sento l’acido lattico fino alle orecchie! Ci sto 20” anche 25”, con il 54×11. Io parto lungo, è così.
Sul vulcano atlantico tanti chilometri e pochi lavori specificiSul vulcano atlantico tanti chilometri e pochi lavori specifici
Stai lavorando per il Tour. Qual è l’obiettivo?
Vincere una tappa. E’ quello che sogno da un bel po’. E poi voglio farmi trovare pronto per il mondiale. So che è un percorso esplosivo. Italia e Belgio hanno le formazioni più forti. Noi abbiamo Trentin, Moscon, Ballerini, Ganna… possiamo fare anche una corsa d’attacco.
E alle Olimpiadi ci pensi? Te lo chiediamo più per curiosità che non per una tua reale presenza visto che il percorso dicono sia duro, ma sai tante volte si è parlato di tracciato off-limits e poi la corsa si è rivelata meno selettiva del previsto…
Sono migliorato tanto in salita, però con Cassani non ho mai parlato delle Olimpiadi e non credo che ne parlerò. Lui ha già in mente la sua idea di corsa per Tokyo. Poi sì, nelle corse di un giorno magari si va più tranquilli. A Rio a parte la sfortuna di Nibali, pur essendo un tracciato duro, ha vinto d’astuzia un corridore come Van Avermaet.
Sei al Delfinato, qualche anno fa ci dicesti una frase che ci ha colpito. «Al Delfinato si va più forte che al Tour perché c’è gente che deve guadagnarsi il posto proprio per il Tour». E’ così?
Confermo tutto! Il Delfinato a mio parere è la corsa più dura della stagione. E’ un “mini Tour”. Si va a velocità folle. Oggi (ieri per chi legge, ndr) per esempio abbiamo fatto 180 chilometri con 2.400 metri di dislivello in meno di 4 ore. E doveva essere una tappa per velocisti… Non oso pensare a quando ci saranno le salite!
Però adesso tieni meglio questi ritmi?
Sì, sicuramente. Faccio altri allenamenti, ho un’altra mentalità.
Hai dato un’occhiata al percorso del Tour?
Ho dato uno sguardo. Che dire: è pianura francese. Ogni giorno ci sono almeno 2-3.000 metri di dislivello. Si parte dalla Bretagna e non sarà semplice: strade strette, continui saliscendi. Già nella prima tappa potrebbe esserci qualche insidia. Dopo il Delfinato quando andrò di nuovo in altura lo studierò per bene. Avrò 12 giorni per farlo. Dove vado? Stavolta a Livigno così porto con me anche la famiglia,
Colbrelli ha vinto la terza del Romandia. Per lui anche un secondo e un quarto postoColbrelli ha vinto la terza del Romandia. Per lui anche un secondo e un quarto posto
Senti, ma hai visto che ha combinato Caruso al Giro?
Un grande! Sono davvero contento per lui – dice con tono sincero Colbrelli – Ci credevo più io che Damiano quando lo sentivo. Giorno dopo giorno ha capito che il podio era alla sua portata e ha finalizzato il tutto con un grande numero sull’Alpe Motta. Una vita da gregario, questo è il suo regalo più grande. E non è finita, perché adesso cambieranno molte cose nei suoi confronti. L’anno scorso è arrivato tra i primi dieci al Tour tirando per Landa. Io e lui quando corriamo insieme siamo compagni di stanza.
E Colbrelli quando lo rivediamo al Giro?
Spero il prossimo anno – risponde senza indugio Colbrelli – Quest’anno volevo farlo, ma avendo costruito la squadra su Landa non volevano farmi fare quel che ho fatto l’anno scorso al Tour e cioè tirare sempre.
Beh, alla fine è una forma di rispetto, di riconoscimento del tuo valore da parte del team…
Sì, sì, ma infatti è una scelta che ho accettato bene. L’anno scorso ho svolto questo lavoro credo al meglio e infatti mi hanno ringraziato.
Davide Formolo è stato uno dei protagonisti della ripresa dopo il lockdown: secondo alla Strade Bianche, primo in una tappa del Delfinato e spesso davanti nelle altre corse cui ha preso parte. Al Tour de France stava svolgendo egregiamente il suo ruolo di gregario di lusso per Tadej Pogacar quando nella quinta tappa è caduto, si è rotto la clavicola ed è stato costretto al ritiro.
Come ha cambiato la sua stagione questo incidente? Come ha vissuto quei giorni dopo la caduta? Ce lo dice direttamente “Roccia”.
Davide, raccontaci come è andata dopo la caduta al Tour…
Sono stato fermo completamente solo quattro giorni. Poi sono subito risalito in sella però non avevo considerato una cosa: l’anestesia, dopo l’operazione. Mi ha davvero “ammazzato”. Pensate che il primo allenamento l’ho fatto sui rulli e quando ho finito sono svenuto. Mi sentivo debole nelle uscite, ma non immaginavo di stare così.
