Colbrelli sale in ammiraglia: ha vinto il richiamo della strada

27.10.2023
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Al momento di salutare il ciclismo, Sonny Colbrelli fu categorico su un punto: non farò il direttore sportivo. Ma la vita, lui lo sa meglio di tanti altri, propone bivi inattesi, così la decisione di salire sull’ammiraglia del Team Bahrain Victorious un po’ stupisce e un po’ no. La squadra ha appena perso Alberto Volpi, ma soprattutto i dirigenti sono consapevoli del grande bagaglio di esperienze del bresciano e di quanto sarebbe utile ai loro corridori.

Rintracciamo Sonny mentre sta guidando alla volta di Milano, per un incontro promosso da Rudy Project sul tema della sicurezza. Volevamo sentirlo da qualche giorno per approfondire la sua scelta e capire che cosa potrebbe dare un atleta come lui, che con il duro lavoro era arrivato ai vertici mondiali, a ragazzi che combattono ogni giorno con il ritmo imposto da altri e una fatica sempre più grande.

«Non lo farò a tempo pieno – ride mettendo le mani avanti – perché ho tanti altri impegni, fra sponsor personali e sponsor del team. Però è giusto anche tenersi attivi. Per cui la settimana prossima andrò a fare l’esame da direttore sportivo e dal prossimo anno si comincia».

Colbrelli non sarà un diesse a tempo pieno: vuole passare più tempo in famiglia (foto Instagram)
Colbrelli non sarà un diesse a tempo pieno: vuole passare più tempo in famiglia (foto Instagram)
Te lo hanno proposto quando Volpi è andato via oppure è qualcosa cui già avevi pensato? 

Quest’anno ho fatto alcune gare e mi è piaciuto. Non voglio stare via troppo tempo perché già da corridore ho fatto tante rinunce per la famiglia e non voglio più veder crescere i miei figli dietro un telefono. Però dall’altra parte, questa avventura mi piace e penso sarà utile soprattutto per i giovani che intraprendono questa nuova esperienza del WorldTour. Che scoprono le classiche. Cercherò di portare loro un po’ della mia esperienza. 

Avete già stilato un calendario?

Non li abbiamo ancora definiti bene, ma credo che quasi sicuramente farò tutto il Belgio.

Come è fatto secondo te oggi il direttore sportivo ideale? 

Chi ha provato il ciclismo di adesso, che è ben diverso da quello di 7-10 anni fa, sa quanto si vada forte ultimamente. Sa quante rinunce e sacrifici bisogna fare più di un tempo e io l’ho provato sulla mia pelle. Anche se mi impegnavo al 100 per cento, dovevo avere sempre qualcosa in più per stare al passo con certi campioni cui magari riesce tutto facile come Pogacar o Van der Poel. Contro quella gente, se ti manca qualcosa e non sei al 110 per cento, non vai da nessuna parte. Me ne sono reso conto nel 2021, quando ho fatto l’anno della vita, vivendo praticamente in altura e curando l’alimentazione in modo quasi maniacale. Se parlate con un corridore di 10-15 anni, fatevi dire quante volte andava in altura in un anno. Una, forse due oppure non ci andava nemmeno. Oppure fatevi dire come mangiava, come impostava la giornata. Adesso il corridore è come un robot, fa tutto in modo schematico. Ha la sua tabella per sapere cosa deve mangiare, in gara e in allenamento. Tu devi solo pedalare, pensare a quello che stai facendo in gara. Al resto ci pensa lo staff.

Per lottare contro i grandi campioni (qui con Van Aert alla Het Nieuwsblad 2022) essere al 100 per cento non basta
Per lottare contro i grandi campioni (qui con Van Aert alla Het Nieuwsblad 2022) essere al 100 per cento non basta
E il direttore sportivo a cosa serve?

E’ quello che capisce il corridore. Si rende conto che se anche si impegna al 100 per cento, il risultato può non essere immediato. Però bisogna supportarlo, non bisogna fargli perdere la concentrazione, perché adesso se vai via di testa, sei spacciato e comprometti la stagione anche se fisicamente sei al 100 per cento. In questo ciclismo a volte serve più la testa delle gambe.

Secondo te in questa fase il direttore sportivo è più utile durante la corsa o in tutto ciò che c’è intorno alla corsa?

E’ difficile prevedere come va una corsa. Puoi anche fare la tattica, però dico sempre che non ho la Play Station per gestire i corridori. Basta vedere come si corrono le classiche. Forse solo la Sanremo ha un andamento lineare, nonostante i colpi di scena che possono esserci scendendo dal Turchino. Però di base il gruppo si spacca 4-5 tronconi e dopo si ricompatta sui Capi. Negli altri casi, abbiamo visto un’Amstel corsa a mille all’ora, il Fiandre, la Roubaix e la Liegi fatte subito pancia a terra. Non mi ricordo di aver visto di recente una Roubaix lineare.

Colbrelli è ambassador di vari marchi fra cui Merida e Vision: la bici della Roubaix è ancora infangata
Colbrelli è ambassador di vari marchi fra cui Merida e Vision: la bici della Roubaix è ancora infangata
Tempo fa dicesti che quando andavi alle corse ti si riapriva un po’ la ferita dell’aver smesso in quel modo…

La ferita c’è sempre ed è sempre viva, anche quando guardo una corsa. Vedo il punto chiave, perché guardarla quando sei stato corridore è tutta un’altra cosa. Vedi tutti i particolari, magari anche gli sbagli, o come si muove una squadra. La mia ferita è sempre aperta, non so quando si rimarginerà. Ci vorrà tempo come ogni cosa che in qualche modo ha lasciato un segno profondo.