Damiano Caruso: parole da veterano, voglia da ragazzino

11.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Un sole, che non diresti proprio essere di metà dicembre, scalda i lettini e la piscina dell’hotel dove alloggia la Bahrain-Victorious. Il riverbero è forte e spesso mentre Damiano Caruso parla dobbiamo chiudere gli occhi. Semmai ce ne fosse stato il bisogno, è facile capire perché le squadre vengono qui in ritiro.

Anche se proprio il siciliano, come vedremo, ci dirà che dalle sue parti, Ragusa, non è che le cose siano peggiori. Anzi…

Damiano Caruso, 37 anni, parlotta con il nuovo direttore sportivo, Sonny Colbrelli che, ironia della sorte, è anche più giovane di lui. Ma sappiamo come è andata. Sul volto e nel tono di Caruso quel che regna è la serenità. Lo stato di grazia di chi è qui e apprezza il fatto di esserci.

Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Damiano sedicesima stagione da pro’, se non erriamo…

No, non sbagliate. E’ proprio così!

Dal tuo primo ritiro nel dicembre 2008 ad oggi cosa è cambiato?

L’approccio. Ai miei inizi, il primo ritiro era più un incontro per conoscere i compagni, i nuovi membri dello staff. Adesso è un ritiro più curato, anche dal punto di vista atletico. E infatti ci si arriva più preparati. Ma questo è normale, è conseguenza del fatto che bisogna arrivare alle gare se non proprio competitivi, con una base più che buona. Una base che ti permetta di crescere durante la stagione, altrimenti il rischio è di dover inseguire per tutto l’anno.

Per esempio tu arrivi qui ad Altea con quanti chilometri e quanti giorni di allenamento?

I chilometri precisi non li so. Ho chiuso la stagione praticamente subito dopo la Vuelta. Ho continuato a pedalare per 15 giorni, poi mi sono fermato tre settimane del tutto. Avevo bisogno di staccare, di rigenerarmi perché ho finito con 30.000 chilometri. Ora sono di nuovo in preparazione e quindi chiuderò l’anno solare con 33-34.000 chilometri.

Che di questi tempi non sono pochi…

Ho cominciato a riprendere seriamente a metà novembre, anche aiutato dal fatto che abito in un posto che non ha niente da invidiare alla Spagna. Di maltempo, per esempio, non ne ho mai preso. Esco con la divisa primaverile e in salita, quando salgo verso Ragusa, metto le maniche corte. Ho lo smanicato per le discese perché si suda. La scorsa settimana è stato incredibile: soffiava scirocco pieno e mi sono dovuto fermare 2-3 volte a prendere l’acqua. Era veramente caldo.

I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
Insomma procede tutto bene?

Sì, ho fatto anche un po’ di palestra quest’anno per mantenere il fisico più tonico. Sin qui tutto sereno e senza particolari intoppi. In questo periodo basta un banale raffreddore, che perdi delle settimane importanti. E il rischio è di ritrovarsi ad inseguire a lungo.

E che stagione sarà quella di Damiano Caruso?

Una stagione che voglio vivere con la massima serenità. Chiaro, comincia una fase della mia carriera in cui bisogna navigare un po’ a vista. Ho già in mente dei periodi in cui mi piacerebbe essere competitivo. E non è un segreto, se dico che voglio farli corrispondere al Giro d’Italia. Ma  devo fare i conti anche con la mia età. Insomma, prima o poi il fisico chiederà il conto. Però di questa stagione mi piace anche il ruolo che sto avendo con i compagni giovani. Non tanto per insegnargli qualcosa, non sono un maestro, ma magari per trasmettergli la mia esperienza. Se qualcuno ha voglia di ascoltare o di avere punti di vista differenti, lo faccio volentieri.

Hai parlato di Giro. Noi l’abbiamo già scritto: Tiberi – Caruso è una è una gran bella coppia per la corsa rosa…

Ho avuto modo di conoscere Antonio durante l’estate e questo inverno abbiamo ricominciato. Ha tutte le carte per ambire a traguardi importanti. Non dobbiamo dimenticare però una cosa fondamentale: ha solo 22 anni. Qualche giorno fa ho letto un articolo così titolato: “Antonio, lo vedremo al Giro, ci dirà se è un campione o meno”. Questo non va bene. Perché mettere così tanta pressione a un ragazzo? Magari in quell’appuntamento dove tutti lo aspettano, per un motivo o per un altro, non va bene e cosa facciamo? Lo demoralizziamo.

Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Chiaro, serve il giusto equilibrio.

E noi abbiamo trovato un buon feeling. Ho cercato di spiegargli che il percorso di crescita, a meno che non sei Pogacar, più è regolare e meglio è. Gli servirà per la carriera, nel lungo periodo. Non deve avere l’assillo del risultato. Pensiamo a fare le cose per bene, poi eventualmente analizziamo gli errori e tutto il resto.

Damiano, parli proprio come un veterano e soprattutto con naturalezza. E allora ritorniamo al punto di partenza: chi era il Caruso di 16 anni fa al primo raduno? Come si sentiva dentro quel ragazzino?

Anch’io, come oggi tanti giovani, arrivavo al primo ritiro un po’ teso, ansioso, in punta di piedi. Ma anche con la voglia di far vedere che se ero lì, era perché avevo le qualità. Il mio primo ritiro da pro’ fu con la Lpr di Bordonali a Terracina. La sensazione era quella di un bambino che va al Luna Park. Cercavo di rubare con gli occhi. Oggi per me questo effetto sorpresa va a scemare. Però la voglia di venire al primo ritiro, di ricominciare, di conoscere i compagni… quella è identica. E poi anche perché questo primo ritiro ti lascia margine per fare due battute più del del normale. Questo fa sì che si senta meno il fatto che è il nostro lavoro. 

Capitolo Giro d’Italia. Si profila una gran bella occasione. Hai dato uno sguardo al percorso?

Mi piace. Per il corridore che sono, che ha sempre pagato nelle salite estreme, è un Giro che mi si addice e mi stuzzica. E infatti questo inverno ero indeciso col Tour. Sapete che a me piacerebbe entrare nel club dei corridori che hanno vinto al Giro, al Tour e alla Vuelta. Mi manca appunto la tappa in Francia. Ma sono consapevole del fatto che non posso andare al Tour avendo corso il Giro: non sarei abbastanza competitivo. Pertanto mi sono trovato a scegliere. La squadra è stata super onesta con me. Mi ha detto: «Damiano è una tua decisione, sentiti libero di prenderla». Alla fine ho optato per il Giro perché sento che il progetto che c’è mi può dare di più sia a livello personale che di crescita delle nuove leve.

Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
E poi comunque sei il nostro miglior uomo per le corse a tappe…

Col Giro c’è un feeling speciale. E’ la corsa di casa e riesco a tirare fuori il meglio di me. Ad avere la giusta motivazione e la giusta cattiveria. Vedremo se la mia scelta pagherà. Ma a prescindere dal risultato, torno a dire che a 37 anni quello che verrà, sarà tutto di guadagnato. Per esempio quest’anno ho fatto ancora quarto e per me è stato un ottimo risultato. Non potevo chiedere di più, anche perché i tre corridori davanti a me erano palesemente più forti.

