Il 28 maggio del 2010 era un venerdì e Basso aveva ancora 2’28” dalla maglia rosa di Arroyo (in apertura, Ivan con Scarponi sul Mortirolo). Quel Giro era cominciato in modo balordo, con la fuga di L’Aquila che aveva spinto avanti coloro che ci avevano creduto e affossato le ambizioni degli altri. Ma la Liquigas non si era arresa e alla vigilia della tappa di Aprica, Basso aveva già recuperato 9’21”. Ancora poco, rispetto agli 11’49” di quella sera maledetta in Abruzzo, all’ombra delle case ancora devastate dal sisma dell’anno prima.
«Si facevano Aprica e Trivigno – ricorda Ivan – poi il Mortirolo da Mazzo, discesa su Edolo e ancora Aprica. Dovevo giocarmi tutto sul Mortirolo, il giorno dopo sul Tonale si poteva fare poco. Dovevo mandarlo in crisi. Su quella salita, se la attacchi subito forte, fai i distacchi veri. Fu un Giro tutto particolare, dovendo sempre recuperare. Fu un vero sfinimento…».
Arroyo nel 2010 prese la maglia rosa ad Asolo e la perse ad Aprica Nei primi chilometri del Mortirolo, per Basso il prezioso aiuto di Vincenzo Nibali
Il Mortirolo e la rosa
Il Mortirolo torna oggi per una di quelle tappe che, soprattutto all’indomani del riposo, ha sempre fatto tremare i polsi.
«Sicuramente sarà decisivo – prosegue Basso – considerando il blocco del weekend appena passato, con Torino e Cogne e quello che verrà poi, con Lavarone e Marmolada. Chi esce in maglia rosa dal Mortirolo, difficilmente sarà spodestato. Se ne hai per fare la differenza nel penultimo weekend, di solito vai a crescere…».
La tappa del giorno propone il Crocedomini, poi Mortirolo, Teglio e Santa Cristina Il Mortirolo da Monno, con la “direttissima” è un versante inedito per il Giro
La tappa del giorno propone il Crocedomini, poi Mortirolo, Teglio e Santa Cristina Il Mortirolo da Monno, con la “direttissima” è un versanete inedito per il Giro
Ricordi di bambino
Per il varesino che oggi porta avanti la sua Eolo-Kometa, quella salita significa anche altro e affonda le radici nel ricordo dell’infanzia e della casa materna a Bianzone.
«Mia mamma era di là – conferma, ricordando la signora Nives scomparsa troppo presto – e la tappa passa a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono cresciuto. Ho tenuto la baita più alta, a 1.600 metri e mi capita spesso di andarci. Sul Mortirolo ci salii per la prima volta a 11 anni, con una mountain bike in acciaio che pesava 11 chili. La prima salita su bici da corsa fu lo Stelvio, ma non avevo i rapporti per il Mortirolo. Serviva la tripla e in un paio di tornanti misi anche piede a terra. Quando da bambino facevo queste salite, sognavo che da grande le avrei fatte al Giro d’Italia. Per me il ciclismo era la sigla della Rai, con Jesper Skibby che si buttava in quella discesa e la musica della Turandot in sottofondo, con il Vincerò di Pavarotti. Quelli sono i miei ricordi. La corsa si guardava in tivù, ora vedo Santiago che si collega col cellulare ovunque si trovi…».
Attesa della Ineos
Il Mortirolo di questa volta sale da Monno e affronta la direttissima, un tratto che in allenamento era una sorta di banco di prova per Contador, legato alla Valtellina da antica amicizia.
«Il Mortirolo – conferma Basso – è lo spartiacque che condiziona la corsa. Il versante più cattivo e vero è quello di Mazzo, perché è quello che ha fatto la storia. Ma alla fine ognuno ha le sue caratteristiche. E’ la salita che in gruppo temono di più in assoluto, poi bisogna anche vedere a che punto della corsa viene affrontata, perché ovviamente l’interpretazione di corsa sarà diversa. In una tappa come quella di oggi, mi aspetto che la Ineos faccia la differenza. Non lasciamoci condizionare da quello che abbiamo visto sul Blockhaus e a Torino, quelle non erano tappe per loro…».
Quella volta con Simoni
La tappa parte da Salò. Affronta subito il Crocedomini, poi va a Monno per addentare il Mortirolo. E alla fine propone la salita di Teglio da Bianzone e quella del Santa Cristina, che nel 1994 lanciò Pantani verso lo stesso traguardo di Aprica. Fra i ricordi di Basso c’è anche quello: aveva ancora 15 anni. E poi il Mortirolo del 2006, quello con Simoni e della grande litigata sul traguardo di Aprica.
«Il Mortirolo di Pantani nel 1994 – ricorda Basso – lo vidi in televisione. Sono di quelle immagini che non dimentichi. Nel 2006 invece avevo già un vantaggio importante, volli vincere la tappa. Quell’episodio ormai è passato. Ci siamo chiariti. E adesso andiamo alle corse per seguire i nostri figli».