Davide Bais da sogno. Campo Imperatore è suo

12.05.2023
4 min
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CAMPO IMPERATORE – Uno scatto secco. Uno solo. Come il manuale del buon ciclista impone e Davide Bais ha vinto la sua prima gara da professionista. Il corridore della Eolo-Kometa conquista il prestigioso traguardo di Campo Imperatore.

Prendersi un arrivo in quota al Giro d’Italia è qualcosa che non capita molto spesso. «Quando Petilli è scattato e Davide è rientrato bene, ha capito di avere buone gambe e lì ci ha davvero creduto», ci racconta Stefano Zanatta direttore sportivo della Eolo-Kometa. Anche se lui era nell’ammiraglia dietro al gruppo, ha avuto sempre la situazione sotto controllo.

I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso
I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso

Tre chilometri

La tappa scorre via nel cuore dell’Abruzzo. Il gruppo lascia fare e il distacco dilaga. Si può andare all’arrivo dunque. La scalata finale si fa man mano più intensa, sia per la tensione della gara, sia per la pendenza.

«E’ una grande gioia per me – racconta in maglia blu, Davide Bais – sull’ultima salita ho tenuto duro agli attacchi, soprattutto quelli di Simone Petilli. Sapevo che non dovevo mollare perché ero il più veloce. Gli ultimi tre chilometri sono stati i più duri e i più belli per me».

E Davide Bais se l’è giocata bene. Ha gestito ottimamente nervi ed energie. Ai 300 metri è partito e ha immediatamente aperto un gap. I massaggiatori della Eolo, dietro l’arrivo hanno iniziato subito ad abbracciarsi.

Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta
Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta

Fratelli al Giro

Intanto nelle stanze del vecchio hotel di Campo Imperatore, quello che tenne prigioniero Mussolini, i corridori si radunano alla spicciolata. Si scaldano sotto ai “funghi”. Qualcuno fa i rulli. E tra coloro che si cambiano, c’è anche Mattia Bais, fratello di Davide. Entrambi altro prodotto del Cycling Team Friuli.

Mattia è il ritratto della felicità. «Ho saputo ai due chilometri che Davide aveva vinto. Ho iniziato a festeggiare come se avessi vinto io. Gli altri in gruppo mi guardavano…

«Oggi dovevamo provarci io o lui. E’ entrato lui e va bene così. E’ un giorno importante per Davide, per me, per la squadra».

«Stare qui al Giro con mio fratello – replica Davide in conferenza stampa – è davvero bello: ci si aiuta, ci si confronta. E statene certi che presto anche lui si farà vedere. Siamo due corridori simili, due attaccanti. Le differenze? Due anni di età, qualche centimetro di statura e io che sono più disordinato!».

Zanatta, la strategia

E dire che tra le tante tappe forse questa era quella meno cercata dagli Eolo-Kometa. In effetti hanno speso parecchio in questa prima fase di Giro con Albanese, con Gavazzi e con lo stesso Davide Bais, già in fuga. 

«E’ una vittoria importantissima – spiega Zanatta – per la nostra squadra. E’ dall’inizio del Giro che siamo protagonisti. Abbiamo speso tanto e oggi non dovevamo cercare la fuga per forza. Anche perché credevamo che la corsa l’avrebbero fatta i team degli uomini di classifica».

Invece succede che gli uomini di classifica oggi non ne vogliono sapere. E quando iniziano gli scatti per andare in fuga i ragazzi della Eolo dovevano giusto buttarci un’occhio. Cosa che ha fatto Davide Bais.

«E’ andata proprio così – dice Zanatta – ma dico anche che siamo stati fortunati. Quando abbiamo visto che erano arrivati a 12′ a quel punto è cambiata la fuga stessa: si poteva arrivare. Ed è stata tutta un’altra gestione». 

Come dice Zanatta è cambiata la fuga. A quel punto si è trattato di far stare tranquillo il ragazzo. Anche perché era un bel po’, dalle categorie giovanili, che Davide non vinceva. Poteva emozionarsi

«Abbiamo cercato – conclude Zanatta – di non fargli pesare il fatto che si sarebbe giocato una tappa del Giro. Gli abbiamo detto di ragionare chilometro per chilometro, di mangiare, di bere… Solo nel finale gli abbiamo detto di tenere sott’occhio soprattutto Petilli, per noi il più forte. Anche se ai piedi di Rocca Calascio temevamo ancora il gruppo. Se un team degli uomini di classifica si fosse messo a tirare con decisione, sarebbero potuti rientrare. La scalata finale, nel suo insieme era di oltre 40 chilometri».

Ma non è successo. I tre davanti sono andati forte. E l’epilogo lo conosciamo.