Discorso chiaro…

Non è una scusa, ecco. E’ consapevolezza. Io darò il massimo. Sono nella situazione che se Caruso va forte, bene. Se Caruso va piano, io in primis magari sarò dispiaciuto, però è una cosa che devo accettare, perché prima o poi la parabola comincia. Ma questo non significa che mi senta già battuto o appagato. Fosse così, smetterei subito. E invece sento che ho ancora qualche cartuccia da sparare.

Perché la gente vuole così bene a Caruso?

Forse perché ho questo brutto vizio di dire sempre quello che penso. La gente non è scema, la gente percepisce quando una persona mente o parla col cuore. Quindi immagino sia per questa franchezza. Ed è così nelle interviste e nel quotidiano con chi mi sta attorno. Raramente in questi 15-16 anni ho avuto qualche problema con qualche compagno. Mi piace vivere sereno e mi piace pensare che riesco a trasmettere questa serenità.

Pochi big al Giro? Opportunità per molti italiani

23.11.2023
6 min
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Sembra sia già iniziato il funerale del Giro d’Italia relativamente al parterre. Niente super campioni, tutti al Tour con l’aggravante delle Olimpiadi, per le quali la Grande Boucle sembra il viatico migliore. Noi non siamo del tutto d’accordo. Alla fine qualcuno di peso ci sarà.

Di certo non vedremo il campione uscente Roglic, che ha deciso di cambiare squadra proprio per giocarsi il tutto e per tutto in Francia. E molto probabilmente non vedremo neanche Vingegaard e Pogacar. Anche se qualche “micro-porticina” aperta lo sloveno l’ha lasciata. 

Ma se così fosse, si potrebbero aprire delle enormi occasioni per i corridori italiani. E’ vero, non abbiamo atleti pronti, ma c’è una buona schiera di corridori giovani e maturi (più un “vecchietto”) che può fare bene. Al netto dei loro programmi, che ancora non si conoscono, questi atleti hanno i numeri tecnici, fisici e mentali per farci sognare. E i più giovani hanno anche margini di crescita.

Ciccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo Giro
Ciccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo Giro

Ciccone, la svolta 

Seguendo il ranking UCI, il primo “corridore che ci viene in mente “papabile” è Giulio Ciccone. L’atleta della Lidl-Trek aveva detto di aver messo una pietra sopra sul discorso classifiche generali, però è anche vero che alcune cose sono cambiate.

E’ cambiato il suo preparatore e Cicco ha scoperto nuovi orizzonti. Ed è uscito bene dal Tour: per conquistare la maglia a pois bisognava spendere parecchio fino alla fine e Giulio ha tenuto botta.

In più lo scorso anno aveva preparato la corsa rosa al dettaglio, aveva dovuto dare forfait a pochi giorni dal via causa Covid. Magari vista la situazione potrebbe essere ingolosito da tutto ciò.

Ciccone potrebbe davvero avere l’occasione della vita e una volta in ballo sappiamo che l’abruzzese riesce a tirare fuori anche quello che non ha. Ricordiamo la sua determinazione nella crono di Combloux giusto all’ultimo Tour. Lottò come un leone sulla salita per prendersi i punti del Gpm. In quel tratto fu più veloce anche di Vingegaard. Certo, il danese aveva spinto per tutto il tempo e Cicco si era concentrato su quel settore, ma ricordiamoci come andava il danese. Quel giorno prima di parlare con noi, Cicco dovette recuperare diversi minuti dopo l’arrivo, tanto era il fiatone.

Frigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso Zoldo
Frigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso Zoldo

Zana e Frigo per sognare

Capitolo giovani. Ecco che si apre un fantastico mondo di speranze e sogni. Qui si va con pressione zero. Nessuno può e deve chiedere nulla ai nostri ragazzi, ma l’opportunità è ghiotta anche per loro. Possono fare esperienza ad alto livello, iniziare a prendersi certe responsabilità e a fare i conti con le tre settimane in veste da leader.

Chi sono questi ragazzi? Pensiamo a Filippo Zana e Marco Frigo.

Il corridore della Jayco-AlUla forse è un po’ più avanti rispetto a quello della Israel-Premier Tech. Primo perché Filippo ha un anno di più e poi perché ha più esperienza e più vittorie di peso, su tutti la tappa della Val di Zoldo giusto all’ultimo Giro, e il tricolore. Aver portato sulle spalle quella maglia per un anno ti fa crescere. Certo però che se verrà Simon Yates i giochi si complicheranno per lui.

Frigo probabilmente è più bravo a crono e questo conterà non poco nella prossima corsa rosa che di crono ne ha due. Marco sta crescendo con costanza ma certo pecca di esperienza e ci sono alcuni aspetti in cui deve migliorare, ma in quanto a motore non si discute. In più lui è da corse a tappe nella mente. Ce lo disse proprio durante il Giro: «Voglio provare a tenere, per vedere in ottica futura cosa potrò fare in classifica generale».

All’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande solidità
All’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande solidità

Tiberi-Caruso: concretezza totale

Chi invece a crono potrà fare molto bene è Antonio Tiberi. Il corridore della Bahrain-Victorious ha già alle spalle due Vuelta. Al Giro sarebbe un debuttante, ma certe strade e certe dinamiche di gruppo le conosce già.

E poi ha dalla sua una squadra che sa come affrontare determinate situazioni. Non solo, prima abbiamo detto un “vecchietto”, ci riferivamo a Damiano Caruso.

E qui passiamo al siciliano. Damiano potrebbe aspirare a grandi cose. Molto grandi. E’ l’ultimo italiano ad essere salito sul podio di un GT, secondo al Giro 2021. Va bene a crono. E’ una garanzia in salita e alla distanza. In 18 grandi Giri un solo ritiro. Corre spendendo meno energie degli altri e ha un cuore grosso così. Ma se le cose non dovessero andargli benissimo, potrebbe essere la vera arma in più proprio per Tiberi. 

Il duo Bahrain non va assolutamente dimenticato. Tutto il pacchetto, ammiraglia inclusa, è estremamente competitivo.

Cattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al Tour
Cattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al Tour

Cattaneo e le crono

E il discorso della concretezza vale anche per Mattia Cattaneo. Atleta di una serietà unica, il corridore della Soudal-Quick Step potrebbe sfruttare al top la sua forza nelle cronometro. Anche se la stessa crono potrebbe dirottarlo verso il Tour, perché Mattia ha enormi possibilità di correre la prova olimpica contro il tempo.

Tra quelli citati sin qui è il meno scalatore forse, ma è anche vero che il Giro che arriva non è impossibile. Con Remco che fa rotta sul Tour, Cattaneo potrebbe avere i suoi spazi. Ma dipenderà molto anche da come la squadra vorrà venire in Italia. Con il velocista? Con i cacciatori di tappe? Facciamo un po’ fatica, ma magari ci sbagliamo, ad immaginare che Lefevere gli metterà vicino dei gregari fissi. Un conto è trovare strada facendo compagni che si adattano, e un conto è averli già mentalizzati al via.

E’ anche vero però che Cattaneo non dà tutte queste garanzie in termini di classifica. Ma tutto sommato questo discorso vale anche gli altri ragazzi citati.

Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti
Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti

E gli altri

A tutti questi nomi ne possiamo aggiungere altri. Ne citiamo tre: Domenico Pozzovivo, Gianmarco Garofoli e Giulio Pellizzari.

“Pozzo” è sempre Pozzo, ma gli anni passano e ad oggi non ha ancora ufficialmente una squadra per il 2024. Se le gambe (e gli infortuni) seguissero la testa, forse in carriera non avrebbe vinto solo la Roubaix. Forse.

Gianmarco Garofoli: il talento non si discute, ma il terreno da recuperare dopo i problemi di salute è davvero grande. Ciò non toglie che lui, e tutti i gli altri, possano ritagliarsi spazi importanti. Dalla sua ha quel volpone di Giuseppe Martinelli.

Infine c’è Giulio Pellizzari. Questa è davvero una scommessa. Un gioco. Una piacevole suggestione. L’atleta della Green Project-Bardiani, secondo all’ultimo Tour de l’Avenir, non hai mai preso parte ad un grande Giro e neanche è detto ci sarà, ma vista la buona annata era giusto citarlo.

Pasqualon e Caruso, riferimento per i giovani della Bahrain

28.10.2023
6 min
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Ce lo aveva raccontato lo stesso Pellizotti nell’ultima intervista su Antonio Tiberi: Caruso e Pasqualon sono degli ottimi riferimenti per i giovani italiani della Bahrain Victorious. Nel 2023 i giovani erano 4: Milan, Tiberi, Zambanini e Buratti. La prossima stagione andrà via Milan e arriverà Bruttomesso. Tanti ragazzi all’inizio della propria carriera che si possono rapportare con chi ha una grande esperienza in gruppo. 

Pasqualon in questi giorni si trova in vacanza, il 35enne veneto è abituato da anni ad essere una figura di riferimento, ed esserlo anche per i giovani della sua squadra è stato quasi naturale.

«Caruso ed io – ci dice Pasqualon – diamo consigli perché i corridori giovani si fidano di noi. Spesso la sera li prendiamo e facciamo una passeggiata con loro, è capitato durante il ritiro al Foscagno. Li portiamo a fare il giro del lago, è un modo per farli evadere e far sì che entrino in contatto con noi».

Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)
Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)

Alimentazione e testa

Ma su cosa sono più curiosi questi giovani? Dove hanno maggiore bisogno di sostegno? E al contrario, in quali campi si sentono già pronti? Il mondo del ciclismo è cresciuto tanto e i corridori sono sempre più monitorati, ma non tutto passa da test e controlli.

«Si interessano molto sull’alimentazione – spiega Pasqualon – su come gestirla, se fare un recupero più lungo o qualche ora in più di allenamento. Rispetto a quando abbiamo iniziato noi, ora i ciclisti sono molto più seguiti. Abbiamo nutrizionista, preparatore, dietologo, meccanici… Una volta i corridori giovani ti chiedevano più cose, ora si rivolgono a chi di dovere. Però è aumentata la parte psicologica, ovvero come si vive la corsa. Ad esempio in Belgio nella nostra villa di squadra Mohoric ed io prendiamo i giovani e guardiamo le corse insieme: facciamo vedere loro dove sono i punti salienti, dove si può riposare e tutto il resto».

Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tu hai corso con Tiberi, Buratti e Zambanini l’ultima Classica Monumento della stagione, com’è andata?

La sera prima del Lombardia ero in stanza con Tiberi, con lui ho condiviso anche la camera al Tour de Pologne. E’ uno molto sveglio, che chiede e ha la capacità di ascoltare. Ha un grande motore, secondo me per il futuro è uno dei prospetti più interessanti per le corse a tappe. Un aspetto che mi ha colpito in positivo è che prima del Lombardia era sereno, non ha dato troppo peso alla corsa, nonostante fosse uno dei corridori di punta. Tiberi io lo chiamo “cavallo pazzo”, è uno a cui piace divertirsi. A Livigno era il primo che sarebbe voluto uscire una sera in più. Ha tanta energia e lo capisco, ma da corridore bisogna imparare anche a dire dei no. 

La vita in ritiro per un corridore giovane può essere difficile…

Per questo ci siamo noi più esperti, per aiutarli a restare concentrati. A Tiberi ho fatto capire che una volta raggiunto un obiettivo, che nel caso del ritiro di Livigno sarebbe stata la Vuelta, poi può rilassarsi un attimo. Ora nel ciclismo tutto fa la differenza e fare la vita del corridore conta davvero molto ai fini del risultato finale. Però Tiberi ha l’atteggiamento giusto, quello del vero campione.

Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Cioè?

Il campione, uno come Pogacar per intenderci, lascia andare tutto: fa la vita da corridore, ma non si fa travolgere dalla cosa. Lo vedi sempre con il sorriso, anche dopo il secondo posto al Tour era sereno. E’ andato da Vingegaard e gli ha dato la mano, non si è mai arrabbiato. Però da queste sconfitte ne è sempre uscito con più grinta, tanto da aver vinto il terzo Lombardia consecutivo. 

Un atteggiamento, quello di essere più sereni, che Buratti e Zambanini non hanno? 

Zambanini è più quadrato di Tiberi e pensa tanto alla bici, forse troppo: si dedica davvero molto al ciclismo. Prima di una classica è molto più teso, ci pensa molto, è un ragazzo tanto emotivo rispetto agli altri due. Se una corsa non va come vorrebbe ci rimane male, anche oltre misura. Il compromesso giusto sarebbe una via di mezzo tra Zambanini e Tiberi. 

Buratti, che è arrivato a metà anno, come si è inserito?

Bene, molto bene. E’ un ragazzo sveglio che ascolta i consigli, quando gli dici qualcosa capisce subito. Anche lui è sereno e tranquillo, al Lombardia l’ho visto andare molto bene, ed anche in Belgio a inizio stagione si è fatto trovare pronto. La grande forza della Bahrain è il gruppo, siamo molto uniti e questo lo si è notato anche al Giro d’Italia.

In che senso?

Non c’erano Buratti e Tiberi, però avevamo altri giovani con noi: Zambanini, Milan e Buitrago. Parlando con Damiano ci siamo detti che è stato uno dei Giri d’Italia migliori, dove abbiamo creato un gruppo super unito. Infatti non è stato un caso che abbiamo vinto la classifica a squadre. 

Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Insomma, il neo arrivato Bruttomesso può stare sereno, la Bahrain è l’ambiente giusto?

Assolutamente. Lui l’ho visto qualche volta con la nazionale, l’ultima volta all’europeo. Avremo modo di conoscerci e di parlare, ma sono sicuro che si troverà benissimo. In squadra abbiamo l’ambiente giusto, con il mix tra giovani ed esperti difficilmente sbagli e questo si vede. 

Merito anche tuo e di Caruso.

Bisogna anche essere in grado di mettere davanti l’interesse della squadra e Damiano ed io siamo stati capaci di farlo. Lui durante la Vuelta è stato un punto di appoggio importante per tutti, come io lo sono stato al Giro. E’ giusto che corridori come noi insegnino ai giovani, ma non tutti hanno il carattere per farlo.