Giro del Delfinato 2020, Formolo a braccia alzate sul traguardo di S. Martin-de-BellevilleFormolo a braccia alzate al Delfinato
Una tenacia incredibile…
Eppure l’anno scorso alla Vuelta fu peggio. Mi si staccò il gluteo dall’osso. Pedalare era un disastro. E sulle buche poi, un dolore bestiale. Quando arrivai ero sfinito. Quest’anno al Tour devo dire che è stata una brutta sensazione, non mi ero mai rotto un osso, però alla fine la tappa l’ho conclusa “bene”. Guidavo con una mano sola, la destra. In cuor mio pensavo che la spalla fosse solo uscita. Mi dicevo: stasera il massaggiatore mi farà vedere le stelle, ma me la rimetterà a posto. Invece appena sono arrivato al bus tutti sono stati pessimisti.
Ecco perché ti chiamano Roccia!
Questo mondiale mi… chiamava, ci avevo messo l’anima per esserci. Poi però le cose non sono andate come immaginavo e a quel punto ho dovuto rinunciare, però volevo mantenere almeno le classiche delle Ardenne, che erano nel mio programma. Ma alla fine ho dovuto dire no anche a quelle.
Quando Davide Cassani ha eliminato i nomi dalla prima lista di 13 uomini, ha dichiarato di aver apprezzato la sincerità di chi si è chiamato fuori, il pensiero è andato a te…
Olimpiadi e mondiali sono gare che ho sempre sognato. Anche l’anno scorso dopo la Vuelta, dove ero caduto e mi sono ritirato, ho fatto di tutto per esserci. Sono andato a fare le classiche italiane, Toscana, Sabatini, Matteotti…. All’inizio non andavo, ho sofferto, poi però stavo bene e sinceramente fui amareggiato quando Davide non mi convocò.
E glielo hai detto?
Sì, con Cassani ho un bel rapporto. Sono una ragazzo sincero. Lui lo ha apprezzato e infatti quest’anno mi ha dato fiducia fino alla fine. Poi sono stato io dopo le prime uscite a dirgli che non ero in grado di correre. I dottori mi dicevano che avrei perso 4-5 settimane, io dicevo che al massimo ne avrei persa una, invece…
Oggi quasi nessuno si allena con le corse, ma tutti puntano. E’ il metodo Contador…
Come hai fatto invece ad essere subito al top dopo il lockdown?
Con il mio preparatore, Rubens Bertogliati, avevamo deciso di partire forte. Poi avrei “staccato” quasi subito, cioè avrei fatto due settimane tranquille dopo il Delfinato. Sarei andato al Tour per essere d’aiuto a Pogacar, soprattutto nella terza settimana. L’idea era di crescere durante la Grande Boucle ed essere in forma per il finale, così da aiutare Tadej e uscire bene per il mondiale e le classiche delle Ardenne.
E come hai lavorato per essere vincente al rientro?
Ho sempre fatto le mie best performance dopo l’altura e i grandi blocchi di lavoro. A me piace allenarmi. Quando va così riesco a tirare la corda il giusto, a calibrare bene le fasi intense e quelle di recupero, quando sei in corsa invece non sei tu che decidi l’andatura. E’ un po’ il ciclismo moderno. E’ il metodo Contador.
Cosa intendi?
Che oggi raramente qualcuno va alle corse per allenarsi. Squadre, atleti, sponsor nessuno lo vuole. Contador magari correva meno, ma mirava ad ogni appuntamento. Quest’inverno al Teide c’erano Roglic e la sua squadra, ebbene da lì andavano direttamente alla Parigi-Nizza senza intermezzi. A me per esempio hanno più volte proposto di fare la Challenge di Majorca (ad inizio febbraio, ndr) ma se vado lì devo fare dei lavori specifici ed intensi già a gennaio, lavori che poi servono a poco per il resto della stagione. Mi sono trovato bene invece iniziando al UAE Tour.
La caduta al Tour non ha quindi cambiato il tuo programma: niente Giro ma classiche delle Ardenne…
Sì, ci tenevo troppo. Mi piacevano troppo. Ma poi ero indietro e sono saltate anche quelle. Ho lasciato però un occhio alla Vuelta. In Spagna vorrei fare bene.
Un calendario serratissimo…
Esatto. Se tutto fosse andato secondo programma da dopo il lockdown avrei fatto due allenamenti, ma due di numero! Uno dopo il Delfinato e uno dopo il mondiale: poi o viaggi o corse.
Tadej Pogacar e Davide Formolo scherzano con Vasile Morari, meccanico della UAEFormolo scherza con Vasile Morari, meccanico UAE
Prima hai parlato di aiutare Pogacar, ma quindi questa vittoria non è stata del tutto una sorpresa come si dice, la UAE era partita con l’idea di far classifica con lo sloveno?
Beh, dopo quella sua Vuelta dello scorso anno… Lì Pogacar aveva vinto le tre tappe più dure e aveva fatto terzo nella generale. Mi è dispiaciuto non poterlo aiutare, anche perché Tadej abita due piani sotto di me e usciamo sempre insieme. Nel ritiro di Livigno questa estate siamo andati insieme ripartendo quasi da zero, stando sempre fianco a fianco in bici e fuori.
Per te quindi non è stata una sorpresa?
No. Ricordiamoci che alla Vuelta 2019 nella cronosquadre iniziale erano caduti tutti, perdendo oltre un minuto. Pogacar è un ragazzo davvero unico. Lo svegli a mezzanotte e gli dici di fare un test all’improvviso si alza e ti fa 20′ a 7 watt per chilo!