Valchiavenna: una perla incastonata tra lago e montagne

01.08.2023
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La Valchiavenna è entrata nelle mappe del grande ciclismo negli ultimi anni: le sue strade sono state teatro di grandi sfide legate al professionismo. Nel 2021 il Giro d’Italia si arrampicò fino all’Alpe Motta, in uno dei giorni più commoventi per Damiano Caruso alla corsa rosa. Anche gli under 23 hanno assaggiato queste strade, prima nel 2020, con la tappa vinta da Pidcock a Montespluga. Poi, l’anno scorso, con l’arrivo a Chiavenna, città fulcro della valle, dalla quale prende il nome. 

Posizione strategica

La Valchiavenna si trova tra due poli turistici importanti: il lago di Como, a sud, e la Svizzera a nord. Da Chiavenna partono due salite, anzi due passi, che gli amanti del ciclismo su strada conoscono benissimo: Passo dello Spluga e Maloja

«Da diversi anni – ci racconta Giulia Guanella, che si occupa dello sviluppo del cicloturismo in Valchiavenna – nel nostro territorio puntiamo alla promozione legata alla bici ed agli eventi sportivi. Le corse dei professionisti e degli under 23 sono state un grande motore, hanno permesso di far scoprire nuovi posti e strade diverse. Nel mentre però non siamo stati fermi, abbiamo lavorato in direzioni diverse, proponendo anche alternative alla strada: come percorsi di mountain bike o gravel. Il nostro fiore all’occhiello, il Passo dello Spluga, merita di essere riconosciuto a livello internazionale. Un modo per farlo conoscere è stato quello di aderire alle iniziative provinciali di Sondrio sul cicloturismo, come quella della chiusura dei Passi, che già riguarda Stelvio, Gavia e Mortirolo».

Lontani dal traffico

«Una prima iniziativa in questa direzione – continua Giulia Guanella – è stata appunto la chiusura alle macchine del Passo dello Spluga, da Campodolcino. Avvenuta il 2 luglio e dove abbiamo contato 1400 passaggi. Da lì in poi ogni domenica di luglio e agosto abbiamo deciso di chiudere il tratto che va proprio da Campodolcino a Pianazzo. Un pezzo corto, di 5 chilometri ma davvero suggestivo, l’iniziativa è la “Spluga da Capogiro” nome preso dai 10 tornanti che si arrampicano sulla montagna. Il traffico veicolare non ne risente, visto che le auto vengono indirizzate sulla strada provinciale. Per chi volesse, poi, andando in direzione dell’Alpe Motta c’è una ztl che permette di pedalare ancora lontani dalle macchine». 

Il fuoristrada

Come detto la Valchiavenna punta tanto sulla promozione del territorio legata alla bici, in tutte le sue forme. Ed essendo in montagna, come non pensare al fuori strada, tra sentieri e trekking percorribili anche in e-bike?

«Un’iniziativa importante – dice ancora Giulia – è la Gravel Marathon Valle Spluga, organizzata da ExtraGiro, il quale ha portato avanti per anni il Giro d’Italia under 23 (anche negli anni di transito dalla Valchiavenna, ndr). Un evento che si terrà domenica 17 settembre, a Chiavenna verrà instaurato un villaggio di ritrovo con stand e tante iniziative. La valorizzazione di un territorio come il nostro non può che passare anche dal gravel e dalla mountain bike». 

I tornanti della strada del Passo dello Spluga, facile capire da dove arrivi il nome “Spluga da Capogiro”
I tornanti della strada del Passo dello Spluga, facile capire da dove arrivi il nome “Spluga da Capogiro”

La provincia di Sondrio

la Valchiavenna fa parte della provincia di Sondrio, ha una posizione geografica fondamentale e strategica, essendo vicina alle province di Como, Lecco, Monza e Brianza e Bergamo. 

«Siccome si tratta di un territorio che fa parte della provincia di Sondrio – afferma Gigi Negri, responsabile del progetto cicloturismo Provincia di Sondrio – è entrata a far parte del progetto legato al cicloturismo. Tutto è iniziato con il Giro d’Italia, la soddisfazione di vedere un territorio così importante che prende sempre più vita è tanta. Ci sono sempre più turisti, e la vicinanza alla Svizzera rende la Valchiavenna un punto di passaggio davvero fondamentale per il cicloturismo. La prima prova iniziale di chiusura al traffico del Passo dello Spluga ha dato tanta soddisfazione e ci ha permesso di legarci al Ticino. Proporremo sicuramente altre date, probabilmente nei mesi di giugno e settembre. Con la Valchiavenna abbiamo coperto tutti i passi della provincia di Sondrio, che vanno dallo Stelvio, Gavia e Mortirolo, nella parte alta. Poi ci sono Passo Spluga e Passo San Marco nella parte bassa della provincia».

Gravel Spluga

Merlier apre il Polonia. E Caruso, tornato in gara, guarda avanti

29.07.2023
5 min
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POZNAN – Con la Poznan-Poznan si è aperto l’80° Tour de Pologne. Una tappa per velocisti doveva essere e una tappa per velocisti è stata. E il migliore di loro? Tim Merlier. Sornione al via, il corridore della Soudal-Quick Step era tra i più marcati. Ma in gruppo si è rivisto un corridore, che velocista non è, ma è uno degli italiani più forti, Damiano Caruso.

Il siciliano era al rientro dopo il Giro d’Italia. Sembra stare bene. Di certo è sereno, tranquillo, magro… insomma è il solito Damiano. Il corridore della Bahrain-Victorious è giunto ad un momento della sua carriera in cui sa esattamente dove sta, come sta, cosa può fare lui e, se vogliamo, anche cosa possono fare gli altri. Ha quella che si suol dire, la situazione sotto controllo.

Questa prima frazione del Polonia è stata un’occasione ideale per parlare con lui.

Damiano, come stai?

Sto bene – replica con tono squillante e sincero – sono contento di essere venuto qui in Polonia. Se non altro perché sono scappato dai 45 gradi che avevo a casa in Sicilia! Qui c’è una temperatura più normale, più umana. Scherzi a parte, abbiamo fatto un bel periodo in montagna.

Dove?

Sono stato a Livigno, anzi al Passo Foscagno per la precisione (che sfiora i 2.300 metri di quota, ndr). Ora inizia la seconda parte della stagione. Mi aspetta un bel blocco di gare da fare nei prossimi due mesi.

La Vuelta…

E prima Burgos. Vado alla Vuelta con grande serenità. Alla fine il mio primo obiettivo della stagione era quello di fare un buon Giro e l’ho centrato. In Spagna mi piacerebbe provare a vincere una tappa e se questo dovesse accadere per me sarebbe ancora una volta una grande stagione. Era nei programmi sin da questo inverno fare Il Giro e andare all’arrembaggio alla Vuelta.

Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Damiano Caruso (classe 1987) alla presentazione dei team. Il siciliano non correva dal Giro
Hai dato uno sguardo al percorso spagnolo?

Ho visto che è ancora una volta particolarmente dura: tante salite e tanti arrivi in quota. Se devo dire una tappa in particolare non c’è l’ho, però credo che ci saranno tante occasioni per provare a portarsene a casa almeno una.

Sarà un “Remco contro tutti”?

Vista “da fuori” sarà una bella battaglia. Oltre a Remco ci sarà un alto livello: Vingegaard, Roglic, Ayuso…

Che corsa ti aspetti?

Difficile dirlo. Semmai spero che non ci sarà “l’ammazza-Vuelta”, uno alla Vingegaard al Tour. Anzi, spero che Jonas possa risentire un po’ delle fatiche francesi in modo da tenere aperto il discorso della vittoria e quello del podio finale il più possibile. Però non credo che sarà un tutti contro Remco, sarà un tutti contro tutti.

Remco ha messo Vingegaard come favorito, ma pare sicuro di sé. Si è allenato forte…

Riconfermarsi è sempre più difficile che vincere. Quest’anno ha più pressioni. L’anno dopo una vittoria hai gli occhi puntati addosso: per me avrà del filo da torcere. Ma tutto questo andrà a vantaggio dello spettacolo. Ma è impossibile stabilire chi sia il favorito.

Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Caruso (al centro) ha tenuto davanti la squadra nel momento del nubifragio in questa prima tappa polacca
Invece in casa Jumbo-Visma Vingegaard e Roglic si pesteranno i piedi?

Non credo, sono entrambi soddisfatti della stagione che hanno fatto. Roglic ha vinto il Giro, Vingegaard ha vinto il Tour: insomma, andarsi a creare dei conflitti interni non sarebbe intelligente da parte loro. E siccome penso che sono dei ragazzi intelligenti, non creeranno questo tipo di situazione.

E di Ayuso cosa ci dici? Lui potrebbe essere la bestia nera?

A dire il vero non lo conosco molto bene. Sicuramente è un ragazzo di talento. L’ultima gara che ho fatto contro di lui è stata il Giro di Romandia, dove è andato forte e ha vinto a cronometro se ben ricordo. Ha tantissimi margini di crescita. E poi la Vuelta è la gara di casa per lui e sicuramente sarà una motivazione extra. Sono certo che sarà tra coloro che darà spettacolo.

Insomma ci sarà da divertirsi, soprattutto se Remco sarà stuzzicato. E voi con chi farete classifica?

Anche noi abbiamo dei ragazzi giovani che cominciano ad affacciarsi ai piani alti e a voler fare classifica, penso a Santiago Buitrago, piuttosto che ad Antonio Tiberi. E’ giusto che questi ragazzi provino a fare esperienze nuove.

Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar
Il podio della prima tappa del Polonia, con il vincitore Merlier, Kooij e Gaviria in maglia Movistar

Intanto il pubblico polacco, indomito davanti al nubifragio, si stringe attorno al podio. Le scene sono quelle classiche del ciclismo ad ogni latitudine: la ricerca delle borracce da parte dei tanti bambini giunti qui nell’autodromo di Poznan. I selfie con i corridori, specie quelli della nazionale polacca. Gli applausi… E tanti di questi applausi sono per Merlier, che ha vinto esattamente due minuti prima che il suo compagno Remco Evenepoel conquistasse la Clasica de San Sebastian.

Due picchi di forma nella stessa stagione: come si fa?

15.07.2023
5 min
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«Ad aprile e maggio ho fatto terzo al Romandia e poi quarto al Giro. Ora lavoriamo per avere un secondo picco di forma e andremo alla Vuelta». Questa frase detta da Damiano Caruso durante la nostra ultima intervista merita un approfondimento. Il ragusano ha incentrato la sua stagione su due picchi di forma: il primo al Giro ed il secondo alla Vuelta. Ma come si lavora per arrivare pronti a due momenti così diversi della stagione?

Come il corridore della Bahrain Victorious, anche Remco Evenepoel si presenterà alla Vuelta, dopo il ritiro dalla corsa rosa per Covid. Il campione del mondo è stato terzo al Tour de Suisse (foto di apertura), ha poi conquistato il campionato belga su strada e ora si preparerà a difendere la maglia rossa.

I corridori di punta delle varie squadre tendono ad avere due picchi di forma durante la stagione (foto Instagram Hindley)
I corridori di punta delle varie squadre tendono ad avere due picchi di forma durante la stagione (foto Instagram Hindley)

Parola ad Artuso

Il caso specifico di Caruso è interessante ed apre spiragli e ragionamento che prendono il mondo della preparazione a 360 gradi. Abbiamo chiamato in causa Paolo Artuso, che con Caruso ha lavorato molto negli anni passati, prima di andare a seguire i corridori della Bora Hansgrohe

«Di base – spiega Artuso – un corridore può decidere tre modi diversi di affrontare la stagione. Il primo è quello di avere un solo picco di forma, di solito in corrispondenza del Tour. E’ un metodo che ha usato per anni Froome, ma è diventato sempre più raro nel ciclismo moderno. Il secondo, è quello deciso da Caruso (ma anche da Thomas, ndr), con due grandi picchi di forma. Questi possono essere in corrispondenza di Giro e Vuelta o di Classiche e Tour. L’ultimo è avere tre macro momenti di forma durante la stagione, in questo caso non si arriverà mai al 100%. Questa scelta di solito la si fa con dei gregari forti che si vogliono portare a più corse possibili».

Il terzo posto al Romandia è servito a Caruso per avere le prime risposte sulla preparazione in vista del Giro
Il terzo posto al Romandia è servito a Caruso per avere le prime risposte sulla preparazione in vista del Giro
Quando si opta per due picchi di forma come si lavora?

Solitamente si fa un performance plan, partendo dal determinare gli obiettivi durante la stagione. In questo caso Giro e Vuelta. Poi all’interno della stagione ci possono essere dei sotto obiettivi, le classiche “tappe di avvicinamento”. Queste consistono in corse dove arrivare pronti ma non al massimo (Caruso quest’anno ha optato per il Romandia, chiuso terzo, ndr). 

E poi?

Da qui si individuano i processi per raggiungere gli obiettivi, come i volumi di allenamento ed il peso. Per esempio: si decide che a dicembre si arriveranno a fare 90 ore di bici e che il peso sarà uno o due chili sopra quello ideale. Le tappe di preparazione variano a seconda dei periodi, più ci si avvicina alla corsa più si entra nello specifico. Magari verso marzo e aprile inserisci dei lavori ad alta intensità, come ripetute sui 30 minuti. 

Una volta portato a casa il risultato come si lavora per preparare il secondo obiettivo?

E’ come se si fosse ad ottobre, praticamente diventano due stagioni in una, così da arrivare freschi alla Vuelta, nel caso di Caruso. Diventa fondamentale fare del recupero attivo, per non perdere tonicità muscolare. Damiano ha un motore rodato e questo gioca a suo favore, ha tante stagioni alle spalle e ciò è un punto a favore. 

Andare ad allenarsi in altura permette agli atleti di essere monitorati e di aver maggior supporto tecnico
Andare ad allenarsi in altura permette agli atleti di essere monitorati e di aver maggior supporto tecnico
Anche se forte delle sue qualità lo stesso Caruso ha detto che ha fatto un recupero attivo, per non arrivare troppo riposato al ritiro in altura, che vuol dire?

Semplice. Se arrivi troppo riposato, passi da zero a cento in breve tempo e il fisico ne risente. In altura per forza di cose si fa fatica, si accumulano chilometri e tanti metri di dislivello, se sei troppo fresco rischi di non lavorare bene. C’è la possibilità di dover rivedere i carichi di lavoro e cambiare i programmi e questo non va bene.

Quando si è a casa come si lavora per arrivare pronti al ritiro?

Si attuano dei protocolli dedicati. Noi avevamo tre fasi, gestite sia per allenamento, che per nutrizione e monitoraggio. La prima fase riguarda l’adattamento: per arrivare pronti in ritiro non bisogna stare fermi ma nemmeno accumulare troppa fatica, solitamente si sta sulle 20 ore di allenamento settimanali. Un paio di settimane prima del ritiro si fanno gli esami del sangue, per capire i livelli di: transferrina, ferro, ematocrito ed emoglobina. Si fa anche un check dei profili ormonali. Da questi dati si decide la strategia alimentare. 

Per quali motivi si va in altura?

Per tre motivi: il primo è avere una risposta ematica, quindi rinnovare i globuli rossi. Quando hai la squadra al seguito si è monitorati al meglio, si tengono sotto controllo tutti i valori: frequenza cardiaca, saturazione, qualità del sonno, peso e idratazione. 

In altura si dorme in quota e ci si allena più in basso (foto Instagram Hotel Spol Livigno)
In altura si dorme in quota e ci si allena più in basso (foto Instagram Hotel Spol Livigno)
Una volta saliti in ritiro?

Per i primi giorni, dai due ai quattro, si riduce il volume di allenamento del 25% più o meno, in funzione dell’adattamento. Va detto che se non è il primo ritiro in altura dell’anno, l’atleta si adatta più velocemente. Nei giorni successivi si lavora, con l’obiettivo di dormire in alto e allenarsi in basso, così si può tenere alta l’intensità. 

E nell’ultima fase?

Si valuta quanto ridurre i carichi in base agli obiettivi. Solitamente chi va alla Vuelta corre prima alla Vuelta Burgos e al Tour de Pologne (questo è anche il programma di Caruso, ndr). Solitamente si riducono i carichi di lavoro anche del 50% rispetto a quando si era in altura. Al termine del periodo di adattamento, a casa, si fanno tre o quattro giorni con allenamenti ad alta intensità, come dietro motore o simili. 

Poi si va a correre…

Le corse di avvicinamento funzionano allo stesso modo della prima parte di stagione. Si va alle gare per vedere lo stato di preparazione e per fare qualche buon risultato in vista dell’obiettivo principale. 

Caruso torna a scuola, prepara la Vuelta e pensa a Mader

11.07.2023
5 min
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Smaltite le ultime fatiche del Giro d’Italia, Damiano Caruso si è fermato per un po’ ed ha recuperato in vista dei prossimi impegni. Il corridore siciliano ora si trova con i propri compagni di squadra a Livigno, in altura si allena e prepara la seconda parte di stagione. Intanto i ragazzi del Team Bahrain Victorious seguono le fatiche dei compagni impegnati al Tour de France

«Oggi (domenica, ndr) Mohoric ci ha provato – dice Caruso – ha fatto una bella tappa, alla fine ha vinto uno scalatore vero: Woods. Michelino (Landa, ndr) ha preso un’altra batosta, forse gli conviene azzerare tutto e provare a vincere una tappa. Quest’anno sto vivendo un Tour da appassionato, non l’ho studiato molto, mi metto davanti allo schermo e dico: “Vediamo cosa c’è oggi”. Però una tappa me la ricordo, quella del Col de la Loze, con arrivo a Courchevel. Lì Mikel lo vedo bene».

Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”
Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”

Ritorno a scuola

Damiano Caruso, però, prima di attraversare lo Stivale in direzione Livigno, si è reso protagonista di un bel gesto nella sua Ragusa. Il siciliano è tornato tra i banchi di scuola, per affiancare un ragazzo al suo esame di terza media. Il motivo? Il protagonista di questa tesina era Caruso stesso. 

«In quella scuola, l’Istituto Comprensivo Vann’Antò di Ragusa – racconta Caruso – mi ero diplomato anche io, ormai 20 anni fa. Un mesetto fa mi ha contattato un professore chiedendomi se avessi voluto presenziare all’esame di questo ragazzo che aveva scelto me come protagonista del suo esame. Il professore stesso è un appassionato di ciclismo e, nel momento in cui questo ragazzo ha voluto fare una tesina sullo sport, è venuto fuori il mio nome. Sono uno dei pochi corridori che è rimasto a vivere nella città dove è nato e questo mi ha reso lo sportivo di riferimento. Quando mi è stata comunicata la scelta del ragazzo, presenziare al suo esame mi è sembrato bello». 

Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Com’è stato vedersi raccontato in un contesto così?

Parecchio emozionante, devo ammetterlo. Il ragazzo ha raccontato la mia carriera collegandola alle materie di studio. Per esempio con geografia ha unito le mie sei partecipazioni al Tour de France. Personalmente è stato un momento particolare, quando un ragazzo sceglie te come riferimento positivo è bello. Non tanto per me, ma per il fatto di scegliere uno sportivo, uno stile di vita sano, fatto di sacrifici e passione. 

Ti ha fatto qualche domanda?

Era molto curioso sul mio stile di vita, mi ha chiesto come gestisco l’alimentazione e in che modo mi alleno. Ha voluto sapere quanti chilometri faccio in un anno, siamo passati anche alle domande in inglese. Alla fine la mia carriera è stata un filo rosso all’interno del suo esame, non ho potuto far altro che ringraziarlo per avermi scelto. Gli ho anche fatto una promessa. 

Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Quale?

A fine stagione cercherò di contattarlo nuovamente e magari faremo una pedalata insieme. Ci siamo salutati così, con i complimenti da parte mia ed un sincero ringraziamento.

Quindi il ragazzo va in bici?

No, la cosa bella è proprio questa. Ha scelto me nonostante lui non vada in bici. Per me è stato un motivo di riflessione e di “vanto” perché il ragazzo ha scelto una figura sana e professionale. Nella mia carriera ho sempre pensato che lavoro, sacrificio e dedizione valgono per la vita di tutti i giorni. Non è una scelta facile che porta al risultato, ma tutto arriva dopo un lungo lavoro. 

A proposito di lavoro, tu ora stai preparando la seconda parte di stagione, come procede?

Dopo il Giro mi sono fermato per un mese, non ne sono uscito troppo stanco, infatti dopo una settimana senza bici sono tornato a pedalare. La cosa importante era mantenere un filo di condizione per arrivare a questo ritiro in buona forma. Il 21 torniamo a casa e poi partirò per il Tour de Pologne, la Vuelta a Burgos ed infine la Vuelta Espana. 

Fare due grandi corse a tappe era in programma fin da inizio stagione?

Ne avevamo parlato con la squadra fin dall’inverno. Come corridore riesco ad esprimermi al meglio nelle corse a tappe. Ad aprile e maggio ho fatto terzo al Romandia e poi quarto al Giro, quindi abbiamo avuto la conferma di ciò. Ora lavoriamo per avere un secondo picco di forma e andremo alla Vuelta, ma lo dico subito: non curerò la classifica. Punterò a qualche tappa, alla mia età è difficile curare la classifica in due grandi Giri. 

Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Sarai in supporto a qualcuno?

Difficile dirlo prima che finisca il Tour, magari Landa virerà sulla Vuelta, ma non possiamo ancora dirlo. Oppure i leader saranno Tiberi e Buitrago. Fa male dirlo: anche Mader avrebbe potuto curare la classifica…

Com’è stato ripartire dopo quella tragedia?

La botta morale è stata profonda, noi corridori siamo abituati a salutarci e rivederci dopo settimane o mesi. Il cervello fa fatica a realizzare che Gino non lo vedrò mai più. Anche ora che siamo in ritiro la mia mente dice: «Non c’è perché sta correndo da qualche parte». Poi però quando sei fermo realizzi e rischi di impazzire. Anche semplicemente leggere la dedica sulla maglia mi fa venire un magone incredibile. E’ triste, ma il fatto che non ci sia più è da accettare.

Il signor Caruso, campione di normalità

09.06.2023
7 min
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A Marina di Ragusa c’è ancora qualche nuvoletta dispettosa che ha rinfrescato la ripresa degli allenamenti di Caruso. In realtà Damiano non ha mai smesso di pedalare, ma ieri è risalito in sella con lo sguardo da professionista. Il quarto posto del Giro d’Italia (in apertura con i figli Oscar e Greta nel giorno di Roma) è ancora un tema, mentre il resto della stagione sarà da costruire, con altre valigie e la Vuelta nel mirino.

Il Giro di Caruso si è svolto sempre nella scia dei migliori. Qui con Thomas, in rosa sino al Monte Lussari
Il Giro di Caruso si è svolto sempre nella scia dei migliori. Qui con Thomas, in rosa sino al Monte Lussari

Un ragazzo di 35 anni

Nel ciclismo italiano che si va ripopolando di talenti nelle varie tipologie di corsa, il siciliano ha tenuto alta anche stavolta la bandiera del Giro. E anche se non è mai stato in lotta per vincerlo, resta il fatto che alle spalle di Roglic, Thomas e Almeida, il migliore sia stato questo vecchio ragazzo di 35 anni, la cui sola colpa negli anni è stata solo quella di non aver creduto abbastanza in se stesso, lasciando che lo crescessero da uomo squadra più che da solista.

«Ho finito il Giro che non mi sentivo proprio distrutto – dice – non avevo il bisogno di fermarmi. Per cui ho fatto una settimana di recupero attivo e sono andato in bici in maniera blanda, solo per il piacere di andarci. Era quello che mi serviva. Ieri è stato il primo giorno in cui mi sono allenato, avendo dato il tempo a quella nuvoletta di andarsene. Acqua ne ho presa abbastanza. In realtà a fine Giro ho anche sentito qualche battuta sulla possibilità di andare al Delfinato o al Giro di Svizzera, però ho detto che alla mezzanotte del 28 maggio avrei spento il cellulare e a quel punto forse hanno capito che non era aria di insistere».

Se la ride. Dopo la bici, è andato con suo fratello a comprare oggetti per la casa, mentre fuori scintilla il mare di Montalbano e nelle spiagge è già vacanza. Per chi vive perennemente fra alberghi e strade lontane, la normalità è un lusso da centellinare con cura.

La Bahrain ha portato via dal Giro due tappe, la classifica a squadre, la ciclamino e il 4° posto di Caruso, qui con Milan
La Bahrain ha portato via dal Giro due tappe, la classifica a squadre, la ciclamino e il 4° posto di Caruso, qui con Milan
Soddisfatto del tuo Giro?

Più che soddisfatto, all’inizio ci avremmo messo la firma. Il quarto posto a quasi 36 anni penso fosse il massimo che potessi raggiungere, anche con i nomi che c’erano. Insomma, non penso che sia stato un risultato banale. Se poi lo contestualizziamo con quello che ha fatto la squadra, anche meglio. Le due tappe vinte con Milan e Buitrago. La maglia ciclamino. La classifica a squadre. Per noi sicuramente è stata un’esperienza più che positiva.

Visti i nomi in ballo, un quarto posto che vale tanto meno del secondo del 2021?

Non si possono fare confronti, sono entrambi due risultati bellissimi. Il secondo posto sicuramente fu una grande sorpresa per tutti, anche per me. Era la prima volta che mi ritrovavo addirittura a giocarmi un grande Giro. Però il quarto posto è importante perché conferma che quel piazzamento di due anni fa non era venuto a caso. E poi insomma, quanti hanno contato i podi che ho fatto nel frattempo?

Dici che sono passati inosservati?

Pochi si sono accorti ad esempio che ho fatto terzo al Romandia una settimana prima del Giro. Tutti si ricordano le debacle, ma quando ci sono da elencare anche le cose buone, si tende a dimenticare. Il problema è che secondo me ormai viviamo in una società che valorizza solo chi vince mentre il resto conta poco.

Questo ti condiziona? Tu riesci a valorizzare i tuoi piazzamenti?

Ho imparato a farlo. Il terzo posto del Romandia mi è servito tantissimo, perché venivo da un Giro di Sicilia andato male. Ero rimasto deluso dalla mia prestazione e non riuscivo a darmi una spiegazione. Quel terzo posto mi ha permesso di archiviare subito il risultato negativo e di andare al Giro con il morale giusto.

Nella Liquigas di giovani come come Nibali, Viviani e Sagan, Caruso è stato messo spesso a tirare nonostante i 24 anni
Nella Liquigas di giovani come come Nibali, Viviani e Sagan, Caruso è stato messo spesso a tirare nonostante i 24 anni
Perché anche questa volta sei arrivato al Giro deviando le responsabilità di leader?

Perché io non dovevo fare il leader. Avevamo Jack Haig e semmai avremmo provato con Buitrago. Io mi sarei accontentato di essere in una zona di classifica medio-alta che ti permettesse di provare a vincere una tappa. Non pensavo di poter lottare ancora per i primi cinque. Solo che nel frattempo la condizione è cresciuta, mi sono ritrovato in classifica e a quel punto me la sono giocata bene.

Pensi che se ti avessero cresciuto con la mentalità vincente, avresti avuto un’altra carriera?

Può essere che mi porti ancora dietro la mentalità con cui mi sono formato nei primi anni di carriera. E questo forse influisce sul mio atteggiamento. Resta il fatto che correndo senza alcun tipo di pressione, vado in gara più leggero e i risultati arrivano di conseguenza. Sto vivendo la parte più bella di tutta la carriera, proprio perché non ho più niente da perdere, vado avanti, mi diverto e riesco anche ad essere performante. Alla Vuelta ad esempio…

Cosa farai alla Vuelta?

Andrò per puntare a una tappa. Per il tipo di corsa che è, non penso proprio che abbia senso fare classifica.

Quella delle Tre Cime è stata la tappa che a Caruso è piaciuta di più, per meteo, strade e sensazioni
Quella delle Tre Cime è stata la tappa che a Caruso è piaciuta di più, per meteo, strade e sensazioni
Qual è stato il giorno più bello del Giro?

Quello in cui proprio ho assaporato tutta la tappa, è stato alle Tre Cime di Lavaredo, perché abbiamo corso una bellissima tappa sui passi dolomitici. C’era una giornata stupenda, il tempo perfetto per andare in bici e io stavo bene. C’era un arrivo prestigioso. Dopo quella, mi è piaciuto il Monte Lussari e alla fine anche Roma ha avuto il suo perché. Finalmente il Giro si è chiuso con una tappa veramente bella, dovremmo farla tutti gli anni.

I quasi 36 anni fanno pesare la vita da atleta?

Mi piace ancora, faccio un po’ più fatica quando sono qui a casa perché non ho compagni di allenamento che mi possono stimolare a far meglio. Però partire per andare in ritiro o stare fuori in ritiro non mi crea alcun problema e lo faccio volentieri perché ho capito da qualche anno che questo è un lavoro e sono fortunato a poterlo fare. Allora ti dici: “Se proprio devi fare questi sacrifici e con te li deve fare la tua famiglia, cerca almeno di farli bene”. Chiaramente mi dispiace quando non vedo i bambini a lungo. Prima del Giro ad esempio sono stato fuori per due mesi. Oscar, il primo, ha capito. Greta, la piccola, fatica a farsene una ragione. 

La preparazione per la Vuelta riprenderà da Livigno e passerà prima per la Vuelta Burgos
La preparazione per la Vuelta riprenderà da Livigno e passerà prima per la Vuelta Burgos
Li porterai con te a Livigno?

Non credo, abitiamo a 50 metri dalla spiaggia e il prossimo ritiro a Livigno servirà per preparare la Vuelta. Avrò poco tempo da dedicargli e costringerli a stare a 2.000 metri per dieci giorni non è il massimo, avendo questa alternativa.

Cosa pensi dell’arrivo di Tiberi: potrebbe diventare un giovane cui passare la tua esperienza?

Se vorrà ascoltare, sarò ben contento di trasmettergli un po’ del bagaglio che ho accumulato in questi anni. Mi fa piacere, a prescindere che sia italiano o meno, quando c’è un giovane interessato che vuole imparare. Perché oggi a questi ragazzi molto forti hai poco da insegnare e alcuni di loro neppure hanno l’atteggiamento di curiosità, di ascoltare un altro punto di vista. Se Tiberi invece avrà voglia e mi chiederà consiglio, io sicuramente non mi tirerò indietro.

Altro passo verso il quarto posto: le Tre Cime di Caruso

26.05.2023
5 min
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TRE CIME DI LAVAREDO – Prima la pioggia, poi il sole e il caldo, finché di colpo sul traguardo si è abbassata una nuova aria gelida e la temperatura è scesa a dieci gradi. Buitrago ha vinto la tappa, davanti a Gee e Cort Nielsen. Roglic ha trovato la grinta per saltare Thomas sulla riga. Dopo di loro Almeida e, insieme a lui, sul traguardo è passato anche Damiano Caruso, stanco ma non sfinito. Ha la faccia nerissima per il freddo e l’acqua presi in abbondanza sul Passo Tre Croci e così la prima cosa che fa è infilarsi nel giubbino felpato con l’asciugamano attorno al collo.

Alla partenza da Longarone, Caruso era di buon uomore: consapevole di stare bene
Alla partenza da Longarone, Caruso era di buon uomore: consapevole di stare bene

Obiettivo quarto posto

Dunbar si è staccato proprio nel finale, il siciliano ha retto bene e si è ripreso il quarto posto in classifica generale. Manca la crono di domani, poi potrà dire di essere il primo alle spalle del podio dei più forti.

«L’avevo detto – racconta – non mi arrendo. Sapevo che il discorso podio fosse pressoché chiuso, però il quarto posto non lo regalo (Damiano ha ora 42 secondi di vantaggio su Dunbar, ndr) perché, comunque sia, per me e anche per gli italiani è un buon risultato. Insomma, questa è stata una giornata più che soddisfacente per il mio team. Domani andiamo a fare l’ultima cronoscalata e sarà sicuramente un’altra bellissima gara, con un finale incerto tra i primi tre. Io spero di definire il mio piazzamento…».

De Plus e Arensman hanno fatto un ritmo che Caruso ha definito «bastardo» e ha impedito gli scatti
De Plus e Arensman hanno fatto un ritmo che Caruso ha definito «bastardo» e ha impedito gli scatti

Il ritmo bastardo

Mentre davanti gli uomini della Ineos Grenadiers scandivano il ritmo più adatto per Thomas, Caruso ha preso il suo passo e l’ha portato fino al leggendario traguardo del Giro.

«Onestamente il Giau non è stato affrontato con un grandissimo ritmo – ammette – ma quest’ultima salita sicuramente è stata sufficiente per portarci tutti al limite. Oltre alle pendenze, qui la quota fa il suo gioco e quindi alla fine è venuto uno spettacolo totale. Davanti per gli uomini in fuga e dietro per quelli di classifica.

«Uno vorrebbe provare ad attaccare, ma quando c’hai un Arensman e un De Plus che tirano a un ritmo così bastardo, dove vai? E se loro già tirano a 6,5 watt/chilo, cosa ti vuoi inventare? E’ impossibile fare la differenza, è già tanto se non ti staccano. Forse per questo viene penalizzato lo spettacolo, ma fa parte del gioco. Conosciamo questi squadroni…».

Al livello del 2021

E’ un Caruso più che buono, difficile dire se al livello di quello che nel 2021 arrivò secondo alle spalle di Bernal e riuscì a vincere una tappa. Di certo però il campo partenti di questo Giro parrebbe avere una superiore consistenza.

«Sull’ultima salita – ricorda – avevo buone sensazioni, poi hanno cominciato a forzare. Quando è partito Roglic, chiaramente non potevo seguirlo. Però mi sono detto: “Il mio passo è buono, continuo così e forse riesco a ritornare sotto”. Infatti dopo un po’ mi sono girato e ho visto che dietro si era fatto il vuoto. Quest’anno mi sembra che il parterre sia stato di primo’ordine. Davanti a me, ma anche alle spalle ci sono tutti ottimi corridori. Quindi vi dirò: se confermato, il quarto posto mi soddisferebbe molto».

Caruso ha tagliato il traguardo alle Tre Cime in 7ª posizione, assieme ad Almeida
Caruso ha tagliato il traguardo alle Tre Cime in 7ª posizione, assieme ad Almeida

Pronto per la… spiaggia

Infine, prima che riprenda la via di valle per raggiungere il pullman parcheggiato poco sopra il lago di Misurina, gli chiediamo qualcosa su come finirà il Giro d’Italia.

«Dipende come andrà domani – dice – perché qualcuno può ancora pagare lo sforzo di oggi. Però Thomas, mi sembra abbastanza in controllo. Oggi sono proprio contento per la nostra squadra e per tutto il Giro della Bahrain Victorious. Volevamo piazzare uno dei nostri in fuga e Buitrago è stato veramente bravo, perché non era facile. Alla fine questa era la tappa per lui. Da buon colombiano, a queste altitudini ci va a nozze, sono felicissimo per il ragazzo e per la squadra.

«Penso che per noi siano state tre settimane ampiamente positive. Anche le mie sensazioni sono andate in crescendo. Sono praticamente pronto per andarmene al mare. Non vedo l’ora di tornarmene a casa mia…».